
Elia Richetti, rabbino
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Prima
di colpire la roccia due volte (anziché parlarle come gli era stato
ordinato), Moshè apostrofa gli Ebrei definendoli “morìm”. Rashì spiega
che il termine significa “stolti, che insegnano (morìm) ai loro
maestri”.
Alcuni Rabbini si sono posti la domanda: se già il termine significa stolti, a che pro aggiungere un’altra spiegazione?
La loro risposta è che non esiste stoltezza maggiore di chi pensa di saperne di più del proprio maestro.
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Giorgio Berruto
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Marvin
Lee Minsky, tra i fondatori dell’intelligenza artificiale, raccontava
che suo nonno gli aveva riferito che la famiglia vantava un antenato
famoso, nientemeno che rabbi Judah Loew, il Maharal di Praga, il
cabbalista del XVI secolo creatore del golem. Quest’anno cade il
cinquantesimo anniversario dall’uscita di 2001: Odissea nello spazio,
tra le opere imprescindibili di Stanley Kubrick e – mi permetto questo
appunto personale – film preferito in assoluto di chi scrive. Poiché
2001 ha a che fare direttamente con l’intelligenza artificiale, Kubrick
coinvolse Minsky nel progetto in qualità di consulente.
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I temi della maturità
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I
diversi volti della solitudine nell’arte e nella letteratura” è stata
la traccia più scelta dagli studenti italiani nella prima prova della
Maturità 2018. Al secondo posto, l’analisi di un brano tratto dal
Giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani: una scelta, quella dello
scritto bassaniano incentrato sul periodo delle Leggi razziste in
Italia, applaudita oggi dai quotidiani italiani così come quella di
proporre l’articolo 3 della Costituzione dedicato all’uguaglianza.
Corriere e La Stampa, tra gli altri, propongono dei brevi
approfondimenti dedicati a ciascuna traccia e scritti da firme dei
rispettivi quotidiani. Repubblica chiede invece una valutazione alla
senatrice a vita e Testimone della Shoah Liliana Segre, che aveva già
espresso ieri a Pagine Ebraiche il suo giudizio positivo: “il brano
tratto dal libro di Bassani che racconta l’emarginazione degli ebrei
italiani dopo le Leggi del ’38, ma anche la proposta sull’articolo 3
della Costituzione che sancisce il principio di uguaglianza. Due temi
che vanno insieme e che vanno onorati e rispettati”, spiegava Segre che
a Repubblica ricorda l’indifferenza di maestri e compagni di classe di
fronte alla sua espulsione da scuola. Un’indifferenza, sottolinea
Segre, ancora presente nella nostra società: “Anzi, adesso è più
colpevole. Allora non essere indifferenti era una scelta pericolosa
contro una dittatura, per questo onoro tantissimo gli antifascisti o
gli “Imi”, i militari italiani che hanno scelto di star nei campi
quando potevano trovarsi altrove. Oggi che non c’è scelta da fare, in
democrazia, essere indifferenti è più grave”. Tornando alle tracce
della Maturità, i giornali (Quotidiano Nazionale e Gazzetta del
Mezzogiorno) sottolineano le parole della Presidente dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni che ha parlato di “Una scelta
altamente significativa” in riferimento al brano su Bassani ma anche a
quello sulla Costituzione. La scrittrice e giornalista Lia Levi (Secolo
XIX), in corsa per il Premio Strega 2018, plaude alla scelta di usare
la letteratura per parlare del tema delle Leggi razziste: “Dal libro di
Bassani è tratta una scena incisiva e bellissima che vale più di
qualsiasi trattato storico. – scrive Levi – C’è un ragazzo ebreo, il
protagonista, da sempre frequentatore della Biblioteca di Ferrara che
poi, di colpo, riceve lo schiaffo di un’espulsione davanti al pubblico”.
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bassani alla maturità - i nipoti "Zio Giorgio, ottima scelta"
“Il
tema è attuale, terribilmente attuale. Trovo emozionante e
significativo che i nostri ragazzi abbiano potuto approfondirlo
attraverso le parole di zio Giorgio”.
Per Dora Liscia, storica dell’arte e docente all’Università degli studi
di Firenze, oltre che fondatrice del Museo ebraico di via Farini, lo
“zio Giorgio” è lo scrittore Giorgio Bassani. È di parte, non lo
nasconde, ma la scelta della traccia che ha portato il 18,5% dei
maturandi a confronto con le pagine del Giardino dei Finzi-Contini in
cui un singolo episodio di vita quotidiana svela la mostruosità delle
Leggi razziste, l’ha trovata “decisamente azzeccata”. Una scelta
appropriata perché, dice la studiosa a Pagine Ebraiche, “dal passato
sembrano emergere situazioni che potrebbero manifestarsi in un prossimo
futuro”.
È preoccupata, la professoressa. “Il mio timore è che i giovani non
abbiano sviluppato i necessari anticorpi nei confronti di questi temi.
Basta vedere la scarsa sensibilità verso il diverso che contamina la
nostra società ad ogni livello, persino istituzionale, il bullismo
imperante nei confronti dei più deboli, la violenza e l’odio che
serpeggiano negli stadi. La situazione – afferma – è molto pericolosa”.
Dice di parlare da una isola relativamente felice, la Toscana (“Ma
quanto durerà?”, si chiede). Quella Toscana cui lo “zio Giorgio” dedicò
alcune delle sue migliori energie. Come membro del Partito d’Azione nei
mesi della lotta clandestina al nazifascismo. Ma anche nel periodo che
trascorse molti anni dopo ad Antignano, quartiere di Livorno, dove una
intera estate lavorò alla stesura di alcuni capitoli del suo capolavoro.
“Emotivamente – racconta Liscia – fu una esperienza davvero intensa.
Non fu semplice, per lui, scrivere quel libro. Ero una ragazzina ma me
lo ricordo bene, il volto stravolto dalla fatica e dal nervosismo.
Resta però la sua testimonianza più riuscita e quella in cui emergono
insieme tutta la sua ebraicità e tutto il suo antifascismo”.
Anche il fratello David, attuale vicepresidente della Comunità ebraica
fiorentina, è felice per questa proposta. “Il brano della biblioteca –
afferma – è tra i più efficaci. Anche perché ha la capacità di rendere
in modo concreto l’infamia di quelle leggi, stimolando riflessioni
molto attuali. Si è parlato, negli scorsi giorni, di un possibile
censimento della popolazione rom. È bene saperlo. Certe cose, 80 anni
fa, sono già accadute”.
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qui milano - l'incontro 'Meis, una grande storia italiana'
Come
costruire una narrazione contemporanea, che spieghi efficacemente un
tema con radici così antiche come l’ebraismo? A chi rivolgersi? E
quanto può essere di supporto la tecnologia?
Domande impegnative, difficili, che il Museo Nazionale dell’Ebraismo
Italiano e della Shoah – MEIS si pone ogni giorno, sin da quando era
solo un progetto. E sulle risposte a quelle domande si sono misurati,
ieri sera a Milano, negli spazi di Rizzoli Galleria, Aldo Grasso, Gad
Lerner e Andrée Ruth Shammah, incalzati dal Direttore del Museo,
Simonetta Della Seta. Tema del talk, promosso dal MEIS in
collaborazione con Electa, “Ebrei, una storia italiana. Linguaggi e
narrazioni per parlarne”, ovvero quali parole, immagini e forme di
comunicazione per raccontare, oggi, oltre due millenni di ebraismo
italiano. Una vicenda di cui il Museo focalizza una porzione nel
percorso espositivo “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni”,
teso a far passare il messaggio, “sconosciuto ai più – come ha
sottolineato il Presidente del MEIS, Dario Disegni – che la presenza
ebraica nel nostro Paese è antichissima e di grande significato. In
modo originale, ponendo al centro non gli oggetti, che pure ci sono e
sono spesso straordinari, ma le persone e i contesti di cui sono
testimonianza, ne esce la storia di una minoranza che si è integrata
nella società italiana ma senza assimilarsi, mantenendo e sviluppando
la propria identità culturale e religiosa". Leggi
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Setirot
- I cattivisti
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Ho
sempre detestato la parola buonismo, perché significa assolutamente
nulla, e perché è diventata invece l’accusa preferita, usata fino alla
nausea, rivolta a chiunque sia inclusivo, cerchi una mediazione, non
giochi allo scontro a ogni costo, tenti di costruire ponti e non muri,
materiali o culturali che siano. Buonista (l’ho scritto più volte su
queste colonne) è un epiteto lanciato a mo’ di condanna con la violenza
e l’arroganza, l’aggressività a volte un poco squadrista di chi forse
non ha il coraggio di dirti in faccia ciò che pensa, ovvero che ai suoi
occhi sei di volta in volta (sovente tutto insieme) “comunista”, amico
del terrorismo, nemico, perfino antisemita, radical chic (altro
vocabolo privo di senso alcuno), intellettuale inteso come insulto etc
etc.
Stefano Jesurum Leggi
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In ascolto - Danny Elfman
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“L’elemento
che più mi lega all’appartenenza ebraica è la musica. Mi sono ritrovato
immerso nelle radici musicali russe ed est europee, mi sono
appassionato alla musica gipsy e ho scoperto che la differenza tra
questa e il klezmer è davvero minima. Sento affinità con la Russia
anche se non ci sono mai stato” ha dichiarato in un’intervista Danny
Elfman, celebre compositore attivo dal 1982 che ha firmato circa 80
colonne sonore, molte per film con la regia di Tim Burton, come Batman,
La fabbrica di cioccolato, La sposa cadavere ed Edward mani di forbice.
Maria Teresa Milano
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Demagogia e conformismo
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Korach
non è solo, come scrive Rav Jonathan Sacks, uno tra i primi populisti
della storia il quale, come ogni demagogo, si erge ad unico
rappresentante degli interessi del popolo, delegittimando le voci
altrui.
Intanto, Korach è un ribelle più vicino, più intimo degli esploratori, più di coloro che si sono costruiti il vitello d’oro.
Sara Valentina Di Palma
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