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 15 maggio 2017 - 19 Iyar 5777
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Paolo Sciunnach, insegnante
Shmuel il piccolo dice: se il tuo nemico cade non gioire. Se inciampa non si allieti il tuo cuore. Perché il Signore non veda e gli dispiaccia e distolga da lui il suo furore (Avoth 4, 19). Anche se il tuo nemico fosse un empio completo, non devi rallegrarti per il suo male. Nemmeno un giusto completo può gioire della caduta degli empi.
 
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Anna
Foa,
storica
Sulle prime, avevo tirato un sospiro di sollievo. Le tombe ebraiche devastate al Verano non erano un atto di antisemitismo. Con loro, erano state devastate anche tombe cattoliche, senza scelte precise. Ma poi, guardando bene la dinamica dei fatti, si vede che non c’è ragione di essere sollevati. Ragazzini appena usciti dall’infanzia, forse su imitazione di qualche videogioco demenziale, devastano decine di tombe.
 
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No ai profughi in città
"Vittoria per i razzisti"
Roata Canale, frazione di 800 anime alle porte di Cuneo, non accoglierà un gruppo di profughi che sarebbero dovuti arrivare nei prossimi giorni in Piemonte. Non ci sarebbero “le condizioni ambientali”, ha fatto sapere un comitato locale. A pesare anche le minacce di alcuni ignoti, che già molto avevano fatto parlare nelle scorse settimane. “Se di vittoria bisogna parlare – scrive La Stampa – hanno vinto ‘loro’. Quelli che alla notizia del probabile arrivo di 24 profughi africani nella Casa delle Opere parrocchiali hanno protestato e alzato la voce. Quelli che si sono ribellati al vescovo, accusandolo di ‘tramare’ alle spalle dei residenti e di volersi intascare una parte dei 35 euro pro-capite quotidiani destinati agli ‘ospiti sgraditi’. E ha vinto il razzismo di chi, un mese fa, sui muri ha appeso una ventina di volantini: ‘Noi i negri non li vogliamo. Non è un consiglio, ma una minaccia’”.

Diversi gli approfondimenti dedicati al cinquantesimo anniversario della Guerra dei Sei Giorni, anche in coincidenza con l’uscita di alcuni saggi che saranno prossimamente protagonisti al festival “èStoria” di Gorizia. “I Sei Giorni che sconvolsero il Medio Oriente” titola La Stampa. Scrive il quotidiano torinese: “Israele divenne qualcosa di diverso da ciò che era prima. Era un Paese minuscolo con un’esistenza continuamente minacciata dietro quei muri di odio che erano i confini con tutti i Paesi arabi circostanti. Divenne un Paese molto più grande e forte ma non più sicuro, dentro e fuori da quei confini”. Sul Corriere un ampio intervento di Paolo Mieli sugli stessi temi, dedicato in particolare alla figura di Moshe Dayan.

La Procura di Roma ha deciso di unificare le inchieste sul rogo di Centocelle in cui sono morte tre sorelle nomadi e quella sull’incendio di una baracca al campo della Barbuta vicino a Ciampino. C’è un filo rosso, sottolinea il Messaggero, che potrebbe unire le due vicende. “Il sospetto di chi indaga – si legge in cronaca di Roma – è che gli eventi possano avere un denominatore comune: faide tra clan e vendette maturate nell’ambiente rom”.

Su La Stampa, Ada Treves racconta di come l’antica arte giapponese degli Origami abbia conquistato il mondo della scuola. A partire da Israele, dove Miri Golan ha sviluppato un programma che unisce l’arte degli origami alla geometria, approvato dal ministero dell’Istruzione.  “II fruscio dei fogli di carta, e il silenzio. La concentrazione, negli sguardi, nei gesti, l’attenzione con cui piccole mani piegano e voltano, osservano e piegano ancora. Da un rettangolo nascono forme e risate. Le lezioni di Origametria sono un misto di gioco e concentrazione, un percorso di scoperta e di rispetto per i limiti imposti dal foglio. E una successione di sorprese – spiega Treves – da un foglio escono strutture, giochi, sculture”.
 
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  davar
qui roma - l'inaugurazione 
Menorà. Culto, storia e mito
"Mostra che guarda al mondo"

“Non soltanto un evento che ha un chiaro valore simbolico. È anche una grande iniziativa sotto il profilo artistico quella che inauguriamo oggi, frutto di una collaborazione molto intensa tra i nostri due musei”. Così la direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta ha illustrato oggi in conferenza stampa la mostra “Menorà. Culto, storia e mito” che vede coinvolti insieme (apertura al pubblico da domani, fino al 23 luglio) il Braccio di Carlo Magno in Vaticano e il Museo ebraico di Roma.
Centotrenta opere in mostra, grazie anche ad alcuni prestiti concessi dai più importanti musei al mondo (dal Louvre di Parigi alla National Gallery di Londra, dall’Israel Museum alla Biblioteca Palatina di Parma). L’arte figurativa, nelle sue diverse forme, per raccontare la “storia plurimillenaria, incredibile e sofferta della Menorà”. E cioè il candelabro a sette bracci che proprio a Roma, snodo fondamentale della sua vicenda, è diventato il simbolo più potente dell’ebraismo. “Una mostra sulla Menorà non poteva che essere organizzata qua, in questa città” sottolinea la direttrice del Museo ebraico Alessandra Di Castro, intervenendo dopo Jatta.
Ad illustrare la sfida e il messaggio dell’iniziativa sono anche gli altri due curatori (insieme alla Di Castro) Francesco Leone, professore associato di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università G. D’Annunio Chieti-Pescara, e Arnold Nesselrath, delegato per i Dipartimenti scientifici e i laboratori di restauro dei Musei Vaticani.
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L'ALLESTIMENTO AI MUSEI VATICANI
Tre nuclei, una sola narrazione
Alla scoperta della Menorà

Tre i grandi nuclei in cui si articola la mostra “Menorà. Culto, storia e mito” (in gran parte ospitata al Braccio di Carlo Magno, nei Musei Vaticani). Il primo ricostruisce la storia della Menorà dalla sua presenza nel Tempio di Gerusalemme fino alla dispersione a Roma. E cioè dall’antichità ai primi secoli dell’era moderna. Il secondo insegue invece il mito della Menorà nel tempo e nello spazio dalla tarda antichità al ventesimo secolo, analizzandone in particolare da un lato l’appropriazione delle sue forme in seno al cristianesimo per la creazione di candelabri cerimoniali, dall’altro il suo perpetuarsi quale forte elemento aggregante del mondo, della cultura e della identità ebraiche.
Il terzo nucleo infine offre una panoramica sul ventesimo e ventunesimo secolo, con varie raffigurazioni della Menorà opera di artisti di grande livello. Una vasta produzione che si svolge in un’epoca in cui, è stato spiegato, la destrutturazione del linguaggio artistico e della semantica visiva ha fornito inedite forme espressive a questo simbolo assurto anche a protagonista di capolavori della letteratura contemporanea come, tra gli altri, Il candelabro sepolto di Stefan Zweig.
 
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l'allestimento al museo ebraico di roma
Sette bracci simbolo d'identità
“Dopo una gestazione di quattro anni, iniziata quasi casualmente da un incontro con Arnold Nesselrath, oggi finalmente inauguriamo la mostra 'Menorà. Culto, storia e mito', che esprime un altissimo valore storico e artistico, insieme a una potente carica simbolica e identitaria”.
Alessandra Di Castro, direttrice del Museo Ebraico di Roma, introduce così la presentazione alla stampa dell’allestimento nato dall’inedita collaborazione con i Musei Vaticani: rievocando un incontro “fatale” con il delegato per i Dipartimenti Scientifici e i Laboratori di Restauro dei Musei della Santa Sede, proprio come fatale è stata la Menorà per Roma: la città è, infatti, l’ultimo punto d’approdo storicamente documentato del candelabro a sette bracci fatto forgiare in oro puro da Mosé e destinato al primo Tempio di Gerusalemme, per espresso volere del Signore, come narra il libro dell’Esodo, prima che la sacra lampada riprendesse il suo inquieto e sofferto peregrinare plurimillenario non solo tra due poli geografici – Gerusalemme a Oriente e Roma a Occidente, ma anche tra mito e leggenda.
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la delegazione ucei incontra gli iscritti
Comunità di Torino e Unione,
l'importanza di collaborare

Rapporti con la Comunità e con i rabbini, il tema della comunicazione, la raccolta Otto per mille, sono alcune delle questioni toccate ieri dalla Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni nel corso dell'incontro con la Comunità ebraica di Torino. Affiancata dai vicepresidenti UCEI Giulio Disegni e Giorgio Mortara, Di Segni ha incontrato prima il Consiglio della Comunità e poi gli iscritti per confrontarsi in modo aperto su questioni legate al futuro dell'ebraismo italiano e al rapporto tra le realtà ebraiche locali e l'ente che le rappresenta a livello nazionale, l'Unione appunto. A fare gli onori di casa il presidente della Comunità torinese Dario Disegni, che ha accompagnato la delegazione UCEI in altre due tappe piemontesi: prima a Cherasco, sede di una bellissima e antica sinagoga, poi a Cuneo, che, nonostante numeri molto piccoli, può ancora vantare una vita ebraica attiva.
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qui milano - l'incontro del master ucei
Gli scrittori israeliani e la Bibbia
Gli scrittori israeliani hanno un grande successo tra il pubblico italiano. Si pensi ai noti Amos Oz, David Grossman, A.B. Yehoshua, ma anche a Meir Shalev e al più recente Eshkol Nevo. Tutti nomi che gli appassionati di libri in Italia conoscono e apprezzano. E proprio a questi scrittori, alla letteratura contemporanea israeliana, è dedicato l'incontro organizzato a Milano dal Master in Cultura ebraica e Comunicazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (ore 18.30, Libreria Parole e Pagine, corso di Porta Nuova). A confrontarsi sul lavoro di questi scrittori e al loro legame con le Scritture, il filologo Cyril Aslanov, specialista in storia e teoria della traduzione nonché docente di letteratura e linguistica all’Università di Aix en Province, e rav Roberto Della Rocca, direttore dell'Area Educazione e Cultura dell'Unione ed autore di diverse pubblicazioni tra cui il saggio Con lo sguardo alla luna, edito da Giuntina. Aslanov e rav Della Rocca dialogheranno quindi sull'intreccio tra sacro e profano all'interno della letteratura contemporanea israeliana. A moderare l'incontro, Fiona Diwan.
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INFORMAZIONE – INTERNATIONAL EDITION 
Da Israele in bici per Bartali 
Un omaggio a Gino Bartali, anche da Israele. Come raccontato nell’odierna uscita di Pagine Ebraiche International Edition, nel corso della centesima edizione del Giro d’Italia a presenziare alla cerimonia in occasione della tappa dedicata al grande campione e Giusto tra le Nazioni Gino Bartali è arrivata anche la prima squadra professionistica di ciclismo dello Stato ebraico, che percorrerà poi i quasi 190 chilometri che Bartali macinava durante l’occupazione nazista per portare documenti falsi indispensabili a salvare la vita di tanti ebrei.
Ancora di sport si parla per raccontare che la Fifa ha respinto l’ipotesi di tenere un voto riguardante lo status delle squadre di calcio israeliane della Cisgiordania: tra coloro che si sono opposti alla consultazione in maniera più determinata l’italiana FIGC.
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pilpul
Oltremare - Silenzio stampa
La settimana che è finita stamattina presto, alle cinque del mattino per essere precisi, passerà alla storia israeliana come la settimana senza servizio pubblico televisivo e radiofonico. Segnata dal silenzio improvviso e un po’ inquietante del canale 1 della televisione, sul cui schermo campeggiava una composizione di spiccato gusto cimiteriale (mancava la candela accesa) “I nostri programmi sono terminati – 1968-2017”. Sia il suo ricordo di benedizione, come diciamo qui. E soprattutto, senza la radio per eccellenza: Reshet Bet, che non avendo uno schermo si è limitata a trasmettere canzoni deprimenti, in stretto stile Yom Hazikaron, per sei giorni consecutivi. A dire la verità, il primo canale della televisione era in crisi da anni e non ricordo di averlo mai guardato se non per sbaglio. Ma Reshet Bet, quella sì era centrale.

Daniela Fubini, Tel Aviv
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Analisi scorretta - Educazione
La devastazione di 150 tombe al cimitero del Verano avvenuta a Roma alcune giorni addietro apre parecchi interrogativi, alcuni sulla ricostruzione dell’episodio fatto dalle forze dell’ordine, altre sulle motivazioni stesse del gesto.
Al momento sembra che gli autori, cinque quindicenni, rimasti (volontariamente?) all’interno del camposanto, abbiano passato il tempo, in attesa di uscirne, distruggendo i tumuli. Appurare se sono rimasti volontariamente o meno nel cimitero è fondamentale, perché è da questo aspetto che si può comprendere quanta predeterminazione c’è stata della devastazione.


Anselmo Calò 
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