Un appello per la Memoria

A vent’anni dall’entrata in vigore della legge istitutiva del Giorno della Memoria, nella prestigiosa cornice dell’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica, si sono tenuti gli Stati Generali della Memoria. Un appuntamento ideato da Furio Colombo e Vittorio Pavoncello che ha visto diversi interventi legati al ruolo della Memoria oggi, al significato della didattica della Shoah e all’impegno condiviso a trasmettere ai giovani la lezione del passato. L’iniziativa, nata in coordinazione con la segreteria della senatrice a vita e Testimone della Shoah Liliana Segre, madrina del progetto, è stata realizzata dall’Università Telematica Internazionale Uninettuno, in collaborazione con la Fondazione Adriano Olivetti e la Fondazione Giacomo Matteotti. Ad aprire l’incontro, il messaggio inviato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte agli organizzatori. “Rivolgo un pensiero commosso alla memoria di quanti abbiamo perduto in quell’immane tragedia, ricordando oggi quel 16 ottobre 1943, giorno tristissimo per Roma, che fu purtroppo protagonista con il rastrellamento del Ghetto di una delle pagine più buie della sua storia”, le parole del Presidente Conte. A portare la propria testimonianza nel corso degli Stati generali, Edith Bruck, scrittrice di origini ungheresi sopravvissuta ad Auschwitz, che ha letto la poesia “27 gennaio 2020”. Alla storica Anna Foa è invece stato affidato il compito di tracciare il percorso che portò l’instaurarsi della dittatura fascista con una Lectio magistralis dal significativo titolo “Dall’omicidio Matteotti all’omicidio dei romani ebrei, violenze di un regime”.
All’evento, oltre a Colombo e Pavoncello, hanno partecipato Maria Amata Garito, rettore di Uninettuno, il viceministro agli Esteri Emanuela Del Re, Milena Santerini, Coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, Alberto Aghemo, vicepresidente e segretario generale Fondazione Giacomo Matteotti e Beniamino de’ Liguori Carino, segretario generale Fondazione Adriano Olivetti. A intervenire inoltre con un appello alla Memoria, la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. Di seguito il testo del suo appello.

16 ottobre 1943. La deportazione degli ebrei romani. 2091 persone che avevano un nome; dei nostri nonni e bisnonni. Dei bambini che furono i pochi sopravvissuti di oggi. Poi segue il fitto calendario delle altre razzie nelle altre comunità. E fu luce e fu buio per un’era intera.
Dopo le parole che ci hanno narrato la dimensione devastante di questa immane tragedia, l’unicità della persecuzione ebraica e della Shoah, i raccordi storici e il contesto geopolitico, il significato che si è voluto dare al Giorno della Memoria, le mie parole sono un messaggio, un appello.
Un appello preghiera che tutto questo sia non solo ascoltato, ma sostanziato con i nostri piccoli e grandi gesti, nelle dediche di scritti e nei monumenti eretti, nei giorni qualsiasi, nei giorni di festa, nei gironi di memoria che non è mero rito, negli impegni che assumiamo come persone e come istituzioni.
Un appello al minuto di silenzio. Yizkor. Per ricordare tutti coloro che sono stati deportati e che non sono tornati: ciascuno con il suo nome, il suo volto, le sue paure e sogni silenziati, il suo non essere diventato nulla nel “dopo”.
Un appello di Memoria e al dono della parola. Per ricordare coloro che sono sopravvissuti alle fauci dello sterminio, sopravvissuti nascondendosi in città e campagne, sopravvissuti lasciando la patria che hanno avuto il coraggio di riprendere la vita, donare le nostre nascite, raccontarci quanto vissuto.
Un appello per la verità di ciò che è stato. Una verità che non può mai esser negata, banalizzata, derisa, distratta in nome di una libertà assoluta di espressione del pensiero.
Un appello alla coerenza. Per riconoscere il crimine della discriminazione e persecuzione fascista, pari e non inferiore a quello della persecuzione nazista; al riconoscimento delle responsabilità italiane; per comprendere che l’antisemitismo ha alimentato secoli di odio e la Shoah, il 16 ottobre e tutte le deportazioni successive, non sono sospese nel vuoto della storia europea, ma ne sono una espressione estrema, fatta da uomini e donne, dai non ignoranti.
Un appello per fare comprendere che oggi ancora e di nuovo le parole di odio feriscono. E non solo le parole. Anche le pistole colpiscono.
Un appello per l’identità e la coscienza civile, comprendendo che l’offesa non è solo al popolo ebraico ma ai valori fondanti di una intera nazione, all’Italia ferita che si è dotata di costituzione. Costituzione che non è ferma al 1947, ma deve essere letta, vissuta, mai rinunciata.
Un appello affinché i silenzi diventino confessione e consapevolezza di verità.
Un appello per una riconoscenza ai giusti che hanno salvato mettendo a rischio la propria vita, ricordando che siamo tutti responsabili gli uni verso gli altri.
Un appello per la vita. Che continua, che va avanti attraverso i nostri figli e nipoti, che va difesa come valore supremo. E fu buio e fu luce, cosi reciteremo anche quest’anno ricordando la genesi e la creazione di un mondo che non deve conoscere quel male.

Noemi Di Segni, Presidente UCEI