Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui   21 Dicembre 2021 - 17 Tevet 5782

L'ARBITRO ISRAELIANO KLEIN A COVERCIANO E IL RICORDO DELLA SFIDA DEL 1982

“Paolo Rossi esempio di lealtà,
certe partite non si dimenticano”

Un anno fa, di questi tempi, l’Italia piangeva Paolo “Pablito” Rossi. L’eroe del Mondiale di Spagna ’82 vinto dagli Azzurri e in particolare della partita che più di tutte le altre, di quel torneo, sarebbe passata alla leggenda: Italia-Brasile. Un fischietto israeliano ad arbitrarla, il 48enne Abraham Klein che aveva già incontrato l’Italia nel suo destino e che nuovamente la incontrerà in finale, contro la Germania Ovest, nelle vesti stavolta non di arbitro ma guardalinee. Un legame speciale sul quale l’ex arbitro si è soffermato, tradendo anche una certa emozione, nel corso di una visita al Museo del Calcio di Coverciano per la proiezione di un cortometraggio di cui è tra i protagonisti. “È la prima volta che vengo qui: è come rivivere partite che restano nella vita”, il suo commento tra le tante vestigia che vi sono esposte. Toccante la sosta davanti alla maglia numero 20 che fu proprio di Pablito. Immediata è scattata una richiesta di foto. “Un esempio di lealtà, un gentiluomo”, ha affermato Klein tornando con la mente a quel mitico pomeriggio allo stadio Sarrià di Barcellona. Per anni, ha poi ammesso, “ho conservato il pallone della sua tripletta”.

A quel Mondiale non avrebbe dovuto neanche esserci. Troppa l’angoscia per il figlio Amit, richiamato in servizio per la guerra del Libano appena scoppiata e di cui perderà per giorni il contatto temendo per il peggio. Fin quando, risolutivo, arriverà in albergo un telegramma: “Oggi, come sai, è il mio compleanno. Lo sto festeggiando qui, in Libano. Molti miei amici sono morti e il mio cuore è spezzato, ma parliamo molto della Coppa del Mondo e io sto aspettando con impazienza di vederti arbitrare una partita. Con amore”.
La sua figura e il suo vissuto, oltre che nel cortometraggio, risaltano anche in un magnifico libro di Pietro Trellini uscito nel 2019: La Partita (ed. Mondadori). “Le cinque della sera, l’ora delle corride. Un uomo solo è al centro del campo nello stadio Sarriá di Barcellona. Il suo nome è Abraham Klein. Porta un orologio per polso, uno tradizionale, l’altro digitale. Non può lasciare nulla al caso, non può certo permettersi di sbagliare. Proprio ora, proprio oggi. È il suo giorno…”.
Oggi Klein è stato a Padova, per l’inaugurazione della mostra “Paolo Rossi, un ragazzo d’oro” con maglie e cimeli di grande fascino. Questa la sua testimonianza: “Non ho mai visto Paolo, anzi Pablito, inveire contro un avversario o protestare con il direttore di gara per un fallo subito. Ed anche per questo motivo ritengo che il titolo di questa mostra sia proprio azzeccato”.

(Nelle immagini, in alto l'arbitro Abraham Klein e Paolo Rossi durante Italia-Brasile del Mondiale di Spagna '82; in basso, Klein a Coverciano davanti alla maglia che fu di Rossi)

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LA GIORNATA DELLA LINGUA EBRAICA - VOCI A CONFRONTO

"Ebraico, la porta per Israele"

“Dal 2017, ben prima della grande diffusione delle lezioni a distanza, con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane abbiamo avviato l’Ulpan Online per dare la possibilità a tutti di studiare l’ebraico. Per raggiungere veramente chiunque in tutta Italia. E di anno in anno abbiamo visto una risposta sempre più positiva”. Oggi, racconta Luisa Basevi, a cui è affidato il corso di ebraico UCEI, sono sette i livelli a disposizione di chi vuole imparare la lingua: da quello Alef, ovvero quello base in cui si studia l’alfabeto, fino allo Hei e Hei plus. “Con l’ultimo stiamo leggendo insieme il nuovo libro dello scrittore israeliano Eshkol Nevo non ancora tradotto in italiano”.
Ulpan è il primo corso che, nel nostro Paese, permette di imparare la lingua secondo i criteri dell’Università Ebraica di Gerusalemme. La frequenza è di una lezione a settimana di sessanta minuti, da ottobre a giugno, per un totale complessivo di 35 lezioni. A fine anno è possibile sostenere l’esame per ottenere la certificazione linguistica rilasciata dell’Università Ebraica. “Gli studenti possono partecipare sia seguendo le lezioni in diretta sia in differita. In questo modo chi non ha tempo e non può partecipare alla lezione, può tranquillamente recuperarla. La dimensione virtuale offre molte possibilità e la nuova piattaforma UCEI Zeraim è una risorsa importante” sottolinea Basevi, abilitata presso l’Università Ebraica – Rothberg International School, insegnante di lingua ebraica dal 2009 presso il Liceo ebraico di Roma Renzo Levi e dal 2011 al Collegio Rabbinico. “Il mio percorso di studi, rispetto all’ebraico, è iniziato con l’aliyah. Sono rimasta undici anni in Israele e devo dire già dopo il primo potevo parlare senza tante difficoltà la lingua”. Poi il perfezionamento costante per poter essere abilitata all’insegnamento, a cui si è aggiunto anche il diploma in ebraico biblico presso l’Israel Institute of Biblical Studies. Ma lo studio, evidenzia la docente, continua ancora oggi con nuovi master da seguire. Dimostrazione dell’impegno e della necessità di aggiornare costantemente le proprie competenze.

PAGINE EBRAICHE DICEMBRE - SEGNALIBRO

“Giudea e Samaria, qui per restare”

Insediamenti o colonie. Territori contesi o occupati. Giudea e Samaria, West Bank o Cisgiordania. I media internazionali parlano in continuazione, usando terminologie differenti, di questa minuscola parte di mondo la cui storia recente è iniziata del 1967: la celebre quanto fulminea guerra dei Sei giorni vinta da Israele contro i vicini arabi portò alla conquista di questa lingua di terra oggetto di scontri, violenze, collaborazioni, trattati di pace mai ultimati tra israeliani e palestinesi. Qui, in un’area poco più grossa della Liguria, vivono più di due milioni e mezzo di persone, di cui 400mila negli insediamenti israeliani. Questo consistente gruppo, iniziato a costituirsi cinquant’anni fa al di là della cosiddetta Linea Verde, spesso è raccontato dal mondo dell’informazione come se fosse un blocco omogeneo e indifferenziato. Ma non è così come spiega, attraverso la voce di chi negli insediamenti ha scelto di vivere, il libro Coloni del giornalista Pietro Frenquellucci. Da Elon Moreh a nord a Kiryat Arba a sud, uomini e donne raccontano cosa li ha spinti ad andare oltre leggi, ordini, sentenze, pressioni internazionali e costruire case, villaggi, città in Giudea e Samaria. “Di loro si parla, si discute, vengono fortemente criticati o sostenuti. scrive Frenquellucci introducendo il suo lavoro Sono coloro che, di fatto, secondo tanti, impediscono il raggiungimento della pace fra israeliani e palestinesi, fungendo, con i loro insediamenti, da vero ostacolo al progetto della realizzazione di due Stati, uno ebraico e l’altro palestinese. Sono spesso rappresentati come il male assoluto, l’anima nera intorno alla quale si chiudono tanti dei nodi che soffocano quella parte del mondo. È evidente che, al di là dei giudizi, la loro presenza è ormai un dato di fatto con cui fare i conti. Ma quali sono le motivazioni che li spingono a scegliere una vita comunque rischiosa? Sono un blocco unitario o sono mossi da ragioni e obiettivi diversi? Qual è il peso della componente religiosa ultraortodossa?”.
Il libro cerca di far rispondere direttamente le persone coinvolte, evitando giudizi così come di contestare o sostenere le posizioni espresse. Quella che emerge è la chiara convinzione dei protagonisti che, nonostante tutto, loro rimarranno lì.

C’è chi racconta come per sette volte l’insediamento sia stato sbaraccato dalle autorità israeliane su ordine tra gli altri di Yitzhak Rabin ma all’ottava è rimasto lì. La politica israeliana, anche quella contraria, alla fine non ha mai bloccato lo sviluppo degli insediamenti. Anche Peres, almeno inizialmente, ne aveva favorito la realizzazione per poi dirsi pentito. Uno dei più citati nelle interviste con Frenquellucci, annoverato tra i sostenitori, è invece Ariel Sharon: lo stesso che nel 2005 deciderà il ritiro unilaterale degli insediamenti israeliani dalla Striscia di Gaza.

La posizione di Jorge Drexler
Jorge Drexler è un ebreo uruguagio che vinse il Premio Oscar nel 2005 per la miglior canzone originale con “Al otro lado del río” de "I diari della motocicletta"; il solo Oscar vinto dall’Uruguay. Poiché gli organizzatori della cerimonia decisero che non fosse abbastanza noto da cantare la sua canzone, anziché fare il breve discorso di prammatica, decise di cantarne un paio di strofe. Drexler aveva fatto diversi lavori, compreso quello di Hazan in una sinagoga. È otorinolaringoiatra, ma ha deciso di focalizzarsi sul campo musicale, con notevole successo. Nei recenti TED Talks ha detto di essere stato allevato in una casa in cui le tradizioni si vivono in modo armonioso.
Emanuele Calò
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Presidenti, patrioti e presidenzialismo
Sintomi preoccupanti si profilano all'orizzonte, in vista dell'imminente elezione del Presidente della Repubblica. Segnali che potrebbero preludere a uno snaturamento della figura e del ruolo assegnato dalla Costituzione al Capo dello Stato, e di conseguenza a un'accentuazione dei già forti tratti populisti del nostro sistema politico e sociale.
Giorgia Meloni, col suo fare "piacione" e popolare, afferma: "il prossimo Presidente dovrà essere un patriota; Berlusconi lo è, Draghi non so". Una sentenza e un giudizio netti, di quelli che piacciono alla gente. Ma esaminiamone più da vicino il reale significato.
David Sorani
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