L'augurio di Ne'ilà
Credo, e non solo per me, che quello della Ne’ilà sia il momento più alto e commovente delle nostre tefilloth di Kippur.
Un’antica preghiera sefardita composta nel XII secolo da Moshé ibn Ezra, la cui paternità è dichiarata, nell’acrostico, dalle iniziali dei primi sei versi – Moshé Hazak.
È l’ultima possibilità, durante il Kippur, di chiedere perdono a Dio. Ma è anche richiesta di salvezza e protezione, e preghiera affinché si avveri il ritorno a Sion.
Tutto chiaro e comprensibile, in epoca di precarietà esistenziale. Si confida in Dio e nella sua infinita, gratuita grazia. Poi però, all’improvviso, la preghiera cambia destinatario e si rivolge direttamente ai fedeli: ‘Tizkù leshanim rabboth, habanim veaavoth’ (‘Possiate meritarvi molti anni futuri, figlie e padri’). Bellissimo augurio, quasi un invito a meritarseli quegli anni futuri, figli e padri insieme.
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