Giuseppe Momigliano,
rabbino
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Nel
dialogo che instaura con l’Eterno, Mosè per due volte richiama la
propria difficoltà di parola, dapprima come manifestazione di ritenuta
inadeguatezza alla missione che il Signore gli stava affidando, poi per
sollevare tutti i suoi dubbi sul fatto che il faraone sarebbe stato
disposto ad ascoltare il suo esprimersi faticoso.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Questo
inizio anno è scandito da una serie di attentati. Cina, Gran Bretagna,
Giappone, Germania, tutti luoghi in cui disagiati di vario tipo si sono
scagliati con macchine e coltelli su gente inerme. Stupiscono le
pseudo-motivazioni di queste persone quasi sempre con precedenti
clinici.
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Il giorno di Bolsonaro
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Ieri
è stato il giorno dell’insediamento del nuovo presidente brasiliano
Jair Bolsonaro. Una giornata che, nell’analisi di molti, conferma una
svolta significativa in corso sia su temi di politica interna che
esterna. Ad interessare sono in particolare i legami con Stati Uniti e
Israele. “L’avvento di un nazionalpopulista di estrema destra a
Brasilia – scrive al riguardo Repubblica, con toni allarmati – ha già
conseguenze mondiali, con due annunci simbolici che sottolineano
l’allineamento su Washington: anche Bolsonaro sposterà la sua
ambasciata in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme; anche lui vuole
abbandonare gli accordi di Parigi sul cambiamento climatico”.
In Israele intanto opposizione al governo in frantumi, dopo la
decisione del leader laburista Avi Gabbay di rompere l’Unione sionista,
movimento che aveva in lui e in Tzipi Livni i principali esponenti.
Sottolinea La Stampa, ricordando l’imminente appuntamento elettorale:
“L’opposizione va in pezzi e Benjamin Netanyahu vede sempre più vicina
la possibilità di una vittoria alle elezioni del 9 aprile, e di un
quinto mandato da primo ministro che ne farebbe uno dei politici più
longevi della storia di Israele”. Per il momento, aggiunge il
quotidiano torinese, il Premier israeliano si gode il periodo
favorevole. “Il viaggio in Brasile per l’insediamento del presidente
Bolsonaro – si legge – si è trasformato in una sorta di luna di miele.
L’asse con il leader brasiliano, che ha promesso di spostare
l’ambasciata a Gerusalemme come già Donald Trump, ha rafforzato il
premier”.
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i numeri dell'indagine dell'agenzia ue Gli ebrei europei e il pregiudizio Preoccupazione in crescita “La
sinagoga la si riconosce facilmente, è quella con la camionetta
dell’esercito davanti”. Un commento leggero, fatto senza cattive
intenzioni, normale, che però purtroppo corrisponde a un’immagine così
familiare da essere considerata normale. Quasi rassicurante. Ma non è
così, e non sono rassicuranti i dati raccolti dall’ultimo sondaggio
sulla percezione dell’antisemitismo commissionato dall’Agenzia Europea
per i Diritti Fondamentali (FRA) e affidato all’Institute for Jewish
Policy Research (JPR) di Londra in collaborazione con IPSOS. L’85 % dei
rispondenti considera antisemitismo e razzismo come i problemi peggiori
dei paesi europei dove si è tenuto il sondaggio. L’89 % è convinto che
l’antisemitismo nel proprio paese sia aumentato nel corso degli ultimi
cinque anni. Il 72 % di chi ha risposto esprime preoccupazione per
l’aumento dell’intolleranza nei confronti dei musulmani. L’89 %
percepisce l’odio online come un problema grave. La maggior parte dei
partecipanti ha dichiarato di essere esposto regolarmente a commenti
negativi sugli ebrei, e l’80 % ha identificato internet come il luogo
dove avviene più spesso. Come ha commentato Michael O’Flaherty, che
della FRA è il direttore: “Non sorprende che la grande maggioranza dei
partecipanti al sondaggio ritenga che l’antisemitismo stia peggiorando.
Temono per la propria sicurezza e per quella dei loro cari. Si
proteggono lasciando la kippà a casa ed evitando certe aree delle loro
città, o gli eventi ebraici”. In questo secondo sondaggio sulla
percezione dell’antisemitismo, che si è tenuto a maggio e giugno 2018,
sono state raccolte le risposte di 16.395 rispondenti residenti in
Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Paesi
Bassi, Polonia, Spagna, Svezia e Regno Unito e Lettonia, paesi in cui
abita il 96 per cento degli ebrei europei.
Le risposte sono comuni: l’antisemitismo pervade lo spazio pubblico, e
gli stereotipi negativi sugli ebrei si moltiplicano. Essere ebrei è un
motivo sufficiente per subire varie forme di abusi, ed è forte la
percezione che l’antisemitismo continui ad aumentare.
Ada Treves, Pagine Ebraiche gennaio 2019Leggi
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il presidente dei rabbini europei Shechitah vietata nelle Fiandre
"Un affronto ai valori comuni" Il
nuovo anno, almeno nelle Fiandre, una delle tre regioni in cui è
suddiviso il Belgio, inizia nel segno della negazione dei diritti
religiosi fondamentali. Da ieri infatti è entrata in vigore la legge,
approvata nel luglio del 2017 dal Parlamento locale, che vieta la
macellazione rituale secondo le norme ebraiche e islamiche. Un
provvedimento che sarà presto seguito, nel settembre di quest’anno, da
un analogo divieto che troverà applicazione in Vallonia.
Poche, all’infuori del mondo ebraico, le voci che si stanno facendo
sentire in queste ore. “Queste misure antireligiose, approvate in un
paese in cui ha sede la capitale legislativa d’Europa, sono un affronto
ai valori comuni” afferma rav Pinchas Goldschmidt, presidente della
Conferenza dei rabbini europei.
“Più e più volte – prosegue il rav – alti funzionari dell’Unione
Europea ci dicono che non può esistere un’Europa senza ebrei. Questi
divieti contraddicono quelle dichiarazioni e mettono a rischio un
futuro ebraico. Esortiamo quindi i leader europei a far presente ciò ai
governi degli Stati membri. Le parole sono deboli quando le azioni
fanno male”. Leggi
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Ticketless - Israele e l'Italia
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Nei
giorni in cui l’Italia piange Amos Oz, sui social italo-israeliani, per
lo meno nei pochi che frequento, impazza la discussione sulla visita di
Salvini in Israele. Sicchè viene spontaneo chiedersi se non sarà un
giorno opportuno completare la ricerca appena conclusa da Mario Toscano
sull’Italia che racconta Israele (Viella), svolgendo il lavoro uguale e
contrario e cioè indagando su come Israele (non necessariamente gli
italiani che si sono colà trasferiti) ha raccontato e racconta
l’Italia. Ne verrebbe fuori un quadro credo assai gustoso. Se mai mi
fosse stata data l’opportunità di intervistare Oz (ma anche Yehoshua o
Grossman), la prima domanda che mi sarebbe piaciuta porre è la
seguente: «Che idea vi siete fatta di un paese come l’Italia, che vi
accoglie e vi onora come mai era accaduto prima, supponiamo, ai tempi
di Agnon?». Non mi pare che nessun altro paese europeo abbia accolto i
tre tenori israeliani con lo stesso entusiamo italiano.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Tre scrittori
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Credo
che il 2018 sarà ricordato, nei libri di storia, come l’anno in cui
hanno terminato la loro esistenza tre tra i massimi scrittori di tutti
i tempi, la cui testimonianza è destinata a restare per sempre un
esempio luminoso di capacità di analisi e interpretazione dei
labirintici e imperscrutabili percorsi dell’animo umano, dei confini
più estremi, gli angoli più nascosti della coscienza che possono essere
raggiunti dagli strumenti della narrazione e della poesia: Aharon
Appelfeld, Philip Roth, Amos Oz.
Credo che sia difficile cercare di capire quali siano state le
terribili lezioni del XX secolo, e quali strade si siano aperte, o si
possano ancora aprire, nel nuovo millennio, prescindendo dalla voce di
questi tre giganti. Così come è impossibile interrogarsi sulla
collocazione, la funzione e il destino del popolo ebraico nel mondo
delle genti senza riflettere sulle loro immagini, invenzioni, parabole,
spesso sorprendenti, talvolta paradossali, mai banali o scontate.
Francesco Lucrezi, storico
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