Jonathan Sacks, rabbino | Una
società che non dà spazio alla differenza, non ha spazio per l’umanità.
L’odio che inizia con gli ebrei non finisce mai con gli ebrei.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | In
un mondo che tollera nuovi genocidi e vede rinascere i populismi forse
l’unica strada è ripensare a come proponiamo di riflettere sul passato,
su, che tipo di film, di foto, di racconti, di parole concentriamo la
nostra attenzione per ragionare nel presente sul passato, perché come
scriveva Lucien Febvre “L’uomo non si ricorda del passato: lo
ricostruisce sempre; non conserva il passato nella sua memoria, come i
ghiacci del Nord conservano congelati i mammut millenari. Ma muove dal
presente; e solo attraverso il presente, sempre, conosce, interpreta il
passato”.
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Adesivi antisemiti, sentenza che fa discutere
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Nel
giorno della Run for Mem, la corsa per il ricordo consapevole che si è
svolta a Bologna, il binomio Sport e Memoria continua a far parlare.
Anche se non sempre in positivo, come nel caso dell’intitolazione del
piazzale del San Paolo a Giorgio Ascarelli o nell’omaggio del Milan
alla memoria di Ferdinando Valletti, ex mediano rossonero che
sopravvisse a Mauthausen.
Molteplici e autorevoli infatti le voci che si levano a commento della
sentenza (una multa pecuniaria poco significativa e nessun turno a
porte chiuse) sugli adesivi antisemiti con Anna Frank dello scorso
autunno. Scrive Luciano Violante sul Corriere: “La decisione del
tribunale del calcio sulla vicenda Lazio non sarebbe stata meno esposta
a critiche se pronunciata due mesi fa o tra due mesi. Si è trattato in
sostanza della monetizzazione di un comportamento intollerabile per i
valori che ha offeso”. Questo invece il pensiero Gianni Mura su
Repubblica: “Non so come si sia potuti arrivare a questa decisione
grottesca. Sarebbe assurdo e rozzo ipotizzare che i giudici fossero
tutti amici di Lotito e tifosi laziali, e poi il discorso è più vasto e
non riguarda solo la Lazio. Sono indotto a credere che la colpa sia
delle leggi e non di chi deve applicarle: troppo piene di pertugi, di
falle, di interpretazioni elastiche”.
Dal Piemonte alla Sicilia, diverse decine le cronache sui quotidiani
locali a proposito delle iniziative per la Memoria svoltesi ieri in
tutta Italia.
A proposito di Memoria è scontro tra Israele e Polonia sul ruolo
storico dell’antisemitismo polacco nella Shoah. Come riporta tra gli
altri Repubblica, Netanyahu ha infatti condannato la legge in
discussione al Parlamento di Varsavia in cui si vieta ogni menzione di
responsabilità locali. E ha chiesto al suo ambasciatore di organizzare
urgentemente un “incontro bilaterale al massimo livello per affrontare
il tema”.
Sul Fatto quotidiano, citando tra gli altri anche un recente intervento
di David Bidussa su Pagine Ebraiche, Furio Colombo difende l’efficacia
del Giorno della Memoria con queste parole: “Mi sembra che il Giorno
della Memoria sia salvo dall’assuefazione e dalla noia. Ci stanno
pensando i fascisti, quelli dichiarati e in uniforme che disprezzano la
Costituzione e organizzano le ‘ronde’, quelli che fingono di citare la
Costituzione quando si schierano per la difesa della razza, quelli che
hanno scoperto che il salvataggio dei bambini in mare non è che un
trucco per fare entrare clandestini in Italia”.
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qui bologna - l'iniziativa "Run for Mem, corsa per la vita"
C’è
anche il volto sorridente di Gianni Morandi al via della Run for Mem,
la corsa non agonistica per un ricordo consapevole che quest’anno ha
fatto tappa nei luoghi di Bologna segnati dalla ferocia nazifascista.
Il popolare artista si è infatti unito ai due testimonial della corsa,
l’ex podista e Testimone della Shoah Shaul Ladany, che è anche
sopravvissuto all’attentato palestinese ai Giochi di Monaco ’72, e l’ex
maratoneta Franca Fiacconi, in questa giornata di Memoria, impegno e
consapevolezza organizzata da Unione delle Comunità ebraiche Italiane,
Comunità ebraica di Bologna e Uisp sotto l’egida del Comitato di
Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah di Palazzo
Chigi.
Circa
un migliaio i partecipanti alla corsa, che si è aperta davanti al
Memoriale della Shoah cittadino con gli interventi – oltre che di
Ladany e Fiacconi – del presidente della Comunità ebraica bolognese
Daniele De Paz, del rabbino capo rav Alberto Sermoneta, del sindaco
Virginio Merola, della presidente UCEI Noemi Di Segni, del
vicepresidente del Congresso ebraico mondiale Robert Singer.
“Il luogo in cui ci troviamo, questo Memoriale, ci dice cosa è fare
Memoria a 80 anni dalla promulgazione delle Leggi Razziste. Noi oggi
corriamo per una Memoria viva, per dare un chiaro segno di impegno
rivolto al futuro” sottolinea De Paz, inaugurando la breve cerimonia
istituzionale. “I luoghi hanno un’anima, e se oggi siamo liberi di
corriere verso i nostri sogni non possiamo scordarci di cosa questi
hanno rappresentato in passato. La vita riprende – afferma Di Segni –
ma noi non dobbiamo dimenticare”. Parte dall’imperativo ebraico Zakhor,
ricorda, la riflessione del rav Sermoneta. Un imperativo che è uno
sprone costante ad elaborare ed agire. Un imperativo che, osserva,
“deve aiutare a far crescere un senso diffuso di Memoria”. Loda
l’esempio di Bologna città antifascista, impegno costato molti lutti in
quegli anni, il vicepresidente Singer. “È un capitolo di storia che è
noto fuori anche
dall’Italia – dice – e di cui dovete essere orgogliosi”. Si rivolge ai
giovani (tra cui una rappresentanza Ugei) il sindaco Merola: “Siete
numerosi, ed è un segnale positivo. Perché a tanti giovani allora
furono sottratti sogni e speranze. Abbiamo il dovere di ricordare e di
proiettare la Memoria nel nostro presente e nel nostro futuro”. Leggi
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qui livorno - serata
La diretta Rai al Goldoni
"Rifiutiamo l'indifferenza"
“Livorno,
senza ghetto”. Teatro Goldoni affollato ieri sera per uno speciale
sulla Memoria condotto e trasmesso in diretta dal canale del direttore
di Radio Rai 3 Marino Sinibaldi. Una serata ricca di testimonianze e
riflessioni, con letture e momenti musicali affidati al Coro “Ernesto
Ventura” della Comunità ebraica livornese (a dirigerlo) M° Paolo
Filidei.
In uno scenario contemporaneo nel quale sempre più affiorano forme di
intolleranza e di violenza nei confronti di ogni diversità, il
messaggio della serata, “spetta a tutti noi il dovere di ricordare
quelle pagine oscure della nostra storia e la responsabilità di educare
le giovani generazioni ad uno sguardo aperto sul presente”. Livorno,
città delle Nazioni, storicamente luogo di incontro e di scambio tra
culture e religioni diverse, che già alla fine del Cinquecento con le
cosiddette Leggi Livornine, emanate da Ferdinando I de’ Medici, si
poneva, in termini di tolleranza e di apertura, all’avanguardia in
tutto l’Occidente, il contesto ideale “per affrontare con serietà
questi argomenti”. Leggi
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mondo della musica in lutto David Zard (1943-2018) Ha
legato il suo nome alle più grandi star musica internazionale, da Elton
John a Lou Reed, dai Rolling Stones a Michael Jackson. Il produttore
discografico e impresario David Zard, dopo aver lasciato un segno
importante nel panorama musicale italiano, è scomparso a 75 anni a
Roma. Nato a Tripoli il 6 gennaio del 1943, Zard, di famiglia ebraica,
fu costretto insieme a migliaia di ebrei a scappare dalle persecuzioni
delle autorità libiche. Il futuro produttore abbandonò il paese durante
l’ultima ondata di violenze del 1967, esplose in concomitanza con la
travolgente vittoria sui paesi arabi ottenuta da Israele nella Guerra
dei Giorni. Zard scelse come meta l’Italia e a Roma costruì la storia
dei suoi successi: alla fine degli Anni ’70 aveva organizzato La
Carovana del Mediterraneo, dal progetto musicale di Angelo Branduardi.
Poi negli anni ’80 e ’90 fu lui ad organizzare le tappe italiane degli
indimenticabili tour di Michael Jackson: prima il Bad World Tour a Roma
e a Torino nel 1988 e poi Dangerous World Tour a Roma e a Monza nel
1992. La sua conoscenza dell’inglese, dell’arabo, dell’ebraico e
dell’italiano furono uno strumento utile per aprire molte porte
internazionali. “Il concerto rock è la più grande rivoluzione dopo
quella francese. E l’unico posto di aggregazione al di là del colore,
della religione, del ceto sociale. Per questo sarà sempre in crescita”,
aveva detto in un’intervista. Leggi
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Nero come il buio
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Se
si ha a che fare con una destra radicale attivista, è perché essa si è
rivelata capace di adattarsi al più generale mutamento in atto nelle
nostre società. Ciò facendo, ambisce a occupare quegli spazi collettivi
di rappresentanza e di socialità che sono stati invece abbandonati
completamente a sé dal resto della politica. Si tratta della più
generale questione del «territorio»: una parola che indica, in questo
caso, quelle comunità fisiche composte di individui, un tempo
produttori, inseriti nei processi di creazione della ricchezza, ed oggi
in piena crisi di identità e di ruolo sociale. Sono gruppi che si
sentono abbandonati al loro destino, messi ai margini dall’evoluzione e
dalla trasformazione dei rapporti sociali. In altre parole, ceto medio
e classi produttrici, dal momento in cui l’uno e le altre sono ritenuti
inessenziali o comunque non più rilevanti ai fini della creazione di
consenso. Quelle comunità di persone (che sono anche elettori), il cui
orizzonte sembra non interessare quei partiti, ampiamente presenti
sulla scena politica, che invece ripetono ossessivamente il medesimo
ritornello: «non c’è alternativa allo stato di cose esistente!». In
questo lungo frangente, che storicamente data almeno dall’inizio degli
anni Ottanta, la destra radicale in Europa si è presentata in quanto
organismo complesso e variegato, al contempo insieme di movimenti ma
anche – oramai – struttura di governo; gli uni e l’altra accomunati da
un esercizio di critica dell’esistente nel nome di antiche «tradizioni»
e di ancestrali «identità» da ripristinare. In merito, basti pensare
anche solo all’Ungheria di Orbán.
Claudio Vercelli
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