IL SEGNO DELL'INTESA
Il concorso Rai e quel diritto riconosciuto
La recente vicenda della selezione indetta dalla Rai per l’assunzione di giornalisti professionisti da destinare alle sedi regionali, nella giornata di sabato 10 ottobre (coincidente quest’anno anche con la festività ebraica di Sheminì Atzeret), con ben 3.722 candidati, dopo l’intervento della Presidenza Ucei presso la Presidenza Rai, ha avuto come noto esito la possibilità di effettuare la prova in una data alternativa (qualche giorno dopo) per i candidati ebrei che ne fanno espressa domanda.
Ne riparliamo perché si tratta di vicenda singolare ed emblematica, che insegna molte cose in tema di diritti e di applicazione di principi in materia di libertà religiosa. E le insegna tanto a chi, come nel caso dell’azienda Rai (ma il discorso vale per qualsiasi altro ente, pubblico o privato), ha il compito di indire pubblici esami o concorsi, quanto a chi, studente o lavoratore, si trova coinvolto in una prova d’esame o in un’attività lavorativa che ha luogo di Shabbat, o in coincidenza con una festività ebraica.
Il concorso indetto dalla Rai si terrà nonostante la concomitanza con la duplice festività ebraica di Shabbat e Sukkot, ma l’azienda, “nel rispetto del dettato costituzionale, nonché della legge n. 107/89, ha comunque previsto la possibilità, a chi ne farà specifica domanda con ragionevole anticipo, di poter sostenere le prove in altra data”, così si esprime il testo del comunicato trasmesso dall’amministratore delegato Rai alla Presidente dell’Unione che, negli scorsi giorni, aveva sollevato il caso con i vertici dell’azienda pubblica.
Non è certo la prima volta che la norma dell’Intesa stipulata dall’Unione delle Comunità Ebraiche con lo Stato italiano ai sensi dell’art.8 della Costituzione – che garantisce, come noto, il diritto dei cittadini ebrei di rispettare l’astensione da attività lavorative, o di altro tipo, durante le festività ebraiche – trova applicazione pratica: era, ad esempio, accaduto che un evento politico di rilevanza pubblica (un referendum, anni fa) subisse uno spostamento, perché fissato in coincidenza con una ricorrenza ebraica, ma nel caso di questi giorni è emersa con chiarezza la possibilità di richiedere di sostenere un concorso (lo stesso vale per un esame) in altra data, nel caso non possa essere rinviato per tutti i candidati.
Una possibilità che coincide con un diritto, che è legge dello Stato, e che come tale deve esser applicato e non solo affermato come principio. È l’art. 4 della legge 101/1989, che, con una disposizione di assoluta rilevanza nell’ambito dell’esplicazione di un diritto da parte di una minoranza, riconosce agli ebrei dipendenti dallo Stato, di enti pubblici o privati o che esercitano attività autonoma o commerciale, o ai militari e a chi è assegnato al servizio civile, su loro richiesta – “nel quadro della flessibilità dell’organizzazione del lavoro”, e “salve le imprescindibili esigenze dei servizi essenziali previsti dall’ordinamento giuridico”- il diritto di osservare il riposo sabbatico, esercitabile “da mezz’ora prima del tramonto del sole del venerdì ad un’ora dopo il tramonto del sabato”.
La norma stabilisce altresì che le autorità competenti terranno conto delle esigenze del rispetto del riposo sabbatico nel fissare il diario di prove dei concorsi, e che, per quanto riguarda gli esami scolastici, sarà consentito ai candidati ebrei che ne facciano richiesta di sostenere in altro giorno le prove d’esame fissate di sabato o durante altra festività e prevede che si considerano giustificate le assenze degli alunni ebrei di sabato, “su richiesta dei genitori o dell’alunno se maggiorenne”.
Dunque, la vicenda Rai, da un lato, evidenzia anzitutto che il rispetto della normativa introdotta dalle Intese deve essere reale e concreto da parte degli enti statali e territoriali, che debbono far in modo, quando fissano esami, concorsi o votazioni, di consultare la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana che, di anno in anno, riporta l’elenco delle ricorrenze ebraiche, e, dall’altro lato, dimostra che non bisogna, da parte degli utenti che ne hanno diritto, aver “timore” nel chiedere il rispetto del loro diritto, e neppure, e soprattutto, bisogna “lasciar perdere”, ovvero non esercitare il proprio diritto, perché, altrimenti, nel tempo quel diritto finisce di perdere peso, se non significato.
Giulio Disegni, vicepresidente UCEI
(Nel disegno di Giorgio Albertini la firma dell’Intesa, il 27 febbraio del 1987, da parte della Presidente dell’allora Unione delle Comunità Israelitiche Italiane Tullia Zevi e del Presidente del Consiglio Bettino Craxi)
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IL NOBEL PER LA LETTERATURA ALLA POETESSA EBREA AMERICANA
"Louise Glück, una voce inconfondibile"
“Una inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l’esistenza individuale”.
È la poetessa Louise Elisabeth Glück, 77 anni, nata a New York in una famiglia ebraica di origine ungherese, la vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura 2020.
Già vincitrice nel 1993 del Premio Pulitzer con la raccolta L’iris selvatico e nel 2014 del National Book Award per la poesia, Glück è tra le più importanti intellettuali americane. Insegna poesia all’Università di Yale e in questo campo si è distinta sin dalla giovanissima età, fortemente influenzata dalle figure della mitologia greca e dai grandi classici della letteratura che hanno spesso trovato spazio nei suoi versi e nelle sue opere.
La storia familiare della Gluck assomiglia a quella di molte altre famiglie ebraiche dell’Est Europa che a inizio Novecento hanno scelto l’America, spesso partendo da zero. Suo padre, diventato poi imprenditore di successo nel campo dei prodotti da ufficio, aveva l’ambizione di diventare scrittore. Un sogno che la figlia, educata da entrambi i genitori all’amore per i libri, ha fatto proprio. Portandolo al livello più alto possibile.
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LA NUOVA MOSTRA DEL MEIS PRESENTATA ALLA FESTA DEL LIBRO EBRAICO
Gli ebrei italiani e la strada verso l'emancipazione
L’appuntamento, al Museo nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara, è per il 4 marzo 2021. La prossima primavera infatti, emergenza sanitaria permettendo, sarà inaugurata la mostra “Oltre il ghetto. Dentro & Fuori”. Un appuntamento molto atteso, che rappresenta la terza puntata del percorso del Meis nel raccontare la storia degli ebrei d’Italia. “Dopo la mostra sui primi mille anni inaugurata nel 2017, abbiamo proseguito nel 2019 con il ‘Rinascimento parla ebraico’ e ora avremo una mostra di straordinario fascino dedicata agli ebrei chiusi nei ghetti, che poi finalmente raggiungono l’indipendenza, sentendosi quindi italiani più e come gli altri, partecipando attivamente alle guerre risorgimentali” ha spiegato il presidente del Meis Dario Disegni, in occasione della presentazione del catalogo della mostra “Oltre il ghetto. Dentro & Fuori” durante la Festa del libro ebraico. Ad intervenire le curatrici della mostra Andreina Contessa, Simonetta Della Seta, Carlotta Ferrara degli Uberti e Sharon Reichel, in dialogo con il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt.
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FU PORTAVOCE E BRACCIO DESTRO DI RABIN
Eitan Haber (1940-2020)
Con il volto stanco e afflitto Eitan Haber, portavoce e braccio destro del Primo ministro laburista Yitzhak Rabin, il 4 novembre 1995 annunciava a Israele e al mondo che il Premio Nobel per la pace era morto, assassinato da un estremista di destra. “Il governo di Israele annuncia con costernazione, enorme tristezza e profondo dolore, la morte del Primo ministro e ministro della Difesa Yitzhak Rabin, assassinato stasera a Tel Aviv. Il governo si riunirà tra un’ora per compiangerlo, sia la sua memoria di benedizione” le parole di Haber, tristemente entrate nella storia. Nel bene e nel male, Eitan Haber, scomparso nelle scorse ore all'età di 80 anni, sarà sempre ricordato per il suo rapporto con Rabin, per le battaglie combattute insieme per la pace e per quell'annuncio che produsse una frattura profonda nella società israeliana. Nonostante tutto, nonostante il dolore di quel lutto, a Pagine Ebraiche Haber spiegò: “Conservo la speranza e il sogno di una pace perché in fondo che senso ha vivere senza sperare e senza sognare”. Invitato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per la commemorazione del ventennale dalla scomparsa di Rabin, Haber ribadì il suo pensiero: “Siamo noi gli artefici del nostro destino”.
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Setirot - Una dura prova
Se è vero che le due maggiori mitzvot di Sukkot sono coltivare la gioia/felicità e dare ospitalità – alla famiglia, agli amici, fino agli stranieri in viaggio e in cerca di asilo – la festa di quest’anno ci mette duramente alla prova. Perché la pandemia obbliga alla semi-solitudine e non aiuta certo l’allegria; e perché intorno a noi, dentro e fuori le Comunità, soffia spesso un vento che quello straniero/altro-da-noi non soltanto non lo accoglie ma lo respinge. Forse un esame di coscienza in nome di Sukkot non guasterebbe.
Stefano Jesurum
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Macron contro il separatismo islamista
Tutta presa a guardarsi l’ombelico costituito dalle stucchevoli diatribe nazionali che girano intorno alla crisi dei 5 Stelle o all’ultima esternazione di Salvini, la stampa italiana, con qualche eccezione, non ha dato il risalto che meritava al progetto di legge sul separatismo proposto dal presidente francese Emmanuel Macron che, con l’occasione, ha anche lanciato il suo nuovo slogan: “La Rèpublique en actes”.
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Spuntino - Il segno della benedizione
“E questa è la benedizione con cui benedisse Mosè uomo di D-o i figli di Israele prima della sua morte” (Deut. 33:1). In VeZot HaBerakha, l’ultima parashà del Pentateuco che si legge a Simchàt Torà, Mosè, Yish HaElokìm (=uomo di D-o), benedice il popolo. Le lettere che compongono la parola Elokìm alludono a cinque capisaldi caratteristici di Mosè: 1) alef – ahav et HaShem, amava D-o; 2) lamed – limed Torà, insegnava Torà; 3) he – he’evir ‘al midotav, dominava il proprio istinto; 4) yod – yirè Shamayim, (era) timorato del Cielo; 5) mem – medakdek ba-mitzvot, (era) puntiglioso ne(ll’osservanza de)i precetti.
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