Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     17 Febbraio 2021 - 5 Adar 5781

LA NOMINA DEL BRITANNICO KARIM KHAN

Un nuovo procuratore alla Corte penale internazionale,
Israele spera nel cambio di rotta

La speranza d’Israele è che il nuovo procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), il britannico Karim Khan, non segua le orme del precedessore, la gambiana Fatou Bensouda. E non porti avanti l’indagine, messa in piedi dalla stessa Bensouda, contro le autorità israeliane per presunti crimini compiuti a Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est. Non ci sono indicazioni a riguardo, ma gli esperti israeliani guardano con un cauto ottimismo all’arrivo di Khan, il cui incarico inizierà a giugno e durerà nove anni. Avvocato con una grande esperienza in tema di giustizia internazionale, Khan è attualmente alla guida della commissione d’inchiesta dell’Onu sui crimini dell’Isis. Secondo la parlamentare israeliana Michal Cotler-Wunsh, che si occupa delle questioni relative alla Cpi, Khan “racchiude il potenziale per fare in modo che la Corte adempia alla sua importante missione: sostenere, promuovere e proteggere i diritti di tutti coloro che hanno bisogno della sua rappresentanza come tribunale di ultima istanza”. Un compito che, ha più volte dichiarato Cotler-Wunsh, la Corte al momento non persegue. E lo dimostra, aggiunge la parlamentare israeliana, l’indagine voluta da Bensouda sulla questione palestinese e su cui la Corte ha dichiarato di avere giurisdizione, nonostante Israele non sia tra i paesi membri della stessa Cpi. “Data questa prova di parzialità e le imperfette basi legali presentate, sembra che l’indagine della Corte serva solo interessi politici unilaterali, e non persegua un’agenda legale o per i diritti umani”, spiegava in un editoriale Cotler-Wunsh, chiedendo un cambio di approccio. Non è detto che Khan porti a questo cambiamento. Ma tra i candidati che erano in lizza per la nomina a procuratore capo, era quello considerato meno ostile a Israele.

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LA FESTA VALDESE E IL SIGNIFICATO PER IL MONDO EBRAICO

17 febbraio, prospettiva comune

“Prendendo in considerazione la fedeltà ed i buoni sentimenti delle popolazioni Valdesi, i Reali Nostri Predecessori hanno gradatamente e con successivi provvedimenti abrogate in parte o moderate le leggi che anticamente restringevano le loro capacità civili. E Noi stessi, seguendone le traccie, abbiamo concedute a que’ Nostri sudditi sempre più ampie facilitazioni, accordando frequenti e larghe dispense dalla osservanza delle leggi medesime. Ora poi che, cessati i motivi da cui quelle restrizioni erano state suggerite, può compiersi il sistema a loro favore progressivamente già adottato, Ci siamo di buon grado risoluti a farli partecipi di tutti i vantaggi conciliabili con le massime generali della nostra legislazione”.
È la svolta sancita dalle Lettere Patenti firmate il 17 febbraio del 1848 dal re Carlo Alberto. La fine di una parte significativa delle vessazioni ancora in vigore contro la minoranza valdese, spesso vittima nei secoli di persecuzioni e violenze. E il preludio alla successiva abolizione delle discriminazioni contro i cittadini ebrei, che verrà ratificata il 29 marzo dello stesso anno attraverso regio decreto. “La differenza di culto – si stabilirà, marcando anche in questo ambito un importante cambio di passo – non forma eccezione al godimento dei diritti civili e politici ed alla ammissibilità alle cariche civili e militari”.
Quello di valdesi ed ebrei è stato spesso un percorso comune. Dalle primi basi gettate a metà Ottocento alla più recente stagione delle Intese siglate con lo Stato italiano: un percorso nel segno di emancipazione, diritti, pluralismo.
Il 17 febbraio, da tempo, si è imposto come data civile di festa e riflessione su temi che rendono questo anniversario qualcosa di molto speciale anche per il mondo ebraico. In particolare a Torino, dove la Comunità ebraica partecipa da anni alla tradizionale cerimonia del “Falò della libertà”. E dove la Mole Antonelliana, proprio in occasione del 17 febbraio, si è accesa con un messaggio di impegno contro ogni forma di odio e antisemitismo.

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PAGINE EBRAICHE - FEBBRAIO 2021

High Tech israeliano, il contributo della diversità

In Israele il settore dell’High Tech è uno di quelli con i redditi più elevati ed è quello che ha meglio resistito alla crisi economica provocata dalla pandemia. Tuttavia non ha creato nuovi posti di lavoro ed è poco “inclusivo” nei confronti delle fasce sociali più deboli: tra i suoi addetti ci sono poche donne, pochi ebrei haredi e pochi cittadini arabi. Per quali motivi questo settore non riesce a “diversificare” la composizione della sua manodopera, rinunciando spesso a crescere, vista la difficoltà di assumere manodopera straniera?
Il problema del “nanismo” e della scarsa “inclusività” di questo settore non è nuovo: da circa 20 anni l’high tech rappresenta solo il 10% degli occupati in Israele, con circa 300 mila addetti. Nei mesi scorsi l’Autorità Nazionale israeliana per l’Innovazione ha analizzato il problema e ha individuato 5 fattori che spiegano questa scarsa “inclusività”, che è più acuta nelle piccole imprese e nelle start-up che non nelle grandi imprese high-tech, che possono permettersi il costo di formare “in casa” i propri dipendenti.

Aviram Levy, economista

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L'INIZIATIVA DI COMUNITÀ E BENÈ BERITH

Da rav Chidà al rav Toaff,
Livorno ricorda i suoi Maestri

Chaim Yosef David Azulai (detto Chidà o Hida) nacque a Gerusalemme nel 1724. Tra i più influenti rabbini del suo tempo, viaggiò in numerose comunità del Nord Africa e d'Europa e scelse infine come luogo di residenza la città di Livorno. Un periodo di intensi studi, nel segno della straordinaria atmosfera di apertura e confronto che caratterizzò quella fase storica. “Uno dei primi dieci rabbini di ogni epoca, l’essenza dell’ebraismo sefardita” il pensiero espresso da rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano e attuale presidente Ari, in occasione dell'uscita del diario Ma’agal Tov – Il buon viaggio tradotto in italiano, per l'editore Salomone Belforte, dal rav Alberto Moshe Somekh. Il legame degli ebrei livornesi con l'antico Maestro è rimasto saldo. Per ricordarlo, questa domenica, si svolgerà una commemorazione in suo ricordo e in ricordo dei rabbini che hanno fatto grande la Livorno ebraica. A promuoverla in raccordo con la Comunità, la sezione locale del Benè Berith. Una giornata, viene spiegato, "a contatto con la luce".
 

(Nell’immagine la traslazione dei resti del rav Azulai avvenuta nel 1960 alla presenza del rav Alfredo Shabbetai Toaff e di suo figlio rav Elio Toaff)

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Ticketless - Il generale inverno
La crisi politica di queste settimane, almeno al nord, ha coinciso con una ondata di gelo come non si vedeva da anni. Fontane ghiacciate, souvenirs d’enfance quando ai bambini la sera si faceva mettere una ciotola dì acqua con due chicchi di caffè. La mattina scodellavi come dal secchiello di sabbia in spiaggia e ti rimaneva in mano un igloo semovente con due occhietti che ti guardavano curiosi. Nonni che suggerivano di accucciarsi nel letto freddo a forma di N e consentivano la prelibatezza, altrimenti vietata, del “burgundi” (da dove venisse questa parola non so).
Alberto Cavaglion
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Due pesi e due misure
Davvero non fa piacere alzarsi la mattina e ritrovarsi in uno Stato razzista. Non posso che esprimere il mio disgusto per questo Paese che non produce e distribuisce il vaccino alla Svizzera. Come mai? Perché non ci occupiamo dei nostri vicini di casa? Ma non capiamo che finché il virus circola a fianco a noi nessuno sarà al sicuro? Siamo propri accecati dal nostro egoismo, dal nostro becero nazionalismo, dalle nostre pulsioni razziste. Ah no, scusate, mi sono confuso, volevo parlare di Israele, unico Paese al mondo ad essere accusato di non vaccinare i cittadini di altri territori, da dove, tra l’altro, arrivano ogni giorno razzi, palloni incendiari, da dove partono tunnel da cui spuntano commando terroristi che accoltellano ragazze mentre dormono nella propria casa.
Davide Assael
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Periscopio - Giustizia
La possibile messa in stato di accusa di Israele innanzi alla ICC (International Criminal Court) de l’Aia, su richiesta della Procura della Corte Internazionale, è già stata oggetto di molteplici commenti, di vario tenore, su svariati mass media, e anche sulle colonne di questo giornale (in particolare, in un attento e dettagliato resoconto pubblicato lo scorso venerdì 12 febbraio, a firma di Daniel Reichel). E al tema, tra l’altro, è stato dedicato un interessante webinar, promosso dalla Federazione delle Associazioni Italia-Israele, svoltosi lo scorso mercoledì 10 febbraio, nel quale si sono potute ascoltare le voci di diversi commentatori, a cominciare da quelle dell’Ambasciatore di Israele, Dror Eydar, e del Presidente della Federazione, Giuseppe Crimaldi.
La vicenda si presta a diverse considerazioni, le quali andrebbero articolate su tre distinti piani: giuridico, politico e morale. 
Francesco Lucrezi
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