Jonathan Sacks,
rabbino | Siamo tutti umani, anche troppo umani. Il Signore ne era consapevole ancor prima di crearci.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | L’obiettività
dei fatti diventa meno rilevante e significativa delle convinzioni
personali o dei sentimenti e delle emozioni. Nel mondo dominato da
internet e dai social, la strada del “falso” diventa sempre più
percorribile.
Come rispondervi? Secondo Aidan White, direttore di “Ethical Journalism
Network”, accuratezza, indipendenza, trasparenza, imparzialità, umanità
e trasparenza, sono i cinque valori che fondano l’etica
dell’informazione nell’epoca delle “fake news” e della “post verità”.
Sarà interessante ascoltarlo a Prix Italia che si apre il prossimo
giovedì, 28 settembre, a Milano dal titolo “Back to the facts” e
dedicato al tema della “Fake news”, della “post verità”.
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Teheran provoca ancora
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Dopo
la Corea del Nord, anche l’Iran. Il test militare effettuato ieri da
Teheran getta una nuova ombra sull’intesa del 2015, già messa in
discussione da Donald Trump nel suo recente discorso all’Onu e
fortemente osteggiata dallo Stato di Israele. Diverse le reazioni a
livello internazionale. Scrive tra gli altri il Corriere: “L’Alto
rappresentante della politica estera della Ue, Federica Mogherini, ha
detto che non c’è bisogno di rinegoziare l’accordo con l’Iran ‘perché
sta funzionando’. Così gli altri firmatari. Ma il presidente francese
Macron, pur definendolo un ‘buon accordo’, si è detto aperto ad
aggiungere ‘due o tre altre misure’. La data chiave è il 15 ottobre,
entro la quale Trump dovrà decidere se certificare che Teheran sta
rispettando l’intesa”.
In un pezzo sul complesso incastro geopolitico mediorientale in cui si
parla anche di questa vicenda Il Fatto Quotidiano propone oggi
testualmente i concetti di “soluzione finale” e “pulizia etnica
morbida”. Il riferimento è alla situazione dei palestinesi e a un piano
cui starebbero lavorando Egitto e Israele per dar vita a una
“mini-Palestina”.
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pagine ebraiche settembre 2017 - l'intervista
"Rita, mia zia. Amata da tutti" Per
il momento gli istituti che hanno aderito sono una settantina,
Praticamente ovunque, con tutte le regioni rappresentate ad eccezione
della Liguria. Ma il numero aumenta costantemente, così come le
richieste di intitolazione degli istituti. Nell’Italia che vede
crescere la piaga dell’analfabetismo funzionale, del cretinismo
digitale, dell’ignoranza portata a modello c’è una parte di paese che
dice no e si impegna per costruire una società più istruita e
consapevole. E lo fa nel nome di Rita Levi-Montalcini.
“Non è vero che la zia Rita è stata dimenticata, come alcuni affermano.
È anzi più viva che mai” sostiene la nipote Piera, dal 2012 (anno della
sua scomparsa) attiva in progetti per il mondo della scuola che ne
alimentano il ricordo e l’insegnamento. Con il mese di settembre, con
l’anno scolastico che riparte dopo la pausa estiva, l’occasione per
lasciare un segno si rafforza. Una grande opportunità. Ma parliamo
ancora dell’illustre zia.
“Sicuramente – sottolinea Piera – le istituzioni potevano fare di più
per i 30 anni del Nobel, caduti nel dicembre dello scorso anno: quella
è stata davvero un’occasione persa. Ma negli incontri che faccio in
tutta Italia, attraverso la rete delle scuole che portano il suo nome,
c’è sempre qualcuno che la ricorda con gratitudine. E non solo in via
indiretta per via dei suoi studi, le sue scoperte, i libri scientifici
e divulgativi che ha scritto nel corso della sua lunga vita. Si tratta
in molti casi di ricordi personali, di aneddoti ed emozioni rimaste
impresse nell’anima e che ogni volta mi confortano e commuovono. La zia
ha letteralmente girato il mondo, e non c’è posto in cui io vada dove
non trovi una persona che l’ha vista, ci ha parlato, ha avuto degli
scambi costanti con lei”.
Pagine Ebraiche settembre 2017 Leggi
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Fiat veritas, et pereat mundus
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Afferma
una oramai proverbiale (ed anche un poco inflazionata, quanto meno
nelle citazioni, ma in questo caso la licenza ce la prendiamo lo
stesso) Hannah Arendt in «Verità e politica» che: «Nessuno ha mai
dubitato del fatto che verità e politica siano in rapporti piuttosto
cattivi l’una con l’altra e nessuno, che io sappia, ha mai annoverato
la sincerità tra le virtù politiche. Le menzogne sono sempre state
considerate dei necessari e legittimi strumenti non solo del mestiere
del politico o del demagogo, ma anche di quello dello statista». Più
che cinica sarebbe il caso di riconoscere che l’affermazione della
filosofa sia realista, senz’altro al limite dell’impietoso. Poco più in
là, nel medesimo testo, aggiunge: «Probabilmente nessuna epoca passata
ha tollerato tante opinioni diverse su questioni religiose o
filosofiche; la verità di fatto, però, qualora capiti che si opponga al
profitto o al piacere di un dato gruppo, è accolta oggi con un’ostilità
maggiore che in passato». Forse, per ragionare sulla cosiddetta
“post-verità” (qualora esista), sulla «Misinformation» e quant’altro
partendo da qualche riscontro storico – più che pensare che l’età che
stiamo vivendo sia di per sé (e in sé) eccezionale, magari nel senso
più deteriore dell’espressione – sarebbe bene riprendere in mano la
pensatrice germano-statunitense, insieme ad un’altra figura del
pensiero contemporaneo, soprattutto quando quest’ultimo afferma che:
«non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al
contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza». Le
bufale esistono soprattutto perché si vuole credere ad esse. Sono come
una specie di verità parallela, una sorta di risarcimento temporaneo,
un sogno possibile perché desiderato che si trasforma, ben presto, in
incubo.
Claudio Vercelli
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