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25 agosto 2017 - 3 Elul 5777
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
La giustizia non è cosa per chi è statico. La giustizia va cercata, perseguita, difesa e per farlo bisogna “alzarsi e salire verso il luogo che Dio ha scelto…e chiedere ai sacerdoti, ed ai leviti ed al giudice che ci saranno in quei giorni…” (Parasha’ Shoftim). La giustizia è il valore del movimento e non dell’immobilismo.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
direttore
Fondazione CDEC
Dopo l’ennesimo episodio di cori razzisti partiti dalla curva dei supporter dell’Hellas Verona all’indirizzo dei giocatori del Napoli (chiamati “scimmie”), la società proprietaria di quella squadra ha diramato un comunicato stampa che è un capolavoro di retorica e cerchiobottismo, nella speranza di non dover subire sanzioni disciplinari (chiusura della curva): “Nel caso venissero reiterati tali comportamenti, dai quali ci dissociamo – si legge nel comunicato - sin dalla prossima partita a Crotone si rischiano provvedimenti ancor più drastici quali la chiusura di alcuni settori del ‘Bentegodi’, conseguenze che andrebbero non solo a danneggiare ulteriormente la Società bensì anche la squadra, che verrebbe privata di un elemento fondamentale come i propri tifosi.
 
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Negoziati di pace,  Kushner in missione
Il presidente Trump “si è impegnato a trovare una soluzione che porti pace e prosperità” a tutta la regione. A dirlo al Primo ministro israeliano Netanyahu, Jared Kushner, genero e consigliere di Trump, in missione in Medio Oriente per conto del presidente Usa. Arrivato mercoledì, Kushner ha incontrato prima Netanyahu poi il leader palestinese Mahmoud Abbas, che ha affermato di voler lavorare con Trump per raggiungere la pace. Ma il primo ad aver espresso dubbi sulla possibilità di arrivare una soluzione era stato proprio Kushner: come racconta Federico Rampini su Repubblica, il genero di Trump prima di partire per il Medio Oriente aveva espresso ad alcuni funzionari del Congresso il suo “scetticismo sul compito affidatogli”. “Forse non c'è soluzione” al conflitto israelo-palestinese, ha confidato, aggiungendo di volerci provare solo perché “è una delle cose che il presidente mi ha chiesto di fare”. “II viaggio di Kushner, per quanto difficile come dimostra un incidente diplomatico con l'Egitto, lo allontana da un'atmosfera pesante in patria”, spiega Rampini, riportando tra le altre cose le critiche mosse da una parte dell'ebraismo americano a Trump per la sua gestione della manifestazione neonazista a Charlottesville. “Quattro associazioni di rabbini americani – scrive Rampini - hanno cancellato per protesta il tradizionale appuntamento con il presidente che si svolgeva ogni anno alla vigilia delle festività di Rosh Hashana e Yom Kippur”.

Il muro contro i tunnel del terrore. Un muro sotterraneo di cemento armato lungo 64 chilometri, profondo alcune decine metri e alto sei metri sopra il suolo, più una propaggine marina su una base flottante, per un costo previsto di 800 milioni di euro. È il progetto, attorno a Gaza, che Israele sta portando avanti per proteggersi dagli attacchi sotterranei dei terroristi di Hamas, da quei tunnel che portarono alla guerra del 2014 e all'operazione israeliana Margine protettivo. “l Mossad sostiene di avere le prove di nuove gallerie in fase di ultimazione (almeno due), - racconta Repubblica - da qui l'urgenza di accelerare il progetto del muro sotterraneo. Per il quale sono stati interpellati esperti di tutto il mondo prima di giungere alla stesura definitiva che prevede anche un sistema di controllo elettronico nel caso si cerchi di perforarlo”.

A 120 dal Primo congresso sionista. Ampio spazio nelle pagine culturali de La Stampa all'anniversario della riunione a Basilea, nell'agosto 1897, del Primo congresso sionista guidato da Theodor Herzl. “Cento e venti anni fa – spiega l'articolo raccontando le radici del sionismo - a Basilea il movimento sionista si riunì con l'obiettivo di dare una autonomia politica e civile al popolo ebraico disperso ai quattro angoli del mondo e vittima in quegli anni di sfoghi di violenza e persecuzioni: i pogrom che imperversavano nell'impero zarista mietevano vittime e costringevano alla fuga migliaia di anime”.
 
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  davar
continua l'aiuto israeliano ai civili in siria
L'operazione buon vicino, Israele  e il soccorso al Golan siriano
Mentre il governo Netanyahu e i suoi diplomatici lavorano per ottenere garanzie da Russia e Stati Uniti sul ruolo dell'Iran in Siria, Israele continua nel suo impegno ad aiutare i civili nel Golan siriano. Un'iniziativa nota da tempo ma di cui le autorità israeliane hanno parlato ufficialmente solo il mese scorso mostrando ai media lo sforzo dell'operazione denominata “buon vicinato”:  nel corso del tempo Israele ha trasferito 360 tonnellate di cibo, 450.000 litri di benzina e 50 tonnellate di indumenti per la popolazione in Siria. Ha anche inviato grandi quantità di antidolorifici, anestetici e medicine di base per il diabete e l'asma. Senza contare le operazioni di soccorso per i feriti siriani – oltre 3mila, di cui molti bambini -, ricoverati e curati negli ospedali israeliani e poi rimandati in patria in segreto per evitare ripercussioni. Un problema, quest'ultimo, molto sentito, come ha raccontato di recente un comandante di ribelli siriani a un gruppo di giornalisti internazionali riuniti al Media Central di Gerusalemme. In un'intervista via skype, Abu Hamad – nome di battaglia – ha raccontato, con il volto coperto per sicurezza, di come “le milizie sciite sostengono che siamo dei traditori” proprio per la collaborazione sul fronte umanitario con Israele.
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Pagine Ebraiche agosto 2017 
Genizah del Cairo, a Cambridge 
la mostra che dà voce al passato

La Taylor-Schechter Cairo Genizah Collection, conservata nella biblioteca universitaria di Cambridge, è la collezione di manoscritti ebraici medievali più vasta ei importante al mondo. Per mille anni la comunità ebraica di Fustat (Cairo Vecchia) depose testi sacri e altri scritti logorati dall’uso nella genizah della Sinagoga di Ben Ezra e, tra il 1896 e il 1897, l’accademico di Cambridge Solomon Schechter grazie al sostegno finanziario del rettore del collegio di St. John, Charles Taylor, si recò in Egitto per esaminarli. Dalla comunità ebraica egiziana ottenne il permesso di portare via quello che più gli piaceva (affermò in seguito “Mi piaceva tutto”), e portò all’università di Cambridge 193.000 manoscritti, che oggi compongono la Taylor-Schechter Cairo Genizah Collection.
La comunità di Fustat conservava i manoscritti nella genizah, secondo la legge rabbinica (si veda, per esempio, Mishna Shabbat 16:1), che dice che quando un testo sacro diventa inutilizzabile (perché è troppo vecchio o perché il suo contenuto non è più rilevante) non può essere distrutto o gettato con noncuranza: i testi contenenti il nome di D-o dovrebbero piuttosto essere sepolti o riposti in una genizah quando la sepoltura non è possibile. Almeno a partire dai primi anni dell’undicesimo secolo gli ebrei di Fustat, una delle più ricche e importanti comunità ebraiche del Mediterraneo, deposero con riverenza i loro testi antichi nella genizah.
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Pagine Ebraiche agosto 2017 
Davanti alla Genizah
Venga a prendere un frammento di eternità da noi. Ci vuole un attimo per lasciare in superficie la grande luce degli immensi prati con le mucche libere e felici che li percorrono. Di inabissarsi nella penombra dei sotterranei della fortezza che racchiude i tesori della Biblioteca universitaria di Cambridge. Nella sala delle esposizioni, il centro universitario britannico offre l’occasione rara di immergersi e di respirare da vicino il fascino di una selezione dello sterminato patrimonio rappresentato dai frammenti della Genizah del Cairo. “Non è facile immaginare – scriveva, perso nell’oceano di parole da lui ritrovate e portate in salvo nel 1896, Solomon Schechter nei suoi diari – la confusione che regna in questa antichissima Genizah fino a quando non la si è visitata. Un campo di combattimento di cui gli eserciti sono manoscritti, una battaglia in cui la produzione letteraria di molti secoli rivendica la propria parte…”. Sono trascorsi ormai 120 anni e le parole dello studioso, rabbino e padre dell’ebraismo conservative tornano alla luce assieme ai gioielli di carta stracciata che ebbe il merito di recuperare dal grande deposito di materiali destinati all’oblio rinvenuto in Egitto. E la Storia si vendica, i tesori della Genizah tornano oggi vividamente ai nostri occhi in una piccola selezione, sapientemente composta dall’equipe della Genizah Research Unit condotta da Melanie Schmierer-Lee che ha voluto ironicamente intitolare l’esposizione “Discarded History”, la storia gettata da parte, gli scritti per un motivo o per l’altro destinati all’oblio ora invece destinati a penetrare il tempo fino a farsi tizzoni ardenti di vita, di speranze e di passioni di fronte ai nostri occhi. Il patrimonio di documenti che risalgono all’undicesimo secolo dell’era volgare offrono come è noto una prospettiva nuova nell’analisi di molti testi sacri, ma soprattutto nella quotidianità della vita ebraica dell’epoca. Etica, globalizzazione, affari, drammi, amori, speranze, sofferenze. Voci vive attraversano il tempo e ci trasmettono il brivido indimenticabile di attraversare tempo e destini.

gv, Pagine Ebraiche Agosto 2017
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Pagine Ebraiche agosto 2017 
Cairo, le testimonianze riscoperte
Tanti i preziosi manoscritti, sia religiosi sia laici, parte del patrimonio della Genizah del Cairo esposti nella mostra Discarded History all'Università di Cambridge. Di seguito alcuni brani che raccontano storie di vita ebraica risalenti a mille anni fa ed esposti a Cambridge.

“Giuro di non interrompere il digiuno durante il giorno.”
Una donna supplica il marito di tornare a casa dopo che egli ha deciso di andarsene durante una discussione sul fatto di vivere con la famiglia di lei e di dover pagare loro l’affitto. Per evitare un’accusa di “abbandono”, il marito ritorna a casa di Shabbat per brevi visite coniugali. La donna minaccia di iniziare uno sciopero della fame (ma solo durante le ore del giorno) se il marito non torna a casa. Sul retro della lettera l’uomo scrive: “Se non interrompi il digiuno, non tornerò a casa né per lo Shabbat né in nessun altro giorno!”.

“Perché ti comporti così nei confronti di tua moglie e dei tuoi figli?”
Aaron ha abbandonato la sua famiglia in Egitto e si è stabilito a Seleucia (l’attuale Silifke in Turchia). Credendolo morto, suo suocero rimase sorpreso nel ricevere una lettera da Aaron. Nella sua riposta, il suocero, il cui nome è Sa’d, esprime felicità per il suo ritorno dalla morte, ma gli ricorda che si è sottratto alle sue responsabilità nei confronti della moglie e dei figli in patria per 23 anni. Ciononostante, si mostra educato e dipinge una piacevole immagine della vita in Egitto, un evidente tentativo di far tornare indietro Aaron.

(Traduzione di Rachele Ferin, Arianna Mercuriali e Ilaria Vozza, studentesse della Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste e tirocinanti presso la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane)
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pilpul
Chi è in pericolo?
L’invito agli ebrei a lasciare l’Europa pronunciato dal rabbino capo di Barcellona a caldo subito dopo la strage non è certo il primo discorso di questo genere che ci sia accaduto di ascoltare (e occorre anche ricordare che il portavoce della comunità ebraica ha subito dichiarato il proprio disaccordo) ma merita comunque qualche riflessione perché è il sintomo di un mutamento radicale nella percezione che gli ebrei europei hanno di sé e del mondo che li circonda. Abbiamo passato decenni a parlare dei continui pericoli a cui sono sottoposti Israele e la sua popolazione, a descrivere un piccolo paese circondato da nemici che necessita del sostegno di tutti coloro che vivono sicuri nel tranquillo Occidente. Oggi invece tra gli ebrei si sta diffondendo l’idea che Israele sia un luogo più sicuro dell’Europa; e non solo per noi ebrei (che sappiamo di non essere davvero al sicuro in nessun luogo e in nessun tempo, e certamente non nell’Europa del XX e del XXI secolo), ma per gli europei in generale: in una percezione sempre più diffusa tra gli ebrei, Israele è più sicuro dell’Europa perché è più vigile di fronte al terrorismo e ha una lunga esperienza nell’affrontarlo. 

Anna Segre, insegnante
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Doikeyt. Noi stiamo qui ora
Le parole del rabbino di Barcellona Meir Bar-Hen pronunciate poco dopo la strage jihadista che ha colpito la Rambla, per quanto forti ed emozionali sono in un certo senso legittime e comprensibili, ciò che forse sfugge è che ad essere sotto attacco non sono soltanto gli ebrei ma qualunque individuo che vive sul territorio europeo senza distinzioni di origini o credo religioso. Bisogna poi constatare che purtroppo non esistono al momento attuale luoghi al mondo totalmente protetti e immuni dagli attentati e dalla minaccia islamista. Neppure lo Stato di Israele, con un livello di intelligence e con misure di sicurezza probabilmente superiori alle nostre, potrebbe rientrare in questa categoria immaginaria.

Francesco Moises Bassano
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Sul palco con Billy Joel
La stella di Davide rappresenta il popolo ebraico sin dalle sue origini. I valorosi soldati di Re Davide, che combattevano per salvaguardare la sicurezza all'interno della regione e l'incolumità di chi ci abitava, la portavano incisa sullo scudo metallico. Due triangoli, uno che punta verso l'alto e l'altro che punta verso il basso, che si incontrano a metà strada come per simboleggiare l'incontro che avviene tra Dio e il popolo ebraico.

David Zebuloni
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