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Haim Korsia, Gran Rabbino
di Francia
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Unità
significa preoccuparsi per ciò che accade ovunque, nelle nostre
sinagoghe, nelle nostre comunità e nelle nostre città. L'unità è
sognare insieme, senza necessariamente essere d'accordo, ma vivendo gli
uni con gli altri, e sapendo che non siamo mai completi senza gli altri.
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Giorgio Berruto
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Innamorarsi
del proprio soggetto di ricerca fino a enfatizzare il peso e la
dimensione del fenomeno studiato in modo esagerato trascurando il
contesto generale è un tipico vizio di analisi anche autorevoli. È bene
attento a non cadere in questo errore lo storico francese Michel
Dreyfus nel recente studio “L’antisemitismo a sinistra in Francia.
Storia di un paradosso (1830-2016)”, di cui Vincenzo Pinto e
l’associazione culturale Free Ebrei hanno meritoriamente curato
l’edizione italiana.
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Argentina-Israele: “Tradito il ruolo dello sport”
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Ha
fatto il giro del mondo la notizia della cancellazione dell’incontro
amichevole tra Israele e Argentina che si sarebbe dovuto disputare nei
prossimi giorni a Gerusalemme. Una decisione arrivata dopo minacce
molto gravi da parte palestinese, con tanto di magliette insanguinate
esposte davanti all’hotel della Seleccion.
Dichiara l’ambasciatore israeliano in Italia Ofer Sachs alla Gazzetta
dello sport: “Io penso che gli argentini con questa decisione abbiano
perso di vista il ruolo dello sport, che è quello di creare ponti, di
unire la gente. Nella nostra nazionale di calcio giocano
tranquillamente insieme cristiani, musulmani ed ebrei”. Aggiunge poi il
diplomatico: “Boicottare, e parlo in generale, non solo in relazione a
questo episodio, è lo strumento che si oppone al dialogo. Se boicotti
qualcuno o qualcosa non sarai mai capace di costruire un ponte che
unisca le parti”. Interviene tra gli altri anche l’ex centravanti
giallorosso Abel Balbo, che con l’Argentina giocò diverse volte in
Israele. “È la sconfitta dello sport, la vittoria della politica sul
calcio” dice al Corriere. Balbo esprime comunque perplessità sulla
decisione di spostare il match da Haifa a Gerusalemme, che definisce
“una provocazione”. Anche se non manca di esprimere vicinanza alla
comunità ebraica argentina, “che in passato ha sofferto sulla sua pelle
episodi gravissimi come l’attentato al Centro ebraico Amia che nel
luglio ’94 causò un centinaio di morti”.
Insulti e minacce sul web alla senatrice a vita Liliana Segre, autrice
martedì di un fermo intervento contro l’introduzione di “leggi
speciali” nei confronti delle popolazioni nomadi. “A seduta conclusa –
riporta La Stampa – l’osceno e irresponsabile j’accuse alla memoria del
genocidio si trasferisce sui social network, chiassoso, tracotante,
incosciente come l’odio che intasa la piazza virtuale”.
Intervistato da Repubblica, un rom sopravvissuto ai lager, Mirco
Bezzecchi, dice: “Meno male che c’è una come lei, che io ringrazio.
Oggi tutti i campi rom d’Italia parlano di lei. Abbiamo paura, come ha
avuto lei, e anche io”.
Bezzecchi spiega di aver ricevuto una targa d’argento al Senato,
donatagli da Luigi Manconi. E anni fa un riconoscimento dall’UCEI.
“Loro – afferma – fanno le ricerche, hanno riconosciuto che sono stato
vittima della persecuzione nazifascista. Come loro”.
7, il settimanale del Corriere, pubblica un intervento di Sergio Della
Pergola con alcune sue osservazioni sulla proposta di Abraham Yehoshua
contro i due Stati e a favore di una confederazione. Scrive Della
Pergola: “L’idea di uno Stato confederale Israele-Palestina mi pare che
sia una stravagante provocazione intellettuale oppure che esprima una
posizione sostanzialmente anti-israeliana, ossia contraria
all’autodeterminazione del popolo ebraico (sempre nei limiti del
diritto internazionale)”.
Saluti romani nella foto ricordo di fine anno al Liceo Socrate di Roma.
Un fatto decisamente inquietante, ma non per la preside dell’istituto
secondo cui si tratterebbe di una “goliardiata”, di ragazzi “in posa e
sorridenti” e che “non volevano ricostituire il partito fascista”.
Sottolinea Repubblica: “Più che al codice penale e alle sentenze, ci
permettiamo di suggerire alla dirigente scolastica di richiamarsi alla
Costituzione. Dove è stato possibile inserire l’articolo 21 sulla
libertà d’espressione solo grazie alla sconfitta del fascismo”.
La sala del consiglio comunale concessa ai nostalgici del nazismo per
un convegno revisionista. Succede a Gazzada Schianno, vicino Varese,
dove i relatori di una conferenza in programma sabato “saranno i
militanti della comunità dei Dodici Raggi, al centro di un’indagine
della magistratura per ‘riorganizzazione del disciolto partito
fascista’ con 54 indagati e la sede chiusa” (Corriere Milano).
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l'autrice del capolavoro Sonnenschein
Daša Drndić (1946-2018)
“L’Europa
che abbiamo costruito dopo la fine delle dittature e dopo la caduta del
Muro di Berlino è fragile. I suoi ideali di progresso, di libertà, di
giustizia sociale sono stati traditi. E la tentazione della dittatura e
dell’orrore resta sempre in agguato. Non siamo al sicuro e non abbiamo
il diritto di rassicurarci. Abbiamo anzi il dovere di sorvegliare
quello che avviene”. Così spiegava la scrittrice croata Daša Drndić al
direttore di Pagine Ebraiche Guido Vitale in una lunga intervista
pubblicata dal giornale dell'ebraismo italiano nel febbraio del 2015,
quando nelle librerie italiane usciva Sonnenschein - Trieste
(Bompiani editore): il grande romanzo di Drndić, considerato dalla
critica internazionale un capolavoro, in cui si trovano i nomi di tutti
gli ebrei italiani deportati durante la Shoah. Un libro di memorie e
Memoria che la stessa autrice – scomparsa ieri a Fiume all'età di 71
anni - aveva definito “un pugno nello stomaco”. Una definizione simile
a quella che il suo editore croato Even Seid Serdarević ha dato al
Guardian per tutti i libri di Drndić: leggerli “era, dal punto di vista
emotivo, come ricevere continuamente dei pugni nello stomaco”. “Senza
freni né compromessi, lo scrivere di Drndić non ha mai permesso ai suoi
lettori di allontanarsi dalle verità, dai fatti di alcune delle
peggiori atrocità del XX secolo”, ha affermato Serdarević. E il monito
lanciato attraverso Pagine Ebraiche ne è un esempio. Di seguito
l'intervista rilasciata da Drndić al giornale dell'ebraismo italiano e
la lettura critica del suo libro Sonnenschein – Trieste a firma degli storici Anna Foa e Alberto Cavaglion.
Il
suo primo gesto, al nostro incontro, è anche un brutale atto di
lacerazione. Una copia dell’edizione curata dal suo coraggioso editore
di Zagabria di Sonnenschein,
il grande romanzo che ora appare finalmente in edizione italiana e che
ha fatto parlare di un capolavoro dei nostri tempi e di un modo nuovo
di raccontare la Memoria, assume una dimensione inattesa. Non è un
vezzo o un artificio se il testo è interrotto, nel bel mezzo delle sue
520 pagine, da una interminabile lista di nomi. Uno dopo l’altro
appaiono i nomi di tutti gli ebrei italiani che dalla Shoah non hanno
fatto ritorno. La lettura inciampa inevitabilmente in un macigno
piazzato nel bel mezzo. L’occhio prende la rincorsa per saltare la
lista, poi finisce per scorrerla ordinatamente, quasi un omaggio, una
misura della sofferenza, infine cede alla tentazione di controllare la
presenza di nomi conosciuti, di persone care, di specifiche identità
cancellate di cui qualcosa portiamo dentro. Queste cento pagine
piantate nel cuore del libro ti prendono a tradimento, ci sbatti
contro, poi cerchi di girarci attorno in qualche modo, quasi fossero un
muro. Daša Drndić apre l’edizione originale di
<em>Sonnenschein</em>. Il suo editore porta un nome che
lascia il segno: Fraktura. Ha fatto di tutto per farla contenta e la
lista dei nomi prende una corporeità che nessuno, da Gallimard, a
Houghton Mifflin Harcourt a Bompiani, ha avuto il coraggio di
ritentare. I nomi scolpiti lì fra le pagine, sono stampati su fogli che
hanno una fragilità, fanno parte della rilegatura, ma alla saldatura
con le altre pagine la carta è lievemente forata.
In altri suoi romanzi è posta la tragica lista completa, nome per nome,
di una intera categoria di persone sterminate. Ma in questo caso,
quando si è trattato di elencare ogni nome degli ebrei italiani morti
nella Shoah, ha voluto che le pagine fossero fustellate. Una lista che
sta qui per disturbare, proclama il libro, se ti dà fastidio puoi anche
toglierla di mezzo, perché come vedi queste pagine non sono come le
altre, le puoi strappare, le puoi escludere, le puoi mettere da un
canto.
Splende il sole sulla pietra bianca d’Istria e il corso di Fiume, a
pochi passi dalla riva destra della Recina, il gagliardo corso d’acqua
che segna per sempre il destino diviso e ferito d’Europa, e dall’apice
azzurro del Mediterraneo, si dipana quasi spensierato. Senza aggiungere
una parola Daša Drndić apre il libro. Ora non sfoglia più, ma afferra
quelle pagine, le lacera alla radice, separandole dalle altre.
“Ecco, è stata questa la Shoah e questa deve essere la Memoria”. Eppure
il libro sbilenco che mi restituisce, una volta rimossa quella lista di
nomi non ritrova la sua coerenza letteraria, la bella rilegatura si
sfalda sciancata, le altre pagine perdono la sequenza, l’ordine violato
delle cose sprofonda. Lo strappo è insanabile, la rilegatura non potrà
più essere guarita.
“Questa è stata la Shoah – commenta la scrittrice che ha ancora in mano
i fogli sparsi – e questa deve essere la Memoria. La Shoah non è stata
solo una storia come un’altra di violenza, di bestialità. Ma molto
peggio, è stato il progetto di cancellare dalla nostra società un
elemento fondamentale. È per questo che niente può più essere come
prima e la rilegatura strappata della nostra vita porta per
Guido Vitale, Pagine Ebraiche Febbraio 2015
(La foto in alto è di Snimio Petar Fabijan. Il disegno al centro di Giorgio Albertini)
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Pagine Ebraiche - Sonnenschein di Daša Drndić
Leggere lo scandalo della Storia
“Romanzo
documentario”, così l’autrice definisce il suo libro, che non
appartiene all’autobiografia tradizionale del confine orientale, da
Slataper a Magris celebrata per i suoi toni antiletterari, passionali
oppure, nella variante ebraico-borghese, da Una vita di Svevo a Il
direttore generale di Giorgio Voghera, per l’ambientazione
impiegatizia- commerciale, per l’antitesi vita-letteratura. Qui lo
scandalo della Storia – per dirla con la Morante – copre il ruolo di
protagonista. Sonnenschein (“Trieste” in edizione italiana) fa genere a
sé, la biografia “di frontiera” dell’autrice, favorisce la costruzione
di una struttura policentrica, ibrida: si ripercorre un secolo
abbondante di storia a Gorizia (in parte anche a Trieste) dialogando a
distanza con i maestri-scrittori dell’area giuliana, ma senza
identificarsi con loro; fa eccezione Saba, il Saba goriziano, quello
meno conosciuto, malato, ricoverato per il suo cronico stato depressivo
nell’istituto di un Basaglia ancora lontano dalla rivoluzione
psichiatrica degli anni Sessanta.
Alberto Cavaglion, Pagine Ebraiche Febbraio 2015 Leggi
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Pagine Ebraiche - Sonnenschein di Daša Drndić
Una commistione inquietante
Non
mi capita spesso, dopo aver finito di leggere un romanzo, di non saper
dire se mi è piaciuto o no, se l’ho trovato bello o brutto. C’è
qualcosa in Sonnenschein, nella traduzione italiana di Ljiljana
Avirović Trieste, il romanzo della scrittrice croata Daša Drndić, che
mi ha disturbata, che ha reso difficile la mia lettura, che non so
riconoscere e che continua a stridermi nella mente. D’altronde,
nonostante il disagio, non sono riuscita a deporre il libro dopo averlo
iniziato, con tutte le sue cinquecento pagine, anche se confesso di non
averne letto quasi un centinaio, cioè l’elenco degli ebrei italiani
morti in deportazione. Non l’ho letto, ma erano lì. Dopo averli passati
al volo, la numerazione delle pagine cresceva, dopo averlo saltato
l’elenco era dietro di te. Era per questo che era stato collocato là, a
metà romanzo? Era un “elenco d’inciampo”, come le pietre d’inciampo
dello scultore Demnig, che crescono nelle città davanti ai portoni
segnati dalla deportazione?
Anna Foa, Pagine Ebraiche febbraio 2015
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dopo i fatti al liceo socrate di roma
"Saluto romano non è goliardia,
la scuola educhi i nostri giovani"
Prosegue
l'attenzione mediatica per quanto accaduto al Liceo Socrate di Roma,
dove dieci studenti, nei giorni scorsi, si sono fatti immortalare in
una foto di classe mentre facevano il saluto romano. Un gesto
condannato da alcuni coetanei che, in una lettera aperta, hanno
sottolineato la loro preoccupazione per la gestione dell'accaduto da
parte della preside dell'istituto: quest'ultima ha infatti deciso di
non prendere provvedimenti e ha definito il saluto romano un semplice
“atto goliardico”. “Quanto accaduto al liceo Socrate è un fatto grave,
ma che al contempo ci dà speranza”, il messaggio della Presidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni rispetto ai
fatti di Roma. “Grave – afferma Di Segni - che la preside dell'istituto
abbia retrocesso il saluto romano di alcuni suoi studenti a semplice
atto goliardico: chi dovrebbe vigilare, dare il buon esempio e
insegnare i valori della nostra Costituzione non dovrebbe far passare
sottotraccia il gesto simbolo dell'oppressione che rappresenta una
macchia terribile e indelebile nella storia italiana. Chi avrebbe
dovuto educare si è limitato ad un mero controllo della legalità
formale ma non quella che genera memoria e valori”. “A darci una grande
lezione civica, ribaltando i ruoli, - prosegue la presidente
dell'Unione - sono stati altri studenti del liceo Socrate, quei giovani
che si sono resi conto che di fronte all'ignoranza non si può tacere ma
si deve far sentire la propria voce. Leggi
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la visita dell'ambasciatore oren david
La sinagoga nel futuro di Palermo
Un
ponte tra passato, presente e futuro. Così l'ambasciatore israeliano
presso la Santa Sede Oren David ha definito ieri il progetto della
futura sinagoga di Palermo, visitando i locali dell’Oratorio di Santa
Maria del Sabato. Proprio in questo spazio, concesso in comodato d’uso
dall’arcidiocesi di Palermo alla Comunità ebraica di Napoli, competente
a livello territoriale sulla Sicilia, è prevista la realizzazione della
sinagoga. “Per il gruppo ebraico di Palermo la visita dell’ambasciatore
David è stata proficua” ha spiegato a Pagine Ebraiche il vicepresidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Di Segni, in visita
al fianco del diplomatico israeliano. Ad accogliere la delegazione, il
vicesindaco Emilio Arcuri e l’assessore comunale alla Cultura, Andrea
Cusumano. “Il vicesindaco Arcuri – riferiva ieri il vicepresidente Di
Segni - ha comunicato che il percorso del restauro della sinagoga potrà
passare attraverso l’intervento di finanziatori privati, con
l’interazione dell’amministrazione comunale”. A presentare la storia
dell'ebraismo siciliano all'ambasciatore Oren – in visita istituzionale
nell'isola dove ha incontrato rappresentanti della Facoltà Teologica di
Sicilia - Evelyne Aouate, delegata della Comunità ebraica napoletana
per la sezione di Palermo.
(Foto di Sandro Riotta)
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domenica 10 giugno
"Libri, cultura e identità ebraica.
Ferrara attende la grande Festa"
Il
tema non è dichiarato, ma a unire gli appuntamenti dell’imminente Festa
del Libro Ebraico, promossa per domenica 10 giugno, a Ferrara, dal
Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah - MEIS, c’è un
filo rosso: l’identità e l’ebraismo come grande allenamento
identitario, per affrontare difficoltà e cambiamenti. “Un tema quanto
mai attuale – ha sottolineato nelle scorse ore, in conferenza stampa,
il direttore del Museo, Simonetta Della Seta –, che verrà illuminato da
diversi autori. E le presentazioni dei loro libri, scelti perché vicini
alle tematiche del MEIS, prepareranno il pubblico al momento clou della
Festa: la lectio magistralis di Abraham B. Yehoshua, assolutamente
inedita e credo piuttosto sorprendente”.
Il vicesindaco del Comune di Ferrara, Massimo Maisto, si è detto
“soddisfatto e compiaciuto per tutto ciò che il MEIS sta portando a
Ferrara. Qualche settimana fa il regista Amos Gitai, ora uno dei
maggiori scrittori viventi e poi tutti gli altri che arriveranno. Ciò
conferma non solo che Ferrara è una città di incontro, scambio e
cultura, ma anche che il MEIS rappresenta un tassello fondamentale per
entrare in una dinamica nazionale e internazionale”. Leggi
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FINO AL 9 GIUGNO PER RISPONDERE AL QUESTIONARIO
Antisemitismo, la voce italiana
C'è
tempo fino al 9 giugno per rispondere all'indagine sulla percezione
dell'antisemitismo da parte del mondo ebraico europeo. Un'indagine,
come raccontato dal Portale dell'ebraismo italiano nelle scorse
settimane, voluta dall’Agenzia per i Diritti Fondamentali (Fra)
dell'Unione europea e condotta dall’Institute for Jewish Policy
Research (JPR) in 14 paesi dell'Ue, tra cui l'Italia. È “estremamente
importante” che anche l'ebraismo italiano partecipi al sondaggio e
risponda al questionario online (clicca qui – per condividere, il sito
è www.eurojews.eu), aveva spiegato il demografo Sergio Della Pergola,
tra gli esperti coinvolti nel progetto: attraverso questa indagine
infatti sarà possibile inquadrare in modo più chiaro la minaccia
dell'antisemitismo in Italia, raffrontarla con la situazione degli
altri paesi europei, e proporre strumenti di contrasto alle istituzioni
sulla base di dati concreti.
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qui torino
Leo Diena, l'antifascista
Una
ricostruzione storica e al contempo intimista della vita di Leo Diena,
antifascista e organizzatore sindacale nel Partito d’Azione,
partigiano, ricercatore sociale. È quella che emerge dal libro Una ricerca: Leo Diena, l’antifascismo, la Resistenza, le radici
(Edizioni Seb 27, 2018), scritta dalla moglie Anna Graselli e dal
figlio Clemente Diena. Il volume è stato presentato nei locali della
Comunità ebraica di Torino, nel corso di un evento organizzato dal
Gruppo di Studi Ebraici, a cui hanno preso parte, assieme agli autori,
Luciano Boccalatte, direttore dell’Istoreto, Tullio Levi, presidente
del Gruppo di Studi Ebraici e Bruno Contini, docente dell’Università di
Torino.
Alice Fubini Leggi
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In ascolto - Il pozzo di Miriam |
Oggi
propongo una leggenda sul grande Rabbi Yitzhak Taub di Kalev (1751 –
1821), che ha dato un contributo straordinario alla musica chassidica.
Il musicologo Idelsohn racconta che fu Rabbi Leib di Sarah, a scoprirne
le qualità straordinarie, di anima e di musica, un giorno qualunque,
mentre passeggiava in un bosco. Quello che oggi conosciamo come
il grande Rabbi Yitzhak Taub, il primo rebbe chassidico di Ungheria,
all’epoca dell’incontro con Rabbi Leib era un bimbo di circa otto anni,
povero, in abiti miseri, che faceva da guardia alle oche.
Negli anni ha composto un gran numero di melodie chassidiche molto
amate, ha arrangiato canzoni popolari ungheresi e ha riutilizzato
melodie folk scrivendo nuovi testi in ebraico. Oggi ascoltiamo la sua
Szól a kakas má.
Maria Teresa Milano
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La pedagogia di Lia Levi
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Per
fortuna la biblioteca San Giorgio di Pistoia non organizza solo
sedicenti convegni di studi sul colonialismo italiano in Libia e quello
(sic) israeliano in Palestina come lo scorso 27 ottobre - con tanto di
interrogazione parlamentare di Capezzone, il quale a ragione sottolineò
a suo tempo il vergognoso inserimento dell'iniziativa tra quelle di
Pistoia Capitale della cultura 2017 e l'ancor più vergognoso rilascio
di crediti formativi per gli insegnanti partecipanti all'incontro.
Per fortuna, all'interno della ben più neutra cornice dei percorsi
tematici di lettura, presso la San Giorgio sono proposte anche
iniziative come il pomeriggio, giovedì scorso 31 maggio, con Lia Levi,
finalista del premio Strega con Questa sera è già domani.
Sara Valentina Di Palma
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