L'INTERVISTA AL RABBINO CAPO DI ODESSA
"Bambini e sopravvissuti alla Shoah,
questa guerra apre nuovi traumi"

Oltre ottomila persone a cui fornire acqua, cibo e solidarietà. Centoventi bambini protetti nell’orfanotrofio e in attesa di essere portati in salvo fuori dall’Ucraina. Cinquanta sopravvissuti alla Shoah da aiutare e tranquillizzare di fronte al risveglio dei traumi del passato. Con poco tempo a disposizione, tra chiamate, beni da distribuire, autobus da organizzare.
Rav Avraham Wolff, rabbino capo di Odessa, racconta a Pagine Ebraiche il dramma di queste ore. “C’è una paura tremenda e grandissima incertezza”, spiega. Le notizie parlano di una imminente invasione russa della città, ci sono esplosioni nella periferia e la tensione è altissima.
Le esplosioni a Odessa si erano già sentite subito dopo l’annuncio del presidente russo Vladimir Putin dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina. “Un uomo di novant’anni, sopravvissuto alla Shoah, mi ha chiamato piangendo a causa dei boati”, la testimonianza di rav Wolff. “Ho cercato di tranquillizzarlo e ho spiegato che nessuno verrà ad ucciderlo”. Poi le chiamate al suo telefono sono diventate centinaia e la Comunità ebraica si è trasformata in un punto di riferimento per affrontare il conflitto. Dice il suo rabbino capo: “Ci siamo organizzati con beni di prima necessità da fornire a chi ha bisogno. Prestiamo aiuto a ottomila persone, ma la situazione è difficilissima”.
Assieme alla moglie Chaya Wolf, il rabbino – emissario del movimento Chabad – ha costruito ventuno anni fa un orfanotrofio per assistere l’Odessa ebraica. L’obiettivo era dare un supporto alle famiglie locali in difficoltà. Poi, con l’aggravarsi del conflitto russo-ucraino nel 2014, le porte sono state aperte anche ai rifugiati dalle diverse zone di guerra del Paese. E ora, con l’invasione russa, le maglie si sono inevitabilmente aperte ancora di più. “Ci siamo preparati raccogliendo viveri prima dell’attacco. Molti rabbini sono rimasti in città e siamo impegnati su due livelli di aiuto alla Comunità. Dal punto di vista fisico, forniamo cibo e acqua. Da quello mentale, cerchiamo di tranquillizzare e calmare chi è rimasto”.
Molte persone sono riusciti a lasciare Odessa. “Noi - prosegue il rav - abbiamo organizzato diversi autobus, di bambini e famiglie. Oltre mille persone sono state portate al di là del confine (in Moldavia). Ma tantissimi sono rimasti. C’è chi non può andarsene perché non ha i documenti, chi ha un malato da curare, chi semplicemente ha troppa paura”. Tra chi è riuscito a partire proprio in queste ore i centoventi bambini nell’orfanotrofio, salutati da rav Wolff e dalla moglie.

Tra chi è rimasto, i cinquanta sopravvissuti alla Shoah nella residenza anziani. “Con i più piccoli abbiamo parlato e spiegato che in questa guerra non c’entrano nulla, che è una questione tra nazioni, che nessuno vuole fargli del male. Con i sopravvissuti tutto è più complicato. Ai bambini le esplosioni ricordano i fuochi d’artificio, a noi adulti le immagini dei film, ma per i sopravvissuti le bombe riportano alla Shoah. I traumi del passato si risvegliano. Noi cerchiamo di fare il possibile per calmarli, ma è terribile”.
Parlando con una commissione del Parlamento israeliano negli giorni scorsi, il rav ha chiesto l’invio di finanziamenti e beni di prima necessità all’Ucraina. “Kiev, Kharkiv e altre città sono circondate dall’esercito russo. La situazione - il suo messaggio - si sta trasformando in una catastrofe umanitaria”.
(Nelle immagini: rav Avraham Wolff in sinagoga; il rav saluta i bambini dell'orfanotrofio)
Daniel Reichel
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L'APPELLO DEL PRESIDENTE UCRAINO ZELENSKY
"Ebrei, non restate in silenzio"

“Mi sto rivolgendo ora agli ebrei nel mondo. Non vedete quello che sta succedendo? È importante che nessuno resti in silenzio”.
Così il presidente ucraino Zelensky in un nuovo, drammatico appello. Negli occhi una delle immagini più laceranti di questa prima settimana di guerra: le bombe russe che hanno portato la morte anche nell’area di Babyn Yar, la più grande fossa comune d’Europa. “Che senso ha ripetere mai più per 80 anni, se quando cade una bomba su Babyn Yar il mondo resta in silenzio? Almeno altre cinque vite perdute. La storia si ripete”, il primo commento a caldo di Zelensky. Oggi ha ribadito come il nazismo “sia nato nel silenzio”. Da qui l’invocazione a “gridare per la morte dei civili, per la morte degli ucraini”.
Per la Presidente UCEI Noemi Di Segni “una nuova cancellazione di Memoria che si aggiunge all’oblio fatto calare sui crimini lì compiuti da nazisti e collaborazionisti locali anche durante il periodo dell’occupazione sovietica”. Immagini, quelle relative a Babyn Yar, “che sconvolgono per la loro portata anche evocativa e che si vanno ad aggiungere allo strazio per la devastazione in corso e per le centinaia, se non migliaia di vite umane spezzate”. L’UCEI conferma al riguardo quanto già comunicato negli scorsi giorni, e in particolare “la ferma condanna dell’aggressione sferrata ai danni dell’Ucraina e della sua popolazione civile”. Per rinnovare poi “la massima disponibilità a cooperare, a tutti i livelli, per iniziative di supporto e vicinanza”.
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L'INCONTRO TRA SCHOLZ E BENNETT A GERUSALEMME
"Fermiamo lo spargimento di sangue"

Sinergie su molti temi internazionali, a partire dal conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina. Divergenze su un punto chiave dell’agenda della sicurezza israeliana, l’accordo iraniano. Sono gli elementi che hanno fatto da baricentro alla prima visita in Israele da cancelliere di Olaf Scholz. Il capo del governo tedesco ha incontrato a Gerusalemme il Premier israeliano Naftali Bennett. “Lei viene qui in un momento fatidico e delicato” ha dichiarato Bennett nel corso della conferenza congiunta, spiegando di aver parlato con Scholz della “situazione in Ucraina e del nostro dovere come leader di fare tutto per fermare lo spargimento di sangue”. Lo Stato di Israele, ha aggiunto, "sta con il popolo dell’Ucraina”. Una posizione condivisa dal cancelliere che ha ribadito la preoccupazione per “l’evoluzione del conflitto: dobbiamo fare tutto il possibile per cambiare la situazione”. Evitando però, il suo pensiero, un intervento militare diretto.
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L'INIZIATIVA DI GIOVANI EBREI E ROM
"Pregiudizi, contrastiamoli insieme"

Pluralismi d’Europa, valore della Memoria, decontrazione di pregiudizi duri a morire come antisemitismo e antiziganismo, strategie educative contro i discorsi d’odio. Temi che vanno a intrecciarsi in molti modi e che rappresentano l’ossatura di un nuovo percorso “formativo, artistico e interculturale” presentato quest’oggi a Roma. Si tratta di “Memoria a più voci”, un ciclo di appuntamenti nel segno di una collaborazione su questo fronte avviata tra Unione Giovani Ebrei d’Italia, Unione Comunità Romanès in Italia, Università Sapienza e associazione Arte in Memoria. Cinque gli incontri, tutti in programma nell’aula magna della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo e sotto l’egida della coordinatrice nazionale per la lotta all’antisemitismo che ha concesso il proprio patrocinio. “Memoria a più voci” si concluderà all’inizio del 2023, con due iniziative ulteriori a suggellare questo sforzo comune: l’apposizione di alcune pietre d’inciampo in ricordo di deportati rom e sinti in una sede ancora da individuare. E la piantumazione di un ulivo, donato dal KKL Italia, in quanto “simbolo universale di pace e prosperità”. Un impegno significativo per più di una ragione. Tra le altre, evidenziata dalla rettrice Antonella Polimeni, quella che “gli incontri si svolgono all’interno di corsi di laurea e con il preciso intento di formare gli studenti, in modo continuativo, su temi centrali come tolleranza, dialogo, incontro tra religioni”. Obiettivi per i quali “la nostra università, e più in generale le istituzioni accademiche, devono lavorare con assiduità”. La conoscenza, quindi, come base “per migliorare la coesione sociale”.
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Ticketless - Il suono rosso
 Questa settimana, di fronte alle notizie che giungono dal fronte di guerra, mi è stata di conforto la lettura di un romanzo. Lo ha scritto un’esordiente, Elli Stern, nata in Israele e cresciuta a Milano, già nota per le sue traduzioni e le molte iniziative di argomento musicale. S’intitola “Il suono rosso”, fa parte di una fortunata collana (“I racconti della musica”, Zecchini editore). Come spesso accade con i romanzi d’esordio, il racconto è denso, cerca di tenere insieme questioni fra loro lontane, sentimenti contrastanti. C’è un giovane violoncellista in carriera, in crisi esistenziale; c’è una giovane donna di nome Margherita, come la protagonista del capolavoro di Bulgakov, contesa fra due amori travolgenti, desiderosa di aiutare Daniel a uscire dalla tempesta emotiva che lo paralizza, c’è infine un anziano violoncellista avvolto nel mistero.
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Diritto d'autore
 Nella scorsa puntata abbiamo affrontato la questione della pubblicazione, in bella vista, in epigrafe sulla copertina di tutti i numeri del periodico fascista e nazistoide “La difesa della razza”, di due coppie di versi danteschi, la prima (Par. XVI. 67-68) apparsa solo sul primo numero, uscito in edicola il 5 agosto 1938, e la seconda (Par. V. 80-81) su tutti gli altri. E abbiamo annunciato che ci saremmo soffermati su una analisi di entrambe le espressioni, per potere così ragionare, in modo più consapevole, sulla utilizzazione e manipolazione del pensiero del poeta da parte dei redattori di quei fogli abominevoli.
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