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29  Settembre 2017 - 9 Tishri 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
L’arrivo del digiuno di Yom Kippur è fonti di differenti reazioni e diverse azioni ebraiche.
C’è chi pregusta il fatto che dormirà tutto il giorno fino all’ora di Neilà, chi si prepara a fare da hazan in un tempio raccogliendo le energie per le lunghe ed impegnative tefilllot, c’è chi entra nel panico all’idea di dover digiunare, chi è già nel panico all’idea di dover trascorrere tutte quelle ore seduto in sinagoga, c’è chi va in ansia perché non sa da chi andare a prendere la berachà, c’è chi ha già annunciato ad amici non ebrei di non cercarlo per venticinque ore perché è arrivato, inesorabilmete, il Kippur, c’è chi, almeno qui in Israele, sta lucidando la sua bicicletta visto che non ci saranno auto in circolazione. Qualunque sia la reazione, l’azione, l’ansia o il panico dobbiamo ricordarci che Kippur è una occasione. La grande occasione del nostro anno ebraico. Kippur è il grande appuntamento per l’incontro con Dio, il grande giorno del nostro perdono e del nostro rinnovarci in virtù di un nuovo anno. Kippur è il segno della diversità del genere umano dal resto della creazione: a Kippur possiamo cambiare noi stessi e la nostra vita e siamo gli unici elementi del Creato che hanno questa facoltà. Kippur è il dono più gioioso che Dio ci abbia mai fatto. Buon digiuno di gioia a tutto il popolo ebraico.
 
Gadi
Luzzatto
Voghera,
direttore
Fondazione CDEC
Il libro di Liliana Picciotto Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah 1943-1945 (Einaudi 2017) è il prodotto di una lunga ed accurata ricerca documentaria e di una straordinaria opera di raccolta di testimonianze orali. Un libro che offre al lettore una serie importante di spunti di riflessione in un momento storico particolare, quello che viviamo ora, in cui molti nodi della storia sembrano riaffiorare dal passato e richiedono capacità critica e soprattutto uno sguardo non stereotipato, disposto a cogliere le articolazioni di una realtà complessa. Nel periodo 1943-45 in Italia e in tutto il mondo interessato dal tragico conflitto mondiale ci furono i cosiddetti giusti, e ci furono gli ingiusti. Ci furono atteggiamenti che oscillavano fra questi due estremi (anche nelle stesse persone) e ci furono tanti indifferenti, o inconsapevoli, o silenti, o altro ancora. Il giudizio storico sull’atteggiamento dei singoli deve essere sempre cauto e formulato, quando necessario, sulla base di documentazione certa. E deve, credo, essere mediato da quella pìetas umana che è necessaria quando noi, dai nostri letti caldi e dalle nostre confortevoli abitazioni, ci accingiamo a esprimere giudizi sul comportamento dei singoli in situazioni estreme. Non che non ci si possa pronunciare, naturalmente, ma la distanza storica e ambientale deve essere tenuta nella giusta considerazione.
Quando però si passa ai giudizi collettivi il discorso cambia. In questo senso, la recensione che Antonio Ferrari ha voluto dedicare al libro in uscita sulle pagine del Corriere della Sera indirizza il lettore in una direzione che non solo non rispecchia il quadro teorico nel quale si inquadra la ricerca di Liliana Picciotto, ma dimostra di non tenere in nessuna considerazione il ricco dibattito storiografico che da più di trent’anni si incentra sulla favola pseudo antropologica degli “italiani brava gente”.
 
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Odio a Budapest
È ancora tempo di caccia alle streghe in Ungheria, dove il nemico numero uno è ancora lui – George Soros – vittima di una nuova oscena campagna diffamatoria che soffia sul fuoco di pregiudizi antisemiti. Un’iniziativa che parte dal governo attraverso una consultazione pubblica su un inesistente piano migranti del magnate. Sottolinea il Corriere: “Ricco, internazionalista, sostenitore delle società aperte, impegnato per i rifugiati, per di più ebreo, Soros è il nemico perfetto. Orbán sembra odiarlo con la determinazione che si riserva ai nemici intimi e in effetti lo conosce da tempo. Non solo perché Soros è nato in Ungheria, da dove è fuggito nei primi anni di socialismo reale dopo essere scampato ai nazisti. Ma anche perché Orbán ha studiato a Oxford grazie a una delle tante borse di studio offerte dal filantropo”.

Sarebbe la voce di Al Baghdadi, scrive tra gli altri il Corriere, quella del nuovo messaggio diffuso dalla divisione media di propaganda dell’Isis con il titolo “Sufficient Is Your Lord As A Guide And A Helper”. Nel messaggio il Califfo afferma che il sangue dei miliziani uccisi in Iraq e Siria “non deve essere stato versato invano”. E sottolinea inoltre come americani, russi ed europei “siano terrorizzati dagli attacchi dei mujaheddin”. Difficile, spiegano tuttavia gli esperti, stabilire la data esatta della registrazione e smentire le voci su una sua morte circolate in passato.
 
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  davar
al via le domande di iscrizione
Musica nella tradizione ebraica,

un concorso aperto a tutti
Una due giorni a Parma dedicata a un intreccio affascinante e dalle molteplici suggestioni, quello tra ebraismo e musica. Si tratta della prima edizione del Concorso musicale nella tradizione ebraica organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, in collaborazione con Parma OperArt per il prossimo 11 e 12 dicembre. L’iniziativa si svolgerà alla Casa della musica e la direzione sarà affidata al maestro Riccardo Joshua Moretti. Le domande d’iscrizione – i moduli, in italiano e inglese, sono scaricabili dalla pagina dedicata sul sito www.ucei.it – dovranno essere inviate entro il 5 novembre. Il concorso sarà una significativa occasione di confronto e incontro tra i vari partecipanti, uniti dalla specificità del tema proposto e dall’universalità del linguaggio musicale.
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il paese si ferma per kippur
Appello del presidente Rivlin:

"Israele rispetta le idee diverse"
Gerusalemme, Israele e tutto l’ebraismo internazionale si preparano in queste ore alla celebrazione dello Yom Kippur, il giorno più sacro e solenne del calendario ebraico. Ieri sono stati migliaia i fedeli che si sono recati al Kotel (il Muro Occidentale a Gerusalemme) per recitare le Selichot, le poesie penitenziali (nell’immagine un momento della serata). Tra i tanti messaggi pubblici legati a Kippur, molto apprezzato quello del Presidente Reuven Rivlin: “Qui a volte è difficile. Molto difficile. Ma non è una scusa per i peccati che commettiamo usando la nostra lingua, le nostre parole contro settori della società o interi gruppi, contro persone che non la pensano come noi – afferma Rivlin – Dal punto di vista del Paese, ciascuno di noi dovrebbe chiedere perdono per ciò che ha fatto e detto del suo prossimo”.
Sul fronte della sicurezza, l’esercito israeliano ha annunciato la chiusura dei passaggi tra Cisgiordania e Israele e Gaza e Israele: un blocco che le autorità adottano sempre in concomitanza con le festività ebraiche e da cui sono escluse le emergenze umanitarie e altri casi considerati sensibili. Il provvedimento dovrebbe durare fino a sabato sera, fino al termine del Kippur. Speciali misure di sicurezza sono state applicate inoltre all’area dell’insediamento di Har Adar, teatro di un attacco terroristico palestinese in cui sono morti tre israeliani.
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kippur 5778 - la riflessione
Preghiera, pentimento, giustizia
Nella preghiera di Musaf di Rosh haShanà, di Yom Kippur e, secondo il minhag italiano persino di Osha’anà Rabbà, leggeremo un solenne pijut (una poesia liturgica) in cui è detto
“…utshuvà utfillà uzdakà ma’avirin et ro’a ha ghezerà – la teshuvà, la tefillà e la tzedakà hanno la forza di cambiare il cattivo decreto divino”.
Cosa sono queste tre azioni che hanno così tanto valore all’interno della vita di un ebreo da far cambiare idea al Signore Id-dio?
La teshuvà è l’elemento indispensabile per ottenere il perdono divino; questa, non è solo una cosa teorica (mi pento di aver fatto qualcosa), bensì rappresenta l’azione del pentirsi, che deve esser fatta attraverso le opere materiali, dimostrando a se stessi per primi, poi al prossimo e infine a D-o, di aver compreso l’errore che ci conduceva sulla strada sbagliata e che abbiamo intrapreso il cammino sulla retta via.
Nel brano di Torà che abbiamo letto nella parashà di Nizzavim troviamo scritto: “…ve shavtà ad A’ Elo-hekha – e tornerai al Signore D-o tuo”: tutto ciò che abbiamo detto deve esser fatto per rendere conto al Signore del nostro operato; è a Lui che alla fine di tutto dobbiamo presentare il bilancio delle nostre azioni, avendo il coraggio di non nascondere quelle meno buone”. Nella tradizione rabbinica questo comportamento, viene definito “Ben adam la macom – fra uomo e D-o”.
La tefillà è la preghiera fatta nel migliore dei modi partendo dal più profondo della nostra coscienza e cercando di salire sempre di più verso l’alto. L’elemento fondamentale della tefillà è la voce: lo sforzo che noi facciamo e le energie che adoperiamo nel recitare le tefillot debbono essere il mezzo indispensabile per frantumare quel muro che divide noi dal Signore D-o, facendo arrivare le nostre preghiere, fino al Suo “cuore”.
Essa è definita “Ben adam le azmò – Fra l’uomo e se stesso”
Anche lo shofar ha in un certo qual modo la stessa funzione della tefillà. Il termine “shofar” può anche esser fatto derivare dal verbo ebraico “le-shapper” che vuol dire “migliorare”; ossia il suo suono ha lo scopo di far migliorare il cuore degli uomini, le loro coscienze, per poter poi arrivare diretto al “cuore” di D-o migliorando anche il Suo verdetto verso di noi.
La tzedakà infine è l’opera di giustizia che ogni ebreo ha il dovere di fare nei confronti di chi ha bisogno; non è né elemosina né opera caritativa, bensì un’azione che ognuno di noi ha il dovere di fare nei confronti dell’altro: persino colui che è povero e vive miseramente ha il dovere di fare tzedakà.
La sua forza è quella di mettere sullo stesso piano chi la fa e chi la riceve, senza far sentire chi la riceve in una condizione di inferiorità verso chi l’ha donata; essa va fatta senza far conoscerne la fonte o l’origine.
Essa è definita: “Ben adam le chaverò – fra l’uomo e il suo prossimo”.
I Rabbini del Talmud riassumono questi concetti apparentemente astratti con tre termini che esprimono la massima materialità: Zom – Kol – Mamon – Digiuno – Voce – Denaro!
Sono queste le tre azioni più importanti della nostra vita, per ottenere il perdono divino e l’annullamento della sentenza cattiva contro di noi.
Tutto, quindi, ha come posta in gioco la vita, la nostra vita che è considerata il dono più importante che il Signore Iddio abbia fatto all’essere umano e a tutti gli altri esseri del Creato, proprio quel Creato che noi celebriamo in questa giornata; opera creativa che il Signore con tutta la Sua grande bontà e giustizia ha fatto affinché l’uomo potesse essere al centro della terra per curarla, sentendola una cosa propria.
Gmar chatimà tovà!


Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna


la fondazione coordinata dall'ucei
Nuovi progetti per la formazione

Nel nome di Graziadio Ascoli
Linguista e glottologo di fama internazionale, il goriziano Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907) è tra le figure che più hanno segnato la storia dell’Italia post-risorgimentale. Senatore del Regno nella sedicesima legislatura, ma anche membro di spicco dell’Accademia Nazionale dei Lincei e iniziatore di molteplici attività per la diffusione di cultura e conoscenza.
Porta il suo nome la Fondazione per la Formazione e la Trasmissione della cultura ebraica appena costituita presso l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con le Comunità di Roma, Milano, Trieste e Torino (le quattro Comunità italiane ad avere una scuola). Un’iniziativa che punta a promuovere formazione e cultura ebraica con particolare attenzione alle scuole e ad altre strutture educative, anche attraverso specifiche raccolte fondi.
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pilpul
Storia, discussione, memoria
A quanto pare, alcuni licei italiani attiveranno in via sperimentale corsi intensivi per permettere ad alcuni allievi di conseguire il diploma in quattro anziché in cinque anni. Non so bene che esito avrà tutto questo ma intanto le scuole e gli insegnanti discutono animatamente sull’opportunità di aderire a questa sperimentazione. Personalmente, a differenza di alcuni miei colleghi, non mi scandalizzo per una scuola in 12 anni anziché 13 come in è già molti paesi, tra cui Israele (anche se mi parrebbe un po’ illogica una riforma che riguardasse solo la scuola superiore). E non mi scandalizzo neppure quando sento parlare di orari settimanali più pesanti, lezioni pomeridiane, ore di 45 minuti, ecc. Nelle scuole ebraiche siamo abituati da decenni a questo ed altro: far stare in cinque giorni settimanali tutte le ore curricolari, più le lezioni di ebraico ed ebraismo, più la preparazione della recita di Purim, più la settimana di Sukkot, più progetti di ogni genere, più visite, più varie ed eventuali. Senza contare i giorni di chiusura in più per le festività ebraiche. Sembra un’impresa impossibile ma poi in un modo o nell’altro si trova la quadratura del cerchio. Ma per quanto si sia pronti a correre, sintetizzare o selezionare, resta comunque la consapevolezza che un’educazione ebraica (anzi, qualunque educazione che si possa davvero definire tale) ha due fondamenti imprescindibili: la discussione sui testi e la memoria.
Non sono sicura che fuori dal mondo ebraico ci sia altrettanta consapevolezza dell’importanza di questi fondamenti, anzi, vedo una preoccupante tendenza a sacrificarli, dato che entrambi appaiono anomali in una scuola che tende sempre di più a ragionare per competenze (cioè in cui si ritiene che conti non tanto il sapere ma il saper fare).


Anna Segre, insegnante
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Lo scandalo del film Rom
Mentre in Europa il populismo nazionalista riscuote sempre più consensi, l’Anica candida all’Oscar come film italiano “A Ciambra” di Jonas Carpignano, un film incentrato sulla comunità Rom di Gioia Tauro, dove gli stessi rom sono sia attori che protagonisti. Naturalmente infuriano le polemiche anti-buoniste sul web quasi si trattasse di blasfemia. Come può un film sui rom rappresentare l’Italia a Cannes? Forse una pellicola sulle gesta o gli amori giovanili del Duce sarebbe stata più indicata e gradita. Tra i commenti riportati dall’Espresso un ignoto scrive “questi continui attacchi alla nostra civiltà e razza sono polpette avvelenate provenienti o dai mercenari della grande finanza o dagli occupanti dell’Europa, gli Usa”. Sarà, ma questa illuminata argomentazione, tra le tante, riconduce alle solite idiozie sul complotto giudaico-pluto-massonico guidato da Soros e altri oscuri personaggi. Qualcuno è ancora certo che i numerosi xenofobi che stanno prendendo piede in Occidente siano soltanto un male minore oppure degli spassionati difensori della nostra “civiltà” così riscoperta “giudaico-cristiana”?

Francesco Moises Bassano
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Digiuno della parola 
Sempre di più a Roma il giorno di di Kippur si sta diffondendo anche “il digiuno della parola”. Tra le tante cose che questa astensione può significare, in prima battuta mi viene in mente quello che una volta sentii dire da un mio maestro, che ammetteva la grande difficoltà, se non impossibilità, di non dire qualcosa di controproducente e negativo sul prossimo. Il silenzio allora potrebbe essere un buon rimedio a questo problema e un punto di partenza per fare pulizia. Ma al tempo stesso, mi chiedo come si possa fare gli altri giorni dell’anno, quando il problema non potremo evitarlo. Abbiamo tutto un giorno per pensarci.

Ilana Bahbout
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