L'ANNIVERSARIO DELLA RIVOLTA E IL DIBATTITO SULLA MEMORIA IN POLONIA 

Ghetto di Varsavia, un narciso per non dimenticare
le donne e gli uomini che lottarono per la libertà
  

Un narciso giallo per ricordare i combattenti, donne e uomini, che il 19 aprile 1943 diedero inizio all’eroica rivolta del ghetto di Varsavia. Come ogni anniversario, il fiore primaverile, simbolo di rinascita, fa capolino nelle diverse commemorazioni dedicate alla celebre insurrezione. E quest’anno il narciso fa anche da sfondo al grande murale dipinto nei pressi della stazione metropolitana Centrum di Varsavia. In primo piano, i volti di alcune delle donne che parteciparono all’insurrezione. Come racconta il Museo della storia degli ebrei polacchi Polin, per la prima volta quest’anno è stato scelto un tema per le celebrazioni: le donne combattenti, appunto. E così sul grande murale compaiono i sorrisi di Niuta Tajtelbaum, “la piccola Wanda con le trecce”, come era soprannominata nelle liste dei più ricercati dalla Gestapo; di Tosia Altman, che riuscì a contrabbandare all’interno del ghetto armi ed esplosivi; di Shoshana (Emilka) Kossower, che aiutò molte persone a fuggire dalla stretta tedesca e partecipò all’operazione di salvataggio di Emanuel Ringelblum dal campo di lavoro di Trawniki; di Rachel Zylberberg, o Sarenka, tornata nel ghetto per avvisare tutti che fuori i nazisti non risparmiavano nessuna vita ebraica. Loro e altre donne saranno le protagoniste delle commemorazioni di quest’anno, con una campagna che ha preso il via anche sui social. Segno distintivo, sempre il narciso, con persone da tutto il mondo a condividerlo sui propri profili. Tra loro, anche i diplomatici israeliani: il ministro degli Esteri israeliano Gabi Ahskenazi in primis, che si è fatto ritrarre con il celebre fiore.
Perché proprio il narciso? A sceglierlo come simbolo era stato Mark Edelman (1919-2009), l’ultimo comandante sopravvissuto alla rivolta del ghetto, che per anni aveva ricevuto un bouquet di narcisi da un mittente anonimo nel giorno dell’anniversario dell’insurrezione.
La Polonia vive dunque in queste ore un momento di memoria collettiva importante. Ma in tema di Memoria il paese è segnato da divisioni e preoccupanti tentativi di reviosionismo. Ultimo caso, la nomina da parte del ministero della cultura di Beata Szydlo, ex primo ministro e membro di punta del partito di governo Diritto e Giustizia, nel consiglio di amministrazione del museo di Auschwitz-Birkenau. Una scelta politica che ha portato alle dimissioni di tre membri del Consiglio (su nove totali): il filosofo Stanislaw Krajewski, seguito dagli storici Marek Lasota e Krystyna Oleksy. “Interpreto [la nomina] come una politicizzazione del Consiglio – ha scritto Krajewski, ex leader dell’ebraismo polacco – In una tale situazione, non vedo alcuna possibilità per me di continuare la mia funzione in questo ambito”. 

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IL DOSSIER SCACCHI SU PAGINE EBRAICHE DI APRILE

Re, regine e racconti di identità
  

Il distanziamento sociale è da sempre parte degli scacchi. Un tempo infatti si poteva giocare a distanza, scambiandosi le mosse per lettera. Oggi è tutto ancor più semplice, grazie alla rete. E tra gli appassionati che vi gioca- no online, sia nelle partite veloci con scacchiere e pezzi virtuali sia attraverso un botta e risposta via mail, c’è lo scrittore triestino Mauro Covacich. Lo ha raccontato in un ampio reportage sul Corriere della Sera, spiegando come durante il gioco tra i due sfidanti si crei una “intimità non solo psicologica e banalmente cerebrale, ma oserei dire profondamente umana". Grazie agli scacchi si intravede dunque un po’ della personalità dell’altro. “Io sono troppo scarso per poter dire di avere un’identità da scacchista – dice a Pagine Ebraiche – ma per i grandi giocatori, i Fischer, i Kasparov, i Karpov, è un discorso che può valere”.

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PECHINO 2022, L'OBIETTIVO DELL'ISRAELIANA GEORGIE COHEN 

“Mio nonno perse le Olimpiadi per Hitler,
io ci andrò anche nel suo nome”

Maurice Cohen era uno sportivo a tutto campo. Eccelleva nel cricket e nell’hockey, ma soprattutto nella pallanuoto. Bravo al punto da diventare un pilastro della nazionale inglese e in particolare della sua selezione olimpica. 
Partecipare ai Giochi, vedere la bandiera a cinque cerchi sventolare davanti a sé, è il sogno di ogni atleta. Per lui però si trasformò in incubo, trattandosi dell’edizione più infelice di sempre: quella del ’36, nella Berlino dove già da tre anni sventolava anche la svastica.
Cohen sarebbe partito comunque. Furono i dirigenti della federazione britannica a farlo desistere: “Sei ebreo, è troppo pericoloso. La tua sicurezza personale viene prima di ogni altra considerazione”. 
Una storia, tra le tante, che hanno caratterizzato quell’infausta edizione. Georgie Cohen, la nipote, l’ha sentita raccontare diverse volte in famiglia. Una motivazione in più a spingerla verso l’obiettivo che si è posta: portare Israele ai Giochi invernali di Pechino 2022. Georgie, 32 anni, è infatti l’atleta di riferimento dello skeleton. Una disciplina non certo tra le più praticate a quelle latitudini. Una scommessa, forse anche per questo, ancora più affascinante.

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PAGINE DI LETTERATURA CON ALBERTO CAVAGLION

Heinrich Böll e la Memoria in un romanzo

Dov'eri, Adamo? dello scrittore tedesco Heinrich Böll, pubblicato per la prima volta nel 1951, torna oggi nelle librerie italiane in una nuova edizione. E il critico Alberto Cavaglion, nell'ultima puntata di pagine di letteratura, spiega perché sia una lettura importante e innovativa, per quanto molto difficile da affrontare. “È un romanzo con una struttura a spirale che finisce con l'inghiottire il lettore dentro una morsa tremenda. - spiega Cavaglion - È una condanna spietata della guerra, fatta con un occhio aspro, terribile, che non nasconde nulla, che mette in evidenza gli aspetti più crudeli dell'animo umano. E racconta la vicenda sentimentale di un soldato tedesco che, nell'ultimo periodo della seconda guerra mondiale, vive la ritirata del Terzo Reich dal fronte orientale. Da una non identificata città ungherese dove assiste alla deportazione degli ebrei locali. Soprattutto segue le vicissitudini di una ragazza di cui si era innamorato”..

IL PREMIO CONFERITO DAL MUSEO ISRAELIANO "ANU" 

Verso Shabbat, tra caos e gioia:
la foto di Elia in mostra a Tel Aviv

Nel maggio dello scorso anno l’allora 13enne Elia Catalucci era stato protagonista di una delle storie più emozionanti di un’Italia ebraica che provava a riaffacciarsi a una parvenza di normalità dopo i due mesi di lockdown. Suo uno dei primi Bar Mitzvah, la cerimonia che a 13 anni segna l’ingresso nella maggiore età religiosa, a svolgersi in presenza. Mascherine, distanziamento sociale e una serie di particolari accorgimenti che non avevano minato lo spirito di una giornata fondamentale nella vita di ogni giovane ebreo. Una festa per la sua famiglia e per tutta la Comunità di Firenze.
Tra pochi mesi Elia, che vive a Pistoia, si iscriverà al Liceo Scienze Umane. Suona il violino, fa atletica leggera, frequenta il Tempio e il Talmud Torà fiorentino. Ma soprattutto sembra avere un precoce talento da fotografo. Per il secondo anno consecutivo ha infatti vinto il concorso “The Jewish Lens” promosso dall’ANU-Museum of the Jewish People di Tel Aviv. Nel 2020 la giuria aveva mostrato di apprezzare “Vaerà”, una foto d’intimità familiare dedicata allo studio dell’omonima Parashah (la porzione di Torah che si legge al Sabato). Tra gli scatti selezionati quest’anno c’è invece Shabbes, che ritrae la madre Sara Valentina insieme a quattro dei suoi cinque fratelli (uno dei quali, in quel momento, ancora nella pancia).

L'utopia del Bund 
78 anni fa, la data civile è il 19 aprile 1943, il ghetto di Varsavia iniziava la sua disperata rivolta. A combattere erano i giovanissimi, quelli che a Varsavia, come in tanti altri ghetti, trovarono la forza per resistere. Come diceva Marek Edelman, uno dei pochi leader sopravvissuti della rivolta, per morire con le armi in mano, non per sopravvivere. Quei ragazzi che combatterono eroicamente e con pochissime armi contro le forze soverchianti dei nazisti erano anche, del ghetto, i più politicizzati. Sionisti, comunisti, socialisti del Bund. E proprio in questi giorni, il 22, un convegno internazionale ricorda a Genova il Bund. Il Bund, un protagonista di quel mondo e di quegli anni, distrutto dai nazisti e dai comunisti di Stalin, oggi dimenticato o trascurato dai più.
Anna Foa
Oltremare - L'amalgama d'Israele
Se non si fosse notato, il paese è piccolo, e capita di finire in altre città anche non vicinissime a fare spese, soprattutto quando le spese non sono quelle di tutti i giorni. Di recente, per esempio, sono finita prima a Or Yehuda e poi a Natanya, nel primo caso in sopralluogo per sostituire la macchina del caffè che si sta autodistruggendo e ogni settimana espelle pezzi che si suppone dovrebbero invece starci dentro, e nel secondo per una aggiunta al barbecue, sottoutilizzato a dir poco, che permette di fare la pizza come nel forno a legna. Il comune denominatore delle due ridenti cittadine, oltre al fatto di essere tecnicamente periferia dell'impero (ove l'impero ha sede in Tel Aviv), è di ospitare ristoranti e negozi tripolini, noti o meno noti, che forniscono cous cous e dolciumi tradizionali a tutti quelli che sanno chiedere la cosa giusta con il tono giusto e, possibilmente, in quantitativi da caserma.
Daniela Fubini
Controvento - A lezione di ebraico
È tutto cominciato con un CD sullo Shabbat, realizzato da una ragazza sudafricana, Nicky Newfield, dieci anni fa. Ne fu folgorata Chana Kanzen, insegnante elementare in una scuola ebraica a Londra, frustrata dai metodi di apprendimento dell’ebraico, antiquati e carenti di informazioni non didascaliche sulla vita ebraica e la storia di Israele.
Insieme le due giovani donne decisero di fondare una charity con l’obiettivo di dar vita a una piattaforma innovativa, Jewish Interactive dedicata all’insegnamento della lingua e delle basi della tradizione e della religione ebraica in modo divertente, stimolante, interattivo.
Viviana Kasam
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