Spuntino – Varchi
Il primo versetto della parashà di questa settimana (Deut. 16:18) ci raccomanda di predisporre giudici (Shofetim, da cui il nome del brano) e poliziotti per noi stessi ad ogni nostro varco. Al di là dell’evidente significato letterale, alcuni Maestri associano a questi due ruoli complementari la Torà scritta e quella orale; oppure i precetti positivi e quelli negativi. Questo potrebbe spiegare anche come mai, nello stesso verso, c’è scritto di incaricare persone designate dall’Alto (“coloro che il Signore tuo D-o ti assegnerà”) e cioè timorate di D-o. I giudici devono essere almeno due perché a loro volta possono essere oggetto di giudizio, come ogni cittadino. Inoltre, il fatto di far parte di un collegio dovrebbe evitare che un magistrato emettesse sentenze unilateralmente affrettate o basate su una superficiale intuizione, essendo esposte alla possibile esamina da parte dei suoi omologhi. Ma la forma riflessiva “tittèn lekhà” (predisporrai per te stesso) vuole anche dire che ognuno di noi deve essere prima di tutto vigile e giudice nei propri confronti. In questa prospettiva i varchi si potrebbero riferire ai sette fori della testa: due occhi, due orecchie, due narici e una bocca. È nostro dovere governare e vagliare le nostre aperture del capo controllando non solo cosa esce (parole) ma anche cosa entra (visioni, letture, discorsi, odori, alimenti) perché è dagli stimoli che riceviamo che scaturiscono i nostri pensieri e i nostri comportamenti.
Raphael Barki
(20 agosto 2020)