QUI ROMA - L'ANNIVERSARIO DEL RASTRELLAMENTO NAZIFASCISTA
“16 ottobre 1943, i giovani nuovi testimoni”
“I nonni sono un ombrello, una protezione fondamentale. A me sono mancati tutti e quattro. È un grande vuoto che sento ancora. Testimoniare, parlare con i giovani, mi dà forza. Sono loro adesso a dover diventare i testimoni. A far sì che la nostra verità continui nel tempo”.
A Vittorio Polacco trema la voce. Assieme a Emanuele Di Porto e Mario Mieli racconta, dalla sede della Fondazione Museo della Shoah di Roma, il suo 16 ottobre 1943.
Duecentosette i bambini catturati quel giorno dai nazisti e poi deportati nei campi di sterminio. A loro è andato il pensiero di istituzioni e mondo ebraico in questa giornata di commemorazione apertasi come ogni anno con il suono dello shofar e proseguita con la deposizione delle corone davanti al Tempio Maggiore e a Largo 16 ottobre.
Mario, Emanuele e Vittorio, scampati a quel tragico destino in circostanze diverse, parlano a migliaia di studenti grazie a un collegamento a distanza approntato con circa 40 istituti italiani. Nel caso di Emanuele, 12 anni allora, le immagini scorrono nitidamente davanti agli occhi: dopo essere stato spinto giù dal camion dalla madre, consapevole che quel brusco addio costituiva l’ultima speranza di salvezza per il figlio, fu per giorni ospitato dentro un mezzo dell’azienda di trasporto locale. I vari conducenti alternatisi alla guida se ne presero cura offrendogli il loro silenzioso sostegno e anche del cibo. Un aiuto salvifico. Come quello offerto dalla donna che, tornando dal mercato, riuscì a far scendere il piccolo Mario da un altro mezzo in partenza e ad affidarlo alla zia.
Storie e memorie anche di vuoti ricomposti. “È stato mio zio Arminio Wachsberger, uno dei pochi a fare ritorno, a raccontarmi tutto. Avevo otto anni”, spiega Vittorio. I ragazzi fanno molte domande. Anche sul perché e sul quando della testimonianza. “È accaduto dopo aver visitato Auschwitz”, risponde Mario.
Si parla anche di radici, ebraismo, antisemitismo post-Shoah. Nessuno dei testimoni, affiancati in sala dallo storico Amedeo Osti Guerrazzi, si sottrae. Da ogni risposta arriva in dono agli studenti un messaggio, un insegnamento. Ad aiutare una comprensione dei fatti è anche l’introduzione di Gabriele Rigano. Mentre in un saluto ai giovani la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello dice: “Confidiamo in voi”.
Tra i presenti alla duplice cerimonia delle corone, oltre a Dureghello, il rabbino capo rav Riccardo Di Segni, la presidente UCEI Noemi Di Segni, il presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia, la sindaca Virginia Raggi, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Con loro anche il Testimone della Shoah Sami Modiano e Roberto Di Segni, figlio di Lello, l'ultimo sopravvissuto del 16 ottobre a lasciarci. “Questa mattina siamo venuti qui per fare memoria e ci incontreremo di nuovo domani. Non ci sarà una marcia silenziosa per evidenti ragioni Covid ma è importante ritrovarsi e non perdere la memoria di quello che è stato. Lo facciamo non solo per noi stessi ma per i giovani”, ha commentato al termine della cerimonia la sindaca. Così invece il presidente Zingaretti: “Ricordiamo uno dei periodi più bui della storia, il giorno in cui l’odio, e troppi silenzi, travolsero la comunità ebraica romana. La memoria di quelle ore e il racconto di chi scampò alla deportazione devono restare ben saldi nella nostra mente”.
A vent'anni dall'entrata in vigore della legge istitutiva del Giorno della Memoria, nella prestigiosa cornice dell’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica, si sono tenuti gli Stati Generali della Memoria. Un appuntamento ideato da Furio Colombo e Vittorio Pavoncello che ha visto diversi interventi legati al ruolo della Memoria oggi, al significato della didattica della Shoah e all'impegno condiviso a trasmettere ai giovani la lezione del passato. L'iniziativa, nata in coordinazione con la segreteria della senatrice a vita e Testimone della Shoah Liliana Segre, madrina del progetto, è stata realizzata dall'Università Telematica Internazionale Uninettuno, in collaborazione con la Fondazione Adriano Olivetti e la Fondazione Giacomo Matteotti. Ad aprire l'incontro, il messaggio inviato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte agli organizzatori. “Rivolgo un pensiero commosso alla memoria di quanti abbiamo perduto in quell'immane tragedia, ricordando oggi quel 16 ottobre 1943, giorno tristissimo per Roma, che fu purtroppo protagonista con il rastrellamento del Ghetto di una delle pagine più buie della sua storia”, le parole del Presidente Conte. A portare la propria testimonianza nel corso degli Stati generali, Edith Bruck, scrittrice di origini ungheresi sopravvissuta ad Auschwitz, che ha letto la poesia “27 gennaio 2020”. Alla storica Anna Foa è invece stato affidato il compito di tracciare il percorso che portò l'instaurarsi della dittatura fascista con una Lectio magistralis dal significativo titolo “Dall'omicidio Matteotti all'omicidio dei romani ebrei, violenze di un regime”.
All'evento, oltre a Colombo e Pavoncello, hanno partecipato Maria Amata Garito, rettore di Uninettuno, il viceministro agli Esteri Emanuela Del Re, Milena Santerini, Coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo, Alberto Aghemo, vicepresidente e segretario generale Fondazione Giacomo Matteotti e Beniamino de' Liguori Carino, segretario generale Fondazione Adriano Olivetti. A intervenire inoltre con un appello alla Memoria, la Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. Di seguito il testo del suo appello.
16 ottobre 1943. La deportazione degli ebrei romani. 2091 persone che avevano un nome; dei nostri nonni e bisnonni. Dei bambini che furono i pochi sopravvissuti di oggi. Poi segue il fitto calendario delle altre razzie nelle altre comunità. E fu luce e fu buio per un’era intera.
Dopo le parole che ci hanno narrato la dimensione devastante di questa immane tragedia, l’unicità della persecuzione ebraica e della Shoah, i raccordi storici e il contesto geopolitico, il significato che si è voluto dare al Giorno della Memoria, le mie parole sono un messaggio, un appello.
Un appello preghiera che tutto questo sia non solo ascoltato, ma sostanziato con i nostri piccoli e grandi gesti, nelle dediche di scritti e nei monumenti eretti, nei giorni qualsiasi, nei giorni di festa, nei gironi di memoria che non è mero rito, negli impegni che assumiamo come persone e come istituzioni.
Un appello al minuto di silenzio. Yizkor. Per ricordare tutti coloro che sono stati deportati e che non sono tornati: ciascuno con il suo nome, il suo volto, le sue paure e sogni silenziati, il suo non essere diventato nulla nel “dopo”.
Un appello di Memoria e al dono della parola. Per ricordare coloro che sono sopravvissuti alle fauci dello sterminio, sopravvissuti nascondendosi in città e campagne, sopravvissuti lasciando la patria che hanno avuto il coraggio di riprendere la vita, donare le nostre nascite, raccontarci quanto vissuto.
Una parashat ha shavua a misura di bambino con linguaggio e contenuti pensati appositamente per loro. A curarlo ogni settimana, l’Ufficio Giovani Nazionale dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e in particolare la madrichà Liel Milano. Un modo per raccontare ai più piccoli, settimana dopo settimana, un passo della Torah. Con il nuovo ciclo della lettura del Sefer Torah, il primo appuntamento della nuova rubrica "Parashat ha shavua Kids" non poteva che essere dedicato a Bereshit (clicca qui per rivederlo) ma molti altri seguiranno, con le spiegazioni di Liel sia della parasha sia di alcuni piccoli lavori manuali da fare a casa e adatti a tutte le età.
Distorsioni di un feed
Come molti sanno, nonostante il web sia un terreno democratico nel quale si può leggere qualsiasi cosa, noi tutti veniamo guidati nel nostro navigare da algoritmi che – sulla base dell’analisi dei nostri interessi – ci indirizzano su siti e profili che hanno a che fare con il nostro ambiente e la nostra mentalità. Se non andiamo direttamente a cercarli, gli altri ambiti culturali non ci capiteranno sott’occhio. Capita così che un corso di Didattica della Shoah rientri nelle attività che interessano il sottoscritto o il mondo degli insegnanti, per cui il materiale informativo relativo a quel tipo di evento si diffonde a persone che potrebbero essere interessate, sanno di cosa si parla e lo accolgono con interesse più o meno relativo, ma neutro.
Ore 8.15: entro in classe; dovrei iniziare a segnare gli assenti ma bisogna capire se arriverà ancora qualcuno. È previsto che una ragazza partecipi a distanza e devo predisporre il collegamento. Ore 8.25: in teoria dovrei cominciare la lezione ma tra password e tutto il resto sto ancora tentando di stabilire il collegamento con l’allieva, che non ha capito dove cercare l’invito alla videolezione. Qualcuno la chiama al telefono per spiegarglielo (la regola dei cellulari spenti è caduta per cause di forza maggiore). Ore 8.35: mentre aspetto che l’allieva entri nella videolezione cerco di capire chi sono gli assenti. Ne risultano altri tre. Nuovo giro di telefonate per capire se per caso vogliono collegarsi anche loro. Ovviamente a ciascuno dei tre bisogna rispiegare da capo tutta la trafila per connettersi.
E si ricomincia! "In principio il Signore creò il cielo e la terra". Molti potrebbero chiederci se, visto che leggiamo la Torah da migliaia di anni, non la troviamo un po' antiquata. Potrebbe apparire come una lettera vecchia e lisa dal tempo.
Per questo motivo, noi ci rivolgiamo all'Eterno, per metterci nella condizione di far sì che ciò non avvenga mai.
“Gal Gadot non può interpretare Cleopatra perché è israeliana, meglio un’araba!” Queste le polemiche sui social e di alcuni presunti intellettuali sulla scelta dell’attrice per il film di Cleopatra di Patty Jenkins prodotto dalla Paramount. A dir la verità Cleopatra, come ha affermato qualcuno più accorto, apparteneva alla dinastia tolemaica, e avrà avuto semmai origini greco-macedoni. Gli arabi inoltre arrivarono in Egitto nel VII Secolo, quindi gli antichi egizi, saranno stati più correttamente camiti, e dunque su questa linea di “purezza” perché no un’attrice amazigh o copta?
Le cose non succedono mai per caso. Nei primi giorni di marzo 2020 mia moglie Gioia mi informa che David Gerbi, nostro amico di famiglia da molti anni, sta organizzando un gruppo su Zoom con il titolo “Il potere trasformativo terapeutico della condivisione”. Dico a me stesso che questa sicuramente non sarà una coincidenza. Gli chiedo subito di essere ospitato nel gruppo di 21 persone. Lui naturalmente non si fa pregare e mi invita.