29 Maggio 2017 - 4 Sivan 5777

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21 Agosto 2017 - 29 Av 5777
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Paolo Sciunnach, insegnante
Ben Zomà affermava: chi è il sapiente? Colui che impara da qualsiasi persona, secondo quanto è detto: io ho imparato da tutti coloro che mi hanno insegnato (Salmi CXIX, 99). Chi è il forte? Colui che domina il proprio istinto; secondo quanto è detto: colui che sa sopportare con pazienza è meglio del prode e colui che domina il suo spirito è superiore a chi conquista una città (Proverbi, XVI, 22).
 
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Anna
Foa,
storica
Il 13 agosto l’attacco al ristorante turco in Burkina Faso, di cui nessuno sembra essersi troppo accorto. Poi, Barcellona e la Finlandia. Un mare di sangue in pochi giorni. A morire sono, come sempre, cristiani, ebrei, musulmani. Indistintamente. Di fronte a questi massacri, piccoli segnali di reazione, come la manifestazione in piazza a Barcellona dei musulmani contro il terrorismo. Piccoli, piccolissimi segnali. Ma solo così potremo davvero e fino in fondo sconfiggere i fanatici. Facendo crescere queste fiammelle di umanità, rendendo chiaro a tutti che tutti siamo obiettivi, di qualunque colore abbiamo la pelle e qualunque Dio adoriamo. Ricordando che i musulmani hanno finora pagato più di tutti in termini di sangue sparso dai terroristi. Perché per i terroristi non c’è differenza tra un europeo e un musulmano qualunque, che non creda che il compito di ogni buon musulmano sia assassinare gli infedeli. Lo dobbiamo almeno a Khaled Asaad, il vecchio archeologo, di religione musulmana, assassinato brutalmente dall’ISIS or sono due anni a Palmira, di cui difendeva le rovine.
 
"Italia resti unita"
Dopo l’attacco terroristico a Barcellona, il Viminale ha ordinato l’introduzione di nuove misure di sicurezza in tutte le città italiane, tra queste l’installazione di barriere antiterrorismo. “Quei jersey di cemento armato che avrebbero forse impedito la strage sulla Rambla. – scrive il Corriere della Sera – A Milano sono già comparsi all’ingresso della Galleria, nelle vie attorno al Duomo, e un’altra dozzina saranno sistemati ai varchi della movida. A Roma viene creato uno slalom nella pedonale via dei Fori Imperiali (le camionette dell’esercito già sbarrano da tempo l’avvicinamento al Colosseo) e altre piazze sono sotto osservazione”. Intanto il ministro Alfano, volato a Barcellona, spiega che in Italia l’allerta rimane altissima mentre da Rimini il Premier Gentiloni sottolinea che “è decisivo che da tutti venga il sostegno alle forze dell’ordine, all’intelligence, ai militari impegnati per la sicurezza. Fare sentire il Paese unito attorno alle forze che lavorano per la sicurezza è altrettanto importante rispetto al ripetere che i terroristi non ci costringeranno a rinunciare alla nostra libertà. La difendiamo, lo facciamo ringraziando ogni giorno chi ci consente di vivere liberi” (Corriere).
 
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  davar
il portavoce della comunità ebraica
"Dal rabbino parole fuori luogo,

a Barcellona c'è un futuro"
Non è questo il tempo per pericolosi sensazionalismi e allarmismi. Gli ebrei di Barcellona non se ne vanno, ma anzi sono determinati a rafforzare ulteriormente la loro presenza e il loro impegno. Parola del portavoce della Comunità ebraica, Victor Sorenssen, che raggiungiamo telefonicamente.
Un messaggio che è anche una risposta alle parole del rabbino Meir Bar-Hen, che alle porte dello Shabbat aveva parlato di Comunità ebraica “condannata” per via della crescente minaccia terroristica e dell’assenza di volontà da parte delle istituzioni a confrontarsi con questo pericolo.
“Questo posto è perso” aveva sottolineato il rabbino, invitando gli ebrei di Barcellona ad andarsene e a investire altrove (in primis Israele) le proprie risorse e il proprio tempo. Dichiarazioni da cui, rivela Sorensen, la Comunità ha preso fermamente le distanze anche attraverso un messaggio subito inviato al governo catalano. “Un intervento forte e tempestivo” spiega il portavoce.
Sorensen rivendica le molte conquiste in cui la Comunità ebraica locale è stata protagonista nei 40 anni di vita democratica del paese e i numerosi progetti che la vedono oggi coinvolta ai diversi livelli. Dalla morte di Franco in poi, osserva, gli ebrei di Barcellona hanno partecipato attivamente “alla vita sociale, culturale e religiosa della società” e intrattenuto proficui e costanti rapporti con le istituzioni “cittadine, della Catalogna e della Spagna”.
Nel 2018 la Comunità festeggerà 100 anni di vita: è stata infatti ricostituita nel 1918, a oltre quattro secoli dagli editti di espulsione del 1492 che portarono, tra molte atrocità e violenze, alla fine della florida presenza ebraica in Spagna. Una pagina buia con cui il paese, come noto, ha iniziato a fare i conti solo negli ultimi anni.
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la sua comicità intrisa di ebraismo
Jerry Lewis (1926-2017)
“Guardo il mondo attraverso gli occhi di un bambino perché ho 9 anni. Sono rimasto a quel modo. Ne ho fatto una carriera. Ed è una bellissima situazione in cui trovarsi”. Così il comico, attore e regista Jerry Lewis, scomparso ieri all’età di 91 anni, si raccontava in un’intervista a Reuters
Nato Joseph Levitch, Lewis “era il clown ebreo di punta del cinema americano. La sua innovativa comprensione del mezzo cinematografico assicurò che la sua identità (ebraica) fosse parte inevitabile della sua celebrità degli Stati Uniti” spiega Benjmamin Ivry sul Forward. Lewis, dirà il suo biografo Shawn Levy, non aveva bisogno di ricordare al pubblico il suo ebraismo, perché la sua essenza e l’atmosfera che lo circondava erano impregnate della cultura Yiddish. I genitori di Lewis erano infatti due ebrei emigrati dalla Russia in una delle realtà più ebraiche d’America (almeno durante lo scorso secolo): Newark, nel New Jersey, ovvero il luogo reso celebre dai romanzi di Philip Roth.
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il ceo dell'american jewish commitee
"Trump, dietrofront pericoloso"
"Quando ero docente esterno di un corso sulla politica della memoria, chiesi ai miei studenti quali fossero le tutele più importanti contro la violenza, l’odio e l’intolleranza. La prima risposta fu il tono e le parole della leadership politica, a cominciare dai livelli più alti. Fu menzionato anche il ruolo dei leader religiosi e della società civile, i media, la scuola e ovviamente la famiglia, ma si ritornava sempre a parlare della prima categoria, citando esempi negativi e positivi nella Storia.
È un peccato che il messaggio ineluttabile che proviene dalle Sue parole di martedì servirà solo ad infiammare i sentimenti di questa nazione, ad aumentare il divario tra gli americani, a convincere molti che Lei pensa davvero che ci possa essere una equivalenza morale tra i nazionalisti bianchi, i neo-nazisti e i membri del Ku Klux Klan da un lato, e tra chi vi si oppone dall’altro".
È quanto scrive David Harris, direttore esecutivo dell'American Jewish Committee, in un messaggio inviato al presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
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pilpul
Oltremare - Pizuzià
Uno dei fenomeni israeliani difficili da declinare secondo i criteri occidentali è quello della “pizuzià”. La pizuzià è un’istituzione qui: è un negozietto che potrebbe essere paragonato alla tabaccheria italiana, solo che vende praticamente qualunque cosa giri al proprietario. Di norma ci si trova ogni genere di caramelle e gomme da masticare, snack e bibite, ricariche del cellulare, birra, e ovviamente tabacchi e qualche giornale. Ma a volte aggiungono il frigo con gelati industriali, o noci e noccioline tenute in caldo, o un trabiccolo rettangolare su gambe sottili di metallo collegato alla presa elettrica che contiene jachnun. Il jachnun è un cibo yemenita a base di rotoli di una variante molto spessa della pasta fillo, serviti caldi con a lato una una cosa che sta a metà fra il succo di pomodoro e pelati sminuzzati, uovo sodo cotto per lunghe ore, e un intruglio piccante e delizioso di colore tendente al verde oliva. Chi lo scambia per tapenade, lo farà una sola volta nella vita. Inutile specificare che si mangia a colazione, ma si sa, qui in medio oriente la colazione normale europea con caffè e brioche viene vista come la peggiore delle decadenze, inutile e grassa. Invece gli etti di margarina con cui si cuoce il jachnun quelli no, leggeri e sanissimi. Ora, una pizuzià davanti alla quale passo sempre all’andata e al ritorno dal lavoro ha preso un’altra via e si sta espandendo come negozio di vestiario made in India. Ha cominciato appendendo due o tre vestiti indiani chiaramente portati in valigia da qualcuno di rientro dal viaggio dopo il servizio militare. Poi però ha continuato con metodo e nel giro di un mesetto la pizuzià quasi non si vede più, tutta coperta all’ingresso da vestiti con elefantini e motivi indiani, colori sgargianti, pantaloni larghi a strisce enormi, borse e zaini, magliette, e a spanne arriveranno presto le pashmine e l’incenso. Si vede che il proprietario crede nella metempsicosi, anche applicata al suo negozio: da pizuzià telavivese qualunque a mini-shuk indiano.

Daniela Fubini, Tel Aviv




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