Jonathan Sacks, rabbino | Le idee cambiano le vite. Le grandi idee ci aiutano ad avere coraggio, felicità, esistenze piene di benedizioni.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | A
un certo punto in mezzo al diluvio Dio “si ricorda di Noè e di tutti
gli animali selvatici e domestici che erano con lui nell’arca” (Gn
8,1). Non so se ne era dimenticato fino a quel momento. Forse, come
spesso capita, la priorità era un’altra. Risolta quella si trattava di
prenderne in carica una nuova: dare una chance di futuro a chi stava
dentro l’arca, e ricominciare daccapo firmando un nuovo patto. Ed ecco
alora che si ricorda di quelli dell’arca.
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Praga cede al populismo
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Non
si placa l’onda populista e antisistema. L’ultima affermazione in
Republica Ceca, dove il partito euroscettico Ano del businessman ed ex
ministro Andrej Babis ha vinto con largo margine. Promossi nell’urna,
scrive il Corriere, quei gruppi e quelle figure politiche che, in
questi mesi, “hanno fatto campagna contro l’Europa e il pericolo
immigrati”.
A proposito di migranti, come spiega La Stampa, solo un Comune italiano
su otto ha aderito finora al piano del ministro Minniti per la loro
distribuzione sul territorio. “Tante lusinghe, promesse, anche qualche
rampogna. Ma tutto sembra inutile. I Comuni – si legge – continuano ad
essere sordi rispetto alle attese del ministero dell’Interno quando si
tratta di accogliere i rifugiati”.
Intanto, dal canto suo, Forza Nuova rilancia. La rievocazione della
Marcia su Roma inizialmente prevista per il 28 ottobre, fermata dopo il
no categorico di ministro e questore, sarà riproposta il sabato
successivo. Nelle intenzioni degli organizzatori dovrà essere un
“giorno della patria”.
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Leggi
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I PRESIDENTI RISCOPERTI DI CASALE, NAPOLI E ROMA Un libro che riapre la strada
L'effetto
delle Leggi Razziali sul mondo del calcio fu a dir poco devastante. Si
tratta di un capitolo poco approfondito e invece ricco di spunti per
comprendere la portata di quell'infamia a un livello più ampio. In
vita o in memoria, alcuni tra i principali protagonisti di quegli anni
furono privati dei loro incarichi e messi in un angolo. Ebrei
orgogliosi di esserlo, ebrei sull'orlo dell'assimilazione, ebrei
d'origine ma ormai cattolici da tempo. Non fu fatta distinzione, tutti
finirono nel tritacarne (mediatico e non solo).
In vista dell'ottantesimo
anniversario delle Leggi della vergogna, annunciate da Mussolini in
Piazza Unità d'Italia a Trieste il 18 settembre del 1938, il saggio
Presidenti (Giuntina editore) di Adam Smulevich si propone di gettare
nuova luce su tre figure particolarmente significative: Raffaele Jaffe,
Giorgio Ascarelli, Renato Sacerdoti. I loro destini seguono traiettorie
diverse, eppure possono essere ricompresi in una comune narrazione.
L'estroso insegnante
Jaffe, artefice del primo e unico scudetto del Casale. Il lungimirante
imprenditore Ascarelli, che regalò a Napoli una squadra all'altezza
delle sue ambizioni. Il facoltoso banchiere Sacerdoti, che gettò le
basi del primo scudetto della Roma. Tre ebrei italiani, nel cuore di
milioni di tifosi, travolti dalla propaganda e dalla valanga di odio
del regime.
Oggi quasi nessuno li ricorda.
Eppure è convinzione
dell’autore che attraverso queste vicende sia possa guardare a quella
stagione in modo più consapevole. Le lettere inviate dal fascista
Sacerdoti a Mussolini durante il confino subito dall'ex presidente
giallorosso, a lungo un fedelissimo del Duce, costituiscono una
testimonianza inedita su cui vale la pena riflettere. Anche perché il
caso giudiziario che portò alla sua condanna, in quell'autunno del '38,
fu uno dei bersagli preferiti dei dardi carichi di veleno scagliati da
Villa Torlonia e dintorni. Una vicenda centrale a tutti i livelli:
nelle aule dei tribunali, ma anche sulle colonne dei giornali. Vanno
riprese in mano, quelle pagine, perché aiutano a capire fin dove si
spinse la propaganda. Anche ritorcendosi contro un uomo che fu acceso
sostenitore del regime sin dalla Marcia su Roma e che con lo stesso,
poche ore prima dell'arresto, stava collaborando a una missione
strategica in Grecia. Il veleno fu iniettato anche postumo.
Ascarelli era già mancato da otto anni quando le Leggi portarono alla
cancellazione del suo nome dallo stadio di Napoli. Non un luogo come
tanti altri. Quattro anni prima, la Germania giocò in quell'impianto la
finale per il terzo posto al Mondiale italiano. Ed ecco un'altra
sorpresa, stavolta consolante. L'undici di Hitler disputò l'incontro
più importante della sua storia in uno stadio comunque consacrato alla
memoria di un ebreo (tra l'altro socialista). Una vendetta, sfuggita in
questi termini agli addetti ai lavori, che strappa oggi un sorriso
amaro.
Quando le Leggi furono
ufficializzate Ascarelli era già morto, mentre Sacerdoti e Jaffe si
professavano cristiani. Si erano convertiti entrambi nel 1937, diversi
mesi prima che i divieti antiebraici entrassero in vigore. Eppure
subirono conseguenze gravissime per via della loro origine. Jaffe
dovette lasciare la carica di preside dell'istituto che dirigeva a
Casale, un'autentica gloria cittadina; Sacerdoti finì addirittura in
carcere e fu poi allontanato da Roma per cinque lunghissimi anni. Dopo
l'otto settembre, i nazisti cercarono di far la pelle a tutti e due.
Con Jaffe, che fu ucciso al suo arrivo ad Auschwitz, ci riuscirono. Con
Sacerdoti, che si nascose in un convento, i loro propositi fallirono.
"Questo per dire - scrive
Smulevich - che quella pagina, l'orrenda pagina del pregiudizio e della
violenza fascista, riguarda un po' tutti. E che rileggerla attraverso
lo sport, linguaggio universale per eccellenza, può forse aiutare a
fare chiarezza. E al tempo stesso contribuire ad aprire nuove strade, a
rafforzare la sfida di una Memoria realmente viva nel cuore delle
vecchie come delle nuove generazioni".
Sarebbe inoltre
significativo, aggiunge l'autore, se anche grazie a questo libretto il
mondo del calcio potesse avviare una riflessione e rendere un doveroso
omaggio a questi tre personaggi che molto hanno fatto, con intuizioni
formidabili, perché la grande avventura del pallone potesse decollare
anche in Italia.
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I tempi cambiano, i problemi incalzano e la memoria rischia di
sbiadire. Parlare con la società civile è difficile come non mai.
Sostenere in una stagione di dura crisi economica il peso delle
istituzioni di una minoranza piccolissima nei numeri e grandissima
nella storia, negli ideali e delle speranze, sembra quasi impossibile.
Poi, da un momento all’altro, salta fuori qualche antenato che viene a
darci una mano. E ci rendiamo conto che il maggiore patrimonio di
sicurezza e di stabilità, il vero tesoro, in questi tempi di ricchezze
fasulle, non sono tanto le glorie, ma molto di più le sofferenze di chi
ci ha preceduto.
C’è ora un piccolo, grande libro che può riaprire una strada. Con il suo Presidenti
Adam Smulevich ha scelto di raccontare la storia di tre ebrei italiani
che all’Italia donarono quello che gli italiani più dicono di amare:
l’emozione del calcio. E tornano in campo tre personaggi che vollero
essere italiani come gli altri, condividere le passioni di tutti,
donare emozioni e godersi fugaci glorie sportive. Tornano oggi, dopo
anni e anni di silenzio, di colpevole oblio, proprio sui campi di gioco
da cui furono allontanati. Tornano con tutte le loro inevitabili
contraddizioni dall’oblio, dalla persecuzione, dallo sterminio, per
ricordarci che nelle piccole e nelle grandi cose non c’è Italia senza
gli ebrei italiani.
Un libro sulla storia del calcio non credevo rientrasse nei miei
interessi e non mi era ancora mai capitato di dedicarmici. Ma questo
libro è diverso, e ho provato a leggerlo cercando di lasciare le
esaltanti vicende sportive che racconta da un canto. Mi interessava
capire cosa si può fare per raccontare all’opinione pubblica da dove
veniamo, chi siamo, dove vorremmo andare. E quando abbiamo bisogno
d’aiuto, e quanto potremmo essere d’aiuto. E mi interessava vedere come
se la sarebbe cavata un giovane collega cresciuto in questa redazione
giornalistica alla prova della narrazione e della rigorosa
ricostruzione storica.
Ho visto così i tre Presidenti tornare in campo, ottenere se non altro
un atto di giustizia, un omaggio tardivo, documentare il loro lavoro
coraggioso e le loro sofferenze. E ho sentito un momento di silenzio,
quasi un segno di gratitudine, serpeggiare fra le folle degli spalti.
Aver restituito loro voce e dignità è un merito enorme e un motivo
d’orgoglio per tutti coloro che credono nel giornalismo ebraico. La
loro lezione riapre il dialogo fra ebrei italiani e società italiana e
ha da dire più di qualunque convegno, di qualunque cerimonia, di
qualunque investimento pubblicitario, di qualunque smania di
protagonismo. I Presidenti sono tornati per svelarci il segreto che
fino ad oggi ha condotto nel bene e nel male gli ebrei italiani. Aver
restituito loro la voce che fu spenta è un segno di professionalità e
di speranza più grande di un campo di calcio. Perché gli ideali e il
giornalismo sono un gioco di squadra.
gv - Pagine Ebraiche, ottobre 2017
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i presidenti riscoperti di casale, napoli e roma Ascarelli, presidente e filantropo
"Napoli, vinci anche per lui"
Fondatore
e primo presidente della squadra di calcio che oggi fa sognare a
milioni di tifosi napoletani il primo scudetto dai tempi di Diego
Armando Maradona, ma anche imprenditore, mecenate, filantropo con pochi
eguali nel Novecento partenopeo e italiano. La figura di Giorgio
Ascarelli, uno dei tre protagonisti di Presidenti, torna finalmente
d’attualità nella città cui ha dato un contributo formidabile in
diversi campi. È stato proprio il saggio di Adam Smulevich, presentato
in sinagoga davanti a un folto pubblico, a riaprire il confronto su
questa straordinario personaggio nel cui nome si annunciano oggi nuovi
impegni. Anche insieme alla società guidata da Aurelio De Laurentiis,
significativamente coinvolta in questa iniziativa attraverso il
portavoce Nicola Lombardo e il team manager Paolo De Matteis.
In dialogo con l’autore, l’insegnante e scrittrice Miriam Rebhun. Ad
intervenire anche la presidente della Comunità ebraica Lydia Schapirer;
la viceambasciatrice israeliana in Italia Ofra Fahri; il maskil Ariel
Finzi; la ricercatrice Flavia Pantaleo. Fondamentale inoltre, per la
buona riuscita dell’evento, il contributo del Consigliere UCEI Sandro
Temin e di Claudia Campagnano.
“Se oggi il Napoli sogna in grande è anche grazie ad Ascarelli, che nel
1926 fondò e lanciò subito nel grande calcio la squadra azzurra.
L’iniziativa odierna può segnare un nuovo inizio, soprattutto se la
società riporterà al centro della sua storia questa indimenticabile
figura troppo a lungo rimossa per le conseguenze dell’oblio decretato
dal fascismo” ha sottolineato Smulevich nel corso dell’evento. Con la
speranza, ha inoltre osservato la presidente Schapirer, di poter presto
accogliere De Laurentiis e una rappresentanza di calciatori in
sinagoga. Perché, le sue parole, “memoria e radici sono tutto, in
particolare al giorno d’oggi”.
Nelle prossime ore il saggio di Smulevich sarà presentato anche a
Firenze, al Gabinetto Vieusseux (Palazzo Strozzi), su iniziativa
dell’Associazione Italia-Israele. Appuntamento domani alle 17.30, con
interventi dello storico Giovanni Gozzini e dei giornalisti sportivi
David Guetta, Ruben Lopes Pegna e Mario Tenerani. Modererà l’incontro
il presidente dell’associazione Valentino Baldacci.
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La destra che viene
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Continuare
a parlare di «voto di protesta», così come di «geografia del disagio»,
per ragionare e motivare le scelte elettorali che, prima in Germania
poi in Austria, hanno premiato – consolidandone il seguito elettorale e
l’insediamento parlamentare – partiti «populisti» (altra definizione
forse obbligata ma oramai lungi dall’essere in sé esaustiva), aiuta ben
poco. A meno che non ci si soffermi sul significato e il rapporto tra
«disagio» e «protesta», non attribuendo l’uno e l’altra solo ed
esclusivamente ad alcune fasce sociali o a chi, non importa quanto a
torto oppure a ragione, si sente profondamente leso dagli effetti dei
processi di globalizzazione. Poiché i buoni risultati di Alternative
für Deutschland-AfD prima, poi dell’Österreichische Volkspartei–ÖVP (il
Partito popolare austriaco di Sebastian Kurz) e del Freiheitliche
Partei Österreichs –FPÖ (il Partito della libertà austriaco di
Heinz-Christian Strache) non derivano solo ed esclusivamente dal senso
di marginalità sociale e di deprivazione economica espresso dai molti
che hanno scelto le loro liste nelle ultime elezioni legislative dei
due paesi di lingua tedesca. In generale, il fenomeno che oramai è
radicato in tutta l’Europa centrale ed orientale – dove a ricevere un
crescente riconoscimento e un mandato di rappresentanza sono sempre più
spesso i movimenti o i partiti dal chiaro accento conservatore ma
movimentista, accesamente liberalnazionalisti (di contro ai “vecchi”
partiti centristi, come i democratico-cristiani e gli stessi
socialdemocratici) – segna una crisi dei sistemi politici europei
proprio nei luoghi in cui questi avevano invece retto alle
trasformazioni dei primi anni Novanta, intervenute dopo la fine della
guerra fredda (ed in particolare Francia, Germania, Austria).
Claudio Vercelli
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