IL DOSSIER SUL NUMERO DI LUGLIO DI PAGINE EBRAICHE

Musei, il momento di tornare in sala

I musei sono stati particolarmente colpiti dalla pandemia. Il 90 per cento ha chiuso le porte durante la crisi e, secondo il Consiglio Internazionale dei Musei (ICOM), più del 10 per cento potrebbe non riaprire più. “C’è un urgente bisogno di rafforzare le politiche che sostengono questo settore, che svolge un ruolo essenziale nelle nostre società per la diffusione della cultura, l’istruzione, la coesione sociale e il sostegno all’economia creativa”, aveva dichiarato il direttore generale dell’Unesco Audrey Azoulay nell’autunno scorso. Di fronte alla crisi e alle chiusure, molte istituzioni culturali hanno agito rapidamente per sviluppare la propria presenza in rete. Musei ebraici e israeliani non hanno fatto eccezione. È il tema al centro del dossier “Musei”, sul numero di luglio di Pagine Ebraiche in distribuzione, curato da Daniel Reichel.
Dall’Italia alla Polonia, dalla Germania a Israele, le varie realtà museali hanno lavorato per mantenere un contatto con il pubblico. Per garantire un’offerta culturale adeguata, nonostante l’impossibilità di accogliere nelle proprie sale i visitatori. Una penalizzazione forte perché, come spiega a Pagine Ebraiche la curatrice del Museo Polin Barbara Kirshenblatt Gimblett, “la struttura stessa di un museo ha una valenza pedagogica forte: l’architettura parla, è fondamentale. Il visitatore vive un’esperienza in un certo senso opposta a quella che si esperisce al cinema, dove si sta fermi e la storia di svolge davanti a noi: in un museo è il nostro movimento nello spazio che ci porta a scoprire la storia che vi è narrata, sono le nostre scelte di avanzare o soffermarci in un luogo oppure in un altro che condizionano quello che porteremo a casa a fine visita. Il rapporto del corpo con lo spazio, che è poi l’essenza dell’architettura, è fondamentale”. Anche solo andare al museo è dunque un passaggio importante dell’esperienza. Per non parlare dell’importanza di vedere un’opera dal vivo e non filtrata attraverso lo schermo di un computer o di un cellulare. La pandemia ha privato le persone di questa dialettica. Ma ha anche aperto la strada a un nuove offerte di contenuti multimediali di ottimo livello. Ha portato i musei a mettersi in gioco e riscoprire modi per raccontarsi. Una dinamica fondamentale dal punto di vista ebraico, in cui la narrazione è un elemento identitario.


“L’urgente necessità di staccarsi dalla materialità degli spazi espositivi, dalle sale e dai teatri, ci ha costretti a immaginare un ambiente digitale che offra un nuovo modo di vivere l’arte, un regno virtuale che permetta di raggiungere un pubblico molto più ampio e globale – spiega il direttore del Museo d’Arte Moderna di Tel Aviv Tania Coen-Uzzielli – In generale, questi tempi di corona ci hanno unito come comunità globale e hanno introdotto una nuova dimensione virtuale nelle nostre vite, garantendoci un accesso senza precedenti ai tesori dell’arte mondiale, a figure culturali di spicco, a esperienze uniche nella vita e ad una miriade di opportunità di apprendimento. Ma dobbiamo ricordare e ricordare al nostro pubblico che il contenuto digitale è solo un surrogato limitato che non può sostituire l’esperienza fisica, viscerale e potente di vedere una mostra o assistere a un concerto dal vivo”. Per questo l’invito di Coen-Uzzielli – anche nelle pagine di questo dossier – è quello di ritornare a calpestare gli spazi dei musei. Tornare a condividere questi luoghi che, sottolinea la direttrice del Museo ebraico di Francoforte Mirjam Wenzel, sono anche “presidi di cittadinanza e di partecipazione” dove porsi domande sulla società.

(Nell'immagine in alto l'esterno del Polin, il Museo della storia degli ebrei di polacchi)

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L'ULTIMO NUMERO DI DAFDAF

Un'estate nel segno dei libri

Si presenta già in copertina, sul numero 126 di DafDaf, l’ultima puntata della rubrica “Strega Comanda Color”. Sotto alla testata speciale che Paolo Bacilieri ha disegnato per le uscite estive del giornale ebraico dei bambini, l’illustrazione di Luisa Valenti è costruita proprio con uno dei due libri che presenta, “un leporello arcobaleno con carte fustellate di frutta e verdura, con cui fare giochi infiniti alla scoperta degli ibridi più strani”. L’altro, invece, “è un libro per i grandi e per chi le scienze le capisce bene solo se gli raccontano anche delle storie”. Si intitolano “Hello Tomato” e “La botanica del desiderio”, e mentre il primo è perfetto per giocare nelle lunghe serate estive il secondo è una miniera di informazioni curiose. Sulle mele, per esempio, come hanno già scoperto i giovani lettori di DafDaf.
Buona estate, buone letture!

Ada Treves twitter @ada3ves

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LA PRESIDENTE UCEI AL FESTIVAL DEI DUE MONDI DI SPOLETO

"Prospettiva femminile, un valore aggiunto"

Un confronto interamente al femminile ha caratterizzato l’incontro “Donne Per…Un mondo da scoprire”, organizzato dal Festival dei Due Mondi di Spoleto in svolgimento in queste settimane. Curato dall’Associazione Donne Per, introdotto dalla direttrice artistica della manifestazione Monique Veaute e moderato da Alessandra Mancuso, l’appuntamento ha visto al centro diverse esperienze di vita. Tra le ospiti la Presidente UCEI Noemi Di Segni, soffermatasi nel suo intervento sull’impegno per una convivenza quotidiana anche attraverso “la condivisione delle esperienze lavorative, l’incontro dei figli, il cibo e i valori cui teniamo in un contesto che presenta sfide continue” e sul modo più adeguato in cui relazionarsi con la società per preservare la tradizione e la cultura ebraica “in un contesto sempre più dinamico”.
Focus di ogni impegno concreto, ha sottolineato Di Segni, “anche le piccole cose e i piccoli momenti di condivisione”. Con un punto di partenza imprescindibile: “non dire mai no a nessuno” a priori, valorizzando il più possibile l’esperienza di “guardarsi negli occhi”. Tre elementi, ha poi aggiunto, su cui riflettere. Il primo, l’identità, con la sfida di essere “consapevoli di quello che si è”, portando questa veste “ogni giorno”. Il secondo, il legame con il territorio, visto anche come contesto “del quale siamo responsabili”. Il terzo, “il set di norme” della tradizione ebraica nel loro rapporto con la società di riferimento.
Stimolanti anche le altre relazioni. Con Milena Santerini che ha illustrato una campagna di alcuni studenti milanesi e torinesi sulle parole ostili su web e social, e in particolare sul loro impatto contro le donne. Valeria Termini che ha parlato di come un kit di tecnologia solare abbia promosso l’imprenditoria femminile in un villaggio dell’Africa Sub-Sahariana; Raffaella Rumiati che ha affrontato il tema della presenza delle donne nelle scienze, con un gap ancora in parte da colmare;  Giulia Iacovelli che ha affrontato la figura di Lucrezia Borgia come “leader ventenne del Rinascimento”; Alba Bellofiore che ha esposto il percorso di due donne egiziane, fondatrici di una start-up che ha dato ai giovani nuove possibilità di successo economico.

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FIGURA STORICA E RAPPRESENTATIVA DEGLI ITALKIM 

Hagar Sereni Confino (1927-2021)

È scomparsa all’età di 94 anni Hagar Sereni Confino. Una delle figure più note e rappresentative della comunità degli Italkim, gli italiani d’Israele.
Nata nel 1927 nel kibbutz Givat Brenner, era la figlia di due pionieri ed eroi dello Stato ebraico: Enzo Sereni e Ada Ascarelli. Lasciata Roma per l’allora Palestina mandataria, Enzo è stato attivo fondatore di kibbutzim, importante dirigente sionista e membro attivo della Resistenza al nazifascismo: nel quadro di una missione, paracadutatosi nell’Italia settentrionale sotto lo pseudonimo di capitan Barda, fu fatto prigioniero e in seguito assassinato a Dachau. Ada sarà invece uno dei perni dell’Aliyah Bet, l’immigrazione clandestina verso il nascente Stato ebraico che prese le mosse nel dopoguerra in un momento di gravi incertezze e restrizioni.
Hagar è stata sposata a uno dei più importanti storici israeliani, Michael Confino, vincitore in passato dell’Israel Prize. Sia il suo ricordo di benedizione.

(Nell’immagine Enzo Sereni, Ada Ascarelli e i figli Hagar e David, poco prima della partenza di Enzo per l’Italia nel ’44)

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IL CAPITANO MICHAEL WOODS LASCIA UN SEGNO SULLE ALPI

Israele al Tour de France, arriva il primo podio

Primo storico podio, al Tour de France, per la Israel Start-Up Nation. Merito del suo capitano, il canadese Michael Woods, tra i protagonisti della prima tappa alpina conclusasi a Le Grand-Bornand. Per alcuni minuti, rimasto solo al comando, ha anche accarezzato il sogno di vincerla. Salvo poi cedere alla maggior freschezza altrui. Si è così dovuto accontentare di un terzo posto, comunque prestigioso e apprezzato dal suo team.
Nessun rimpianto, però: “Ho dato tutto”, ha detto dopo l'arrivo. Anche oggi sembra avere fiato e condizione, visto che è di nuovo tra gli atleti in fuga. 
La Israel ci spera. Non fa infatti mistero di puntare a ottenere l’unico successo in una grande corsa a tappe che ancora le manca, dopo le vittorie ottenute a Giro d’Italia (Alex Dowsett, 2020; Daniel Martin, 2021) e Vuelta (Daniel Martin, 2020).
Quello in svolgimento è appena il suo secondo Tour. Un banco di prova non semplice, anche alla luce dei guai fisici del suo atleta più rappresentativo: Chris Froome. Ancora malconcio ma apparentemente non intenzionato a ritirarsi. 
Ma oggi, di nuovo, è (forse) il giorno di Woods. 

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L'altra Europa
Non è vero che La carta dei valori firmata da 16 formazioni politiche di destra sia “contro l’Europa”. Quel testo è la voce e le convinzioni dell’«altra Europa». Non ha come «livre de chevet» L’«Enciclpedia» di d’Alembert e Diderot, bensì «Memorie per la storia del giacobinismo» di Augustin Barruel e poi «I protocolli dei savi anziani di Sion». Due testi che hanno formato milioni di europei negli ultimi 230 anni, e che ancora continuano a formarli.
                                                                          David Bidussa
Nel nome di nessuno
Inginocchiamenti, asterischi, schwa (dice il saggio: «elemento consonantico trascritto con ə, attribuito alla lingua indeuropea comune, che appare vocalizzato al grado ridotto delle radici e confuso nelle singole lingue indeuropee con ā») e cos’altro. Molto altro, invero. Ossia, regimi di condotta, sistemi di comportamento, elementi di comunicazione, criteri di prescrizione i quali, nel nome del pluralismo – peraltro, come non riconoscersi, in linea di principio, in quest’ultima condizione? – rischiano tuttavia di tagliarne alla radice le sue (tante) ragioni.
                                                                          Claudio Vercelli
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La distruzione delle tracce
Nel marzo del 1961 le proprietà degli ebrei che avevano lasciato la Libia nel grande esodo seguito alla nascita di Israele furono messe sotto “custodia” dello Stato. Analogamente a quanto accaduto in altri paesi arabi, si trattò di un furto programmato. All’indomani della nascita di Israele, per lasciare il Paese gli artigiani ebrei avevano dovuto insegnare l’arte di un mestiere trasmesso per secoli a chi era subentrato per pochi spiccioli.
                                                                          David Meghnagi
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