Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     27 Agosto 2021 - 19 Elul 5781
LA MOBILITAZIONE DEL MONDO EBRAICO ITALIANO   

Afghanistan, il momento della solidarietà

L’attenzione del mondo è rivolta all’Afghanistan. Alla crisi umanitaria in corso, dopo la conquista del potere da parte dei talebani e il ritiro degli Stati Uniti, ora si è aggiunta la minaccia del terrorismo. L’attacco dell’Isis all’aeroporto di Kabul era stato previsto dall’intelligence occidentale, eppure non si è riusciti ad evitarlo. Troppo facile per i terroristi mischiarsi alla folla e farsi esplodere tra i civili afghani e i soldati americani. Al momento il bilancio è di decine di vittime. “Noi vi troveremo, ve la faremo pagare”, ha dichiarato il Presidente Joe Biden parlando alla nazione e promettendo di colpire i responsabili. Ma sul terreno, i resoconti dei media, parlano dell’impotenza dell’Occidente nel bloccare una violenza annunciata. E che potrebbe ancora ripetersi. Nonostante questo, l’evacuazione continua e sono tornate le code davanti all’aeroporto di chi spera di fuggire dall’Afghanistan. I ponti aerei da giorni portano in salvo migliaia di persone e i governi europei stanno nuovamente discutendo – senza trovare una soluzione comune – come gestire il nuovo flusso dei migranti. Nel frattempo è la società civile a mobilitarsi per offrire un aiuto in questa emergenza umanitaria, con il mondo ebraico tra i protagonisti. La Giunta dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, riunitasi in via straordinaria, sta lavorando per accogliere 22 nuclei familiari. Nuclei che nei prossimi 14 giorni rimarranno in quarantena nelle sedi individuate dalle forze dell’Ordine.
Un’iniziativa, in accordo con alcuni operatori nazionali, che sarà sviluppata nelle prossime settimane, anche in collaborazione con le diverse comunità ebraiche sul territorio.
Sul fronte dell’accoglienza, tra le prime ad aver fatto sentire la propria voce, la realtà ebraica di Firenze, in contatto con l’amministrazione cittadina. “Non possiamo restare indifferenti di fronte al dramma di una popolazione, e in particolare al terrore che leggiamo negli occhi delle donne afghane, che temono la cancellazione dei loro diritti più elementari”, le parole del presidente Enrico Fink, che ha offerto la disponibilità della Comunità ad aiutare nell’accoglienza.
A muoversi, in coordinamento con l’UCEI, anche la Comunità ebraica di Milano. “Stiamo lavorando per organizzare una raccolta di beni di prima necessità nella zona antistante il Memoriale della Shoah di Milano”, spiega a Pagine Ebraiche il presidente Milo Hasbani. Una raccolta fondi che coinvolga, come lo scorso dicembre, diverse anime della città, ebraiche e non solo.
Chi da tempo è sceso fisicamente in piazza per aiutare i migranti sono i coniugi Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir. Da sei anni marito e moglie hanno deciso di dedicare il proprio tempo per aiutare le centinaia di profughi che arrivano in Italia seguendo la cosiddetta“rotta balcanica”. Prima a Pordenone, poi a Trieste, Franchi e Fornasir si sono impegnati a prestare le prime cure a queste persone che, dopo aver percorso a piedi centinaia di chilometri, partendo dall’Afghanistan, dallo Yemen, dalla Siria, dal Pakistan, cercano una nuova vita in Europa. “Affrontano un viaggio drammatico e hanno storie terribili alle spalle. Noi però non chiediamo che ci raccontino le loro vite. Non è questo il nostro compito. Noi cerchiamo di aiutarli, in silenzio”, spiega Fornasir a Pagine Ebraiche in un incontro organizzato nel quadro del laboratorio giornalistico Redazione Aperta. 68 anni, psicoterapeuta, assieme al marito Gian Andrea, 85 anni, professore di filosofia in pensione, ha creato assieme a dei volontari un piccolo presidio medico all’esterno della stazione di Trieste, offrendo una prima assistenza ai migranti che sono riusciti a varcare il confine italiano. Il loro impegno e quello dell’associazione che hanno costituito, Linea d’Ombra ODV, gli è costato un processo per favoreggiamento del soggiorno di migranti clandestini. “Noi andiamo avanti comunque. Anche durante il Covid abbiamo continuato a presentarci in piazza. Curiamo le ferite di queste persone, i loro piedi martoriati dal viaggio interminabile. È un gesto politico che si scontra con l’indifferenza di chi ci sta attorno”, raccontano i coniugi, che ogni giorno si presentano presso le panchine di Piazza della Libertà e si occupano di chi ha bisogno. Non ci sono strutture ad aiutarli, spiegano, ma sono arrivati volontari e associazioni da diverse parti d’Italia per dare un contributo. “C’è chi ci ha accusato di essere degli untori, ma è proprio il contrario: noi siamo di fatto un primo presidio medico. Controlliamo questi ragazzi, diamo loro le mascherine, abbiamo kit antigenici, misuriamo la febbre. E, in due anni, non abbiamo mai registrato nessuno con il Covid-19”. Non nascondono la rabbia e lo sconforto nel vedere “scorrere questo mare di umanità nella totale indifferenza delle persone. Non solo, la solidarietà viene persino criminalizzata”.

Daniel Reichel

(Nell'immagine, uno dei ponti aerei organizzati dalle forze di sicurezza italiane. Fonte ministero della Difesa)

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SORGENTE DI VITA

I colori di Eva Fischer

Si apre con un servizio sulla pittrice Eva Fischer la puntata di Sorgente di Vita in onda su Rai Due domenica 29 agosto 2021. A lei è dedicata una grande retrospettiva a Cagliari, visitabile fino al 17 ottobre. La mostra propone quattro piani di esposizione e un allestimento arricchito da filmati di repertorio, pennelli, tavolozza, cavalletto e oggetti personali dell’artista. Un viaggio nell’arte e nella storia del Novecento seguendo i diversi cicli pittorici che raccontano anche le vicende personali di un’artista ebrea, nata nel 1920 e scomparsa nel 2015, passata attraverso un secolo avvelenato dagli orrori del nazifascismo. L’intervista ai curatori della mostra Efisio Carbone e Alan David Baumann, figlio di Eva, e quella all’artista dall’archivio di Sorgente di Vita.

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Il posto degli ebrei
A un anno dalla scomparsa di Amos Luzzatto (1928-2020) la casa editrice Garzanti pubblica nuovamente il suo saggio Il posto degli ebrei (Einaudi 2005), con una prefazione di Milena Santerini. Vi si legge un’articolata riflessione su quel che gli ebrei debbono all’Europa, e su quel che l’Europa deve agli ebrei. Due entità intrinsecamente connesse, che in una lunga storia fatta di pacifiche convivenze e amichevoli relazioni come di persecuzioni, espulsioni, roghi e spaventevoli massacri hanno costruito identità complesse e forme culturali di inestimabile valore.
Gadi Luzzatto Voghera
La potenza divina
“E giungeranno su di te tutte queste benedizioni e ti raggiungeranno…Benedetto sii tu nella città e benedetto sii tu nel campo” (Devarìm 28;2-3).
Nella Ghemarà (Rosh ha shanà 35a) troviamo detto che la birkat kohanim non ricade su coloro che sono nel campo e che scappano dalla città, bensì soltanto su coloro che vivono nelle città e che, frequentando le sinagoghe, ascoltano la voce benedicente del Kohen.
Rav Alberto Sermoneta
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Telefoni, fedeltà e infedeltà
Chiedo scusa per le mie divagazioni estive un po’ frivole in momenti non certo allegri; riconoscendo la mia incompetenza a dire qualcosa di sensato su argomenti seri, complici anche alcune vicende famigliari dell’ultima settimana, vorrei parlare di telefoni, o meglio di gestori telefonici.
La fedeltà è considerata un valore in quasi tutte le culture e in quasi tutti gli ambienti; pochi valori, credo, sono così unanimemente lodati e sbandierati. Eppure sappiamo che in molti contesti la fedeltà non paga: gli amici, fidanzati, coniugi fedeli sono spesso dati per scontati e quindi facilmente trascurati o maltrattati, mentre gli infedeli di cui si teme l’abbandono vengono coperti di doni e attenzioni.
Anna Segre
La divisione tra mondi
Niente di nuovo all’orizzonte. Se dopo l’avvenuta riconquista dell’Afghanistan da parte dei talebani si ripresenterà una nuova crisi per i flussi migratori non vedremo niente di diverso da ciò che già accadde nel 2015. La stessa indifferenza e gli stessi litigi tra i paesi occidentali per defilarsi dell’accoglienza di altri rifugiati.
Certamente non basteranno i racconti strazianti e le immagini di disperazione provenienti da Kabul per smuovere le coscienze.
Francesco Moises Bassano
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