L’emergenza sanitaria sta generando un diverso rapporto con le città in cui viviamo, senz’altro più complesso ma anche ricco di opportunità. Nel dossier “Itinerari” su Pagine Ebraiche di gennaio in distribuzione abbiamo scelto di proporvi sei percorsi di consapevolezza in altrettanti grandi centri, sulle tracce di personaggi talvolta un po’ dimenticati ma che hanno ancora molto da raccontarci.
Partiamo dalla Torino di Bianca Guidetti Serra, che fu avvocato, parlamentare e grande protagonista della storia del Novecento. A rappresentare una svolta, nella sua vita, la promulgazione delle leggi razziste: “È stata la ragione per cui mi sono schierata da una certa parte”, avrebbe raccontato in una intervista per i suoi 90 anni. Il che, aggiungeva, “ha saldato i rapporti con quel gruppo di amici ebrei che comprendeva mio marito e Primo Levi”. È un itinerario quindi alla riscoperta della meglio gioventù torinese, che il suo no al fascismo lo esternò su un piano sia teorico che pratico con l’adesione alla Resistenza.
Andiamo poi a Milano per ripercorrere la vita Israel Kalk, ebreo lituano che in tempo di guerra ebbe il merito di istituire la “Mensa dei Bambini”. Uno spazio di convivialità ma anche di studio e intrattenimento che rappresentò, per centinaia di giovanissimi, un vero e proprio spazio di luce.
Il viaggio prosegue a Venezia, sulle tracce di un medico eroe: Giuseppe Jona, presidente della Comunità ebraica lagunare dal ‘41 fino alla morte, avvenuta nel settembre del ‘43. Spesso ricordato solo per l’estremo atto del suicidio, fu uno dei più grandi veneziani del Novecento. Primario all’ospedale civile, presidente dell’Ateneo Veneto ma anche fondatore di un ambulatorio gratuito riservato agli indigenti. Impegno che gli valse il titolo di “medico dei poveri”.
A Firenze l’itinerario incontra invece i luoghi di due figure simbolo dell’antifascismo: Carlo e Nello Rosselli. Ricostruiamo il loro attivismo attraverso un’esperienza straordinaria, di cui furono i primi animatori: la pubblicazione clandestina Non Mollare, uscita dal gennaio all’ottobre del 1925 e nata proprio nella loro abitazione in via Giusti.
Un altro oppositore del regime fu senz’altro Pacifico Di Consiglio, meglio noto come “Moretto”: a Roma, anche durante l’occupazione nazista, affrontò a testa alta sia fascisti che SS. Una vicenda che si snoda dall’antico Ghetto fino a Porta San Paolo, dove lo ritroviamo a combattere al fianco delle truppe americane per la liberazione della Capitale.
Ultima sosta è a Napoli, nel ricordo di un grande filantropo e mecenate: Giorgio Ascarelli. L’itinerario lo racconta nelle sue molteplici sfumature: imprenditore, uomo attento al sociale e pioniere del mondo del pallone.
(Nell'immagine in alto la "Mensa dei bambini" istituita a Milano da Israel Kalk)
Il bel libro di Lia Tagliacozzo, La generazione del deserto. Storie di famiglia, di giusti e di infami durante le persecuzioni razziali in Italia (Manni, San Cesario di Lecce 2020) non può lasciare indifferenti. Dico subito che non ne scriverò una recensione vera e propria, che metta il lettore in condizioni di farsi un’idea complessiva del volume: già l’hanno fatto bene altri su queste pagine e non credo di poter fare di meglio. Il libro va letto e invito a farlo. E non posso non scriverne, provando a interloquire con la scrittura brillante e spigliata dell’autrice, che si butta in un violento corpo a corpo con i mostri interiori che popolano l’immaginario di noi generazione di mezzo. Parlo dei nati negli anni Sessanta del Novecento, figli dell’ottimismo del baby boom, generati da genitori che si erano salvati chissà come dalla guerra.
Le notizie che arrivano dagli Usa sono davvero sconcertanti. In parte la nostra inquietudine è temperata dalle parole di condanna dell’assalto al Campidoglio che, almeno per ora, sembrano quasi unanimi, anche da parte di amici di Trump come Johnson o Netanyahu, e dalle scelte responsabili di molti politici repubblicani; dall’altra parte non è per nulla tranquillizzante leggere e ascoltare che il 45% degli elettori di Trump si sarebbe invece dichiarato favorevole. Chissà se anche tra gli ebrei che hanno votato Trump – in assoluto una minoranza – c’è una percentuale così alta, quasi metà, che appoggia questo assalto alla democrazia o per lo meno non ne riconosce la pericolosità.
Mi sento di intervenire, come armeno e come co-fondatore di Gariwo, sul tema della Memoria, per ribadire il valore della comunanza di storia e memoria per prevenire i genocidi. Il ruolo cruciale della memoria si è costituito soprattutto in riferimento al Novecento, il secolo dei genocidi, fino a temere che la memoria sopravanzi la storia, ma soprattutto che, dilatandosi ai crimini contro l’umanità, dal passato al presente, banalizzi o indebolisca la centralità della Shoah. Ne è nato un dibattito a volte aspro e divisivo. Non è questa la mia posizione.
"E Moshè rispose dicendo: ma essi non mi crederanno” (Shemòt 4;1). Con questa parashà inizia il libro di Shemòt, chiamato “sefer ha gheullà – il libro della redenzione”, in cui si racconta della schiavitù e della liberazione del popolo ebraico dall’Egitto.
L’incontro di Moshè con il Signore, nell’episodio del roveto ardente, ci mostra la grande umanità di Moshè e il timore di non essere all’altezza dell’incarico datogli da D-o.
L’assalto a Capitol Hill da parte dei manifestanti pro-Trump ha lasciato sicuramente dubbi, timori e molte domande. Forse non proprio stupore, perché conoscendo il personaggio e i suoi principali sostenitori con il loro spregio verso le istituzioni e il desiderio di seminare il caos, era possibile aspettarsi anche qualcosa di peggiore. Gli eventi di mercoledì sono stati più che un tentato golpe, una pericolosa pagliacciata, una pagliacciata che comunque è costata la vita a cinque persone e che aveva come scopo il sabotaggio di una democrazia e di un risultato elettorale.