Benedetto Carucci Viterbi, rabbino
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"Siate qedoshim" (Levitico 19,2). Spiega Ramban: siate moderati nel godere delle cose permesse.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | Bisogna sempre tentare di raccontare la storia del passato, anche recente, “a parte intera”. È difficile, ma bisogna provarci.
Molti parleranno nelle prossime settimane del cinquantenario dela
“Guerra dei Sei Giorni”. Lo faranno ricordando la storia militare di
quella guerra oppure sceglieranno di concentrare la propria attenzione
sull’a “lunga durata”. In quella “lunga durata” stanno molti attori: i
palestinesi; gli israeliani; i nuovi israeliani; i fondamentalisti;
l’immagine che quelli che da questa’altra parte hanno ogni volta che
diciamo “Medio Oriente”. Uno spazio dovrebbe essere dato anche agli
ebrei di Libia che nel giugno 1967, prima perseguitati e poi espulsi
perché considerati “nemici”. Quella storia ci riguarda, anche perché
una parte rilevante di loro arrivò qui. Appunto per non dimenticare che
la storia va raccontata sempre “a parte intera”.
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Hamas, cambio al vertice
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Cambio
al vertice di Hamas, il movimento terroristico al governo della
Striscia di Gaza. Ismail Haniyeh sostituisce infatti Khaled Meshal,
leader della fazione islamica dal 2004. “Una scelta che sembra
riportare il centro del potere a Gaza City, nella Striscia” scrive la
Stampa. “Considerato un pragmatico, ma non per questo meno deciso verso
quella che continua a definire l’entità sionista, Haniyeh, 54 anni, è
stato più volte incarcerato da Israele. Suo mentore lo sceicco Ahmed
Yassin, il clerico fondatore di Hamas e teorico degli attentati suicidi
contro lo Stato ebraico, ucciso nel 2004”.
In Francia è il giorno della verità, il giorno in cui tutti i cittadini
sono chiamati a una chiara scelta sul futuro che vorranno per il loro
paese e l’Europa intera. “Nelle ultime ore – si legge sul Corriere –
prima che scattasse il silenzio elettorale, la Francia che non vuole
precipitare nel buio del populismo xenofobo e antieuropeo ha fatto
sentire la sua voce. Un tambureggiante appello al voto utile per
Emmanuel Macron da parte della società civile, dei media, di
intellettuali e artisti, di associazioni culturali e religiose”.
Piuttosto sorprendentemente viene sostenuto che ci sarebbe indecisione
“in ambienti cattolici e nella comunità ebraica, al di là delle
posizioni ufficiali”.
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l'appuntamento al centro bibliografico ucei Gerusalemme, 50 anni unita
'Città sognata, città vissuta'
Nell’ambito
delle numerose iniziative organizzate per festeggiare Yom Yerushalaim,
il giorno di Gerusalemme (di cui cadrà nei prossimi giorni il
cinquantesimo anniversario dalla riunificazione) il Centro
Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ospiterà
questo martedì un confronto su “Gerusalemme, città sognata, città
vissuta”.
L’appuntamento, che avrà inizio alle 18 e sarà inaugurato con i saluti
della Presidente UCEI Noemi Di Segni e del Ministro Consigliere
dell’Ambasciata d’Israele Rafael Erdreich, è stato organizzato dalla
coordinatrice del Master in Cultura Ebraica e Comunicazione Myriam
Silvera in collaborazione con i docenti del Diploma Universitario in
Studi Ebraici e con la redazione della Rassegna Mensile di Israel.
Diversi gli interventi previsti, moderati da Anselmo Calò: si partirà
con un excursus nella Gerusalemme raccontata dal rabbino e viaggiatore
del XV secolo Ovadià da Bertinoro, a cura di Ariel Rathaus della Hebrew
University, per continuare con la Città Santa che fa da sfondo a molte
opere di Shemuel Yosef Agnon, premio Nobel per la letteratura nel 1966,
di cui parlerà Cyril Aslanov dell’Università Aix-Marseille.
È poi previsto un “viaggio” nella poesia ebraica contemporanea con
Sarah Kaminski dell’Università di Torino, mentre Roberta Ascarelli
dell’Istituto Italiano di Studi Germanici racconterà la Gerusalemme di
Amos Oz, partendo dal celebre romanzo “Una storia d’amore di tenebra”.
Un confronto che rende omaggio alla città, alla sua storia millenaria,
al suo essere centro di spiritualità, pensiero e cultura, e a quello
che ha rappresentato e rappresenta oggi per il popolo ebraico e per lo
Stato d’Israele.
Per assistere è obbligatoria la registrazione a registrazione@ucei.it
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la mozione leghista che nega la storia
Arezzo e l'omaggio ai Viva Maria
Domani il voto in Consiglio
Nella
giornata di domani il Consiglio comunale di Arezzo sarà chiamato ad
esprimersi su una mozione presentata dal Consigliere leghista Egiziano
Andreani che punta a far dedicare un "luogo significativo" della città
ai Viva Maria, un movimento di ispirazione cattolica che guidò
l'insurrezione contro i francesi nel 1799 e che si macchiò, tra i vari
crimini, dell'uccisione di 13 ebrei senesi.
Criminali resi ciechi dall'odio, fanatici assetati di sangue condussero
un vero e proprio pogrom all'interno del quartiere ebraico,
assassinando innocenti e dando poi loro fuoco in Piazza del Campo.
L'episodio più violento, ma non l'unico di quelle ore. "Vittime della
reazione antigiacobina e dell'odio antiebraico, tredici cittadini ebrei
furono arsi nel campo il 28 giugno 1799 dai fanatici del 'Viva Maria'
che avevano devastato l'Antico Ghetto" si legge nella targa
commemorativa posta nel 1999 (su iniziativa del Comune) sulla facciata
della sinagoga.
L'iniziativa del Consigliere aretino, che fa parte della coalizione al
governo della città e che ha buone possibilità di riuscita, si basa su
alcune ricostruzioni di storici locali che separano l'insurrezione nel
suo insieme da quello che accadde a Siena. “L’episodio rilevante che è
emerso negli ultimi anni è che i fatti di Siena sono ascrivibili a
elementi locali e non agli aretini, che anzi fecero di tutto per
evitare tali violenze" sostiene Andreani.
Peccato che gli storici seri dicano tutt'altro. "Una provocazione
vorrebbe esaltare l'epopea sanguinaria dei Viva Maria" ha scritto sul
proprio profilo Twitter Alberto Melloni, uno dei massimi esperti di
vicende della Chiesa in Italia.
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Il sintomo e la malattia
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Questa
sera sapremo chi ha vinto il ballottaggio per le presidenziali
francesi. Quale sia lo stile dei due candidati lo si è desunto dal
confronto televisivo di mercoledì scorso, quando una Marine Le Pen,
spesso a corto di argomenti che non fossero gli slogan
“antimondialisti”, ha ripetutamente cercato di condizionare il suo
avversario Emmanuel Macron portando la discussione, infervorata in non
pochi passaggi, sul piano strettamente personale. Un esempio? La
chiusa, inelegante e sgraziata, di tal genere: «D’accord, d’accord,
d’accord, d’accord. J’espère qu’on n’apprendra pas que vous avez un
compte caché aux Bahamas».Si tratta di attacchi che se da un lato
dovevano servire a screditare, o comunque a ridurre, la credibilità di
Macron dinanzi ai telespettatori, dall’altro funzionavano adeguatamente
da cortina fumogena per coprire il vuoto di politica dietro ad una
coltre di parole fini a se stesse. Il registro ripetuto ossessivamente
era quello che intendeva ridurre Macron ad un esponente delle odiate
élite globali («Vous n’avez pas d’esprit national, ne défendez pas
l’intérêt supérieur de la nation mais des intérêts privés»), quelle che
starebbero cannibalizzando i “territori”, della cui rappresentanza il
neolepenismo familista dei Le Pen si candida invece ad essere l’alfiere
(rifacendosi al motto da tutti comprensibile e sottoscrivibile: «rendre
l’argent aux Français»). Oltre allo stile e alle tonalità impressionava
l’evidente volontà di acquistare un po’ di spazio evitando di entrare
nel merito di molti dei temi spinosi che invece si accompagnano alle
elezioni di quest’anno, non solo in Francia.
Claudio Vercelli
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