L'ALLARME DELL'INTELLIGENCE DOPO GLI ULTIMI ATTACCHI

Israele, nuove alleanze contro il terrore

Dopo gli attentati terroristici di Hadera e Beer Sheva, le forze di sicurezza israeliane sono in stato di massima allerta. La preoccupazione è per possibili emulazioni con il rischio di una escalation di violenza alle porte del Ramadan, un mese in cui tradizionalmente le tensioni interne aumentano e così il pericolo di attentati. I due di queste settimane sono stati compiuti da arabi israeliani con legami con l’Isis e hanno colto in contropiede l’intelligence. Ora l’obiettivo è anticipare e analizzare quanto questa radicalizzazione sia diffusa.
“Gli investigatori dello Shin Bet e della polizia dovranno determinare se i terroristi dietro questi due attacchi si conoscevano già prima, e se qualcuno di loro era in contatto con gli agenti dell’Isis all’estero", spiega l’analista militare Amos Harel. "Ma è anche possibile, come spesso accade con lo Stato Islamico, che abbiano semplicemente tratto ispirazione da questo e non abbiano ricevuto ordini o assistenza esterna”.
A lungo la minaccia di organizzazioni come Isis e al Qaeda, sottolinea Harel, per Israele non è stata prioritaria. Questo perché i due gruppi non avevano puntato lo Stato ebraico come diretto bersaglio. Da qui l’importanza di capire se Hadera e Beer Sheva rappresentano episodi singoli o fanno parte di una più ampia strategia del terrore. In questa sfida Gerusalemme ha ricevuto l’immediato sostegno di Stati Uniti, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Marocco e Bahrein. I ministri di questi paesi, presenti nello storico summit del Negev, hanno ribadito la loro vicinanza attiva nell’impegno a contrastare il terrorismo.
Intanto il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz si è recato ad Amman per incontrare il re giordano Abdullah II e discutere delle “sfide della sicurezza regionale” prima del Ramadan, come ha spiegato il suo ufficio. L’incontro era stato pianificato prima dei due attentati, ma ha assunto ulteriore significato a causa di questi eventi che hanno scosso Israele. Gantz, spiega una nota del suo ministero, ha presentato ad Abdullah II il piano per preservare la libertà di culto a Gerusalemme e ha sottolineato “l’importanza del coordinamento della sicurezza” alla luce degli ultimi attacchi.

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L'INDAGINE DI OSSERVATORIO MEDIAVOX E OSSERVATORIO ANTISEMITISMO

"Odio online in crescita, serve più responsabilità" 

Conoscere e comprendere in maniera profonda l’antisemitismo 2.0 per capire come agire in modo efficace per contrastarlo sia online che offline. In particolare avviando un confronto con gli operatori del mondo della comunicazione, dell’informazione, dell’editoria e delle piattaforme social dove questa forma d’odio si ritaglia sempre più spazio. Da questo presupposto ha preso il via un convegno sull’hate speech nell’infosfera della comunicazione organizzato all’Università Cattolica di Milano. A promuoverlo, l’Osservatorio Mediavox sull’odio online della Cattolica, assieme all’Unar e alla Fondazione Cdec. Nel corso dell’incontro è stata presentata l’indagine sull’odio online, specie antisemita, realizzata dai ricercatori di Mediavox e dell’Osservatorio antisemitismo del Cdec. Il fenomeno è in crescita, è stato evidenziato, e trova un terreno fertile in cui diffondersi in rete e sulle piattaforme social in particolare. “Sui social viene favorita la radicalizzazione e la polarizzazione e sempre più l’antisemitismo in forma di 'opinione', di negazione o di derisione viene legittimato", ha spiegato la coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo Milena Santerini. "Nelle conversazioni quotidiane, nei luoghi comuni, nelle prese in giro, nei commenti estemporanei, specie contro Israele, o sulle ‘cospirazioni ebraiche’, si diluisce un antisemitismo raramente rimosso dalle piattaforme". Quando lo è, ha sottolineato, "i gruppi organizzati si trasferiscono sulle piattaforme più piccole e periferiche dove tutto è permesso”. Intanto però i discorsi d'odio proliferano e attecchiscono a maggior ragione in una società condizionata da incertezze e paure legate alla pandemia e al conflitto, come ha rilevato la sociologa Betti Guetta, responsabile dell'Osservatorio antisemitismo del Cdec. “Disagio sociale diffuso, ansia e paura, spaesamento mediatico, incapacità di decodificare la realtà - ha detto - sono tutti elementi che favoriscono la diffusione dell'odio antisemita online”.

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IL SEMINARIO SULLA CRISI UCRAINA DEDICATO ALL'EUROPA EBRAICA

Profughi, le buone pratiche dell'accoglienza 

Sono ormai milioni (e il loro numero è destinato inevitabilmente ad aumentare) i profughi che hanno lasciato l’Ucraina nelle scorse settimane, rifugiandosi nei Paesi confinanti e in tutta Europa. Spesso hanno lasciato le loro abitazioni nel mezzo di un bombardamento e con in tasca appena un documento d’identificazione. Talvolta neanche quello. Hanno bisogno di ogni tipo di supporto: alloggio, cibo, vestiario. E anche di quella necessaria empatia e preparazione, da parte di chi tende la mano, per affrontare al meglio una prova così dura.
“We were all once refugees”, un seminario che ha preso il via in queste ore a Parigi, si rivolge alle Comunità ebraiche e ai loro professionali impegnati in questa sfida. A promuoverlo European Council of Jewish Communities insieme a European Jewish Congress, Hias Europa, Fsju.
L’obiettivo del seminario è quello di affinare quelle buone pratiche di accoglienza che vedono anche l’Italia ebraica coinvolta, andando nel concreto delle tante sollecitazioni quotidiane su diversi piani (dall’assistenza sanitaria alle dinamiche culturali di relazione).
Un’occasione, viene sottolineato, “per condividere successi e sfide dell’accoglienza ai profughi ucraini in questa prima fase”, e al tempo stesso per condividere “una piattaforma di coordinamento” tra le Comunità ebraiche dell’Europa orientale e quelle dell’Europa occidentale. 

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L'INCONTRO CON IL CAPO DELLA DELEGAZIONE ITALIANA ALL'IHRA TRA GLI OSPITI

Memoria e contrasto all'antisemitismo,
l'impegno delle istituzioni

Dal Primo marzo scorso la Svezia ha assunto la presidenza dell’International Holocaust Remembrance Alliance. E ha subito dato ulteriore impulso al lavoro dell’Ihra, tenendo conto che proprio a Stoccolma è nata l’organizzazione. Tra gli obiettivi della nuova presidenza quello di "rafforzare la struttura dell’Ihra a Berlino, sede del permanet office", spiega l’ambasciatore Luigi Maccotta, capo della delegazione italiana presso questa realtà che da oltre vent’anni è impegnata nella difesa della Memoria della Shoah e nella lotta contro l’antisemitismo e ogni forma di discriminazione. Un impegno che tocca anche la stretta attualità, come dimostra l’intervento dell’ambasciatrice svedese Ann Bernes, presidente dell’Ihra, rispetto all’aggressione russa dell’Ucraina. “Rifiuto l’uso impreciso e inappropriato del termine ‘denazificazione’ per giustificare questa aggressione", ha dichiarato di recente l’ambasciatrice. "Paragonando ed equiparando il governo democraticamente eletto dell’Ucraina e le sue azioni alla politica omicida della Germania nazista, la storia della Shoah viene grossolanamente distorta e utilizzata in modo improprio. Tale distorsione - ha poi aggiunto - erode la nostra comprensione della Shoah, manca di rispetto alla sua eredità e mina i valori democratici”. 
E proprio il ruolo delle democrazie e in particolare dell’Italia di fronte alla lotta contro la distorsione della Memoria e contro l’antisemitismo sarà uno dei temi al centro dell’incontro, in programma domani a Milano, “La voce delle regioni”. Tra gli ospiti proprio l’ambasciatore Maccotta. 

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L'INIZIATIVA DI "INSIEME PER PRENDERCI CURA"

Salute e ambiente, la prospettiva delle religioni

Nel dibattito pubblico la tutela dell’ambiente ha assunto sempre più rilevanza. Il confronto tocca tutte le componenti sociali e anche la voce delle religioni si è fatta sentire al riguardo, dando le proprie chiavi interpretative. Tra gli argomenti di grande rilevanza la riflessione sul legame tra protezione ambientale e della salute della comunità. Elementi che vanno di pari passo, come evidenzia il convegno “Salute e cura della persona e dell’ambiente per un’ecologia integrale” organizzato a Milano, a Palazzo Reale, dall’associazione Insieme per prenderci cura. A intervenire, come da tradizione, i rappresentati delle diverse confessioni – per il mondo ebraico rav Beniamino Goldstein (nell'immagine) – per portare un punto di vista etico-religioso sul tema. In particolare si parlerà di “educare alla correlazione fra ambiente ed esseri umani”. A moderare l’incontro a più voci Pier Francesco Fumagalli dell’Ambrosiana e Giorgio Mortara dell’Associazione Medica Ebraica.

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La vita come incubo
Sinceramente, il pacifismo assoluto pro-Putin non lo si capisce. Un pacifismo che accetta il sopruso e la prevaricazione su scala internazionale e la violenza e il crimine contro i civili puzza di bruciato. Tanto fa uscire allo scoperto e affermare il buon diritto di Santa Madre Russia a invadere i paesi confinanti e ricostituirsi secondo antica tradizione. Tanto fa, anche, approvare la riapertura dei gulag e la pratica della reclusione psichiatrica a fini politici. Poi ci sono gli antichi crimini ucraini, anche contro gli ebrei, che non si possono certo dimenticare, ma che non si possono far pagare agli ucraini di oggi, almeno non a quelli che non hanno le mani sporche di sangue e che antisemiti non sono.
Dario Calimani
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L'ultimo mohicano
Aleksandr Dugin è di moda, viene considerato uno degli ispiratori della c.d. operazione Ucraina, si richiama a Martin Heidegger e cita sia Julius Evola che l’Italia tutta, che dimostra di conoscere. Non sarà il primo ideologo che ha superato l’esame di Stato per diventare guru: ne siamo pieni anche noi ed è gente che si distingue perché, non riuscendo a capirli, molti abboccano al loro fascino.
Emanuele Calò
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I valori perduti
Oggi, quando più di un mese è passato dall’inizio della tragedia in cui siamo immersi e che rischia di travolgerci, parliamo un po’ di noi occidentali ed europei: di quello che siamo o siamo diventati. Non è retorico ma dice la pura verità Volodymyr Zelensky quando afferma che l’Ucraina nella sua strenua lotta di resistenza sta difendendo l’intera Europa. Non è forse vero che il nazionalismo imperialistico e aggressivo di Putin mette in pericolo l’incolumità e l’equilibrio del nostro continente? 
David Sorani
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