Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui                20 Agosto 2020 - 30 Av 5780
LA DENUNCIA DI UN CITTADINO ISRAELIANO OSTAGGIO PER GIORNI DELLA POLIZIA

Bielorussia, la violenza di Lukashenko
anche nel segno dell'antisemitismo

“Elezioni da annullare”. L’Unione Europea ha emesso un chiaro verdetto: sul risultato del voto in Bielorussia aleggia pesante lo spettro dei brogli. E, anche tenuto conto della sistematica repressione attuata in questi giorni dall’ultimo dittatore d’Europa, Alexandr Lukashenko, l’ipotesi di sanzioni si fa sempre più concreta. Così Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo: “Dobbiamo sostenere tutti gli sforzi per una soluzione positiva e per garantire un processo democratico. Per noi è chiaro che il popolo bielorusso ha il diritto fondamentale di eleggere liberamente la propria leadership”. 
Si susseguono intanto i campanelli d’allarme dalle voci libere anti-regime, che le forze di polizia stanno cercando di rendere silenti. Spesso con l’esercizio di violenze molto gravi. Anche, come si apprende, nel segno dell’antisemitismo. 
Emblematica la vicenda che ha avuto come vittima un cittadino israeliano nato a Minsk, Alexander Fruman, in Bielorussia per riconnettersi con le proprie origini familiari (quasi due terzi degli ebrei bielorussi, diverse centinaia di migliaia allo scoppio del conflitto, furono trucidati nella Shoah). Fermato mentre camminava per strada, è stato trattenuto in custodia per diversi giorni. Un’esperienza agghiacciante, ha raccontato Fruman alla stampa israeliana. Oltre all’obbligo di cantare brani patriottici in onore del dittatore, pena la violenza fisica, una volta che sono state chiare le sue origini si è visto rivolgere la seguente minaccia: “È tempo di avere una nuova circoncisione”. Le violenze sono state molteplici, sia in caserma che in strada. Anche un disabile, ha raccontato l’uomo, è stato oggetto di percosse. Al Times of Israel Fruman ha anche detto: “Siamo stati costretti alle posizioni più scomode. Se qualcuno si muoveva, i poliziotti ricominciavano a picchiarlo. Ad un certo punto siamo stati caricati su un mezzo, stipati come per essere mandati ad Auschwitz”.
La comunità ebraica non denuncia ufficialmente casi di antisemitismo. Una posizione di neutralità che è verosimile ritenere sia stata presa per timore di attacchi diretti. Molti infatti i suoi membri attivi nella protesta.

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LA SFIDA DI UN'ASSISTENTE SOCIALE DI MOKUNO

"Ebrei in Uganda, situazione di grave sofferenza
Difenderò i nostri diritti in Parlamento"

Sarah Nakintu, 38 anni a dicembre, è un’assistente sociale. Per i prossimi cinque anni ha un sogno: diventare membro del Parlamento ugandese. E in questa veste battersi per un pieno riconoscimento dei diritti della comunità ebraica locale.
In piena estate, in un momento di grave crisi per la comunità, è entrata in contatto con quelli che chiama “i miei nuovi amici italiani”.  La sua richiesta d’aiuto, andata a buon fine, ha permesso alla sua famiglia e al piccolo nucleo residente nel distretto di Mokuno, di cui lei stessa è parte, di affrontare con maggiore serenità le successive giornate.
Sarah è andata casa per casa a portare cibo, candele e vino per lo Shabbat, tutti prodotti acquistati con la donazione arrivata dall’Italia. Si è poi svolta una tefillah all’aperto. La sinagoga purtroppo, racconta Nakintu, non è più accessibile: l’edificio è stato lasciato perché non c’erano più soldi per pagare l’affitto.

(Nell’immagine Sarah Nakintu insieme ad alcuni giovani ugandesi per una campagna di sensibilizzazione contro la barbara pratica di sacrifici di minori)

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PAGINE EBRAICHE - DOSSIER LIBRI IN VALIGIA

Riflettere tra Storia e Memoria

Per chi è in partenza, quali libri porterete in valigia? Come redazione, con l'aiuto di alcuni amici e collaboratori, ci siamo permessi di darvi qualche suggerimento nel dossier di agosto di Pagine Ebraiche, “Libri in valigia”, spaziando su vari temi e fronti. Di seguito il suggerimento dello storico Claudio Vercelli.


Leggere Auschwitz oppure, semmai, rileggerlo? Non staremo forse esagerando? Non rischiamo, nel tentativo di trovare significati che, in tutta probabilità, potrebbero non esistere, di scavare ossessivamente il fondo del barile, per poi scoprire in noi una qualche forma di maniacalità? Sono domande legittime, al netto del dolore per le vittime che è, in sé, non un oggetto di storia bensì di affetti spezzati e di ricordi faticosamente ricostruiti. Ma la risposta a tali quesiti non può mai essere univoca. L’ultimo libro di Frediano Sessi in qualche modo cerca di affrontare anche questo ordine di considerazioni. Peraltro, l’autore lavora sulla Shoah da decenni, essendo uno studioso molto conosciuto ed apprezzato. Soprattutto per le sue qualità didattiche e per le competenze professionali che ha maturato nel tempo. Di Auschwitz e del sistema concentrazionario sì è interessato ripetutamente, licenziando saggi ad ampia diffusione tra il pubblico. Il volume che adesso il lettore si trova tra le mani, quindi, è un po’ la summa del suo lavoro. E si presenta come un testo autosufficiente, ovvero in grado di fornire a chiunque, anche a coloro che ne sono maggiormente a digiuno, le coordinate non solo storiche e fattuali ma anche socioculturali entro le quali fu ideato ed ebbe corso lo sterminio. 

Claudio Vercelli, Dossier Libri in valigia, Pagine Ebraiche Agosto 2020

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Setirot - Dove inizia la notte
Nello speciale dell’ultimo numero di Pagine Ebraiche Daniela Gross segnala la mostra “Hannah Arendt and the Twentieth Century” (curata dalla filosofa Monica Boll; fino al 18 ottobre al Deutsches Historisches Museum di Berlino). Punto focale è il poco conosciuto talento fotografico della grande intellettuale, e la conseguente raccolta di scatti che documentano sentimenti, quotidianità, volti più o meno noti, frammenti di vita che scorrono per decenni, attimi felici, ritratti rubati, album estemporanei. Icona del ‘900, lei e le sue riflessioni sul totalitarismo, sul razzismo, e la fuga negli anni della persecuzione nazista, la complicata vita sentimentale, le amicizie con i Grandi…
Stefano Jesurum
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Letture facoltative - I ricordi di Richler
Nel primo dei testi raccolti da Adelphi nel volume intitolato Un mondo di cospiratori, “Deuteronomio”, l’irriverente e sempre divertente Mordecai Richler racconta dei lontani pomeriggi trascorsi a Montreal “in una muffa saletta della Young Israel Synagogue, il nostro kheyder”. Arbitro di quelle non dimenticabili ore “il povero Mr. Feinberg”, alle prese con una manciata di riottosi ragazzini che preferiscono i tascabili di Ellery Queen o il gioco delle boccette a “una buona educazione ebraica”. Nel disperato tentativo di combattere gli sbadigli, Mr. Feinberg snocciola uno dopo l’altro apologhi chassidici meravigliosi.
Giorgio Berruto
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La pace con gli Emirati
Nei commenti che hanno fatto seguito alla decisione di normalizzare i rapporti tra lo Stato d’Israele e gli Emirati Arabi Uniti l’aggettivo “storico” per definire l’accordo è stato usato con un’abbondanza pari alla sua banalità. In fondo gli Emirati non sono il primo ma il terzo Paese arabo a riconoscere formalmente l’esistenza di Israele e a stabilire con esso normali rapporti diplomatici. Perché allora tanta enfasi? In realtà l’enfasi è pienamente giustificata perché questo accordo è profondamente diverso da quello raggiunto a suo tempo con Egitto e Giordania.
 
Valentino Baldacci
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Spuntino – Varchi
Il primo versetto della parashà di questa settimana (Deut. 16:18) ci raccomanda di predisporre giudici (Shofetim, da cui il nome del brano) e poliziotti per noi stessi ad ogni nostro varco. Al di là dell’evidente significato letterale, alcuni Maestri associano a questi due ruoli complementari la Torà scritta e quella orale; oppure i precetti positivi e quelli negativi.
Raphael Barki
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