Una lezione qualunque in un giorno qualunque
Ore 8.15: entro in classe; dovrei iniziare a segnare gli assenti ma bisogna capire se arriverà ancora qualcuno. È previsto che una ragazza partecipi a distanza e devo predisporre il collegamento.
Ore 8.25: in teoria dovrei cominciare la lezione ma tra password e tutto il resto sto ancora tentando di stabilire il collegamento con l’allieva, che non ha capito dove cercare l’invito alla videolezione. Qualcuno la chiama al telefono per spiegarglielo (la regola dei cellulari spenti è caduta per cause di forza maggiore).
Ore 8.35: mentre aspetto che l’allieva entri nella videolezione cerco di capire chi sono gli assenti. Ne risultano altri tre. Nuovo giro di telefonate per capire se per caso vogliono collegarsi anche loro. Ovviamente a ciascuno dei tre bisogna rispiegare da capo tutta la trafila per connettersi.
Ore 8.45: Siamo fortunati, si sono connessi tutti e tre. Intanto una ragazza dal fondo della classe sta cercando di dirmi qualcosa da sotto la mascherina. Non riesco a sentirla. I ragazzi improvvisano una sorta di telefono senza fili.
Ore 8.55: Esaurite felicemente tutte le questioni burocratiche finalmente posso iniziare la lezione. Accidenti, sono quasi le nove. Pazienza, per fortuna ho due ore di seguito.
Ore 9.05: Gli allievi collegati a distanza comunicano che non riescono a sentire più niente. Interrompo la lezione per capire dove sta il problema, mentre i ragazzi gridano suggerimenti di vario genere. Controllo microfoni, ecc. Sembra tutto ok ma quelli continuano a non sentire. Provo a chiudere e riaprire il collegamento. Ovviamente non posso dire “mi sentite?”, visto che non sentono, e quindi devo scriverlo nella chat dopo ogni tentativo.
Ore 9.15: Abbiamo appurato che non posso farci niente, è un problema di linea. Adesso sentono a scatti.
Ore 9.25: Pare che sentano di nuovo. Bene, possiamo proseguire con la lezione.
Ore 9.35: Condivido lo schermo del computer con gli allievi collegati a distanza per far vedere anche a loro le immagini che sto mostrando agli altri. A questo punto non posso più verificare se sono collegati ma confido che vada tutto bene visto che non stanno arrivando telefonate di protesta.
Ore 9.45: Più o meno ho finito quello che avevo previsto per la prima ora, possiamo passare all’argomento della seconda. Ma prima devo assegnare i compiti e capire se anche gli allievi collegati a distanza li hanno sentiti.
Ore 9.55: Tutto a posto, possiamo passare al secondo argomento: che lusso, abbiamo a disposizione ancora dieci minuti interi.
Ore 10.05: Finita la seconda ora, procedo a sanificare la cattedra per poi andare nell’altra classe. Controllo che escano solo uno o due allievi per volta, finché non arriva l’insegnante dell’ora successiva a darmi il cambio. Gli intervalli in cui si poteva andare in giro liberamente sono ovviamente un ricordo del passato.
Questa è la scuola in presenza. Non dico che non ne valga la pena comunque. Ma non posso negare di provare una certa insofferenza verso tutti i discorsi teorici sulla didattica fondati su una scuola che per ora (e per chissà quanto tempo) non esiste più. Tenere le scuole aperte è importantissimo. Ma non pensate che sia facile.
Anna Segre