Avere fiducia
“E Moshè rispose dicendo: ma essi non mi crederanno” (Shemòt 4;1).
Con questa parashà inizia il libro di Shemòt, chiamato “sefer ha gheullà – il libro della redenzione”, in cui si racconta della schiavitù e della liberazione del popolo ebraico dall’Egitto.
L’incontro di Moshè con il Signore, nell’episodio del roveto ardente, ci mostra la grande umanità di Moshè e il timore di non essere all’altezza dell’incarico datogli da D-o.
Fanno notare i chakhamim del Talmud, a proposito della frase sopracitata che:
“Colui che dubita di chi è kasher viene colpito fisicamente” (T. B. Shabbat 97 a); infatti più avanti il testo ci narrerà che: ‘la sua mano divenne lebbrosa, bianca come la neve’ (Shemòt 4;7)”.
Con questo insegnamento, i chakhamim ci dicono che non bisogna mai dubitare di chi si trova nella condizione di essere nel giusto. In seguito infatti la Torà ci narrerà che gli ebrei ebbero fiducia nelle parole di Moshè e in ciò che D-o aveva promesso loro.
La ricompensa per la fiducia in D-o e in chi insegna le sue mizvot è proprio la gheullà, riguardo a ciò che è scritto: “Ed ebbero fiducia nel Signore ed in Moshè suo servo; dunque canterà Moshè e i figli di Israele questa cantica” (Shemòt 15;1).
Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna
(8 gennaio 2021)