PAGINE EBRAICHE - MAGGIO 2020 

Nel segno di Hannah Arendt

Mascherine, salviette disinfestanti, distanziamento sociale. La vita culturale a Berlino, con tutte le dovute precauzioni, è ripartita nel segno di Hannah Arendt e della grande mostra dedicatale dal Museo di Storia Tedesca. Un’occasione straordinaria per riflettere sulle sfide di ieri e su quelle di oggi. Per voltare pagina, all’insegna della consapevolezza, come raccontiamo nell’approfondimento dedicato ad Arendt nel numero di Pagine Ebraiche di maggio, attualmente in distribuzione.

La mostra che il Deutsche Historische Museum, il prestigioso museo nazionale di storia tedesca di Berlino, dedica ad Hannah Arendt e al Ventesimo secolo non è semplicemente un enorme sforzo di documentazione biografica dedicato a una delle maggiori intelligenze del Novecento. Mira a presentare i punti focali della storia del secolo scorso in un modo nuovo. In particolare tocca l’antisemitismo, il colonialismo, il razzismo, il nazionalsocialismo e lo stalinismo. “Hannah Arendt – spiega Raphael Gross, presidente del museo – ha pubblicato testi su tutti questi argomenti. La mostriamo come una persona che ha emesso giudizi, insieme alle controversie in cui è stata coinvolta, alle intuizioni che ha raggiunto ma anche alle idee sbagliate”.
La mostra che contrassegnerà l’estate apre i battenti dopo una lunga attesa e il momento non avrebbe potuto essere più solenne e più commovente.

Ferita, ma non piegata dalla crisi sanitaria che ha travolto l’Europa, la capitale tedesca è la prima a riaprire dispiegando una macchina organizzativa formidabile: le proprie istituzioni culturali. Le misure di sicurezza sono rigorosissime, l’organizzazione, che impone la prenotazione e stretta misura delle presenze anche per chi partecipa alle preghiere nelle sinagoghe tedesche, molto efficace.
E la scelta di ripartire da Hannah Arendt, di cui è da poco uscita la raccolta di riflessioni Wir Juden incentrate sul suo rapporto con l’ebraismo, va ben al di là della strategia di programmazione culturale. Significa la chiara proclamazione di un’intenzione: porre la filosofa in testa alle speranze di ripresa, indicare il suo immenso lavoro di riflessione sulla contemporaneità come la chiave del nostro futuro.
“Arendt – riprende il professor Gross – era una filosofa che si poneva in relazione strettamente con eventi e sviluppi storici come, ad esempio, nel suo secondo libro, iniziato in Germania, su Rahel Varnhagen e il concetto di assimilazione per gli ebrei in Germania. Ci sono anche i suoi articoli di giornale sul sionismo e l’importanza di un esercito ebraico, i suoi pensieri sullo status dei rifugiati e le aporie dei diritti umani, che stanno attirando un rinnovato interesse e i suoi esami sull’antisemitismo europeo e sul razzismo coloniale: entrambi argomenti per i quali il suo approccio si basa fortemente sulla letteratura, in particolare sulle opere di Marcel Proust e Josef Conrad. Arendt parlò della soppressione dell’insurrezione ungherese nel 1956, proprio come delle controversie sulla segregazione razziale nelle scuole americane e del movimento studentesco del 1968 nelle sue varie forme, in Europa e negli Stati Uniti. I suoi interventi hanno suscitato innumerevoli dibattiti internazionali”.
La controversia più diffusa riguardò il suo libro La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme, e a questo tema è dedicato uno spazio specifico nella mostra.

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PAGINE EBRAICHE - MAGGIO 2020  

Berlino, Parigi, New York: la storia di tre fughe

Se già è difficile scriverne, e spiegare a parole chi è stata e cosa ha rappresentato Hannah Arendt per il pensiero del Novecento e quanto i suoi scritti siano ancora capaci di interpellarci, tanto più è notevole la difficoltà di confrontarsi con un personaggio così complesso usando le immagini.
Lo ha fatto qualche anno addietro Margarethe Von Trotta con l’omonimo film in cui la Arendt era interpretata da Barbara Sukowa, concentrandosi sul periodo di elaborazione di La banalità del male, il suo testo più noto e sul processo a Eichmann. Intervistata da questo stesso giornale (Pagine Ebraiche, febbraio 2014) aveva raccontato che la sua prima reazione era stata negativa: “È impossibile, perché devo farlo? Come posso fare un film su una donna che pensa?”.
“La Arendt – aveva ricordato Von Trotta – crede nell’utopia del pensiero, nella forza della filosofia, che può costruire un mondo diverso. Vuole andare a fondo, vuole capire le ragioni, il perché, ha il coraggio di non accettare compromessi, cerca di comprendere totalmente”.
“Io voglio, io devo capire”, ripete la Arendt nel film. E questo mantra ha guidato la Von Trotta prima e più recentemente anche Ken Krimstein, autore di Le tre fughe di Hannah Arendt, il graphic novel uscito nel 2018 e tradotto da Antonella Bisogno per i tipi Guanda.

Bibliografia immaginaria di una delle figure intellettuali più importanti del ventesimo secolo, il graphic novel è costruito intorno alle sue “fughe”: da Berlino nel 1933 per rifugiarsi a Parigi, per poi sfuggire alla Gestapo in Francia (dopo essere scappata dal campo di internamento) e riuscire ad arrivare a New York. Ma anche dalla filosofia per dedicarsi alla teoria politica, e la chiusura definitiva della sua relazione con il filosofo Martin Heidegger, suo controverso mentore ed ex amante, simpatizzante del nazismo.

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NEL VIDEOPILPUL DI QUESTA SERA, IL COLLOQUIO CON L'ARCHITETTO

Dalla lezione di Peres alla lettera a Mattarella,
la città del futuro secondo Fuksas

La storia itinerante della sua famiglia, dalla Lituania ebraica alla Roma occupata; il suo progetto per lo Spallanzani, “l'ospedale che aiutò mio padre in un momento difficilissimo”; la sua visione del futuro delle città e delle case; la lezione di Shimon Peres. Sono alcuni dei punti toccati nell'intervista di Pagine Ebraiche a Massimiliano Fuksas, architetto di fama internazionale che invita a ripensare le politiche abitative del futuro, pone come esempio la capacità di innovare israeliana ma allo stesso tempo riflette sull'importanza delle radici delle comunità nelle città. In dialogo con la redazione UCEI, Fuksas spiega il perché della sua recente lettera al Capo dello Stato Sergio Mattarella - firmata da altri colleghi ed esperti - in cui chiede, alla luce della pandemia che ha segnato il mondo intero, di “ripensare gli insediamenti umani rendendoli più funzionali, contemporanei, innovativi e umani”. L'intervista andrà in onda questa sera sui canali social di Pagine Ebraiche e UCEI e sarà disponibile in versione audio nella sezione “Pagine Ebraiche da ascoltare” del nostro sito moked.it.

ISRAELE - IL PRIMO MINISTRO OGGI IN TRIBUNALE   

Netanyahu e il processo che divide un paese

Prende il via in queste ore a Gerusalemme il processo che vede imputato il Primo ministro Benjamin Netanyahu. Tre i capi d'accusa a suo carico - corruzione, frode e abuso d'ufficio - per un procedimento che si prospetta lungo e complesso. Un processo che divide l'opinione pubblica israeliana, come dimostrano le immagini delle due manifestazioni organizzate in contemporanea nei pressi del tribunale che ha incarico il caso Netanyahu: da una parte i sostenitori del Premier, secondo cui siamo davanti a un complotto giudiziario per detronizzare il leader del Likud; dall'altra, gli oppositori, per cui a un politico incriminato non si dovrebbe permettere di guidare il paese. Tutti i media israeliani da ore stanno coprendo questa prima audizione, riportando le reazioni di diversi politici a partire dallo stesso Netanyahu. “Negli ultimi anni hanno trovato un nuovo brevetto: la polizia e i procuratori si sono uniti alla banda 'Solo non Bibi' per cucire questi casi deliranti e falsi”, le gravi accuse del Premier - presentatosi alle telecamere con diversi ministri del Likud a sostegno - secondo cui polizia e magistrati hanno come “obiettivo di far cadere un primo ministro forte dalla destra e di allontanare la destra dal potere per molti anni”. Per il leader dell'opposizione Yair Lapid “Netanyahu sta cercando di portarci a una guerra civile per salvare se stesso dal tribunale”. Per il suo collega di partito Ofer Shelah c'è già una guerra tra “Netanyahu e lo Stato d'Israele. E se c'è già una guerra, dov'è il ministro della Difesa Benny Gantz? Si riempie la bocca d'acqua, ma non sfuggirà alla vergogna”. Uno scambio che testimonia come i toni dello scontro siano molto accesi. L'alleato di Netanyahu, Gantz non è invece intervenuto sul processo in corso.

IL VIDEOPILPUL CON IL CAMPIONE DI CICLISMO MAURIZIO FONDRIEST 

“Bicicletta, futuro da protagonista:
ma servono visione e consapevolezza”

Nell’ultimo videopilpul trasmesso ieri sera un nuovo appuntamento dedicato alla bicicletta.
Nostro ospite un grande campione del passato, Maurizio Fondriest, vincitore del titolo mondiale nel 1988 e promotore di molte campagne sul tema della sicurezza stradale. Con Fondriest parliamo anche dell’emozione di pedalare in Israele alla vigilia del Giro d’Italia del 2018 partito da Gerusalemme, di cui è stato uno dei testimonial.

Bicicletta e mobilità del futuro: un tema che avevamo precedentemente sviluppato con Pedro Kanof, ingegnere argentino che ha il merito di aver brevettato una delle invenzioni più significative in questo campo: il bike sharing. Le due ruote saranno sempre più protagoniste del nostro futuro, dicono gli esperti. Ma si sta davvero andando nella direzione giusta? Per Kanof a mancare è una vera visione.

LA RASSEGNA "PILLOLE PER LA MENTE", DOMANI IL CRIMINOLOGO RAINE  

Una dieta contro l'aggressività

La personalità aggressiva e violenta è determinata da fattori caratteriali, ambientali, socioeconomici, psichici. Ma ci sono anche componenti genetiche e biologiche che incidono sulla struttura del cervello e sulle capacità cognitive. “Un deficit funzionale a livello del lobo frontale è un fattore che predispone ad avere atteggiamenti violenti” spiega Adrian Raine, professore di criminologia e psichiatria alla University of Pennsylvania, uno dei massimi esperti in materia - ha pubblicato 450 saggi sulle più prestigiose riviste internazionali e sette libri (il suo Anatomia della violenza è uscito in Italia per i tipi di Mondadori Education). “Non si tratta di tornare al determinismo lombrosiano. La biologia non è un destino, nessuno nasce criminale. Ma esistono dei fattori che aumentano le probabilità un individuo possa diventare un delinquente. Tra questi la dieta gioca un ruolo non secondario”.

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Rassegna stampa

Da settembre si torna in classe,
con l’obbligo delle mascherine

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Servono esempi
A proposito del giudizio sulle cose che hanno funzionato e su quelle che non hanno funzionato, è consigliabile tenere a mente che non servono modelli o simboli, bensì esempi. E gli esempi ci dicono sempre “fate come me, non imitatemi”.
                                                                          David Bidussa
 
Un lungo dopoguerra
I conti si faranno alla fine. Di certo, però, possiamo dirci da subito una cosa, ossia che la grande crisi che il Covid-19 ha innescato, produrrà nei fatti senz’altro una serie di risultati collettivi, pressoché planetari, accelerando tuttavia processi invece già in corso da molto tempo: ovvero, un mutamento radicale del lavoro (modi, tempi, qualità, logiche ma anche sua distribuzione, riconoscimento e remunerazione); nuovi assetti geopolitici e conseguenti aree di influenza a venire; con essi, scale di reddito, classi sociali beneficiarie e soggetti, invece, tributari e assoggettati; inoltre, innovazioni e regressioni nei sistemi politici – con un prevedibile ridimensionamento delle democrazie rappresentative – e nei circuiti di rappresentanza.
Claudio Vercelli
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La paura della paura 
“Come farò”, mi diceva una signora qualche giorno fa al telefono. “Ho raggiunto l’età pensionabile”, ma non ho raggiunto i versamenti necessari”. “Per fortuna, aggiunge col pensiero rivolto a chi non ha nemmeno questo, “mio marito ha una pensione”. “Ma i miei figli come faranno?”. Paura e angosce che circolavano sotto traccia e riemergono con forza di fronte a una pandemia che ha sconvolto la vita di milioni di persone. È bastato un virus per mostrare quanto fragili siano le sicurezze che accompagnano la nostra esistenza quotidiana, con le sue illusorie certezze. Al punto che anche il ritorno alla normalità possa suscitare paura.
David Meghnagi
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