Alberto Sermoneta, rabbino
|
"E
Giacobbe visse diciassette anni nella terra d'Egitto..." Con questa
parashà si conclude il primo libro della Torah: Bereshit. Nella parashà
di va jeshev, letta alcuni sabati fa, ci viene narrata la storia e le
vicende di Giuseppe, il quale a diciassette anni, a causa dell'invidia
dei suoi fratelli, fu venduto in Egitto.
Proprio nel commentare quella parashà, Rashì dice che la figura di
Giuseppe rispecchia quella di suo padre poiché tutto ciò che accadde a
Giacobbe sarebbe accaduto a Giuseppe.
|
|
Leggi
|
Gadi
Luzzatto
Voghera, direttore
Fondazione CDEC
|
Sulla
rassegna stampa di oggi appare come notiziola nascosta. Ma dovrebbe
essere valorizzata. Parlo della squalifica e della multa imposta a
tutta la squadra Under 15 della Juventus per aver intonato cori
razzisti negli spogliatoi dopo una partita con il Napoli. Se i
tribunali sportivi e non si muovessero con la stessa tempestività
ovunque, di certo la lotta al razzismo sarebbe più efficace.
|
|
|
Ritiro Siria, la scelta Usa
mette in crisi gli alleati
|
L’annuncio
del Presidente Usa Donald Trump di voler lasciare la Siria sta
generando diverse difficoltà agli alleati americani nell’area
mediorientale. Una scelta non concordata con il capo del Pentagono, il
generale James Mattis, che per protesta si è dimesso. “Poiché lei ha il
diritto di avere un Segretario alla Difesa le cui visioni siano meglio
allineate con le vostre su queste e altre materie, credo che per me sia
giusto lasciare l’incarico”, la lettera di dimissioni di Mattis a
Trump, riportata dal Corriere. Secondo La Stampa, la mossa del
presidente Usa vista dagli alleati fa crollare “l’intera linea per il
Medio Oriente concordata con Washington, senza la proposta di un piano
B per combattere l’Isis, contenere l’Iran, e impedire alla Russia di
prendersi il Paese. Il timore ora è che Trump faccia lo stesso in
Afghanistan, aprendo la porta anche alla resurrezione dei talebani e di
Al Qaeda”. Tra i paesi più preoccupati, Israele che considera la
presenza dell’Iran in Siria come una minaccia esistenziale. “Gli Usa
rispondono che terranno a bada gli ayatollah con altri mezzi, ad
esempio le sanzioni, – spiega La Stampa – ma non è facile capire come
potranno spiegare allo Stato ebraico la logica del ritiro, che lascia
un vuoto militare dove presumibilmente si piazzeranno Hezbollah e la
Guardia rivoluzionaria”. Il Foglio definisce la scelta di Trump come un
regalo all’Iran: “il ritiro americano dalla Siria è un regalo agli
ayatollah che nella loro politica espansionistica ambiscono a un
vassallaggio completo della terra siriana, mentre (ri)trasformano il
sud del Libano in una piattaforma di lancio di missili contro Israele
ed estendono la loro influenza sul governo iracheno”.
Libano, minacce dal sottosuolo. Accompagnati dai soldati dell’Unifil,
diversi giornalisti internazionali hanno raccontato in questi giorni (e
ripreso) i tunnel scavati da Hezbollah per infiltrarsi in territorio
israeliano. “Potrebbero essere stati scavati molti anni fa. Ciò
potrebbe significare che oggi sono in disuso e l’allarme sarebbe
limitato, se non nullo. Ma potrebbero anche essere armi dormienti,
pronte all’uso quando necessarie, gallerie d’attacco potenziali Vanno
scoperte, valutate per capire se davvero attraversano la Blue Line (la
linea di divisione tra i due Paesi, ndr) verso Israele e chiuse. Ci
attendiamo risposte convincenti dalle autorità militari libanesi”, le
dichiarazioni raccolte dal Corriere di Stefano Del Col, il generale
italiano che comanda i circa 10.500 effettivi del contingente delle
Nazioni Unite (Unifil) nel Libano del sud. Per Israele, i tunnel
sarebbero la prova che Hezbollah starebbe preparando un’altra
offensiva. “Non è però d’accordo il 62enne Hassan Dabuk, dal 2010
sindaco di Tiro e massimo rappresentante politico sciita locale”,
scrive il Corriere dal suo reportage sul confine libanese: “Non vedo
alcun segnale di guerra imminente. Qui siamo tutti concentrati sulla
ricostruzione. Hezbollah sa bene che verrebbe messo all’indice dalla
sua gente se causasse un’altra ondata di distruzioni”. Intanto Israele
continua al di là del confine nella sua operazione per mettere in
sicurezza l’area e distruggere i tunnel del movimento terroristico
libanese (Repubblica).
| |
Leggi
|
|
|
il trapianto record di reni in israele
La catena dell'altruismo
“In
Israele c'è un gruppo interconnesso di persone che, solo fino a poco
tempo fa, erano completamente estranee, ma che ora sono collegate
'organicamente' dopo un'operazione senza precedenti, in cui quattro
donatori hanno condiviso uno dei loro reni con quattro riceventi che ne
avevano disperatamente bisogno, salvando loro la vita”. A raccontare il
complicato trapianto incrociato (un record) eseguito dai medici del
Beilinson Hospital di Petah Tikva il quotidiano Yedioth Ahronoth:
quattro reni sono stati trapiantati simultaneamente a quattro diversi
pazienti nell'arco di 48 ore. “La catena di trapianti è stata
facilitata da Matnat Chaim, una no profit israeliana che si
dedica a incoraggiare volontari sani a donare reni a pazienti che
necessitano di un trapianto. - racconta il quotidiano -
L'organizzazione, che ad oggi ha già facilitato 626 trapianti, è stata
fondata nel 2007 dal rabbino Yeshayahu Heber dopo che si era trovato
lui stesso ad aver bisogno di un rene, a dover trovare un donatore e
poi ad aiutare altri che si trovavano nella stessa situazione”.
La catena di donatori è iniziata grazie a Benjamin – che ha compiuto il
gesto per semplice altruismo - che ha donato a un uomo di nome Lee un
suo rene. Yardena, compagna di Lee, a sua volta l'ha donato a Leah, il
cui figlio, Yonatan, lo ha donato a Suheib. La madre di Suheib, Maison,
ha poi dato a Gil, che doveva essere la destinataria originale del rene
di Benjamin. Il gesto altruistico di quest'ultimo è stato dunque
fondamentale. Leggi
|
Attenti al PTOF |
Il
Piano Triennale dell’Offerta Formativa (triennale si fa per dire, dato
che sono previsti aggiornamenti annuali), che ogni scuola è tenuta a
compilare, è un’incombenza che turba il sonno di molti insegnanti e
dirigenti scolastici. Difficile dire quanto sia effettivamente utile;
personalmente non conosco nessun genitore che abbia scelto la scuola
per i propri figli in base al PTOF, ma certo non conosco tutti i
genitori d’Italia.
Come nasce un PTOF? Prima di tutto, il principio generale per cui il
tempo che in una riunione viene dedicato a ciascun argomento è
inversamente proporzionale all’importanza dell’argomento stesso si
combina con un altro principio generale secondo il quale un argomento
che appare importante a noi sicuramente sembrerà trascurabile a qualcun
altro e viceversa.
Anna Segre, insegnante
Leggi
|
Gli effetti delle nostre azioni |
Nel
midrash Vayiqra Rabbah è raccontato “di alcune persone che si trovano a
bordo di una nave. Una di esse prese un trapano e cominciò a fare un
buco sotto di sé. Gli altri passeggeri gli dissero: ‘Cosa stai
facendo?’ ‘Che ve ne importa? Non sto forse facendo il buco – egli
rispose – sotto il mio sedile?’ E loro: ‘Ma l’acqua entrerà e ci
annegherà tutti!’” (IV, 6).
Troppo spesso dimentichiamo quanto le azioni di una singola persona
attuate per i propri scopi, potrebbero finire per ricadere non solo su
di noi, ma anche sul nostro vicino o sul resto dell’intera umanità.
Francesco Moises Bassano
Leggi
|
Gli ebrei e il mondo arabo |
Sono
già comparse su Moked due brevi note, entrambe di Marco Di Porto, sui
recenti volumi di Georges Bensoussan Gli ebrei del mondo arabo.
L’argomento proibito (20/11/2018) e di Vittorio Robiati Bendaud La
stella e la mezzaluna. Breve storia degli ebrei nei domini dell’Islam
(13/11/2018), e tuttavia appare opportuno tornare sui due lavori, per
una riflessione che parta dalla domanda sulle ragioni della quasi
contemporanea pubblicazione dei due lavori, a quasi trenta anni di
distanza dalla pubblicazione in italiano dello studio di Bernard Lewis
(Gli ebrei nel mondo islamico, Sansoni, Firenze, 1991; ma è da tener
conto anche la stimolante “Introduzione” di Fiamma Nirenstein alla
seconda edizione del 2003), e soprattutto dell’attenzione con la quale
i due lavori sono stati accolti, in particolare quello dello storico
francese.
Valentino Baldacci
Leggi
|
Per Aldo Fuà |
Nel
1880 Luigi Luzzatti, ebreo, ebbe l’intuizione di istituire l’Inail. Nel
1932 Guido Zevi, ingegnere ebreo, ebbe l’incarico di ricostruire il
palazzo dopo una demolizione. Nel 1938 Aldo Fuà, dirigente ebreo
dell’Inail, viene cacciato dal suo posto di lavoro a seguito delle
leggi razziste fasciste. Nel 2018 una targa lo ricorda. Glielo dovevo,
a mio nonno. Sembra ieri, non riesco a perdonare, non riesco a
dimenticare, non riesco a capire. Potrebbe succedere di nuovo?
Dario Coen
Leggi
|
|
|
|