Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui      29 Settembre 2020 - 11 Tishri 5781
LA POSIZIONE DEL MINISTRO DELLA SANITÀ

In Israele lockdown anche dopo le feste

Non basterà chiudere fino a Simchat Torah (tra dieci giorni), l’intera Israele dovrà rimanere in quarantena anche oltre. È la previsione del ministro della Sanità Yuli Edelstein, che, a fronte del numero ancora elevato di contagi si dice certo che il lockdown dovrà durare più di quanto anticipato. ”Non c’è alcuna possibilità che l’isolamento venga revocato in una settimana e mezza, subito dopo Simchat Torah. Non c’è uno scenario in cui tra dieci giorni potremo dire ‘Tutto finito, tutto bene’, il commento ai media israeliani di Edelstein. Una notizia che non arriva come una sorpresa per gli israeliani ma che testimonia la difficile situazione che sta vivendo il paese. Le vittime per coronavirus hanno superato quota millecinquecento in tutto, cinquecento nelle ultime tre settimane. Dopo aver gestito bene la prima ondata, Israele ha aperto le scuole e la sua economia, ma questo ha generato un progressivo aumento nei contagi. Si è passati dalle decine alle migliaia nel corso di poche settimane, con un picco pochi giorni fa di undicimila contagi in 24 ore.

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RIUTILIZZATA PER IL RITO LA SINAGOGA DEVASTATA DAI FASCISTI 

Padova, uno storico Yom Kippur

Nel maggio del 1943 una squadraccia in camicia nera dà fuoco alla Scola Grande Tedesca, la sinagoga cinquecentesca in cui dall’unificazione dei riti avvenuta nel tardo Ottocento pregano non solo gli ebrei ashkenaziti suoi iniziali frequentatori ma tutti gli ebrei di Padova. L’edificio va in fiamme ed è in larga parte devastato. Non tornerà più all’uso originario e sarà necessario un accurato restauro, diversi anni dopo, per riportare quegli spazi (che ospitano oggi il locale Museo ebraico) all’antica bellezza.

A 77 anni da quei fatti, nello Yom Kippur appena trascorso, l’ex Scola Tedesca è tornata all’uso di sinagoga. Per la prima volta da quella drammatica giornata che fu preambolo a ulteriori sofferenze e lutti. Una decisione dell’alto valore simbolico in linea con la strada intrapresa da altre Comunità in questo inedito periodo festivo alla prova del Covid. In un momento di generale chiusura, porte e portoni di edifici storici sono tornati ad aprirsi per garantire al maggior numero di persone possibile di seguire il rito. E al tempo stesso per lanciare un messaggio di continuità, di futuro.
“Dopo 77 anni abbiamo fatto riecheggiare in questa aula le poesie e le melodie delle nostre preghiere. Di questo vi sarò sempre grato” le parole di rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova, nell’ora di Ne’ilà.

(Nell'immagine in alto la Scola Grande Tedesca devastata dai fascisti nel maggio del 1943; il rav Adolfo Locci nel suo intervento tenuto alla fine di Yom Kippur)

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LA LETTERA DELL'AD SALINI ALLA PRESIDENTE UCEI

Concorso durante la solennità ebraica,
la Rai apre una seconda finestra

Il concorso per la selezione di giornalisti professionisti che la Rai ha indetto per il prossimo 10 ottobre si terrà nonostante la concomitanza con la duplice festività ebraica di Shabbat e Sukkot. L’azienda, “nel rispetto del dettato costituzionale, nonché della legge n. 107/89, ha comunque previsto la possibilità, a chi ne farà specifica domanda con ragionevole anticipo, di poter sostenere le prove in altra data”.
È quanto comunicato dall’amministratore delegato Rai Fabrizio Salini in un messaggio inviato alla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni che, negli scorsi giorni, aveva sollevato il caso con i vertici dell’azienda pubblica.
“In tal senso – comunica Salini – gli uffici preposti hanno già preso contatto con un candidato che ha manifestato tale diritto, garantendo le medesime modalità, condizioni e tempistiche che verranno adottate nel corso della prova prevista per il 10 ottobre”.

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Rassegna stampa

Trump contro Biden
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L'augurio di Ne'ilà 
Credo, e non solo per me, che quello della Ne’ilà sia il momento più alto e commovente delle nostre tefilloth di Kippur.
Un’antica preghiera sefardita composta nel XII secolo da Moshé ibn Ezra, la cui paternità è dichiarata, nell’acrostico, dalle iniziali dei primi sei versi – Moshé Hazak.
È l’ultima possibilità, durante il Kippur, di chiedere perdono a Dio. Ma è anche richiesta di salvezza e protezione, e preghiera affinché si avveri il ritorno a Sion.
Tutto chiaro e comprensibile, in epoca di precarietà esistenziale. Si confida in Dio e nella sua infinita, gratuita grazia. Poi però, all’improvviso, la preghiera cambia destinatario e si rivolge direttamente ai fedeli: ‘Tizkù leshanim rabboth, habanim veaavoth’ (‘Possiate meritarvi molti anni futuri, figlie e padri’). Bellissimo augurio, quasi un invito a meritarseli quegli anni futuri, figli e padri insieme. 
Dario Calimani
Equivoci sul Bund
Non penso sia opportuno far passare il concetto che il Bund fosse un movimento socialista nazionale ebraico. Claudio Vercelli spiega, a proposito del Bund: “Rimane il fatto che la militanza in un partito territorialista ma non sionista costituisca il più originale contributo ebraico allo sviluppo del socialismo in Europa(...). 
Emanuele Calò
Populismo, crisi o trasformazione?
Il populismo è in crisi? Se ne parla sui giornali di questi giorni ed è una domanda lecita, alla luce del voto regionale e comunale del 20-21 settembre. In realtà si tratta per ora solo di una tendenza, sono segnali di indirizzo e non un andamento univoco e coerente.
 
David Sorani
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