Profughi, le buone pratiche
dell’accoglienza

Sono ormai milioni (e il loro numero è destinato inevitabilmente ad aumentare) i profughi che hanno lasciato l’Ucraina nelle scorse settimane, rifugiandosi nei Paesi confinanti e in tutta Europa. Spesso hanno lasciato le loro abitazioni nel mezzo di un bombardamento e con in tasca appena un documento d’identificazione. Talvolta neanche quello. Hanno bisogno di ogni tipo di supporto: alloggio, cibo, vestiario. E anche di quella necessaria empatia e preparazione, da parte di chi tende la mano, per affrontare al meglio una prova così dura.
“We were all once refugees”, un seminario che ha preso il via in queste ore a Parigi, si rivolge alle Comunità ebraiche e ai loro professionali impegnati in questa sfida. A promuoverlo European Council of Jewish Communities insieme a European Jewish Congress, Hias Europa, Fsju.
L’obiettivo del seminario è quello di affinare quelle buone pratiche di accoglienza che vedono anche l’Italia ebraica coinvolta, andando nel concreto delle tante sollecitazioni quotidiane su diversi piani (dall’assistenza sanitaria alle dinamiche culturali di relazione).
Un’occasione, viene sottolineato, “per condividere successi e sfide dell’accoglienza ai profughi ucraini in questa prima fase”, e al tempo stesso per condividere “una piattaforma di coordinamento” tra le Comunità ebraiche dell’Europa orientale e quelle dell’Europa occidentale.