Paolo Sciunnach, insegnante | Ben
Zomà affermava: chi è il sapiente? Colui che impara da qualsiasi
persona, secondo quanto è detto: io ho imparato da tutti coloro che mi
hanno insegnato (Salmi CXIX, 99). Chi è il forte? Colui che domina il
proprio istinto; secondo quanto è detto: colui che sa sopportare con
pazienza è meglio del prode e colui che domina il suo spirito è
superiore a chi conquista una città (Proverbi, XVI, 22).
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Anna
Foa,
storica |
Il
13 agosto l’attacco al ristorante turco in Burkina Faso, di cui nessuno
sembra essersi troppo accorto. Poi, Barcellona e la Finlandia. Un mare
di sangue in pochi giorni. A morire sono, come sempre, cristiani,
ebrei, musulmani. Indistintamente. Di fronte a questi massacri, piccoli
segnali di reazione, come la manifestazione in piazza a Barcellona dei
musulmani contro il terrorismo. Piccoli, piccolissimi segnali. Ma solo
così potremo davvero e fino in fondo sconfiggere i fanatici. Facendo
crescere queste fiammelle di umanità, rendendo chiaro a tutti che tutti
siamo obiettivi, di qualunque colore abbiamo la pelle e qualunque Dio
adoriamo. Ricordando che i musulmani hanno finora pagato più di tutti
in termini di sangue sparso dai terroristi. Perché per i terroristi non
c’è differenza tra un europeo e un musulmano qualunque, che non creda
che il compito di ogni buon musulmano sia assassinare gli infedeli. Lo
dobbiamo almeno a Khaled Asaad, il vecchio archeologo, di religione
musulmana, assassinato brutalmente dall’ISIS or sono due anni a
Palmira, di cui difendeva le rovine.
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"Italia resti unita"
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Dopo
l’attacco terroristico a Barcellona, il Viminale ha ordinato
l’introduzione di nuove misure di sicurezza in tutte le città italiane,
tra queste l’installazione di barriere antiterrorismo. “Quei jersey di
cemento armato che avrebbero forse impedito la strage sulla Rambla. –
scrive il Corriere della Sera – A Milano sono già comparsi all’ingresso
della Galleria, nelle vie attorno al Duomo, e un’altra dozzina saranno
sistemati ai varchi della movida. A Roma viene creato uno slalom nella
pedonale via dei Fori Imperiali (le camionette dell’esercito già
sbarrano da tempo l’avvicinamento al Colosseo) e altre piazze sono
sotto osservazione”. Intanto il ministro Alfano, volato a Barcellona,
spiega che in Italia l’allerta rimane altissima mentre da Rimini il
Premier Gentiloni sottolinea che “è decisivo che da tutti venga il
sostegno alle forze dell’ordine, all’intelligence, ai militari
impegnati per la sicurezza. Fare sentire il Paese unito attorno alle
forze che lavorano per la sicurezza è altrettanto importante rispetto
al ripetere che i terroristi non ci costringeranno a rinunciare alla
nostra libertà. La difendiamo, lo facciamo ringraziando ogni giorno chi
ci consente di vivere liberi” (Corriere).
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il portavoce della comunità ebraica "Dal rabbino parole fuori luogo,
a Barcellona c'è un futuro"
Non
è questo il tempo per pericolosi sensazionalismi e allarmismi. Gli
ebrei di Barcellona non se ne vanno, ma anzi sono determinati a
rafforzare ulteriormente la loro presenza e il loro impegno. Parola del
portavoce della Comunità ebraica, Victor Sorenssen, che raggiungiamo
telefonicamente.
Un messaggio che è anche una risposta alle parole del rabbino Meir
Bar-Hen, che alle porte dello Shabbat aveva parlato di Comunità ebraica
“condannata” per via della crescente minaccia terroristica e
dell’assenza di volontà da parte delle istituzioni a confrontarsi con
questo pericolo.
“Questo posto è perso” aveva sottolineato il rabbino, invitando gli
ebrei di Barcellona ad andarsene e a investire altrove (in primis
Israele) le proprie risorse e il proprio tempo. Dichiarazioni da cui,
rivela Sorensen, la Comunità ha preso fermamente le distanze anche
attraverso un messaggio subito inviato al governo catalano. “Un
intervento forte e tempestivo” spiega il portavoce.
Sorensen rivendica le molte conquiste in cui la Comunità ebraica locale
è stata protagonista nei 40 anni di vita democratica del paese e i
numerosi progetti che la vedono oggi coinvolta ai diversi livelli.
Dalla morte di Franco in poi, osserva, gli ebrei di Barcellona hanno
partecipato attivamente “alla vita sociale, culturale e religiosa della
società” e intrattenuto proficui e costanti rapporti con le istituzioni
“cittadine, della Catalogna e della Spagna”.
Nel 2018 la Comunità festeggerà 100 anni di vita: è stata infatti
ricostituita nel 1918, a oltre quattro secoli dagli editti di
espulsione del 1492 che portarono, tra molte atrocità e violenze, alla
fine della florida presenza ebraica in Spagna. Una pagina buia con cui
il paese, come noto, ha iniziato a fare i conti solo negli ultimi anni. Leggi
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il ceo dell'american jewish commitee "Trump, dietrofront pericoloso"
"Quando
ero docente esterno di un corso sulla politica della memoria, chiesi ai
miei studenti quali fossero le tutele più importanti contro la
violenza, l’odio e l’intolleranza. La prima risposta fu il tono e le
parole della leadership politica, a cominciare dai livelli più alti. Fu
menzionato anche il ruolo dei leader religiosi e della società civile,
i media, la scuola e ovviamente la famiglia, ma si ritornava sempre a
parlare della prima categoria, citando esempi negativi e positivi nella
Storia.
È un peccato che il messaggio ineluttabile che proviene dalle Sue
parole di martedì servirà solo ad infiammare i sentimenti di questa
nazione, ad aumentare il divario tra gli americani, a convincere molti
che Lei pensa davvero che ci possa essere una equivalenza morale tra i
nazionalisti bianchi, i neo-nazisti e i membri del Ku Klux Klan da un
lato, e tra chi vi si oppone dall’altro".
È quanto scrive David Harris, direttore esecutivo dell'American Jewish
Committee, in un messaggio inviato al presidente degli Stati Uniti
Donald Trump. Leggi
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Oltremare - Pizuzià
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Uno
dei fenomeni israeliani difficili da declinare secondo i criteri
occidentali è quello della “pizuzià”. La pizuzià è un’istituzione qui:
è un negozietto che potrebbe essere paragonato alla tabaccheria
italiana, solo che vende praticamente qualunque cosa giri al
proprietario. Di norma ci si trova ogni genere di caramelle e gomme da
masticare, snack e bibite, ricariche del cellulare, birra, e ovviamente
tabacchi e qualche giornale. Ma a volte aggiungono il frigo con gelati
industriali, o noci e noccioline tenute in caldo, o un trabiccolo
rettangolare su gambe sottili di metallo collegato alla presa elettrica
che contiene jachnun. Il jachnun è un cibo yemenita a base di rotoli di
una variante molto spessa della pasta fillo, serviti caldi con a lato
una una cosa che sta a metà fra il succo di pomodoro e pelati
sminuzzati, uovo sodo cotto per lunghe ore, e un intruglio piccante e
delizioso di colore tendente al verde oliva. Chi lo scambia per
tapenade, lo farà una sola volta nella vita. Inutile specificare che si
mangia a colazione, ma si sa, qui in medio oriente la colazione normale
europea con caffè e brioche viene vista come la peggiore delle
decadenze, inutile e grassa. Invece gli etti di margarina con cui si
cuoce il jachnun quelli no, leggeri e sanissimi. Ora, una pizuzià
davanti alla quale passo sempre all’andata e al ritorno dal lavoro ha
preso un’altra via e si sta espandendo come negozio di vestiario made
in India. Ha cominciato appendendo due o tre vestiti indiani
chiaramente portati in valigia da qualcuno di rientro dal viaggio dopo
il servizio militare. Poi però ha continuato con metodo e nel giro di
un mesetto la pizuzià quasi non si vede più, tutta coperta all’ingresso
da vestiti con elefantini e motivi indiani, colori sgargianti,
pantaloni larghi a strisce enormi, borse e zaini, magliette, e a spanne
arriveranno presto le pashmine e l’incenso. Si vede che il proprietario
crede nella metempsicosi, anche applicata al suo negozio: da pizuzià
telavivese qualunque a mini-shuk indiano.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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