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9 aprile 2017 - 13 Nissan 5777
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mercato immobiliare - l'analisi del fondo monetario internazionale 

Casa, per un israeliano un sogno a caro prezzo

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Lo scorso marzo il Fondo monetario internazionale (FMI) ha pubblicato il suo esame annuale dell'economia israeliana e sebbene il giudizio complessivo sia lusinghiero (crescita elevata, disoccupazione bassa e conti pubblici in ordine), l'organismo internazionale non ha nascosto le sue preoccupazioni per il mercato delle abitazioni, che mostra ormai da anni segnali di surriscaldamento.
Innanzitutto i numeri, che parlano da soli: nonostante il fatto che dal 2007 a oggi i prezzi delle abitazioni siano raddoppiati in termini reali (ossia sono aumentati del 100% rispetto all'indice generale dei prezzi al consumo), anche nel 2016 la galoppata dei prezzi è proseguita, con un aumento del 7,5%. Questi dati si riferiscono alla media nazionale: se si considerano solo i prezzi di Tel Aviv la dinamica dei prezzi è stata ancora più impressionante. Per quale motivo questi aumenti dei prezzi, che fanno felici i proprietari di immobili, preoccupano le autorità e gli osservatori? In primo luogo perché prezzi così elevati rendono inaccessibile l'acquisto di una abitazione per le giovani coppie e per le famiglie a basso reddito, creando esclusione sociale. In secondo luogo, nella misura in cui queste quotazioni sono gonfiate da acquisti "speculativi" (ossia effettuati da chi scommette su un ulteriore rialzo dei prezzi), ma su questa ipotesi non ci sono opinioni condivise, allora l'eventuale "scoppio della bolla" e la conseguente caduta dei prezzi finirebbe per "far saltare" chi ha investito in immobili e le banche finanziatrici, come accaduto negli USA , in Spagna e in Irlanda tra il 2009 e il 2013.
Quali sono i consigli del FMI alle autorità israeliane?

Aviram Levy, economista


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il 22 maggio il presidente degli stati uniti sarà in israele

Trump e i negoziati di pace, la via del rilancio
passa da una nuova politica in Medio Oriente

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Il 22 maggio Donald Trump visiterà per la prima volta Israele da quando è diventato Presidente degli Stati Uniti. L'annuncio del suo primo viaggio all'estero - che vede in agenda anche una visita in Arabia Saudita, per poi fare tappa in Vaticano e infine in Sicilia per il G7 – segna, spiegano diversi analisti, un cambio di approccio rispetto alla sua politica internazionale: se Trump infatti ha sin dalla campagna elettorale messo tra le sue priorità quella di arrivare a far siglare a israeliani e palestinesi un accordo di pace (obiettivo del resto fissato da quasi tutti i suoi predecessori), il suo interesse per il Medio Oriente sembrava circoscritto solamente a questo conflitto. La scelta di visitare l'Arabia Saudita è invece la dimostrazione che l'annunciato isolazionismo è oramai un ricordo (l'intervento americano in Siria è stato la prima forte conferma del nuovo corso).
“Il nostro compito non è quello di dire agli altri come vivere, ma di costruire una coalizione di amici e partner che condividano l'obiettivo di combattere il terrorismo e di portare sicurezza, opportunità e stabilità al Medio Oriente devastato dalla guerra” ha dichiarato Trump nel comunicare il suo viaggio. E per farlo, il presidente Usa vuole avere al suo fianco Ryad, lieta di avere gli Stati Uniti al proprio fianco nella lotta alla minaccia dell'Iran sciita.

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il giurista Hanina Ben-Menahem spiega il sistema israeliano

Lo Stato e il pluralismo del diritto ebraico

img headerHanina Ben-Menahem si è formato alla facoltà di Legge della Hebrew University, dove ora insegna, e a Oxford, dove ha ottenuto il suo dottorato. È specialista in filosofia del diritto e in filosofia del Mishpat ivri [diritto ebraico]. Gli interessi di Ben-Menahem, giurista e filosofo, spaziano da Nietzsche al Rambam senza trascurare gli aspetti di attualità legati a Israele. È proprio attraverso questo intrecciarsi di competenze teoretiche e preoccupazioni di carattere sociale che Ben-Menahem mostra l’attualità e l’interesse, anche per l’ebraismo secolare, dei temi provenienti dal Mishpat ivri.

Professore, lei ha sostenuto il carattere pluralista del diritto ebraico, cosa si intende con questo? E, prima ancora, come definiamo il diritto ebraico rispetto alla tradizione orale [Torà she-be-al pe] che già presentava un chiaro côté normativo?
La storia del diritto ebraico ha 2000 anni, tutto quello che c’è stato prima, nell’epoca biblica e in quella successiva fino all’inizio dell’Era Volgare non è considerato tale perché non abbiamo sufficienti conoscenze storiche di quel periodo, per cui si parla di diritto ebraico a partire dall’epoca della Mishnà. Da quel momento in poi esso si evolve, come vediamo dai due Talmudim, e tale evoluzione prosegue nel periodo dei Gheonim e successivamente nei differenti centri in Europa e in Africa settentrionale. Fino alla fondazione dello Stato di Israele il diritto ebraico si è sviluppato sotto il dominio di potenze straniere, si parlava solo di diritti che venivano concessi alle diverse comunità di giudicare i propri appartenenti secondo le proprie istituzioni. Il mishpat ivri è maturato nella vastità della Diaspora, attraverso forme molto differenti tra loro. Non è quindi possibile parlare di un unico diritto ebraico, ma di una pluralità di versioni, nello spazio e nel tempo, con un denominatore comune. L’idea fondamentale che, a mio giudizio, ha apportato alla filosofia del diritto è proprio l’istanza comunitaria, la possibilità di parlare di pluralismo giudiziario all’interno di un unico sistema. Ciò non è facilmente accettabile per il pensiero giuridico moderno dove è privilegiata la centralizzazione, ove si deve avere una Corte suprema che stabilisca cosa devono fare gli organismi inferiori..

Cosimo Nicolini Coen



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la scelta del governo di roma

Il "no" italiano all'Unesco
e al veleno anti-israeliano

Un anno fa erano 32 i paesi che votavano a favore di risoluzioni contro Israele all’Unesco. Sei mesi fa, 26. Ieri, 22. Una diminuzione progressiva che, ha sottolineato il Primo ministro Benjamin Netanyahu, è segnale che qualcosa sta cambiando all’interno del palcoscenico internazionale. “Oggi ci sono più Paesi che si astengono o che sostengono Israele rispetto a paesi contro Israele – ha detto Netanyahu, durante una cerimonia con i diplomatici stranieri in occasione di Yom HaAztmaut, la festa dell’indipendenza israeliana – È un cambiamento, è la prima volta che accade”. L’ultima risoluzione Unesco – votata ieri – infatti ha ricevuto 22 voti favorevoli, 10 contrari e 23 astensioni. Tra chi ha scelto di dire no all’assurdo voto Unesco, come lo ha definito il Premier Netanyahu, l’Italia (assieme a Stati Uniti, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Lituania, Grecia, Paraguay, Ucraina, Togo e Germania): “Poco prima del voto avevo annunciato al Primo ministro la nostra decisione di votare contro la risoluzione Unesco, altamente politicizzata, su Gerusalemme e avevo anche espresso l’auspicio che altri Paesi UE andassero verso la stessa direzione”.

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il sindaco nir barkat

"Gerusalemme Capitale, anche dell'High-tech"

Cosa vi viene in mente se pensate a Gerusalemme? Forse i luoghi santi o le violenze legate al conflitto israelo-palestinese. Probabilmente non pensate a centri di ricerca, auto di Formula 1 che sfrecciano sotto mura millenarie e treni ad alta velocità. Ma è proprio a questo che pensa Nir Barkat, il sindaco che sta cercando di cambiare il volto di una delle più complesse realtà urbane del Medio Oriente. Da lunedì a Roma e Venezia per una serie di incontri della Jerusalem Foundation in occasione della festa dell’indipendenza d’Israele, Barkat ha parlato dei suoi progetti per Gerusalemme.
È ora di aggiornare l’immagine che il resto del mondo ha della sua città? 
«Decisamente. Oggi Gerusalemme coniuga la storia con l’innovazione e il futuro. Negli ultimi anni, partendo quasi da zero, abbiamo scalato le classifiche dell'hi-tech, diventando uno dei 25 migliori ecosistemi al mondo per le start-up; e l’anno prossimo puntiamo a entrare nella top 20. E poi cresce il turismo: da 2 milioni di visitatori l’anno siamo passati a 4-5».

Ariel David, La Stampa 

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