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 7 Giugno 2018 - 24 Sivan 5778
PAGINE EBRAICHE 24



ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav

Haim Korsia, Gran Rabbino
di Francia
Unità significa preoccuparsi per ciò che accade ovunque, nelle nostre sinagoghe, nelle nostre comunità e nelle nostre città. L'unità è sognare insieme, senza necessariamente essere d'accordo, ma vivendo gli uni con gli altri, e sapendo che non siamo mai completi senza gli altri.
 
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Giorgio Berruto
Innamorarsi del proprio soggetto di ricerca fino a enfatizzare il peso e la dimensione del fenomeno studiato in modo esagerato trascurando il contesto generale è un tipico vizio di analisi anche autorevoli. È bene attento a non cadere in questo errore lo storico francese Michel Dreyfus nel recente studio “L’antisemitismo a sinistra in Francia. Storia di un paradosso (1830-2016)”, di cui Vincenzo Pinto e l’associazione culturale Free Ebrei hanno meritoriamente curato l’edizione italiana.
 
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Argentina-Israele: “Tradito il ruolo dello sport”
Ha fatto il giro del mondo la notizia della cancellazione dell’incontro amichevole tra Israele e Argentina che si sarebbe dovuto disputare nei prossimi giorni a Gerusalemme. Una decisione arrivata dopo minacce molto gravi da parte palestinese, con tanto di magliette insanguinate esposte davanti all’hotel della Seleccion.
Dichiara l’ambasciatore israeliano in Italia Ofer Sachs alla Gazzetta dello sport: “Io penso che gli argentini con questa decisione abbiano perso di vista il ruolo dello sport, che è quello di creare ponti, di unire la gente. Nella nostra nazionale di calcio giocano tranquillamente insieme cristiani, musulmani ed ebrei”. Aggiunge poi il diplomatico: “Boicottare, e parlo in generale, non solo in relazione a questo episodio, è lo strumento che si oppone al dialogo. Se boicotti qualcuno o qualcosa non sarai mai capace di costruire un ponte che unisca le parti”. Interviene tra gli altri anche l’ex centravanti giallorosso Abel Balbo, che con l’Argentina giocò diverse volte in Israele. “È la sconfitta dello sport, la vittoria della politica sul calcio” dice al Corriere. Balbo esprime comunque perplessità sulla decisione di spostare il match da Haifa a Gerusalemme, che definisce “una provocazione”. Anche se non manca di esprimere vicinanza alla comunità ebraica argentina, “che in passato ha sofferto sulla sua pelle episodi gravissimi come l’attentato al Centro ebraico Amia che nel luglio ’94 causò un centinaio di morti”.

Insulti e minacce sul web alla senatrice a vita Liliana Segre, autrice martedì di un fermo intervento contro l’introduzione di “leggi speciali” nei confronti delle popolazioni nomadi. “A seduta conclusa – riporta La Stampa – l’osceno e irresponsabile j’accuse alla memoria del genocidio si trasferisce sui social network, chiassoso, tracotante, incosciente come l’odio che intasa la piazza virtuale”.
Intervistato da Repubblica, un rom sopravvissuto ai lager, Mirco Bezzecchi, dice: “Meno male che c’è una come lei, che io ringrazio. Oggi tutti i campi rom d’Italia parlano di lei. Abbiamo paura, come ha avuto lei, e anche io”.
Bezzecchi spiega di aver ricevuto una targa d’argento al Senato, donatagli da Luigi Manconi. E anni fa un riconoscimento dall’UCEI. “Loro – afferma – fanno le ricerche, hanno riconosciuto che sono stato vittima della persecuzione nazifascista. Come loro”.

7, il settimanale del Corriere, pubblica un intervento di Sergio Della Pergola con alcune sue osservazioni sulla proposta di Abraham Yehoshua contro i due Stati e a favore di una confederazione. Scrive Della Pergola: “L’idea di uno Stato confederale Israele-Palestina mi pare che sia una stravagante provocazione intellettuale oppure che esprima una posizione sostanzialmente anti-israeliana, ossia contraria all’autodeterminazione del popolo ebraico (sempre nei limiti del diritto internazionale)”.

Saluti romani nella foto ricordo di fine anno al Liceo Socrate di Roma. Un fatto decisamente inquietante, ma non per la preside dell’istituto secondo cui si tratterebbe di una “goliardiata”, di ragazzi “in posa e sorridenti” e che “non volevano ricostituire il partito fascista”.
Sottolinea Repubblica: “Più che al codice penale e alle sentenze, ci permettiamo di suggerire alla dirigente scolastica di richiamarsi alla Costituzione. Dove è stato possibile inserire l’articolo 21 sulla libertà d’espressione solo grazie alla sconfitta del fascismo”.
La sala del consiglio comunale concessa ai nostalgici del nazismo per un convegno revisionista. Succede a Gazzada Schianno, vicino Varese, dove i relatori di una conferenza in programma sabato “saranno i militanti della comunità dei Dodici Raggi, al centro di un’indagine della magistratura per ‘riorganizzazione del disciolto partito fascista’ con 54 indagati e la sede chiusa” (Corriere Milano).
 
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  davar
l'autrice del capolavoro Sonnenschein
Daša Drndić (1946-2018)
“L’Europa che abbiamo costruito dopo la fine delle dittature e dopo la caduta del Muro di Berlino è fragile. I suoi ideali di progresso, di libertà, di giustizia sociale sono stati traditi. E la tentazione della dittatura e dell’orrore resta sempre in agguato. Non siamo al sicuro e non abbiamo il diritto di rassicurarci. Abbiamo anzi il dovere di sorvegliare quello che avviene”. Così spiegava la scrittrice croata Daša Drndić al direttore di Pagine Ebraiche Guido Vitale in una lunga intervista pubblicata dal giornale dell'ebraismo italiano nel febbraio del 2015, quando nelle librerie italiane usciva Sonnenschein - Trieste (Bompiani editore): il grande romanzo di Drndić, considerato dalla critica internazionale un capolavoro, in cui si trovano i nomi di tutti gli ebrei italiani deportati durante la Shoah. Un libro di memorie e Memoria che la stessa autrice – scomparsa ieri a Fiume all'età di 71 anni - aveva definito “un pugno nello stomaco”. Una definizione simile a quella che il suo editore croato Even Seid Serdarević ha dato al Guardian per tutti i libri di Drndić: leggerli “era, dal punto di vista emotivo, come ricevere continuamente dei pugni nello stomaco”. “Senza freni né compromessi, lo scrivere di Drndić non ha mai permesso ai suoi lettori di allontanarsi dalle verità, dai fatti di alcune delle peggiori atrocità del XX secolo”, ha affermato Serdarević. E il monito lanciato attraverso Pagine Ebraiche ne è un esempio. Di seguito l'intervista rilasciata da Drndić al giornale dell'ebraismo italiano e la lettura critica del suo libro Sonnenschein – Trieste a firma degli storici Anna Foa e Alberto Cavaglion.

Il suo primo gesto, al nostro incontro, è anche un brutale atto di lacerazione. Una copia dell’edizione curata dal suo coraggioso editore di Zagabria di Sonnenschein, il grande romanzo che ora appare finalmente in edizione italiana e che ha fatto parlare di un capolavoro dei nostri tempi e di un modo nuovo di raccontare la Memoria, assume una dimensione inattesa. Non è un vezzo o un artificio se il testo è interrotto, nel bel mezzo delle sue 520 pagine, da una interminabile lista di nomi. Uno dopo l’altro appaiono i nomi di tutti gli ebrei italiani che dalla Shoah non hanno fatto ritorno. La lettura inciampa inevitabilmente in un macigno piazzato nel bel mezzo. L’occhio prende la rincorsa per saltare la lista, poi finisce per scorrerla ordinatamente, quasi un omaggio, una misura della sofferenza, infine cede alla tentazione di controllare la presenza di nomi conosciuti, di persone care, di specifiche identità cancellate di cui qualcosa portiamo dentro. Queste cento pagine piantate nel cuore del libro ti prendono a tradimento, ci sbatti contro, poi cerchi di girarci attorno in qualche modo, quasi fossero un muro. Daša Drndić apre l’edizione originale di <em>Sonnenschein</em>. Il suo editore porta un nome che lascia il segno: Fraktura. Ha fatto di tutto per farla contenta e la lista dei nomi prende una corporeità che nessuno, da Gallimard, a Houghton Mifflin Harcourt a Bompiani, ha avuto il coraggio di ritentare. I nomi scolpiti lì fra le pagine, sono stampati su fogli che hanno una fragilità, fanno parte della rilegatura, ma alla saldatura con le altre pagine la carta è lievemente forata.
In altri suoi romanzi è posta la tragica lista completa, nome per nome, di una intera categoria di persone sterminate. Ma in questo caso, quando si è trattato di elencare ogni nome degli ebrei italiani morti nella Shoah, ha voluto che le pagine fossero fustellate. Una lista che sta qui per disturbare, proclama il libro, se ti dà fastidio puoi anche toglierla di mezzo, perché come vedi queste pagine non sono come le altre, le puoi strappare, le puoi escludere, le puoi mettere da un canto.
Splende il sole sulla pietra bianca d’Istria e il corso di Fiume, a pochi passi dalla riva destra della Recina, il gagliardo corso d’acqua che segna per sempre il destino diviso e ferito d’Europa, e dall’apice azzurro del Mediterraneo, si dipana quasi spensierato. Senza aggiungere una parola Daša Drndić apre il libro. Ora non sfoglia più, ma afferra quelle pagine, le lacera alla radice, separandole dalle altre.
“Ecco, è stata questa la Shoah e questa deve essere la Memoria”. Eppure il libro sbilenco che mi restituisce, una volta rimossa quella lista di nomi non ritrova la sua coerenza letteraria, la bella rilegatura si sfalda sciancata, le altre pagine perdono la sequenza, l’ordine violato delle cose sprofonda. Lo strappo è insanabile, la rilegatura non potrà più essere guarita.
“Questa è stata la Shoah – commenta la scrittrice che ha ancora in mano i fogli sparsi – e questa deve essere la Memoria. La Shoah non è stata solo una storia come un’altra di violenza, di bestialità. Ma molto peggio, è stato il progetto di cancellare dalla nostra società un elemento fondamentale. È per questo che niente può più essere come prima e la rilegatura strappata della nostra vita porta per

Guido Vitale, Pagine Ebraiche Febbraio 2015

(La foto in alto è di Snimio Petar Fabijan. Il disegno al centro di Giorgio Albertini)
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Pagine Ebraiche - Sonnenschein di Daša Drndić
Leggere lo scandalo della Storia
“Romanzo documentario”, così l’autrice definisce il suo libro, che non appartiene all’autobiografia tradizionale del confine orientale, da Slataper a Magris celebrata per i suoi toni antiletterari, passionali oppure, nella variante ebraico-borghese, da Una vita di Svevo a Il direttore generale di Giorgio Voghera, per l’ambientazione impiegatizia- commerciale, per l’antitesi vita-letteratura. Qui lo scandalo della Storia – per dirla con la Morante – copre il ruolo di protagonista. Sonnenschein (“Trieste” in edizione italiana) fa genere a sé, la biografia “di frontiera” dell’autrice, favorisce la costruzione di una struttura policentrica, ibrida: si ripercorre un secolo abbondante di storia a Gorizia (in parte anche a Trieste) dialogando a distanza con i maestri-scrittori dell’area giuliana, ma senza identificarsi con loro; fa eccezione Saba, il Saba goriziano, quello meno conosciuto, malato, ricoverato per il suo cronico stato depressivo nell’istituto di un Basaglia ancora lontano dalla rivoluzione psichiatrica degli anni Sessanta.

Alberto Cavaglion, Pagine Ebraiche Febbraio 2015
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Pagine Ebraiche - Sonnenschein di Daša Drndić
Una commistione inquietante
Non mi capita spesso, dopo aver finito di leggere un romanzo, di non saper dire se mi è piaciuto o no, se l’ho trovato bello o brutto. C’è qualcosa in Sonnenschein, nella traduzione italiana di Ljiljana Avirović Trieste, il romanzo della scrittrice croata Daša Drndić, che mi ha disturbata, che ha reso difficile la mia lettura, che non so riconoscere e che continua a stridermi nella mente. D’altronde, nonostante il disagio, non sono riuscita a deporre il libro dopo averlo iniziato, con tutte le sue cinquecento pagine, anche se confesso di non averne letto quasi un centinaio, cioè l’elenco degli ebrei italiani morti in deportazione. Non l’ho letto, ma erano lì. Dopo averli passati al volo, la numerazione delle pagine cresceva, dopo averlo saltato l’elenco era dietro di te. Era per questo che era stato collocato là, a metà romanzo? Era un “elenco d’inciampo”, come le pietre d’inciampo dello scultore Demnig, che crescono nelle città davanti ai portoni segnati dalla deportazione?

Anna Foa, Pagine Ebraiche febbraio 2015
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dopo i fatti al liceo socrate di roma
"Saluto romano non è goliardia,
la scuola educhi i nostri giovani"

Prosegue l'attenzione mediatica per quanto accaduto al Liceo Socrate di Roma, dove dieci studenti, nei giorni scorsi, si sono fatti immortalare in una foto di classe mentre facevano il saluto romano. Un gesto condannato da alcuni coetanei che, in una lettera aperta, hanno sottolineato la loro preoccupazione per la gestione dell'accaduto da parte della preside dell'istituto: quest'ultima ha infatti deciso di non prendere provvedimenti e ha definito il saluto romano un semplice “atto goliardico”. “Quanto accaduto al liceo Socrate è un fatto grave, ma che al contempo ci dà speranza”, il messaggio della Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni rispetto ai fatti di Roma. “Grave – afferma Di Segni - che la preside dell'istituto abbia retrocesso il saluto romano di alcuni suoi studenti a semplice atto goliardico: chi dovrebbe vigilare, dare il buon esempio e insegnare i valori della nostra Costituzione non dovrebbe far passare sottotraccia il gesto simbolo dell'oppressione che rappresenta una macchia terribile e indelebile nella storia italiana. Chi avrebbe dovuto educare si è limitato ad un mero controllo della legalità formale ma non quella che genera memoria e valori”. “A darci una grande lezione civica, ribaltando i ruoli, - prosegue la presidente dell'Unione - sono stati altri studenti del liceo Socrate, quei giovani che si sono resi conto che di fronte all'ignoranza non si può tacere ma si deve far sentire la propria voce.
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la visita dell'ambasciatore oren david
La sinagoga nel futuro di Palermo
Un ponte tra passato, presente e futuro. Così l'ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Oren David ha definito ieri il progetto della futura sinagoga di Palermo, visitando i locali dell’Oratorio di Santa Maria del Sabato. Proprio in questo spazio, concesso in comodato d’uso dall’arcidiocesi di Palermo alla Comunità ebraica di Napoli, competente a livello territoriale sulla Sicilia, è prevista la realizzazione della sinagoga. “Per il gruppo ebraico di Palermo la visita dell’ambasciatore David è stata proficua” ha spiegato a Pagine Ebraiche il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Di Segni, in visita al fianco del diplomatico israeliano. Ad accogliere la delegazione, il vicesindaco Emilio Arcuri e l’assessore comunale alla Cultura, Andrea Cusumano. “Il vicesindaco Arcuri – riferiva ieri il vicepresidente Di Segni - ha comunicato che il percorso del restauro della sinagoga potrà passare attraverso l’intervento di finanziatori privati, con l’interazione dell’amministrazione comunale”. A presentare la storia dell'ebraismo siciliano all'ambasciatore Oren – in visita istituzionale nell'isola dove ha incontrato rappresentanti della Facoltà Teologica di Sicilia - Evelyne Aouate, delegata della Comunità ebraica napoletana per la sezione di Palermo.

(Foto di Sandro Riotta)
 

domenica 10 giugno
"Libri, cultura e identità ebraica.
Ferrara attende la grande Festa"

Il tema non è dichiarato, ma a unire gli appuntamenti dell’imminente Festa del Libro Ebraico, promossa per domenica 10 giugno, a Ferrara, dal Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah - MEIS, c’è un filo rosso: l’identità e l’ebraismo come grande allenamento identitario, per affrontare difficoltà e cambiamenti. “Un tema quanto mai attuale – ha sottolineato nelle scorse ore, in conferenza stampa, il direttore del Museo, Simonetta Della Seta –, che verrà illuminato da diversi autori. E le presentazioni dei loro libri, scelti perché vicini alle tematiche del MEIS, prepareranno il pubblico al momento clou della Festa: la lectio magistralis di Abraham B. Yehoshua, assolutamente inedita e credo piuttosto sorprendente”.
Il vicesindaco del Comune di Ferrara, Massimo Maisto, si è detto “soddisfatto e compiaciuto per tutto ciò che il MEIS sta portando a Ferrara. Qualche settimana fa il regista Amos Gitai, ora uno dei maggiori scrittori viventi e poi tutti gli altri che arriveranno. Ciò conferma non solo che Ferrara è una città di incontro, scambio e cultura, ma anche che il MEIS rappresenta un tassello fondamentale per entrare in una dinamica nazionale e internazionale”.
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FINO AL 9 GIUGNO PER RISPONDERE AL QUESTIONARIO
Antisemitismo, la voce italiana 
C'è tempo fino al 9 giugno per rispondere all'indagine sulla percezione dell'antisemitismo da parte del mondo ebraico europeo. Un'indagine, come raccontato dal Portale dell'ebraismo italiano nelle scorse settimane, voluta dall’Agenzia per i Diritti Fondamentali (Fra) dell'Unione europea e condotta dall’Institute for Jewish Policy Research (JPR) in 14 paesi dell'Ue, tra cui l'Italia. È “estremamente importante” che anche l'ebraismo italiano partecipi al sondaggio e risponda al questionario online (clicca qui – per condividere, il sito è www.eurojews.eu), aveva spiegato il demografo Sergio Della Pergola, tra gli esperti coinvolti nel progetto: attraverso questa indagine infatti sarà possibile inquadrare in modo più chiaro la minaccia dell'antisemitismo in Italia, raffrontarla con la situazione degli altri paesi europei, e proporre strumenti di contrasto alle istituzioni sulla base di dati concreti.
 

qui roma
Israelitico, lo stage per i giovani
Uno stage di dodici mesi all’interno dei propri uffici a quattro giovani in possesso di una Laurea Magistrale in Giurisprudenza o di una Laurea Magistrale in Economia e Finanza. A proporlo è l’Ospedale Israelitico di Roma, in un bando in cui si specifica che gli interessati devono essere iscritti a una comunità ebraica italiana e che è prevista l’erogazione di una borsa di studio di 6mila euro annui.
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qui torino
Leo Diena, l'antifascista
Una ricostruzione storica e al contempo intimista della vita di Leo Diena, antifascista e organizzatore sindacale nel Partito d’Azione, partigiano, ricercatore sociale. È quella che emerge dal libro Una ricerca: Leo Diena, l’antifascismo, la Resistenza, le radici (Edizioni Seb 27, 2018), scritta dalla moglie Anna Graselli e dal figlio Clemente Diena. Il volume è stato presentato nei locali della Comunità ebraica di Torino, nel corso di un evento organizzato dal Gruppo di Studi Ebraici, a cui hanno preso parte, assieme agli autori, Luciano Boccalatte, direttore dell’Istoreto, Tullio Levi, presidente del Gruppo di Studi Ebraici e Bruno Contini, docente dell’Università di Torino.

Alice Fubini
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jciak
Harvey Keitel padre di Esaù
Uno scrittore torna a casa in Israele dopo trent’anni e fa i conti con il fratello che gli ha portato via l’amore e l’attività di famiglia. La storia di Giacobbe e Esaù, come rivisitata dallo scrittore Meir Shalev ne Il pane di Sarah, si prepara ad arrivare sul grande schermo con un cast e una regia d’eccezione.
Intitolato per ora Esau, che è anche il titolo originale del romanzo pubblicato nel 2000 da Frassinelli, il film schiera Harvey Keitel nella parte del padre, Lior Ashkenazi (Foxtrot) nei panni di un risentito Esaù insieme a Mark Ivanir, attore israeliano fra i più richiesti a Hollywood divenuto celebre con la serie Homeland. La regia è di Pavel Lungin, uno dei filmaker russi più interessanti di questi anni, vincitore a Cannes nel 1990 con Taxi blues. Le riprese sono in corso in Israele, il film dovrebbe essere al cinema l’anno prossimo.

Daniela Gross
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  pilpul

In ascolto - Il pozzo di Miriam
Oggi propongo una leggenda sul grande Rabbi Yitzhak Taub di Kalev (1751 – 1821), che ha dato un contributo straordinario alla musica chassidica. Il musicologo Idelsohn racconta che fu Rabbi Leib di Sarah, a scoprirne le qualità straordinarie, di anima e di musica, un giorno qualunque, mentre passeggiava in un bosco.  Quello che oggi conosciamo come il grande Rabbi Yitzhak Taub, il primo rebbe chassidico di Ungheria, all’epoca dell’incontro con Rabbi Leib era un bimbo di circa otto anni, povero, in abiti miseri, che faceva da guardia alle oche.
Negli anni ha composto un gran numero di melodie chassidiche molto amate, ha arrangiato canzoni popolari ungheresi e ha riutilizzato melodie folk scrivendo nuovi testi in ebraico. Oggi ascoltiamo la sua Szól a kakas má.


Maria Teresa Milano
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La pedagogia di Lia Levi
Per fortuna la biblioteca San Giorgio di Pistoia non organizza solo sedicenti convegni di studi sul colonialismo italiano in Libia e quello (sic) israeliano in Palestina come lo scorso 27 ottobre - con tanto di interrogazione parlamentare di Capezzone, il quale a ragione sottolineò a suo tempo il vergognoso inserimento dell'iniziativa tra quelle di Pistoia Capitale della cultura 2017 e l'ancor più vergognoso rilascio di crediti formativi per gli insegnanti partecipanti all'incontro.
Per fortuna, all'interno della ben più neutra cornice dei percorsi tematici di lettura, presso la San Giorgio sono proposte anche iniziative come il pomeriggio, giovedì scorso 31 maggio, con Lia Levi, finalista del premio Strega con Questa sera è già domani.


Sara Valentina Di Palma
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