Paolo Sciunnach, insegnante | Shmuel
il piccolo dice: se il tuo nemico cade non gioire. Se inciampa non si
allieti il tuo cuore. Perché il Signore non veda e gli dispiaccia e
distolga da lui il suo furore (Avoth 4, 19). Anche se il tuo nemico
fosse un empio completo, non devi rallegrarti per il suo male. Nemmeno
un giusto completo può gioire della caduta degli empi.
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Anna
Foa,
storica |
Sulle
prime, avevo tirato un sospiro di sollievo. Le tombe ebraiche devastate
al Verano non erano un atto di antisemitismo. Con loro, erano state
devastate anche tombe cattoliche, senza scelte precise. Ma poi,
guardando bene la dinamica dei fatti, si vede che non c’è ragione di
essere sollevati. Ragazzini appena usciti dall’infanzia, forse su
imitazione di qualche videogioco demenziale, devastano decine di tombe.
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No ai profughi in città
"Vittoria per i razzisti"
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Roata
Canale, frazione di 800 anime alle porte di Cuneo, non accoglierà un
gruppo di profughi che sarebbero dovuti arrivare nei prossimi giorni in
Piemonte. Non ci sarebbero “le condizioni ambientali”, ha fatto sapere
un comitato locale. A pesare anche le minacce di alcuni ignoti, che già
molto avevano fatto parlare nelle scorse settimane. “Se di vittoria
bisogna parlare – scrive La Stampa – hanno vinto ‘loro’. Quelli che
alla notizia del probabile arrivo di 24 profughi africani nella Casa
delle Opere parrocchiali hanno protestato e alzato la voce. Quelli che
si sono ribellati al vescovo, accusandolo di ‘tramare’ alle spalle dei
residenti e di volersi intascare una parte dei 35 euro pro-capite
quotidiani destinati agli ‘ospiti sgraditi’. E ha vinto il razzismo di
chi, un mese fa, sui muri ha appeso una ventina di volantini: ‘Noi i
negri non li vogliamo. Non è un consiglio, ma una minaccia’”.
Diversi gli approfondimenti dedicati al cinquantesimo anniversario
della Guerra dei Sei Giorni, anche in coincidenza con l’uscita di
alcuni saggi che saranno prossimamente protagonisti al festival
“èStoria” di Gorizia. “I Sei Giorni che sconvolsero il Medio Oriente”
titola La Stampa. Scrive il quotidiano torinese: “Israele divenne
qualcosa di diverso da ciò che era prima. Era un Paese minuscolo con
un’esistenza continuamente minacciata dietro quei muri di odio che
erano i confini con tutti i Paesi arabi circostanti. Divenne un Paese
molto più grande e forte ma non più sicuro, dentro e fuori da quei
confini”. Sul Corriere un ampio intervento di Paolo Mieli sugli stessi
temi, dedicato in particolare alla figura di Moshe Dayan.
La Procura di Roma ha deciso di unificare le inchieste sul rogo di
Centocelle in cui sono morte tre sorelle nomadi e quella sull’incendio
di una baracca al campo della Barbuta vicino a Ciampino. C’è un filo
rosso, sottolinea il Messaggero, che potrebbe unire le due vicende. “Il
sospetto di chi indaga – si legge in cronaca di Roma – è che gli eventi
possano avere un denominatore comune: faide tra clan e vendette
maturate nell’ambiente rom”.
Su La Stampa, Ada Treves racconta di come l’antica arte giapponese
degli Origami abbia conquistato il mondo della scuola. A partire da
Israele, dove Miri Golan ha sviluppato un programma che unisce l’arte
degli origami alla geometria, approvato dal ministero
dell’Istruzione. “II fruscio dei fogli di carta, e il silenzio.
La concentrazione, negli sguardi, nei gesti, l’attenzione con cui
piccole mani piegano e voltano, osservano e piegano ancora. Da un
rettangolo nascono forme e risate. Le lezioni di Origametria sono un
misto di gioco e concentrazione, un percorso di scoperta e di rispetto
per i limiti imposti dal foglio. E una successione di sorprese – spiega
Treves – da un foglio escono strutture, giochi, sculture”.
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qui roma - l'inaugurazione
Menorà. Culto, storia e mito
"Mostra che guarda al mondo"
“Non
soltanto un evento che ha un chiaro valore simbolico. È anche una
grande iniziativa sotto il profilo artistico quella che inauguriamo
oggi, frutto di una collaborazione molto intensa tra i nostri due
musei”. Così la direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta ha
illustrato oggi in conferenza stampa la mostra “Menorà. Culto, storia e
mito” che vede coinvolti insieme (apertura al pubblico da domani, fino
al 23 luglio) il Braccio di Carlo Magno in Vaticano e il Museo ebraico
di Roma.
Centotrenta opere in mostra, grazie anche ad alcuni prestiti concessi
dai più importanti musei al mondo (dal Louvre di Parigi alla National
Gallery di Londra, dall’Israel Museum alla Biblioteca Palatina di
Parma). L’arte figurativa, nelle sue diverse forme, per raccontare la
“storia plurimillenaria, incredibile e sofferta della Menorà”. E cioè
il candelabro a sette bracci che proprio a Roma, snodo fondamentale
della sua vicenda, è diventato il simbolo più potente dell’ebraismo.
“Una mostra sulla Menorà non poteva che essere organizzata qua, in
questa città” sottolinea la direttrice del Museo ebraico Alessandra Di
Castro, intervenendo dopo Jatta.
Ad illustrare la sfida e il messaggio dell’iniziativa sono anche gli
altri due curatori (insieme alla Di Castro) Francesco Leone, professore
associato di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università G.
D’Annunio Chieti-Pescara, e Arnold Nesselrath, delegato per i
Dipartimenti scientifici e i laboratori di restauro dei Musei Vaticani. Leggi
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L'ALLESTIMENTO AI MUSEI VATICANI
Tre nuclei, una sola narrazione
Alla scoperta della Menorà
Tre
i grandi nuclei in cui si articola la mostra “Menorà. Culto, storia e
mito” (in gran parte ospitata al Braccio di Carlo Magno, nei Musei
Vaticani). Il primo ricostruisce la storia della Menorà dalla sua
presenza nel Tempio di Gerusalemme fino alla dispersione a Roma. E cioè
dall’antichità ai primi secoli dell’era moderna. Il secondo insegue
invece il mito della Menorà nel tempo e nello spazio dalla tarda
antichità al ventesimo secolo, analizzandone in particolare da un lato
l’appropriazione delle sue forme in seno al cristianesimo per la
creazione di candelabri cerimoniali, dall’altro il suo perpetuarsi
quale forte elemento aggregante del mondo, della cultura e della
identità ebraiche.
Il terzo nucleo infine offre una panoramica sul ventesimo e ventunesimo
secolo, con varie raffigurazioni della Menorà opera di artisti di
grande livello. Una vasta produzione che si svolge in un’epoca in cui,
è stato spiegato, la destrutturazione del linguaggio artistico e della
semantica visiva ha fornito inedite forme espressive a questo simbolo
assurto anche a protagonista di capolavori della letteratura
contemporanea come, tra gli altri, Il candelabro sepolto di Stefan
Zweig.
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l'allestimento al museo ebraico di roma
Sette bracci simbolo d'identità
“Dopo
una gestazione di quattro anni, iniziata quasi casualmente da un
incontro con Arnold Nesselrath, oggi finalmente inauguriamo la mostra
'Menorà. Culto, storia e mito', che esprime un altissimo valore storico
e artistico, insieme a una potente carica simbolica e identitaria”.
Alessandra Di Castro, direttrice del Museo Ebraico di Roma, introduce
così la presentazione alla stampa dell’allestimento nato dall’inedita
collaborazione con i Musei Vaticani: rievocando un incontro “fatale”
con il delegato per i Dipartimenti Scientifici e i Laboratori di
Restauro dei Musei della Santa Sede, proprio come fatale è stata la
Menorà per Roma: la città è, infatti, l’ultimo punto d’approdo
storicamente documentato del candelabro a sette bracci fatto forgiare
in oro puro da Mosé e destinato al primo Tempio di Gerusalemme, per
espresso volere del Signore, come narra il libro dell’Esodo, prima che
la sacra lampada riprendesse il suo inquieto e sofferto peregrinare
plurimillenario non solo tra due poli geografici – Gerusalemme a
Oriente e Roma a Occidente, ma anche tra mito e leggenda. Leggi
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la delegazione ucei incontra gli iscritti
Comunità di Torino e Unione,
l'importanza di collaborare
Rapporti
con la Comunità e con i rabbini, il tema della comunicazione, la
raccolta Otto per mille, sono alcune delle questioni toccate ieri dalla
Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni
nel corso dell'incontro con la Comunità ebraica di Torino. Affiancata
dai vicepresidenti UCEI Giulio Disegni e Giorgio Mortara, Di Segni ha
incontrato prima il Consiglio della Comunità e poi gli iscritti per
confrontarsi in modo aperto su questioni legate al futuro dell'ebraismo
italiano e al rapporto tra le realtà ebraiche locali e l'ente che le
rappresenta a livello nazionale, l'Unione appunto. A fare gli onori di
casa il presidente della Comunità torinese Dario Disegni, che ha
accompagnato la delegazione UCEI in altre due tappe piemontesi: prima a
Cherasco, sede di una bellissima e antica sinagoga, poi a Cuneo, che,
nonostante numeri molto piccoli, può ancora vantare una vita ebraica
attiva. Leggi
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qui milano - l'incontro del master ucei
Gli scrittori israeliani e la Bibbia
Gli
scrittori israeliani hanno un grande successo tra il pubblico italiano.
Si pensi ai noti Amos Oz, David Grossman, A.B. Yehoshua, ma anche a
Meir Shalev e al più recente Eshkol Nevo. Tutti nomi che gli
appassionati di libri in Italia conoscono e apprezzano. E proprio a
questi scrittori, alla letteratura contemporanea israeliana, è dedicato
l'incontro organizzato a Milano dal Master in Cultura ebraica e
Comunicazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (ore 18.30,
Libreria Parole e Pagine, corso di Porta Nuova). A confrontarsi sul
lavoro di questi scrittori e al loro legame con le Scritture, il
filologo Cyril Aslanov, specialista in storia e teoria della traduzione
nonché docente di letteratura e linguistica all’Università di Aix en
Province, e rav Roberto Della Rocca, direttore dell'Area Educazione e
Cultura dell'Unione ed autore di diverse pubblicazioni tra cui il
saggio Con lo sguardo alla luna, edito da Giuntina. Aslanov e rav Della
Rocca dialogheranno quindi sull'intreccio tra sacro e profano
all'interno della letteratura contemporanea israeliana. A moderare
l'incontro, Fiona Diwan. Leggi
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Oltremare - Silenzio stampa |
La
settimana che è finita stamattina presto, alle cinque del mattino per
essere precisi, passerà alla storia israeliana come la settimana senza
servizio pubblico televisivo e radiofonico. Segnata dal silenzio
improvviso e un po’ inquietante del canale 1 della televisione, sul cui
schermo campeggiava una composizione di spiccato gusto cimiteriale
(mancava la candela accesa) “I nostri programmi sono terminati –
1968-2017”. Sia il suo ricordo di benedizione, come diciamo qui. E
soprattutto, senza la radio per eccellenza: Reshet Bet, che non avendo
uno schermo si è limitata a trasmettere canzoni deprimenti, in stretto
stile Yom Hazikaron, per sei giorni consecutivi. A dire la verità, il
primo canale della televisione era in crisi da anni e non ricordo di
averlo mai guardato se non per sbaglio. Ma Reshet Bet, quella sì era
centrale.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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Analisi scorretta - Educazione
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La
devastazione di 150 tombe al cimitero del Verano avvenuta a Roma alcune
giorni addietro apre parecchi interrogativi, alcuni sulla ricostruzione
dell’episodio fatto dalle forze dell’ordine, altre sulle motivazioni
stesse del gesto.
Al momento sembra che gli autori, cinque quindicenni, rimasti
(volontariamente?) all’interno del camposanto, abbiano passato il
tempo, in attesa di uscirne, distruggendo i tumuli. Appurare se sono
rimasti volontariamente o meno nel cimitero è fondamentale, perché è da
questo aspetto che si può comprendere quanta predeterminazione c’è
stata della devastazione.
Anselmo Calò
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