Un nuovo procuratore per la Cpi
Israele spera nel cambio di rotta

La speranza d’Israele è che il nuovo procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), il britannico Karim Khan, non segua le orme del suo precedessore, la gambiana Fatou Bensouda. E non porti avanti l’indagine, messa in piedi dalla stessa Bensouda, contro le autorità israeliane per presunti crimini compiuti a Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est. Non ci sono indicazioni a riguardo, ma gli esperti israeliani guardano con un cauto ottimismo all’arrivo di Khan, il cui incarico inizierà a giugno. Avvocato con una grande esperienza in tema di giustizia internazionale, Khan è attualmente alla guida della commissione d’inchiesta dell’Onu sui crimini dell’Isis. Secondo la parlamentare israeliana Michal Cotler-Wunsh, che si occupa delle questioni relative alla Cpi, Khan “racchiude il potenziale per fare in modo che la Corte adempia alla sua importante missione: sostenere, promuovere e proteggere i diritti di tutti coloro che hanno bisogno della sua rappresentanza come tribunale di ultima istanza”. Un compito che, ha più volte dichiarato Cotler-Wunsh, la Corte al momento non persegue. E lo dimostra, aggiunge la parlamentare israeliana, l’indagine voluta da Bensouda e su cui la Corte ha dichiarato di avere giurisdizione, nonostante Israele non sia tra i paesi membri della stessa Cpi. “Data questa prova di parzialità e le imperfette basi legali presentate, sembra che l’indagine della Corte servirà interessi politici unilaterali, e non un’agenda legale o dei diritti umani”, spiegava in un editoriale Cotler-Wunsh, chiedendo un cambio di approccio. Non è detto che Khan porti a questo cambiamento. Ma tra i candidati che erano in lizza per la nomina a procuratore capo, era quello considerato meno ostile a Israele.

Da qui la cauta soddisfazione di Gerusalemme. “Se Khan vuole ripristinare la credibilità della Corte deve porre fine a questa politicizzazione e cercare di convincere le maggiori potenze affinché la Cpi si occupi effettivamente di crimini di guerra”, il commento del politologo israeliano Emmanuel Navon, membro del Jerusalem Institute for Strategy and Security, al Times of Israel. Con il sito d’informazione ha parlato anche Eli Bar-On, vice avvocato generale dell’esercito israeliano dal 2012 al 2015, che però non crede nel cambio di rotta. Gli Stati membri “non lo avrebbero sostenuto se avessero pensato che non avrebbe portato avanti l’indagine – ha dichiarato Bar-On – Non mi è del tutto chiaro perché tutti qui stiano celebrando la sua elezione. “Non vedo come Khan possa decidere di non aprire un’indagine. – ha aggiunto Bar-On – ma arrivare allo situazione in cui emetterà mandati d’arresto è tutta un’altra storia”. Per il giurista dell’esercito, la Corte, sotto pressione americana e di altri paesi Ue come la Germania, potrebbe comunque decidere di dare priorità a questioni molto meno discusse. “Sarà del tutto legittimo se deciderà di portare avanti casi meno controversi, indagini che hanno più probabilità di raggiungere condanne, indagini su paesi che sono Stati membri, senza entrare in questioni di giurisdizione”. Qualsiasi direzione scelga, ha spiegato Bar-On al Times of Israel, Khan sarà un osso duro per chiunque dovesse finire sotto la sua lente. “Conosce tutti i manuali del gioco e tutti i trucchi degli imputati e dei loro avvocati”.

dr