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 5 Ottobre 2018 - 26 Tishri 5779
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Alberto Sermoneta, rabbino capo
di Bologna
“Vajhì erev vajhì boker – E fu sera e fu mattina”.
Spesso i nostri Maestri si sono chiesti il motivo per cui è citata prima la sera – le tenebre, che la mattina – la luce.
Moltissime sono le risposte che sono state date a questo quesito.
Il buio è normalmente indicato come la sofferenza dell’uomo, o per lo meno come la mancanza delle agevolezze nella vita; la luce è invece il simbolo del godimento e del benessere.
Per apprezzare il bene è fondamentale conoscere la sofferenza. È impossibile apprezzare, anche la più piccola cosa, senza averne assaporato la sua mancanza.

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Gadi
Luzzatto
Voghera,
direttore
Fondazione CDEC
In poco più di un’ora di dibattito parlamentare la Camera dei Deputati di questo Paese – mi si consenta, al di là della retorica, un Grande Paese – ha dimostrato di avere raggiunto un livello di maturità politica e culturale che a leggere le cronache giornalistiche e gli scambi di messaggi twitter sembrerebbe impensabile. La discussione, con l’approvazione del governo, di quattro mozioni che in maniera diversa impegnano il Parlamento a lavorare attivamente nella lotta all’antisemitismo è stata – con diversi accenti sui quali si può o meno concordare – di alto livello. E non stona neppure un po’, in questo contesto, il richiamo che l’onorevole Sgarbi ha voluto proporre
 
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L'intervista a Sinwar
Anticipata ieri con alcuni stralci pubblicati in rete, l’intervista di Yedioth Ahronoth e Repubblica a Yahya Sinwar, leader di Hamas a Gaza, è oggi pubblicata su carta. “Basta guerre, è ora di cambiare” afferma il terrorista, condannato in Israele a quattro ergastoli per omicidio e rilasciato nel quadro dell’operazione che ha portato alla liberazione di Gilad Shalit. Una intervista che in Israele ha aperto un significativo confronto, anche all'interno di ambienti giornalistici, sull'opportunità o meno di intervistare il capo di una formazione che nel suo Statuto afferma principi quali l'uccisione e l'annientamento di ogni ebreo.
“La verità – sostiene Sinwar – è che una nuova guerra non è nell’interesse di nessuno. Di certo, non è nel nostro: chi ha voglia di fronteggiare una potenza nucleare con due fionde? E però, se è vero che non possiamo vincere, per Netanyahu vincere sarebbe anche peggio che perdere. Perché questa sarebbe la quarta guerra. Non può concludersi come la terza, che già si è conclusa come la seconda, che già si è conclusa come la prima. Dovrebbero riconquistare Gaza. E non penso che Netanyahu, che sta già tentando di tutto per sbarazzarsi dei palestinesi della West Bank, e mantenere una maggioranza ebraica, desideri altri due milioni di arabi. No. Con la guerra non si ottiene niente”. Naturalmente Sinwar declina ogni responsabilità sulla difficile situazione della popolazione di Gaza, ostaggio da anni di Hamas: “La responsabilità – dice – è di chi ha chiuso i confini, non di chi ha provato a riaprirli. La mia responsabilità è cooperare con chiunque possa aiutarci e mi riferisco soprattutto alla comunità internazionale”.
La Stampa parla di “intervista senza precedenti”. Sul fronte però, si legge ancora, “il livello di allerta dell’esercito israeliano continua ad aumentare”. Repubblica riporta una dichiarazione di Gadi Eisenkot, il generale a capo dell’esercito israeliano, che ieri ha affermato: “Ho ordinato di rafforzare le forze lungo il confine di Gaza prima che ci sia un’altra esplosiva protesta orchestrata da Hamas. Le fortificazioni serviranno a sventare l’attività terroristica e prevenire infiltrazioni in Israele”.
Sul Giornale Fiamma Nirenstein invita a una diversa interpretazione delle parole di Sinwar: “Certo, pace! Hamas adesso vuole la pace, anzi, lo annuncia Yahya Sinwar, il suo capo. Lo fa in un’intervista a Repubblica che in realtà è poi Yediot Aharonot, giornale popolare israeliano, che l’ha pubblicata. Lui nega di averlo saputo, ma è chiaro: l’intervista è un messaggio politico a Israele che non contiene promesse di pace, ma semmai una minaccia di guerra”.
 
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  davar
genova città capofila
La Giornata della speranza
Torna domenica 14 ottobre l’appuntamento con la Giornata Europea della Cultura Ebraica, la manifestazione che invita a conoscere e approfondire storia, tradizioni e cultura di una minoranza presente nel Paese da oltre duemila anni.
Coordinata e promossa in Italia dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e giunta alla diciannovesima edizione, la Giornata propone anche quest’anno un fitto programma di iniziative, ancor più diffuse sul territorio.
Ottantasette le località, grandi o piccole, distribuite in quindici regioni italiane, che aderiscono alla manifestazione e nelle quali si svolgeranno centinaia di attività tra visite guidate a sinagoghe, musei e quartieri ebraici, concerti e mostre d’arte, spettacoli teatrali e incontri di approfondimento, eventi per bambini e assaggi di cucina kasher.
Città capofila, e luogo dove si inaugura ufficialmente la manifestazione, è quest’anno Genova.
Una scelta avvenuta prima dell’estate e della tragedia del crollo del Ponte Morandi, e che viene oggi confermata, nell’intenzione di lanciare un messaggio positivo, di fiducia.
Spiega Ariel Dello Strologo, presidente della Comunità ebraica genovese: “A seguito della tragedia del 14 agosto, ci siamo interrogati sull’opportunità di confermare la designazione di Genova come capofila della Giornata Europea della Cultura Ebraica del prossimo 14 ottobre, ruolo deciso dall’UCEI prima dell’estate. Ci siamo confrontati con la Presidente dell’UCEI e con le autorità locali e abbiamo convenuto di mantenere il programma così come era stato pensato”. Un ulteriore segnale, aggiunge, della generale volontà dei genovesi di reagire, costruttivamente, alla tragedia che ci ha colpito quest’estate, con iniziative e progetti che confermino la vitalità di una città che non vuole dichiararsi sconfitta. “La manifestazione – afferma Dello Strologo – sarà anche l’occasione per l’ebraismo italiano di portare solidarietà alle famiglie di coloro che hanno subito direttamente le conseguenze della tragedia, e per un momento di preghiera in ricordo di chi ha perso la vita in quelle drammatiche circostanze.
 Ci auguriamo che la Giornata del 14 ottobre possa quindi essere un’occasione di riflessione e approfondimento e un segnale di speranza e di fiducia.”
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la solenne commemorazione
"Carabinieri romani deportati,

una memoria da onorare"
Oltre duemila furono catturati e inviati come prigionieri nei campi. Seicento circa non fecero ritorno a casa.
La deportazione dei carabinieri romani avallata dal maresciallo Graziani in persona è una vergogna a lungo rimossa, riscoperta soltanto di recente grazie al lavoro di alcuni storici. Il preludio al successivo rastrellamento antiebraico avvenuto all’alba del 16 ottobre. Con l’arresto dei carabinieri i nazisti rimossero infatti un potenziale inciampo, forse il più significativo, ai loro piani persecutori.
“A 75 anni da allora siamo qui riuniti per ricordare fatti a lungo passati nell’oblio. Un oblio da superare nel nome della correttezza storica e della coerenza intellettuale” ha sottolineato il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Giovanni Nistri nel corso della solenne commemorazione, avvenuta presso la caserma O. De Tommaso, con al fianco tra gli altri la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, il rabbino capo rav Riccardo Di Segni (che ha letto il salmo 130) e Gianni Zarfati, coordinatore nazionale per la sicurezza delle Comunità ebraiche italiane.
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la cerimonia
Piangipane, onore alla Brigata
“Una cerimonia che rappresenta un’altra pietra miliare in questo 2018. Un anno che, al di là di ogni dubbio, può essere considerato eccezionale nei rapporti tra Italia e Israele perché ha segnato i 70 anni dalla Dichiarazione d’indipendenza israeliana e i 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana”. Sono le parole con cui l’ambasciatore italiano in Israele Gianluigi Benedetti ha celebrato mercoledì scorso la consegna della medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza ai reduci della Brigata ebraica, gli oltre 5mila volontari giunti dall’allora Palestina mandataria per liberare l’Italia dal nazifascismo. Il primo emozionante atto di un pubblico e solenne riconoscimento che avrà conclusione giovedì 18 ottobre a Piangipane, nel cimitero alleato in provincia di Ravenna dove riposano i caduti della Brigata e dove da diverso tempo il loro tributo è annualmente ricordato con una commemorazione.
L’iniziativa, in programma alle 11.30, è organizzata in collaborazione tra Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Comunità ebraica di Ferrara, Ambasciata d’Israele in Italia, Associazione nazionale reduci della Friuli e Comune di Ravenna. All’evento parteciperanno autorità civili e militari.

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l'incontro con mattarella
Talmud, anche il trattato Ta'anìt

consegnato al Quirinale
“Un’altra tappa della grande opera”. Così si è espresso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella accogliendo in visita al Quirinale il presidente del consorzio Progetto Traduzione Talmud Babilonese rav Riccardo Di Segni, con la professoressa Clelia Piperno e il rav Gianfranco Di Segni, rispettivamente amministratore delegato e coordinatore della traduzione, che gli hanno consegnato in dono una copia del trattato Berakhòt uscito nel 2017 e del terzo trattato Ta’anìt (Digiuno) in uscita a fine ottobre. Ad accompagnarli il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti.
Viene spiegato nella presentazione a Ta’anìt, la cui traduzione è stata curata da rav Michael Ascoli nel solco del protocollo d’intesa firmato nel 2011 da Presidenza del Consiglio dei Ministri, MIUR, CNR e Unione Comunità Ebraiche Italiane – Collegio Rabbinico Italiano (UCEI-CRI): “Il digiuno, come forma rituale ebraica, esprime la contrizione di fronte a una disgrazia che ha colpito o minaccia di colpire la collettività o un singolo. È uno strumento di teshuvà, di pentimento, di ritorno al Signore. Con ciò, l’uomo sancisce che quanto avviene non è casuale, bensì opera di Dio e conseguenza delle nostre azioni”.
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qui roma - la proiezione
1938, ricordi sul grande schermo
Le vicende che portarono dalle leggi antiebraiche alla deportazione degli ebrei italiani attraverso cinque storie raccontate in gran parte dai diretti protagonisti.
A proporle è “1938 – Quando scoprimmo di non essere più italiani”, film documentario di Pietro Suber con consulenza storica di Amedeo Osti Guerrazzi.
Il documentario, una produzione Blue Film con Rai Cinema in associazione con Istituto Luce – Cinecittà realizzata da Bruno Tribbioli, Alessandro Bonifazi e Dario Coen, sarà proiettato in prima assoluta lunedì 15 ottobre alle 21 al Cinema Multisala Barberini.
Un evento speciale organizzato in occasione della prossima Festa del Cinema di Roma, cui è possibile partecipare registrandosi qui: invitiLuce@cinecittaluce.it
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qui torino - il libro di scurati 
"Vi spiego il regime fascista"
Un’imponente lettera nera puntata. Questa la copertina del nuovo libro di Antonio Scurati, M. Il figlio del secolo, edito da Bompiani e presentato nelle sale del Circolo dei lettori di Torino. Più di ottocento pagine compongono quello che sarà il primo volume di tre opere su Mussolini e il fascismo, declinate nella formula romanzo-documentario. Principale intento dell’autore è raccontare questa parte della storia come non era mai stata raccontata: in maniera equanime, servendosi di fonti antifasciste, come fasciste: “La letteratura non può raccontare anteponendo un giudizio storico, un filtro politologico, altrimenti si fa ideologia”. “Raccontare la storia vuol dire ricostruire quello che è stato, dopodiché mi definisco antifascista”, commenta Scurati.


Alice Fubini
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qui torino - l'anniversario 
Anna, 90 anni di impegno
Novanta anni in sukkà. Un pranzo nel cortile della scuola ebraica di Torino, dove ogni anno è allestita la capanna per la festa di Sukkot. Questa la scelta colta con entusiasmo sia dalla festeggiata, Anna Vitale – figura attiva nel panorama ebraico torinese, emigrata in Argentina da bambina nel febbraio del 1939, poi tornata in età adulta in Italia, che oltre a rivestire la carica di vicepresidente della comunità ebraica di Torino, è stata la prima presidente dell’Archivio Terracini, nato nel 1973, come Associazione, sulla base di un lascito di manoscritti ed edizioni rare del glottologo Benvenuto Terracini – sia da amici e parenti per celebrare in modo non convenzionale una rilevante cifra tonda.


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pilpul
Imprevedibile e influenzabile
Ogni tanto, ciclicamente, ci si trova a discutere sul futuro della Comunità. Un confronto aperto tra diverse visioni e opinioni è sempre salutare e interessante, anche se non propriamente originale: fin da quando ero ragazzina sento sempre gli stessi discorsi (siamo in crisi, siamo senza soldi, il numero degli iscritti sta calando, i giovani non frequentano, molte persone si vedono solo a Kippur, ecc.), eppure in qualche modo siamo ancora qui. Il mio relativo scetticismo sulla nostra reale possibilità di pianificare il futuro è dato anche dalla quantità di circostanze che non dipendono da noi e dalla nostra capacità di progettazione: diffusione dell’antisemitismo, possibilità di trovare lavoro, dittature, guerre e antisemitismo in altri paesi (a questo proposito dobbiamo riconoscere che il calo degli iscritti qui da noi può essere considerato in parte un buon segno perché significa che in linea di massima non ci sono oggi nel mondo nuove situazioni da cui gli ebrei sentano la necessità di fuggire in massa verso l’Italia).
È sconcertante provare a pensare quante cose potrebbero mutare all’improvviso in modo del tutto imprevedibile e indipendente dalla nostra volontà.


Anna Segre, insegnante
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Due Italie in conflitto
Tra i rari post e interventi da parte dei politici nostrani in merito all’ottantesimo anniversario delle Leggi razziste ho trovato per caso, sulla sua pagina Facebook, quello del presidente della camera Roberto Fico. Il video di un incontro istituzionale alla Camera di Commercio per discutere sull’argomento dove sono intervenuti anche la sindaca di Roma Virginia Raggi, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello.
Naturalmente come ormai è normalità sui social quando un personaggio pubblico affronta argomenti legati al ventennio, al razzismo, agli ebrei o altre questioni, come quella medio-orientale, i commenti dei soliti imbecilli non si sono fatti attendere. Senza neppure il bisogno di trascriverli tutti, la sostanza è sempre “ancora a parlare di questo, ci sono problemi peggiori”. Gli altri invece hanno tagliato corto e gli hanno dato direttamente del “comunista infame”. Forse è tempo sprecato continuare a scrivere a proposito dell’odio sul web e della demenza digitale, riportando come talvolta fa il sottoscritto persino i commenti.

Francesco Moises Bassano
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Israele a Genova
Complimenti al Festival di Genova per la coraggiosa scelta di aver invitato Israele come Paese ospite per la XVI edizione di questo evento molto bello e di grande successo, che sa rivolgersi con voce autorevole ma sempre con brio a un pubblico formato in buona parte da ragazzi, giovani e non addetti ai lavori – e anche moltissimi bambini che scorrazzano liberi per le mostre, i laboratori, gli stand.
Coraggiosa non è una parola scelta a caso. In questa epoca di boicottaggio di Israele, in cui accademici e istituzioni in tutto il mondo rifiutano di collaborare con Israele e di ospitare scienziati israeliani, il gesto di Genova va apprezzato aldilà della sua doverosità scientifica – il tema del Festival è Cambiamenti, anche e soprattutto nell’accezione tecnologica, e quale Paese meglio di Israele la rappresenta? Eppure non sono mancate le perplessità, anche all’interno del Comitato.


Viviana Kasam
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