Elia Richetti,
rabbino
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Esistono
due modi per essere giusti. C’è chi si concentra, si isola dal mondo
per avere sempre presente l’idea di D.o. Che il mondo intorno a lui
faccia quello che vuole, non lo smuove dai suoi inviolabili principi. È
la persona tutta d’un pezzo, che punta alla sua crescita, al suo
continuo miglioramento.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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La
storia è il passato ma anche il presente e il futuro, e noi possiamo
provare a – e in realtà abbiamo il dovere di – ricordarla, capirla,
farne parte e influenzarla. Mentre l'Europa si sfilaccia e la Catalogna
arriva alla ribalta delle grandi scelte politiche e identitarie, viene
voglia di rileggere la storia nel lungo periodo e di trarne qualche
sommaria ispirazione. Le Guerre Puniche tra Roma e Cartagine (3° secolo
a.e.v.), si sono appunto per lo più combattute in quelle che oggi sono
la Spagna e la Catalogna. Quanto interessanti e quanto cruciali per la
successiva storia del mondo. Immaginiamo che alcune delle figure
principali di parte cartaginese non fossero state uccise in battaglia,
o forse nella loro camera da letto, e Tunisi, non Roma, fosse diventata
la capitale del Mar Mediterraneo.
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Don Pallù: Ho avuto paura
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“Siamo
stati trattati abbastanza bene ma ho avuto paura di morire”. Parole di
padre Maurizio Pallù, il missionario fiorentino liberato a neanche una
settimana dal suo rapimento in Nigeria. Riguardo ai motivi del suo
sequestro, il Corriere scrive: “Il timore che il missionario, ostaggio
italiano, potesse essere ceduto alle milizie di Boko Haram,
l’organizzazione jihadista diffusa nel Nord del Paese, era molto forte.
Ma, al momento, manca il riscontro all’ipotesi che potessero esserci
basisti all’interno del gruppo rapinato e sequestrato. Dunque è
difficile pensare a un’azione strutturata. Più facile immaginare il
blitz di criminali comuni”.
Intervistato da Repubblica Firenze, il nuovo rabbino capo Amedeo
Spagnoletto afferma: “Una nuova moschea per la comunità musulmana. È in
gioco una questione fondamentale. Nessuno ha avuto da ridire quando
nello skyline urbano entra la cupola della nuova sinagoga di via
Farini, nel 1882, e sarebbe inconcepibile che oggi si considerasse un
attentato all’identità di Firenze un nuovo edificio di culto, se
rispettoso del carattere storico architettonico della città”. A
proposito del proprio mandato e del suo programma in Comunità, rav
Spagnoletto dichiara: “La questione è di sentirsi ebrei non solo
attraverso la memoria, ma per quello che siamo e per come viviamo nella
società contemporanea. E una cosa è certa: per comunicare noi stessi,
noi per primi dobbiamo sapere chi siamo”.
Sul Corriere della sera una positiva recensione a Presidenti, il saggio
di Adam Smulevich dedicato alle figure di Raffaele Jaffe, Giorgio
Ascarelli e Renato Sacerdoti: “Un filo sottile ha unito, ai loro
albori, la storia di tre squadre di calcio. Due delle quali sarebbero
diventate (e sono tuttora) protagoniste assolute dello sport più amato
in Italia mentre la terza è da tempo scivolata nelle retrovie. Un filo
sottile ma anche poco conosciuto: Casale, Roma e Napoli, infatti,
devono la loro trasformazione, nei primi decenni del Novecento, da
associazioni dilettantesche a compagini di professionisti capaci di
conquistare scudetti e coppe, all’intuito e all’intraprendenza di tre
esponenti dell’ebraismo italiano”.
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le parole dell'inviato usa jason greenblatt
Usa: "Prima dell'unità palestinese
serve il disarmo totale di Hamas"
“Tutte
le parti convengono che è indispensabile che l'Autorità palestinese
assuma la piena ed autentica responsabilità civile e della sicurezza di
Gaza, senza ostacoli, e che lavoreremo insieme per migliorare la
situazione umanitaria per i palestinesi che vi abitano”. A scriverlo in
un comunicato in un comunicato ufficiale l’inviato speciale
statunitense per il Medio Oriente, Jason Greenblatt (nell'immagine in
un incontro con il Premier israeliano Benjamin Netanyahu), commentando
la recente riconciliazione fra il movimento terroristico di Hamas, che
controlla la Striscia, e Fatah, partito spina dorsale dell'Autorità
nazionale palestinese che controlla la Cisgiordania. Secondo quanto
riporta una nota diffusa dall’ambasciata Usa in Israele, Greenblatt ha
spiegato che le parti ritengono “essenziale” lavorare insieme per
migliorare la situazione umanitaria per i palestinesi che abitano a
Gaza. “Gli Stati Uniti ribadiscono l'importanza di rispettare quattro
principi: qualsiasi governo palestinese deve impegnarsi in modo non
ambiguo ed esplicito per la non-violenza, riconoscere lo Stato di
Israele, accettare accordi e obblighi precedenti tra le parti – incluso
il disarmo dei terroristi - e impegnarsi per negoziati pacifici”,
chiarisce Greenblatt. “Se Hamas deve svolgere un ruolo in un governo
palestinese, deve accettare questi requisiti fondamentali”, conclude
l’inviato Usa. Ad inizio settimana, il gabinetto di sicurezza
israeliano ha annunciato che non negozierà con Gaza finché Hamas non
risponderà alle richieste di Gerusalemme. Il Primo ministro israeliano
Netanyahu ha affermato che Israele non avvierà i colloqui finché Hamas
non riconoscerà lo Stato ebraico e non deporrà le armi, nel rispetto
dei quattro principi stabiliti oltre dieci anni fa, a cui lo stesso
Greenblatt ha fatto riferimento.
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l'accordo siglato dal centro peres di tel aviv
Ad Assisi nuovi impegni di pace
nel nome di Shimon Peres
“Un
uomo è grande quanto i suoi sogni”. Questa l’espressione con cui Tzvia
Walden Peres, figlia dell’ex presidente israeliano Shimon Peres, ha
oggi ricordato il celebre padre a poco più di un anno dalla scomparsa.
L’occasione, ad Assisi, la firma di un accordo tra Centro Peres per la
pace e Fondazione Giovanni Paolo II per far avanzare valori di
amicizia, dialogo e fratellanza. Con particolare attenzione,
naturalmente, alla realtà mediorientale dove entrambe operano da tempo.
“Un atto di enorme importanza simbolica e fattiva” ha dichiarato il
sindaco del Comune umbro Stefania Proietti, che fortemente ha voluto
che questa iniziativa andasse in porto “in nome di un valore superiore,
l’aiuto ai più fragili”. Un valore per cui, ha osservato, “ci si
stringe la mano, si supera ogni barriera e si possono aprire le strade
della pace”. Significativo, è stato ricordato nel corso della cerimonia
odierna, che questo avvenga nel nome del cittadino onorario di Assisi
Shimon Peres (cui questo riconoscimento fu tributato nel 2013). Disse
allora l’ex presidente israeliano: “Oggigiorno la vera minaccia del
Medio Oriente è più di carattere esistenziale che politico. Gli sforzi
che saranno rivolti alla cancellazione della fame, dell’analfabetismo e
dell’ignoranza, e soprattutto che saranno concentrati a salvare le vite
di milioni di bambini, salveranno anche il nostro futuro”. Ha osservato
oggi la prima cittadina: “Ad un anno dalla scomparsa, i frutti di bene
della sua vita si concretizzano in atti come questo”.
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qui milano
Ebraismo, tra laicità e futuro
Si
è aperta con un incontro sul tema “Esiste un ebraismo laico?” la nuova
stagione delle inizative di Kesher a Milano. A confrontarsi nell'aula
magna della Scuola ebraica sul tema - introdotti e moderati dal
direttore dell'Area Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane rav Roberto Della Rocca - Geoffrey Davis,
Miriam Della Torre, Stefano Levi della Torre,
Davide Romano e Ugo Volli. “Mentre l'ebraismo cosiddetto ortodosso vede
nell'osservanza delle mitzvot, della Torah, il veicolo per la
trasmissione dell'identità ebraica, gli ebrei laici devono trovare
un'altra risposta”, ha spiegato rav Della Rocca nel corso del
partecipato incontro. “Nella Diaspora – ha continuato il rav,
sottolineando la differenza con la situazione israeliana, dove la
lingua, l'idea di Stato, l'esercito, sono denominatori comuni per la
comune identità – dobbiamo chiederci quali possono essere i veicoli
identitari se non le mitzvot, cosa può assicurare la continuità
dell'ebraismo”. La parola è poi passata agli ospiti dell'incontro, a
cui hanno partecipato tra gli altri i presidenti della Comunità ebraica
di Milano, Raffaele Besso e Milo Hasbani, il vicepresidente UCEI
Giorgio Mortara e il Consigliere UCEI e assessore al Bilancio della
Comunità milanese Joyce Bigio.
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qui milano - memoriale della shoah
Da Pitigliano a New York,
storie di diaspora ebraica
Storie
di famiglia, di legami che nonostante il tempo e lo spazio si
mantengono, del dolore di dover lasciare la propria terra, del coraggio
di ricostruirsi una vita. Ieri a Milano, al Memoriale della Shoah, è
tornato l'intenso racconto Diaspora, ogni fine è un inizio, il film
interpretato dalla produttrice Marina Piperno e girato dal suo compagno
di avventure cinematografiche, il regista Luigi Faccini. La pellicola è
stata infatti presentata nelle sale del Memoriale milanese dagli
autori, assieme al vicepresidente della Fondazione Roberto Jarach, al
presidente della Commissione eventi Marco Vigevani, al presidente del
LUCE-Cinecittà Roberto Cicutto. “Le famiglie raccontate in questo film
dimostrano la capacità di molte famiglie ebraiche italiane, disperse
per il mondo, ma capaci di mantenere un sentimento di vicinanza”, ha
sottolineato Jarach in apertura, ricordando anche la propria storia
personale con famigliari sparsi per il mondo, come Vera Vigevani
Jarach, rifugiatasi in Argentina a causa delle leggi razziste e
diventata, suo malgrado, una delle madri di Plaza de Mayo. Ad aprire il
film, della durata di 4 ore e diviso in 6 capitoli, un suggestivo
scorcio di Pitigliano e del suo cimitero ebraico.
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Setirot – Pregiudizio
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Sono
certo che la lettura dell’indagine “Stereotipi e pregiudizi degli
italiani”, voluta dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica
Contemporanea di Milano in collaborazione con la società di analisi e
ricerche di mercato IPSOS e realizzata nell’ambito di un progetto sulla
storia dell’antisemitismo coordinato dall’Università Statale di Milano,
con la partecipazione di Università La Sapienza di Roma, Università di
Genova e di Pisa, avrà posto a ognuno di noi interrogativi tra loro
assai differenti. Cominciamo però con due constatazioni senz’altro
positive: l’obiettivo è che la rilevazione possa diventare un punto di
partenza per monitoraggi periodici che vadano a costruire una sorta di
barometro dell’intolleranza. E soprattutto la notizia che, almeno per
ora, l’immagine degli ebrei, i luoghi comuni, gli stereotipi non siano
cresciuti ma rimangano stabili.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Lail Arad |
Lail
Arad e JF Robitaille hanno scelto l’Italia per avviare il nuovo tour We
got it coming, forse perché proprio qui, circa un anno fa, duettando
insieme, hanno scoperto di trovarsi in grande sintonia e hanno pensato
che sarebbe stato interessante mettere in piedi un progetto nuovo.
Hanno lavorato qualche mese a Montreal, la patria di lui, un giovane al
suo terzo album, in cui si riconosce l’influenza dei grandi cantautori
americani.
Poi si sono presentati al pubblico esibendosi nel celebre Society Club
Soho di Londra, dove hanno ottenuto un ottimo riscontro ed ora eccoli
qui, con un calendario fittissimo che dall’Europa li porterà in India,
in un concerto rock acustico interessante, evidentemente radicato nella
musica degli anni ’60, nella produzione di Bob Dylan e dei Beatles, ma
rielaborato nei suoni e nell’espressione vocale alla luce
dell’esperienza artistica dei due protagonisti.
Maria Teresa Milano
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La bianca stella di Heda |
"Unter
dayne vaise shtern / shtrek zu mir dayn vaise hant. / Mayne verter
zenen trern, / vien ruen in dayn hant” (Sotto la tua bianca stella
porgimi la mano bianca. Sono lacrime le mie parole, falle riposare
nella tua mano) è l’esordio di una delle più belle canzoni composte
durante la Shoah, per la precisione nel ghetto di Vilna nell’inverno
del 1943. E’ a questi versi che penso dopo aver terminato la lettura di
“Sotto una stella crudele. Una vita a Praga, 1941-1968”, il libro delle
memorie di Heda Margolius Kovály fresco di pubblicazione in Italia per
i tipi di Adelphi: non solo per il riferimento all’astro, ma anche
perché le sue parole, le parole scritte da Heda, risplendono di una
luce notturna, attutita da uno stile sobrio, pulito e incisivo.
Giorgio Berruto
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Scuola e religione
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La
domanda è a bruciapelo, di quelle che non mi verrebbe mai in mente di
porre al mio prossimo per questioni di riservatezza, opportunità e
libertà, ma il tuo prossimo evidentemente è molto diverso: perché
escludi tua figlia dall'insegnamento della religione cattolica? Si
tratta comunque di cultura, ed io vorrei crescere i miei figli nella
cultura del paese in cui vivono!
Per inciso, la figlia esclusa ha come madre una donna cresciuta
cattolica e divenuta atea, mentre l'interrogatrice (ha infatti il
sapore dell'interrogatorio condotto con tono di accusa, piuttosto che
del dialogo) è cattolica praticante, cresciuta come tale in una realtà
molto cattolica, e non ha figli.
Sara Valentina Di Palma
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