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 20 settembre 2018 - 11 Tishri 5779
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
La Torah dice: “Porgete orecchio, cieli”. Da questa espressione il Rebbe di Kotzk ricavava che ai richiami della Torà dobbiamo prestare un ascolto “celeste”. In che senso?
Parliamo spesso di “timore del Cielo”; non sarebbe meglio parlare di “timore di D.o”?
 
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Giorgio Berruto
Agrigento, Matera, Ferrara, oggi Torino (presso l’Archivio di Stato fino al 14 ottobre), poi Milano. Sono le tappe dell’itinerario italiano della mostra “Entire Life in a Package”, personale dell’artista israeliana Orna Ben Ami. Le opere di Orna sono composte da ferro saldato su scatti fotografici che riprendono chi lascia una casa e va via, migra: il materiale duro per definizione e l’attualità in presa diretta. In questo modo, sottolinea il curatore Ermanno Tedeschi, “pone in rilievo un elemento, una valigia o una bambola che richiamano alla forza e alla crudezza della fuga dal proprio paese e all’aspettativa per una nuova vita”.
 
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Le scuse dell’Accademia
Nel pomeriggio gli occhi di molti puntati su Pisa, dove è in programma la “cerimonia del ricordo e delle scuse” nel corso della quale l’intera accademia italiana ricorderà la cacciata di docenti e studenti ebrei dalle aule con l’entrata in vigore delle Leggi razziste.
“I nostri colleghi di allora obbedirono per fede politica, convinzione, quieto vivere, convenienza, viltà. Fu il culmine di un percorso che aveva visto la loro adesione plebiscitaria al Giuramento di fedeltà al fascismo del 1931” osserva il rettore dell’Università pisana Paolo Mancarella in una intervista con La Nazione. “Anche il Manifesto degli scienziati razzisti del ’38, dettato da Mussolini – aggiunge il rettore – fu firmato da alcuni docenti universitari. Per quelli espulsi non ci fu nessuna indignazione da parte dei colleghi. Come pure, dopo la Liberazione, docenti insigni furono reinsediati nelle cattedre da cui erano stati espulsi, ma solo affiancando e subordinandosi ai loro ‘successori’. Il nostro mondo ha quindi molte gravi colpe e conferma che le tragedie collettive si nutrono anche delle miserie e degli egoismi dei singoli”. Scrive Paolo Ermini, direttore del Corriere Fiorentino, in un editoriale: “La cerimonia sarà intensa. Ma ottant’anni sono tanti, troppi. E chi prenderà la parola a Pisa dovrà evitare toni ritualistici per fare rivivere con emozione quella tragedia e per parlare e farsi capire dai più giovani, sollecitando i loro scampoli di Memoria in un Paese che sembra conservarne pochissima.
In occasione della cerimonia Piergiorgio Odifreddi celebra, sul Fatto Quotidiano, la figura del matematico ebreo Vito Volterra. “Nel 1931 – scrive – il regime impose ai professori universitari un giuramento di fedeltà: Volterra fu uno dei 12 su 1250 (un centinaio dei quali ebrei) che rifiutarono di farlo, e perse la cattedra. La storia si ripeté nel 1934 per le accademie: Volterra fu uno dei 10 che non giurarono, e decadde da tutte le accademie di cui era membro, compresi i Lincei”.

Su 7 del Corriere protagonista dell’intervista del mese è Helena Janeczek, vincitrice dell’ultimo Premio Strega con il libro La ragazza con la Leica. Alla domanda “Cosa ti hanno passato i tuoi genitori?” la scrittrice risponde: “Avrebbero voluto proteggermi, non farmi arrivare nulla di ciò che hanno vissuto loro, scampati alla Shoah. Ma con un amore immenso, a volte schiacciante, mi hanno trasmesso il senso imminente del pericolo”.

Su Repubblica un intervento di Luca Bottura sull’insofferenza che alcuni intellettuali di destra, in primis Marcello Veneziani, proverebbero per il recente successo di libri centrati sul tema della Memoria. Scrive Bottura: “Ai tempi in cui sostava, debitamente lottizzato, al settimo piano di viale Mazzini, Veneziani si sarebbe vergognato di scrivere una cosa del genere. L’opportunità e un contesto sociale più vigile lo sconsigliavano. Se oggi se la sente, se vuole davvero comunicarci che ‘che due palle `sta Shoah’ è un concetto accettabile, è solo colpa nostra che gliel’abbiamo permesso”.
 
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  davar
pisa, la cerimonia del ricordo e delle scuse 
1938-2018, l'Università italiana
e il gesto per risarcire la storia

“Spettava a noi risarcire? Non so dirlo. C’è una cosa di cui ho certezza: noi siamo quelli venuti qui dopo coloro che, accecati, fecero del male alle vostre madri e ai vostri padri, ed è per questo che sentivamo di dovervi questo riconoscimento”.
Un lungo applauso saluta le parole del rettore dell’Università di Pisa Paolo Mancarella, che col suo intervento ha aperto la solenne “Cerimonia del ricordo e delle scuse” organizzata dall’ateneo pisano in collaborazione con la Scuola Normale Superiore, la Scuola Superiore Sant’Anna, la Scuola IMT Alti studi Lucca, affiancate in questo impegno da tutte le Università italiane, con l’apprezzamento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione dell’ottantesimo anniversario dalla promulgazione delle Leggi razziste da parte del fascismo.
Un momento alto di ricordo, riflessione e presa di coscienza sia storica che morale sull’infame cacciata di studenti e docenti ebrei dalle aule che guarda non soltanto al passato, alle sofferenze che furono inflitte ai singoli e all’intera collettività ebraica, ma anche e necessariamente al futuro, all’idea di società da costruire e difendere, condiviso sul palco del Cortile del Palazzo della Sapienza che ha visto riuniti rettori da tutto il paese, rappresentanti di istituzioni e leader ebraici, assieme alla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni.
“Nelle parole pronunciate – ha osservato la Presidente UCEI, raggiunta poi dal rettore per un simbolico abbraccio – ricerchiamo la consapevolezza che il chiedere scusa non ha un l’ingenuo fine riparatorio di quanto è svanito e cancellato e di quanto è stato orrendamente vissuto, ma il riconoscimento della distorta ragione, dell’indomita acquiescenza, della penetrante indifferenza, dell’aggravante che pesa sulla comunità dei dotti e degli scienziati per aver ideato quel manifesto e sottoscritte quelle idee, assieme ad una l’assunzione di responsabilità per il futuro e per le generazioni future di accademici e scienziati”.
Una targa a perenne memoria di quanto accaduto oggi è stata svelata al termine della cerimonia da Mancarella e Di Segni, come messaggio alle nuove generazioni e ai frequentatori dell’ateneo.
A riconoscere il particolare significato della cerimonia le parole della senatrice a vita Liliana Segre, intervenuta con un video messaggio.
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pisa, la cerimonia - la presidente ucei
Le scuse dell'Accademia italiana
"Un messaggio da tener vivo”

Magnifico Rettore Mancarella, Illustre Presidente Crui Manfredi, Ambasciatore Sachs, Rav Arbib, Autorità, illustri ospiti
Oggi, in questo Ateneo, dinanzi a noi – rappresentanti delle comunità ebraiche in Italia – con emozione e solennità sono state pronunciate parole e riflessioni importanti che abbiamo ascoltato con il cuore e con la mente.
È la parola “legge” con il suo perché sociale, la sua forza vincolante e la sua funzione essenziale di tutela e di regolazione dello spazio relazionale, al centro della nostra riflessione. Com’è potuto accadere nel ’38 che un insieme di provvedimenti voluti e votati da esseri umani – a ciò delegati in rappresentanza del popolo – siano divenuti strumento che normalizzava un antico odio, ordinandone l’attuazione in ogni ambito dell’essere e per ogni avere? Perché dire no alla legge era più giusto che dire sì e sulla base di quale principio più alto invocare giustizia?
Appena ieri è terminata la festività del Kippur, giorno dedicato all’introspezione e all’espiazione, riflettendo sulle nostre colpe e riaffermando propositi per l’anno a venire, riunendosi e recitando preghiere tramandate da secoli di padre in figlio. Abbiamo più volte nel corso della giornata ribadito – sia al singolare che al plurale – sia rivolgendoci a D-o sia al prossimo – che non siamo stati capaci di rispettare la legge, di riconoscere verità, di respingere maldicenza e superbia. I nostri torti nascono dalla inosservanza delle norme (divine) e non dall’obbedienza, ed invero il tema del perdono è complesso, intreccia rigore, libero arbitrio, coerenza, aspettative e speranze di cambiamenti.
La nostra generazione ha ricevuto da chi ha vissuto l’esclusione – allora studenti o docenti – un messaggio ed una missiva che non ha carattere di rivendicazione o restituzione di odio ma di vigilanza e rispetto della libertà e del riconoscimento dell’altro, “altro” che è “noi” società italiana, e di partecipazione alla ricostruzione e allo sviluppo culturale ed accademico del paese e dell’Europa.

Noemi Di Segni,
Presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
 
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pisa, la cerimonia - il rettore dell'Università
Le scuse dell'Accademia italiana
“Riconoscimento doveroso”

Ci sono giorni in cui è bene che il presente incontri il passato, oggi abbiamo voluto che fosse uno di questi.
Qui, molti anni fa, sono avvenute cose che non sarebbero mai dovute accadere. E noi vogliamo ricordarlo. Ci sono vite che, a partire da questo luogo, sono state sospese, stravolte, distrutte. Diremo di loro e di quel che accadde. Anche altrove, anche ad altri, anche prima, anche dopo, con la speranza che questo non succeda mai più.
Nel 1938 il fascismo varò le leggi di persecuzione degli ebrei, e la burocrazia statale, obbediente, agì con sorprendente efficienza. Con un formulario dettagliato – albero genealogico, parentele, indirizzo, proprietà, conto corrente – si procedette al “censimento” dei 47 mila italiani ebrei e degli oltre 10 mila stranieri ebrei residenti in Italia. Gli elenchi vennero tenuti aggiornati, cosicché, cinque anni dopo, nel 1943, gli occupanti nazisti, con l’ausilio zelante dei funzionari di Salò, poterono andare a colpo sicuro, deportarne più di 8.000 e ucciderne 7.172.
Settemila-cento-settantadue esseri umani.
Fu a due passi da noi, nella tenuta di San Rossore, – tradizionale residenza estiva di Casa Savoia – che, ottant’anni fa, Vittorio Emanuele III firmò il primo provvedimento antisemita voluto dal regime fascista: il regio decreto legge n. 1390. Si trattava di sette brevi articoli.
Usando la formula “sospensione del servizio” si stabiliva che – assieme a studenti, presidi, insegnanti, di tutte le “scuole del regno” – fossero espulsi dalle università: professori, assistenti, aiuti e liberi docenti. Si precluse, inoltre, agli studenti ebrei di iscriversi per quello e per i successivi sei anni.
I “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista” colpivano il settore che più di ogni altro rende un paese libero: quello della formazione, dell’educazione e della ricerca.
La politica antiebraica perseguita dal fascismo nella scuola e nell’università risultò persino più drastica delle misure adottate dalla Germania hitleriana e dal governo della Francia di Vichy. Quel decreto fu applicato, senza eccezioni, dai rettori di tutti gli atenei italiani: i rettori obbedirono.

Paolo Mancarella, rettore Università di Pisa
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milano e rovereto, le mostre sulla sarfatti
Margherita, signora Novecento
“Raccontare Margherita Sarfatti con uno sguardo contemporaneo, con una visione circolare, capace di cogliere le mille sfaccettature   e contraddizioni di una personalità articolata, potente e sensibile ma anche fragile in un contesto storico segnato da un lato dal mito della modernità, dal culto dell'innovazione  e dall'altro dalle tragedie delle leggi razziali e di due guerre mondiali, è un compito complesso se si vuole cercare una lettura approfondita senza cadere in stereotipi”. Le parole di Anna Maria Montaldo, direttrice del Museo del Novecento di Milano spiegano con chiarezza la difficoltà e il lavoro dietro alle due mostre dedicate alla figura di Margherita Sarfatti che dal 21 settembre al 24 febbraio saranno ospitate proprio al Museo del Novecento e al Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Presentate nelle scorse ore a Milano, le due mostra raccontano un personaggio eclettico e originale come Margherita Sarfatti, e le restituiscono il ruolo di protagonista del mondo culturale dello scorso secolo, come raccontato da Ada Treves su Pagine Ebraiche di settembre.

"Raccontiamo una straordinaria artefice d’arte e cultura e una stagione complessa della nostra storia nazionale ed europea: un Novecento che ha prodotto allo stesso tempo innovazioni straordinarie e pericolose regressioni storiche". È così che il sindaco Giuseppe Sala presenta "Margherita Sarfatti. Segni, colori e luci a Milano" la mostra che aprirà il 21 settembre al Museo del Novecento, in parallelo con "Margherita Sarfatti. Il Novecento Italiano nel mondo", che il giorno successivo accoglierà i visitatori al Mart, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Due ritratti di una donna aperta e libera, capace di dare slancio al nuovo in tanti e diversi campi dell’arte, raccontata seguendo due direttrici: a Milano, il suo rapporto con la città dove si trasferisce nel 1902, e la sua capacità di internazionalizzare l’arte nazionale, e a Rovereto, dove la mostra si concentra sulle mostre di Novecento Italiano che promosse all’estero, a partire dal 1926, la connessione con le avanguardie europee".

Ada Treves, Pagine Ebraiche Settembre 2018
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Bilancio Sociale 8 / Politica e valori
Rispetto dei diritti, lotta attuale
I mesi alle spalle sono stati caratterizzati da un forte impegno pubblico dell'Unione in difesa dei valori che sono patrimonio inalienabile di una società progredita come quella italiana. E quindi rispetto della dignità umana, delle diversità, della legalità. Si è chiesta la Presidente UCEI Noemi Di Segni in occasione dell'80esimo anniversario dalla pubblicazione della rivista fascista La difesa della razza: "Quanto si è radicato nella cultura della nostra società, italiana ed europea, il rispetto per il diritto alla vita, della dignità umana, dell’uguaglianza degli esseri umani non solo dinanzi alla legge ma anche dinanzi agli uomini? Alla luce di quanto viviamo oggi, con il crescente manifestarsi di atti di intolleranza razziale, odio e pericolosa radicalizzazione, purtroppo alimentati e legittimati anche da esponenti delle istituzioni, questo percorso appare incompiuto e ancor più faticoso". Una sfida che ha in Liliana Segre, la Testimone della Shoah nominata in gennaio senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un punto di riferimento.
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la rassegna nella città toscana
“Livorno ebraica, un Festival
per raccontarci alla città”

“Una Comunità attiva e vivace, pronta a confrontarsi anche su un piano culturale. Una grande storia alle spalle, ma anche un presente fatto di identità, tradizione e proposte rivolte all’insieme della collettività. Questa è l’immagine che vogliamo trasmettere”.
Il Festival della Livorno ebraica, che ha preso avvio negli scorsi giorni e che si concluderà il 28 ottobre, è per Vittorio Mosseri, che della Comunità è il presidente e che ha particolarmente a cuore questa iniziative, “un’opportunità di conoscenza davvero speciale”.
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festival del cinema di roma
"Coniugi Mistruzzi, Giusti
a cui saremo sempre grati"

Sotto il nazifascismo non esitarono a mettere a rischio la propria vita pur di salvarne quella di ebrei perseguitati dal regime. Per questo, su iniziativa della fiumana Lea Polgar, che aveva 10 anni nel drammatico autunno del ’43 e che fu amorevolmente accolta in casa loro, Aurelio Mistruzzi e Melania Yaiteles sono dal 2007 “Giusti tra le nazioni”.
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qui torino
Renzo Guidieri (1943-2018)
Ultimo saluto nelle scorse ore al cimitero ebraico di Torino a Renzo Guidieri, amministratore delegato di Bollati Boringhieri, di cui era stato direttore editoriale fino a pochi mesi fa. “Abbiamo combattuto assieme tante battaglie, salvato aziende, posti di lavoro e libri. È stato sempre, fino all'ultimo, il soldato che tutti abbiamo imparato a conoscere e apprezzare. Uno sul quale si poteva mettere la mano sul fuoco" ha detto Stefano Mauri, presidente di GeMS e di Bollati Boringhieri.
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antisemitismo
Minacce antisemite, al Quirinale
una petizione con 700 firme

In luglio una lettera di minacce, con intimidazioni a sfondo antisemita, era stata recapitata per posta nella sede dell’associazione culturale Arte in Memoria. Destinataria la sua presidente Adachiara Zevi, che è promotrice del progetto Memorie d’inciampo a Roma e della biennale di arte contemporanea Arte in Memoria nella sinagoga di Ostia Antica. Da quell’iniziativa è scaturita in risposta una petizione di solidarietà, che ha raggiunto 700 firme.
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  pilpul
Setirot - Conti con il passato
Perché credo profondamente che Kippur sia un giorno – o meglio un processo, un percorso – assolutamente universale? Perché significa fare, davvero, i conti con il proprio passato.

Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - L'elegia di rav Kara
Siamo giunti al termine del tempo scandito dalle selichot, i testi poetici di supplica con cui si invocano la misericordia e il perdono e che mettono al centro i tredici attributi della misericordia di Dio (Esodo 34, 6-7). Si tratta di componimenti dalla storia complessa, a cui hanno contribuito i saggi di Babilonia, i talmudisti e i payyetanim (autori di eleganti e raffinati poemi liturgici) più o meno celebri, tra cui anche Yehudah Halevi e Shlomo Ibn Gabirol.
Tra questi vi è Avigdor Kara (XIV – XV sec.) rabbino, studioso di Talmud, cabalista e poeta che “conosceva la dolcezza dei canti”, come recita il suo epitaffio nel cimitero di Praga.


Maria Teresa Milano
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Padri e figli
"Possiate essere meritevoli di vivere molti anni, voi figli e padri qui riuniti, con gaudio ed esultanza, in quest'ora di chiusura delle preghiere. Dio che sei temibile nelle Tue opere! Facci conseguire l'assoluzione in quest'ora di chiusura delle preghiere", abbiamo cantato all'inizio di Ne'ilà in chiusura di questo Yom HaKippurum.

Sara Valentina Di Palma
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Porta Pia, simbolo di laicità
A 148 anni da quella breccia che liberò Roma aprendole la strada al divenire capitale e che schiuse, finalmente, le porte del ghetto romano, l'evento storico legato a Porta Pia , assurto a simbolo della Laicità dello Stato (ancora lontana dall'essere pienamente realizzata nonostante le previsioni costituzionali), è ben lungi dall'essere mera rievocazione storica per "nostalgici".

Gadi Polacco
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