SFIORATI I DUEMILA CASI QUOTIDIANI REGISTRATI 

Israele e quella curva dei contagi che non scende

Due sono le costanti di queste difficili settimane israeliane: il bollettino dei contagi da coronavirus che non accenna a scendere e le proteste di piazza contro il governo. E intanto lo spettro di un nuovo lockdown continua ad avvicinarsi. L’ultimo dato parla di 1977 nuovi positivi da Covid-19, pochi meno rispetto all’asticella fissata dal ministro della Salute Yuli Edelstein per chiedere l’imposizione di una nuova chiusura totale: 2000 il tetto invalicabile dei contagi fissato da Edelstein, che in queste ore si è lamentato delle azioni della Commissione parlamentare che si occupa dell’emergenza sanitaria. “Il loro comportamento ci porterà verso il lockdown completo” ha dichiarato durante una conferenza stampa a Haifa, riferendosi alla decisione della Commissione di respingere l'idea del governo di limitare i ristoranti alle consegne a domicilio. 
Questo scontro, l'analisi dei media israeliani, è la dimostrazione della confusione che si è creata nella politica con il continuo rimpallo di responsabilità e una gestione scomposta della crisi sanitaria. Per ricomporre queste divisioni e riportare tutti sulla stessa barca è attesa la nomina di un supercommissario per il Coronavirus: Edelstein ha dichiarato che arriverà prestissimo in un'intervista rilasciata al quotidiano economico Globes.

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PAGINE EBRAICHE - IL DOSSIER CINEMA 

Israele e il coraggio di inquadrare tutto il conflitto

Sono trascorsi settantadue anni dalla creazione dello Stato di Israele, ma i nodi principali della sua esistenza – la tragedia della Shoah e il conflitto con i palestinesi – continuano a essere presenti nella mente e nelle scelte di vita degli israeliani. La Shoah fa parte di un fardello che trova vie di elaborazione nella ricerca storica e culturale o attraverso l’analisi psicologica. Il conflitto, originatosi ai tempi dello Yishuv ed esploso dopo la Dichiarazione dello Stato d’Israele (15 maggio 1948) – avvenuta pochi mesi dopo il Piano di partizione della Palestina mandataria approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York (29 settembre 1947) – continua a costituire un punto di riferimento imprescindibile nella vita di ogni israeliano, dal servizio militare obbligatorio fino alle scelte politiche.

Il primo film israeliano che presenta le conseguenze della Guerra d’Indipendenza in termini di tragedia umana e di guerra senza fine è Hirbet Hiza’a del 1979, tratto dall’omonimo racconto firmato da uno dei più importanti e innovativi scrittori israeliani, S. Yizhar. 

Sarah Kaminski, Pagine Ebraiche luglio 2020

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PAGINE E SVOLTE CON DAVID BIDUSSA 

Furio Jesi e la macchina mitologica

“Il crimine ha oramai una fisionomia precisa: il criminale ha un volto”. Così scriveva Mario Cervi sul Corriere della Sera il 17 dicembre 1969 riferendosi a Pietro Valpreda, presunto colpevole della strage di Piazza Fontana. Valpreda fu vittima di un vero e proprio linciaggio mediatico. Quotidiani e telegiornali lo descrissero come responsabile della strage e passarono anni prima di una sua assoluzione. L’opinione pubblica accettò per lo più la presunta colpevolezza di Valpreda, senza chiedere che si indagasse più a fondo. Attorno a lui fu costruita l’immagine del colpevole, fu raccontata ed accettata. Un metodo, spiega David Bidussa in questa puntata di “pagine e svolte”, che ispirò l’analisi dello storico e germanista Furio Jesi (nell'immagine) sulla macchina mitologica. “Jesi si chiese come si costruisce un’accusa e un colpevole. A lui non interessava la figura dell’anarchico Valpreda ma capire perché quella vicenda fu creduta, perché fosse credibile l’individuazione di quel colpevole”, spiega lo storico sociale delle idee. Jesi analizzò il mito come “macchina che riproduce emozioni, sensazioni, convinzioni che una persona o un gruppo di persone si fanno ascoltando delle narrazioni”. E dopo avervi riflettuto, prosegue Bidussa, Jesi non a caso decise di scrivere un nuovo saggio dedicato all’accusa dell’omicidio rituale fatta agli ebrei, sopravvissuta per secoli nonostante la sua falsità.

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IL LIBRO SUL GRANDE PROTAGONISTA DI UNA STAGIONE DEL DIRITTO 

Tullio Ascarelli: il giurista, l'uomo di cultura

Tra i giuristi del Novecento poche figure hanno lasciato una traccia così duratura come quella impressa da Tullio Ascarelli (1903-1959). In “Racconti ascarelliani” (Editoriale Scientifica) Mario Stella Richter, professore ordinario di Diritto commerciale all’Università degli studi di Roma Tor Vergata e condirettore della Rivista delle società (la pubblicazione fondata nel 1956 da Ascarelli stesso) spiega in modo efficace il motivo.
Figlio di Attilio, il medico che fu incaricato di dirigere le operazioni di recupero e identificazione delle vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, e di Elena Pontecorvo, discendeva per parte di padre da un’illustre famiglia di ebrei sefarditi stabilitasi a Roma nel quindicesimo secolo, e per parte di madre da una famiglia di importanti industriali tessili di Pisa, cui apparentati ad altri come Eugenio Colorni ed Enzo ed Emilio Sereni.
Un ambiente fertile per imporsi, anche sui banchi di scuola. “Le straordinarie doti di studente – racconta Richter, ospite del videopilpul trasmesso ieri sera – consentirono a Tullio di iscriversi all’università a sedici anni appena compiuti e di laurearsi a diciannove”.

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MELAMED

Formazione, un piano che dia fiducia e speranza 

“Tutti i progetti che, nell’arco di trentacinque anni, ho diretto, sono stati finalizzati a un solo obiettivo sociale: ridurre l’ineguaglianza delle opportunità. Se è vero che l’uguaglianza delle opportunità non esiste…non posso per questo accettare le ineguaglianze solo per il fatto che esistono, né posso accettare le ingiustizie che esse provocano. Ho sempre rifiutato di rassegnarmi a questo stato di cose.
Questo libro si propone di persuadere della validità di questo punto di vista e, soprattutto di convincere che i cambiamenti accelerati delle nostre società non possono essere perseguiti lasciando da parte intere fasce della popolazione. Nessuno, a mio avviso, può pensare serenamente che la modernizzazione economica e tecnica possa essere raggiunta al prezzo dell’esclusione dei meno favoriti”.
Bertrand Schwartz, uno dei grandi protagonisti della pedagogia del Novecento, apre con queste parole la sua riflessione severa, in Modernizzare senza escludere, su uno dei problemi più drammatici della società contemporanee: l’esclusione dalla formazione e dal lavoro di molte persone alle quali sono negate, di fatto, condizioni di vita decorose, per sé e per i propri figli.

Saul Meghnagi, Consigliere UCEI

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Rassegna stampa

Una nuova era per la UE
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Ticketless - Val d'Oltra e i piccoli maestri
Cadrà a settembre il cinquantenario della morte di Pietro Chiodi, filosofo e partigiano, autore di Banditi (Einaudi), che ho riletto in questi giorni insieme al racconto Val d’Oltra che la ventenne Paola Malvano pubblicò nel 1930. Il legame fra due testi così diversi è semplice: riguarda il rapporto professori-studenti sotto il fascismo. Meneghello scherzava spesso sui corsi accelerati di antifascismo cui aveva dovuto sottoporsi nei primi momenti di lotta partigiana. Lo stesso si può dire con Fenoglio. 
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Dialogo tra generazioni
Mi pare davvero di grande valore l’iniziativa di Pagine Ebraiche di dar vita a tre rubriche audio (Pagine di storia, Pagine di letteratura e Pagine e svolte), nelle quali uomini di cultura sono invitati a illustrare i contenuti e i messaggi dei libri che hanno particolarmente influenzato la loro vita e il loro percorso intellettuale, aiutando gli ascoltatori a interrogarsi sugli articolati e misteriosi meccanismi di trasmissione dei messaggi, sulla complessa e multiforme relazione tra autore e lettore.
Francesco Lucrezi
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Piccola Rebecca dello Shabbat 
Pochi giorni dopo l’occupazione tedesca del settembre 1939 la città polacca di Białystok, a seguito di elezioni–farsa e in ottemperanza al patto Molotov–Ribbentrop, fu ceduta all’Unione Sovietica e assegnata alla Repubblica Socialista Sovietica di Bielorussia; il 22 giugno 1941, durante l’operazione Barbarossa, l’autorità del Reich assunse il controllo della città.
Francesco Lotoro
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