IL VICEPREMIER LAPID E L'INCONTRO A ROMA CON IL SEGRETARIO DI STATO USA

"Intesa nucleare, non vogliamo scontro con gli Usa.
Fuori dai riflettori, faremo valere le ragioni d'Israele"

Intesa nucleare, conflitto tra israeliani e palestinesi, lotta al terrorismo, rapporti con i partner europei. Sono alcuni dei punti parte della fitta agenda romana del segretario di Stato americano Antony Blinken. Il capo della diplomazia Usa è arrivato nella capitale italiana e ha già incontrato in mattinata il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Ma l’appuntamento più atteso è per questa sera con il ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid, nel primo faccia a faccia tra il nuovo governo post-Netanyahu e l’amministrazione a guida Joe Biden. Un appuntamento atteso in cui probabilmente si discuterà di Iran così come del fragile cessate il fuoco siglato da Israele con i terroristi di Hamas. Entrambe le parti vogliono iniziare con il piede giusto, evitando di andare allo scontro. Per questo gli osservatori guardano con attenzione a come verrà gestito l’incontro a Roma, primo passo verso la costruzione di un rapporto tra Washington e il nuovo esecutivo di Gerusalemme. Lapid ha già dettato la linea ad esempio sul delicato tema Iran: lavorare dietro le quinte per fare in modo che gli Stati Uniti tengano in considerazione i suggerimenti israeliani nelle trattative sul nucleare con il regime di Teheran. Washington sembra intenzionata ad andare fino in fondo e ricucire l’accordo con l’Iran strappato dall’amministrazione Trump. Gli israeliani, critici di quell’intesa, vogliono avere voce in capitolo nella sua ricontrattazione. E per farlo, Lapid vuole usare la diplomazia. “Il primo ministro ed io abbiamo cambiato la politica israeliana riguardo a questo processo (sull’Iran) e gli americani sono stati felici di accettarlo”, ha dichiarato Lapid ai media locali. “Fino ad ora, Israele ha urlato che l’accordo non era buono; gli americani hanno risposto che non c’è un’alternativa migliore e sono andati avanti velocemente. Ora, Israele cercherà di spiegare, dimostrare e provare il suo caso agli americani attraverso contatti privati dietro le quinte", le parole del ministro degli Esteri israeliano.

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IL SIGNIFICATO DEL DIGIUNO 

17 di Tamuz e il dovere di ricordare

Ricorre oggi il digiuno del 17 di Tamuz. Come spesso avviene, il calendario ebraico ci proietta in una dimensione temporale, di pensieri di ricordi e riflessioni, molto diversa da quella che ci proviene dalla realtà quotidiana legata al calendario civile. In questa domenica di inizio estate, che induce a clima vacanziero siamo invece chiamati come popolo ebraico a ricordare eventi particolarmente tristi del passato e a chiederci il senso di queste memorie. La Mishnà (Ta’anit 4,6) riferisce alla data del 17 di Tamuz cinque diverse sventure: furono spezzate da Mosè le prime Tavole del Patto, alla vista dell‘idolatria del vitello d’oro; venne meno l’offerta del sacrificio quotidiano sull’altare, durante l’assedio posto dai babilonesi che avrebbe portato alla caduta del primo Santuario; fu inferta la prima breccia nelle mura di Yerushalaim, nel corso dell’assedio posto dalle truppe romane che avrebbe portato alla caduta del secondo Santuario. Altri due eventi tristissimi, di più incerti epoca, sono riferiti a questa stessa data del 17 di Tamuz: per la prima volta un Sefer Torà fu dato alle fiamme dai nemici e fu introdotta una statua nel Santuario. I Maestri ci tracciano dunque un percorso di eventi funesti che porta fino alla caduta di Gerusalemme nelle mani del nemico e infine alla distruzione del Santuario, destinata a cambiare radicalmente la condizione del popolo ebraico. Il punto di partenza è la rottura delle Tavole del Patto in conseguenza dell’idolatria; bisogna fare attenzione a non attribuire al termine idolatria un riferimento esclusivo a pratiche pagane del passato, è invece una grave forma di decadenza che può manifestarsi in ogni tempo, può manifestarsi, tra l’altro, quando una componente della nostra vita, dei nostri valori, dei nostri obiettivi, che avrebbero pure il loro giusto spazio, viene invece elevato a valore assoluto, a criterio principale, se non esclusivo di giudizio. Allora può esserci “avodà zarà” un servizio estraneo. L’idolatria non è sempre così evidente, persino nel caso del vitello d’oro c’è chi spiega che gli ebrei fossero convinti di poter utilizzare l’immagine forgiata nell’oro fuso per rivolgersi al Signore. Bisogna fare attenzione a non sostituire la avodat Hashem, il servizio veramente dedicato a D.O con un culto di cui pretendiamo noi di definire le forme e i modi.

Rav Giuseppe Momigliano

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QUI MILANO - LA CERIMONIA ORGANIZZATA NELLA SINAGOGA CENTRALE 

“La tragedia del Mottarone ha segnato tutti
Doveroso ringraziare i soccorritori”

Dai vigili del fuoco alla protezione civile, dalla Croce Rossa a carabinieri e alpini, dai medici ai sindaci. A tutti coloro che hanno prestato il loro aiuto e soccorso nella tragedia della funivia del Mottarone la Comunità ebraica di Milano, in collaborazione con quelle di Torino e di Vercelli, ha voluto dire grazie. Lo ha fatto organizzando una cerimonia nella sinagoga centrale di via Guastalla. Un’occasione per rendere omaggio a chi ha lavorato senza sosta durante l’incidente. E ha salvato la vita del piccolo Eitan Biran, il bimbo di cinque anni unico sopravvissuto alla strage.
“Grazie a tutti voi per ciò che avete fatto per Eitan” le parole del nonno materno Shmulik Peleg. Parole pronunciate in inglese con un grazie finale scandito in italiano e diretto alle donne e uomini in divisa davanti a lui. A loro si è rivolto anche il presidente della Comunità ebraica di Milano Milo Hasbani, sottolineando allo stesso tempo che la cerimonia voleva essere anche un momento “per ricordare insieme tutte le quattordici vittime dell’incidente”. Per questo, prima di un momento di preghiera, sono stati scanditi i loro nomi in sinagoga: Tal Peleg Biran, Amit Biran Tom Biran, Barbara Konisky Cohen, Itshak Cohen, Mohammadreza Shahaisavandi, Serena Cosentino, Silvia Malnati, Alessandro Merlo, Vittorio Zorloni, Elisabetta Personini, Mattia Zorloni, Angelo Vito Gasparro, Roberta Pistolato Gasparro.
“Siamo qui per ringraziare tutte le autorità, tutti coloro che hanno dato una mano in questo tragico incidente, che ha segnato profondamente la nostra comunità – ha dichiarato Hasbani in apertura di cerimonia – Ma siamo anche qui per esprimere pubblicamente le nostre condoglianze alle famiglie di tutte e quattordici le vittime della strage”. Hasbani, molto emozionato, ha poi ricordato il legame della Comunità milanese con Amit e Tal, la coppia di israeliani che ha perso la vita sul Mottarone assieme al figlio Tom e ai nonni. Ha richiamato la grande mobilitazione per il piccolo Eitan all’interno e all’esterno del mondo ebraico. “Sta meglio. Stiamo facendo di tutto per aiutare lui e la sua famiglia, seguendo ogni passo con grande discrezione”. Quante persone e istituzioni si siano adoperate per Eitan lo ha ricordato la zia del bambino, Gali. In una sua lunga lettera, letta dal marito in sinagoga, ha infatti citato tutti coloro che in queste settimane hanno fornito a vario titolo il proprio aiuto.

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DAFDAF 

Il bambino che amava il cinema

“Per illustrazioni briose ed eleganti, nervose e musicali, sempre contrassegnate da un sicuro possesso delle tecniche. Per un dialogo avvincente e serrato che pagina dopo pagina si dipana fra la storia e le immagini. Per l’efficacia narrativa di un testo sincopato e incisivo”.
È questa la motivazione con cui la giuria del premio Andersen ha scelto François Truffaut. Il bambino che amava il cinema scritto da Luca Tortolini e illustrato da Victoria Semykina (Kite edizioni) come vincitore della categoria albi illustrati.
Un albo con cui DafDaf aveva aperto la rubrica dedicata al cinema, a gennaio di quest’anno, scritto da un autore già comparso sulle pagine del giornale ebraico dei bambini nel 2015 grazie al suo Le case degli altri bambini illustrato da Claudia Palmarucci (ed. Orecchio Acerbo), un viaggio nelle abitazioni della nostra infanzia.
Dal numero 121 di DafDaf riprendiamo le pagine dedicate all’albo vincitore del premio Andersen, con un grande mazal tov all’autore.

(Disegno di Victoria Semykina)

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IL TOUR DE FRANCE E IL CICLISTA SIMBOLO DEL TEAM ISRAELIANO

La forza di Froome, il campione a terra
“Stringo i denti e vado avanti”

Un’immagine che è sembrata una sentenza: il grande campione a terra. Il volto contratto nel dolore, un accenno forse di pianto. Ma Chris Froome, per l’appunto, è un campione. Di lasciare un Tour de France appena alla prima tappa non se l’è sentita.
L’uomo simbolo della Israel Start-Up Nation è stato coinvolto nella seconda delle due terribili cadute nella tappa d’esordio della Grand Boucle. Una sequenza spaventosa, che ha fatto il giro del mondo.
Il ritiro sembrava inevitabile. Ma per il momento questa ipotesi è rientrata. In un video diffuso stamane l’esperto corridore britannico ha mandato un messaggio a tutti i suoi fan, rassicurandoli sulle sue condizioni di salute. Queste le sue parole: “Ho sbattuto abbastanza forte la gamba sinistra e il petto. Ho fatto esami in ospedale fino all’una di notte. Per fortuna non ho fratture, ma solo un sacco botte e graffi. Spero di sentirmi meglio nei prossimi giorni”.

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IL RISULTATO OTTENUTO DELL'ASSOCIAZIONE PER GIOVANI CEREBROLESI

 Tsad Kadima, l'esercito d'Israele apre le porte

Nata con l’obiettivo di favorire l’integrazione dei giovani cerebrolesi, l’associazione Tsad Kadima è da tempo un punto di riferimento e un centro propulsore di iniziative e progetti. L’ultimo dei quali, appena andato in porto, sembra destinato a lasciare un segno importante nella società israeliana. Si tratta dell’arruolamento di sette ragazzi di una scuola di Rishon LeTzion nell’orbita di Tsad Kadima, candidatisi a questa posizione come volontari. Compatibilmente con le proprie possibilità fisiche e attitudinali svolgeranno alcune attività in una base militare. Un fatto di enorme significato perché la legge, per i cerebrolesi, prevede in automatico l’esenzione dalla leva. Se questa possibilità si è aperta il merito è di Tsad Kadima. E della sensibilità dimostrata da un generale di riserva, Gaby Ophir.

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Sport e politica
Inginocchiarsi o no? Lo sport non è mai stato fuori dalla politica. E ogni volta è stato dichiararsi intorno ai valori: qualche volta sull’emancipazione, spesso sulla discriminazione. Qualche volta è stato glorificazione del proprio regime politico. In quel caso era propaganda.
                                                                          David Bidussa
Discriminare e proibire
Non è che ci sia poi troppo da stupirsi nel merito delle “ingerenze” che la Santa Sede avrebbe esercitato rispetto all’iter parlamentare del disegno di legge Zan, che intende punire, in quanto reati, le offese alle identità di genere e ai profili sessuali come tali. Poiché se da un lato il Vaticano, in quanto Stato tra gli Stati, ricorre alla politica come sua prerogativa sovrana, dall’altro si sa come da sempre consideri l’Italia in quanto territorio elettivo, sul quale esercitare una sorta di magistero rafforzato. Inutile quindi squadernare vecchie ma mai sopite polemiche. Il ddl Zan è peraltro oggetto di una lunga discussione, non solo nel merito del contenuto dei suoi articoli ma, in prospettiva, rispetto al più ampio margine di riflessioni che sollecita sul rapporto tra identità personale, suo riconoscimento giuridico e sociale, rispetto dell’individuo ma anche criteri per la sanzione delle discriminazioni in materia.
                                                                          Claudio Vercelli
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