Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Al
Faraone che a un certo momento acconsente di lasciare andare solo i
maschi adulti trattenendo i bambini e chiede la lista di coloro che
usciranno dall’Egitto, “…chi sono esattamente coloro che andranno?”,
Moshè disse: “Andremo con i nostri giovani e i nostri anziani, con i
nostri figli e le nostre figlie, con le nostre greggi e le nostre
mandrie, perché è per noi una festa in onore dell’Eterno…” (Shemòt, 10;
8 -9). Per noi ebrei non può esserci nessuna festa se i giovani non
sono assieme agli anziani. Un bambino è orfano quando non ha genitori,
un popolo è orfano se i suoi figli non portano sulle spalle la storia e
le tradizioni dei loro anziani.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Il
Giorno della Memoria è ormai diventata i giorni della memoria. Come se,
per noi ebrei almeno, i giorni della memoria non fossero tutti i giorni
dell’anno. Come se ci servissero le pietre di inciampo per ricordarci
delle famiglie che ci hanno distrutto o delle persone che ci hanno
strappato. Ma naturalmente le pietre servono agli altri, e il Giorno
della Memoria è un pungolo per la scarsa memoria degli altri.
Noi alla memoria ci siamo abituati per obbligo morale, culturale e
religioso: “Lo straniero che abita con voi sarà per voi come se fosse
nato fra di voi, e lo amerai come te stesso, perché siete stati
stranieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore tuo Dio” (Levitico
19:34).
È quasi superfluo sottolineare come la Torah ci ricordi insistentemente
(“voi”) la nostra storia di estraneità collettiva e da questa ne faccia
derivare un obbligo al singolo (“e lo amerai come te stesso”). E la
chiusura del verso ci richiama poi al riconoscimento di Dio e quindi
alla necessità di ubbidire ai Suoi comandi. La protezione dello
straniero è un dovere che ci impone la Torah perché ci è permesso
dimenticare. La protezione dello straniero è il dovere di ciascuno di
noi, ed è un dovere che ci deriva dal fatto di riconoscerci come ebrei
che credono nel Dio di Israele e che credono nell’ebraismo. È un dovere
di tutti noi e di ciascuno di noi.
Di questi giorni, in Israele, è la polemica sul decreto di espulsione
per decine di migliaia di eritrei e sudanesi che si sono rifugiati in
Israele e lì hanno chiesto asilo politico. La loro espulsione avrebbe
come probabile destinazione il Rwanda, un paese dove si pratica la
tortura e dove le uccisioni di Stato sono all’ordine del giorno.
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Memoria, lezione attuale
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Si
sta concludendo in queste ore il Viaggio della Memoria organizzato dal
Ministro dell’Istruzione assieme all’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane con la partecipazione di studenti di scuole provenienti da
tutta Italia. Diversi i quotidiani nazionali che raccontano il viaggio
(Avvenire, Corriere della Sera tra gli altri) a cui ha partecipato la
Testimone della Shoah Andra Bucci e che ha visto la firma del
protocollo d’Intesa sulla Memoria tra la ministra Valeria Fedeli e la
presidente UCEI Noemi Di Segni. Intervistata da Avvenire, Di Segni
sottolinea la necessità di fare Memoria per il bene del futuro
italiano: “Il nostro non è un appello per i soli diritti degli ebrei,
ma a difendere la vita in Italia. L’appello alla memoria e contro
l’indifferenza non è solo per riconoscere il nostro dolore, ma per
avere una memoria di Paese, di identità di sé stessi. E per l’Italia
tutta. Affinché non accada di nuovo”. Il problema dell’indifferenza di
fronte all’odio e alle discriminazioni, afferma Di Segni, è un tema
molto attuale. “Lo percepiamo quotidianamente quando leggiamo di
episodi di razzismo, che esistono sia nei confronti della popolazione
ebraica o di Israele, sia di situazioni che riguardano gli immigrati o
altre fasce colpite da discriminazione, di cui la nostra Italia non è
immune”.
Incontri a Milano. “Un incontro cordiale, da amici di lunga data che si
fidano uno dell’altro”, riferisce Il Giornale, è avvenuto fra il
candidato leghista al governo regionale lombardo e il copresidente
della Comunità ebraica di Milano Raffaele Besso.
La stessa testata titola: “Fontana conquista gli ebrei di Milano:
‘Difendo Israele’” e ritrae fianco a fianco l’esponente politico che si
era contraddistinto negli scorsi giorni per le sue preoccupazioni di
tutelare “la razza bianca” e il rappresentante comunitario.
L’occasione pubblica, avvenuta al teatro Dal Verme per lo spettacolo
dedicato alla Memoria di Eyal Lerner, ha visto anche la presenza della
senatrice a vita Liliana Segre. Al fianco della Testimone della Shoah,
il copresidente della Comunità ebraica di Milano Milo Hasbani.
“Rigurgiti orribili di cose e parole che credevo morte e non avrei mai
pensato di tornare a sentire”, aveva commentato la stessa Liliana Segre
interrogata dall’Ansa sulle parole di Fontana e sull’atmosfera politica
in Italia.
Le uscite dell’esponente leghista avevano suscitato numerose condanne
da molte componenti dell’arco politico e da molte voci del mondo
ebraico (la Presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello
aveva definito Fontana “un ignorante”) e lo stesso esponente leghista
aveva prima cercato di giustificarsi sostenendo di essere stato vittima
di un lapsus per poi candidamente ammettere, in un’intervista a Libero,
come l’uscita razzista gli sia stata utile per conquistare popolarità
tra l’elettorato lombardo.
Il Giornale Milano descrive l’incontro tra Fontana e Besso
sottolineando come i due siano “arrivati insieme”, il candidato
governatore del centrodestra e il co-presidente della Comunità ebraica
di Milano titolando la cronaca “L’intesa fra ebrei milanesi e Lega –
Fontana al fianco di Besso Ebrei e Lega, cresce l’intesa” e aggiunge
che i due “hanno assistito insieme a teatro a un evento inserito nel
calendario ufficiale delle commemorazioni previste per la Giornata
della memoria”.
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la firma oggi a roma Palazzo Chigi-Ucei, il protocollo
'Combattiamo le discriminazioni'
Siglato
a Palazzo Chigi dalla sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio con
delega alle pari opportunità Maria Elena Boschi e dalla Presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni un
protocollo d’intesa attraverso il quale le parti impegnano a realizzare
un programma congiunto di attività, di durata annuale, rinnovabile per
altri due anni, “con lo scopo di promuovere l’effettività del principio
di parità di trattamento fra le persone anche di religione diversa e di
contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sull’origine etnica
e religiosa, incentrato sui settori di intervento di competenza
dell’UNAR previsti dal decreto legislativo n. 215 del 2003”.
Il programma riguarderà in particolare la promozione dell’adozione, da
parte di soggetti pubblici e privati, di misure specifiche, compresi
progetti di azioni positive, dirette alla diffusione dell’informazione
sui temi del contrasto alla discriminazione per razza, etnia e
religione; la diffusione della massima conoscenza possibile dei mezzi
di tutela disponibili nell’ordinamento, anche mediante azioni di
sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul principio della parità di
trattamento e la realizzazione di campagne di informazione e
comunicazione; la promozione di corsi di formazione, scambi di
esperienze e studi, ed analisi diretti a verificare l’esistenza e
l’eventuale diffusione e trasformazione dei fenomeni discriminatori
anche al fine di elaborare linee guida o codici di condotta per il
contrasto discriminazioni fondate su origine etnica e religiosa; la
progettazione e la realizzazione di interventi e azioni di tipo
sperimentale che saranno valutate, in relazione a tutte le differenze
di natura etnica e religiosa da rispettare e tutelare.
“Non è una firma, non è un protocollo – questi sono strumenti – è un
affermare e riconoscersi nella doverosità morale di certi assetti anche
normativi, ma soprattutto culturali” ha sottolineato la Presidente UCEI
Noemi Di Segni a margine della firma. “La Memoria – ha poi aggiunto –
non è solo nostra personale, o del popolo ebraico. La Memoria è anche
quella delle istituzioni che furono allora, ottant’anni fa, artefici
del bene e del male sistemico e di un genocidio sistematico. Memoria
significa un impegno per la verità sulle discriminazioni di ieri per
affrontare le discriminazioni di oggi anche di altri popoli, etnie o
‘razze’ cosi chiamate per chi questi valori al contrario non li ha nel
cuore affatto”.
Presenti alla cerimonia anche l’assessore UCEI Gianni Ascarelli e il
presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma Mario Venezia.
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qui roma - la mostra
De Canino, arte per la Memoria
Quaranta
lavori su carta di grande formato, realizzati in due momenti
cronologicamente distinti. Il primo negli anni 1978 e 1979 in reazione
al terrorismo, di tutte le matrici, nell’Italia degli anni di piombo.
Il secondo nel 1983, in seguito all’attentato alla sinagoga di Roma, di
matrice palestinese, in cui perse la vita il piccolo Stefano Gaj Taché.
“Georges de Canino – La notte è scura. Collage contro il terrore
1978-1983”, curata da Bianca Cimiotta Lami e Simone Aleandri, è una
mostra che vale la pena di visitare. In esposizione fino al 28 febbraio
alla Casa della Memoria e della Storia, rende omaggio non solo a un
artista che è oggi un pilastro della Roma ebraica ma anche al suo
impegno civile, ai suoi ideali, alle sue battaglie.
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Cosa ci insegna Liliana
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Venerdì
scorso, poco prima di Shabbat, ho provato un senso di profonda
commozione. Senatrice a vita. Il massimo onore della Repubblica per
Liliana Segre, una donna ebrea, sopravvissuta ad Auschwitz,
un’intellettuale e una testimone. Non credevo che un riconoscimento
istituzionale potesse provocare in me un’emozione così forte. Ne ho
ricercata la causa – mentre ringraziavo col pensiero il presidente
Sergio Mattarella – e mi sono domandato perché proprio lei, e perché
proprio oggi.
Immagino che vi possano essere alcune ragioni politiche legate
all’attualità: Liliana è una donna, e questo è un dato cruciale in
un’epoca come la nostra; di fronte al manifestarsi, poi, di forme di
fascismo vecchie nuove in Italia e in Europa, il Quirinale ha scelto di
schierare in modo netto le strutture dello Stato democratico; in terzo
luogo, la nomina arriva a poca distanza dal rientro in Italia delle
salme dei Savoia: un atto umanitario che gli eredi hanno stoltamente
provato a strumentalizzare, che non deve mitigare il severo giudizio
della storia sul re, ribadito proprio dalla decisione più recente.
Ma provo a ricercare nei dettagli della testimonianza di Liliana altre
motivazioni, per così dire ermeneutiche, sfumature straordinarie che
assumono un’urgenza particolare:
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Per una volta trionfa la vita
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La
nomina di Liliana Segre quale senatrice a vita getta una grande luce
sul Senato e conferma, anche se non ve n’era alcun bisogno, la stima
incondizionata e l’affetto verso il Presidente Sergio Mattarella. La
neo senatrice, a sua volta, è una persona normale in una società in cui
tutti, nessuno escluso, abbiamo bisogno di normalità e di essere
normali. Taluno ha pure scritto un libro sulla normalità, che resta
però sul nobile ma languido piano dei buoni propositi, non per colpa
dell’autore ma della difficoltà del traguardo per qualsiasi mortale.
Liliana Segre è nata nel 1930, ed ha vissuto a otto anni l’ignominia
delle leggi razziali, emanate da un regime che, tutto ad un tratto, ha
scoperto la sua estrema povertà spirituale ed ha esaltato al contempo
le nicchie di miseria morale che erano annidate nel corpo di una pur
grande e nobile nazione.
L’esaltazione della memoria tout court è il nemico della memoria
stessa, in quanto la fissa in seno a forme rigide e istituzionali,
spesso storpiando anche la denominazione delle entità a suo presidio,
conformemente all’uso ormai invalso di ricorrere alle parole senza
domandarsi quale sia il loro significato.
Emanuele Calò, giurista
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