L'UCCISIONE DEL NUMERO DUE DI AL-QAEDA NELLA CAPITALE IRANIANA
Nessuno ostacolo a colpire nel cuore di Teheran, Mossad e Cia avvertono l'Iran
L'eliminazione di Abu Muhammad al-Masri, numero due di al-Qaeda, nelle vie di Teheran è un chiaro messaggio di Stati Uniti e Israele al regime iraniano: abbiamo i mezzi e le capacità per colpire nel cuore della vostra capitale, obiettivi che pensavate di poterci nascondere. L'operazione condotta da due agenti del Mossad in collaborazione con gli Stati Uniti - svelata da uno scoop del New York Times - era infatti una missione estremamente complicata da portare a termine. “La possibilità di localizzare al-Masri, e poi di colpirlo, è la dimostrazione dell'eccezionale intelligence e capacità operativa del Mossad, messa al servizio degli Stati Uniti”, sottolinea il giornalista israeliano Ronen Bergman, coautore dello scoop del Times. Al-Masri, tra i responsabili degli attacchi alle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania nel 1998, era da anni nella lista nera della Cia, ma la sua presenza in Iran sotto falsa identità aveva complicato la possibilità di catturarlo o ucciderlo. Per questo gli Stati Uniti si sono rivolti al Mossad, già capace di mettere a segno diverse operazioni in Iran. “Far operare agenti in territorio nemico, seguire un bersaglio per un lungo periodo di tempo e infine decidere di eliminarlo - spiega un altro giornalista israeliano, Nir Dvori - tutto questo non sarebbe stato possibile senza l'alto livello di intelligence dei servizi israeliani. Le stesse capacità che hanno permesso l'esatta esecuzione della missione, hanno anche permesso agli agenti di tornare senza essere catturati”.
L'Iran ha negato tutto, ma, spiega Bergman, non poteva essere altrimenti. “È difficile trovare un elemento più lontano e odiato dalle autorità rivoluzionarie sciite in Iran rispetto ai movimenti jihadisti sunniti. Nonostante ciò, gli iraniani hanno ospitato nel lusso e per molti anni ampie sezioni della leadership di al-Qaeda, il più letale gruppo terroristico internazionale”, sottolinea il giornalista di Yedioth Ahronot.
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PAGINE EBRAICHE - DOSSIER ANZIANI
Una generazione resiliente
“En Brirà. Non c’è scelta, dobbiamo rispettare le regole, è inutile battere la testa contro il muro e lamentarsi. Facciamo quanto ci dicono e forse questo potrà abbreviare questo periodo così antipatico del covid-19. È l’unica arma che abbiamo a disposizione”. Dalla sua stanza nella Casa di Riposo “Salomon e Augusto Segre” di Torino, Ornella Sierra non nasconde la difficoltà dell’isolamento, ma il tono è energico e sorridente. “Ho 92 anni e sono trattata benissimo. Mi hanno fatto il tampone in questi giorni e sono risultata positiva, fortunatamente sono asintomatica, ma devo rimanere chiusa in camera. Ma che ci possiamo fare?”. Televisione e giornali sono la compagnia della signora Sierra, moglie di rav Sergio Sierra z.l, che racconta di essersi trasferita nella casa di riposo della Comunità ebraica torinese su spinta della famiglia. “Buona parte dei miei parenti è in Israele, ma qui a Torino ho una figlia e due splendidi nipoti. Quando è morto mio marito, mi hanno suggerito di venire in casa di riposo e devo dire che mi trovo bene. C’è un bel clima ebraico ed è importante: sa, io e mio marito abbiamo dedicato la vita a questo, creare un’atmosfera ebraica nelle diverse comunità”. Al fianco rav Sierra, la signora Ornella si è spostata prima a Bologna, nel primo dopoguerra, e poi a Torino, e infine in Israele: “a Bologna il tempio era distrutto e non c’era praticamente nulla. Riprendemmo uno a uno gli ebrei in città per riportarli in comunità, per ricostruire una comunità. Erano anni difficili, ma mio marito era molto impegnato nell’educazione ebraica e sionista. E io con lui. Dodici persone da Bologna hanno poi fatto l’aliyah, ed è stata una bella soddisfazione”. Anni di ricostruzione su cui si poggia l’ebraismo italiano di oggi. “Ora sono una nulla facente”, aggiunge ridendo Segre. L’isolamento e la notizia della positività al covid-19 non le hanno tolto il buon umore. Così come non l’hanno tolto a una delle ospiti della Residenza Anziani Arzaga di Milano. Anche lei è risultata positiva al covid-19 e come la signora Sierra non ha avuto sintomi. Chiede riserbo sul suo nome, ma racconta la sua esperienza. “Dopo che mi hanno fatto il tampone e sono risultata positiva, mi hanno trasferita al Sacco. Non avevo sintomi e mi hanno messo in una stanzona con un’altra persona. Le infermiere mi hanno chiesto di chiamarle solo se necessario, spiegando che per entrare in stanza si devono vestire di tutto punto. Io ho capito, ma l’altra signora non aveva molto recepito il messaggio. Comunque al Sacco sono stati bravissimi, come lo sono in casa di riposo. Ora sono in isolamento, ma tanto non ho l’età per andare in discoteca”, il racconto di una ultraottantenne ancora in pieno spirito.
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L'APPELLO DEL QUOTIDIANO DEL MAGNATE REPUBBLICANO SHELDON ADELSON
"Trump accetti la sconfitta"
Ottantasette anni, self made man, Sheldon Gary Adelson è il re dei casinò. Presidente della Las Vegas Sands, è al dodicesimo posto nella lista stilata da Forbes dei 400 uomini più ricchi d'America. Nato Boston da Sarah e Arthur, ebrei originari dell'Ucraina, ha creato quasi dal nulla la propria ricchezza. Considerato uno squalo negli affari, oggi è uno dei più importati sostenitori del partito Repubblicano. Da anni i candidati repubblicani alla Casa Bianca si rivolgono a lui per ottenere i finanziamenti necessari alle campagne elettorali. Non ha fatto eccezione quest'ultima dura sfida, con l'enorme sostegno economico (75 milioni di dollari) dato all'attuale presidente Usa Donald Trump per ottenere la riconferma alla guida degli Stati Uniti. Riconferma che non c'è stata però, vista la vittoria del democratico Joe Biden alle elezioni del 3 novembre scorso. I risultati delle urne sono chiari, ma Trump non ha ancora concesso la vittoria al suo avversario, innescando diversi problemi per il passaggio di consegne che avverrà il prossimo 20 gennaio. L'attuale inquilino della Casa Bianca continua a sostenere l'esistenza di presunti brogli, senza però portare prove concrete. Per questo anche il super sostenitore Adelson - grande amico di Benjamin Netanyahu (suo è il quotidiano Israel Hayom, fortemente schierato al fianco dell'attuale Premier israeliano) - gli ha chiesto di farsi da parte. Lo ha fatto attraverso uno dei suoi media. “Trump rende un cattivo servizio ai suoi sostenitori più accaniti, insistendo sul fatto che avrebbe vinto le elezioni del 3 novembre in assenza di brogli elettorali. Questo è semplicemente falso”, si legge in un editoriale firmato dal comitato editoriale del Las Vegas Review-Journal, di proprietà del magnate dei casinò (che, come si vede nell'immagine, già domenica dava Biden come vincitore).
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L'INIZIATIVA DEL GRUPPO DI STUDI EBRAICI E DELLA COMUNITÀ DI TORINO
A che punto è Israele, il confronto online
Come sta rispondendo la società israeliana alla pandemia; quali sono le criticità, quali i punti di forza del paese in questa crisi globale; come se la cava il mondo della cultura; ma anche quale influenza avrà su Israele il cambio di amministrazione negli Stati Uniti. Sono alcuni dei temi al centro dell'appuntamento online “Zoom su Israele” organizzato dal Gruppo di studi ebraici in collaborazione con la Comunità ebraica di Torino oggi a partire dalle 17.30 (qui il link all'evento). Protagonisti dell'incontro: Gioia Perugia, Sergio Della Pergola, Menachem Gantz, Roberto Della Rocca. A condurre il dialogo a più voci, Sarah Kaminski.
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Bentornata Susan Sontag
Molti anni fa, Susan Sontag, in Malattia come metafora, un testo da molti anni scomparso e che l’editore Nottetempo manderà di nuovo in libreria il prossimo 19 novembre, metteva in guardia dal non considerare le malattie come malesseri morali e guasti della psiche “La malattia – scriveva nelle prime righe di quel testo – non è una metafora”. E poi aggiungeva: “La maniera più corretta di considerarla – e la maniera più sana di esser malati – è quella più libera da pensieri metaforici”. Ci manca questa sana visione materiale persi nel complottismo e nella caccia idolatrica al colpevole. Bentornata Susan Sontag!
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L’impero del falso
Un tempo si falsificavano oggetti commerciali di valore e li si spacciava per autentici. Oggi lo si fa anche e soprattutto con le informazioni e le notizie. Una cosa non ha sostituito l’altra; semplicemente, si sono in parte sommate e in parte sovrapposte. In fondo, entrambe hanno il medesimo obiettivo di fondo, quello di trarre un illecito profitto inducendo gli ingannati a credere nella bontà di quanto viene offerto loro, orientandone quindi i comportamenti e le scelte. Di natura economica e mercantile ma anche sul versante politico. Il falso condivide, in tutte le circostanze, la medesima natura: serve a scompaginare volutamente il confine tra autentico e adulterato, confondendo le persone.
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