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LA SERATA SPECIALE ORGANIZZATA DALL'UCEI

Sarah Halimi: testimonianza e impegno per la giustizia

Una serata in speciale in memoria di Sarah Halimi, vittima dell’odio antisemita, la cui vicenda ha scosso profondamente anche l'Italia. L'appuntamento è per stasera, su iniziativa dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, con diretta streaming sulla pagina Facebook UCEI a partire dalle 20.30. Ospiti d'onore il figlio Yonathan e la nuora Esther. 
Parteciperanno inoltre all’incontro, che vedrà la conduzione del Consigliere UCEI Gadi Schoenheit, l’ambasciatore francese in Italia Christian Masset, il presidente del Conseil Representatif des Institutions Juives de France Francis Kalifat, la coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo Milena Santerini, l’avvocato penalista Tommaso Levi del foro di Torino e il professor Giuliano Balbi ordinario di Diritto Penale all’Università degli Studi della Campania. In apertura i saluti della presidente UCEI Noemi Di Segni.
La serata sarà dedicata a un approfondimento sul tema dell’antisemitismo, ai suoi inquietanti segnali di crescita e al quadro normativo di riferimento per contrastarlo. E sarà anche l’occasione per parlare del progetto “Ohel Sarah” avviato lo scorso anno da Yonathan. 

LA DECISIONE DEL CONSIGLIO COMUNITARIO PER SOSTITUIRE RAV ARIEL DI PORTO 

Rav Ariel Finzi, un nuovo rabbino capo per Torino

Alla fine dell'estate Torino avrà un nuovo rabbino capo: rav Ariel Finzi. Ne dà notizia il Consiglio comunitario, attraverso una comunicazione in cui si esprimono “sincero rammarico”, ma anche “piena comprensione delle esigenze personali e familiari” che hanno portato l’attuale rabbino capo rav Ariel Di Porto a dare le proprie dimissioni con decorrenza dal Primo settembre.
Si concluderanno quel giorno otto anni di lavoro che, sottolinea il Consiglio, l’hanno portato “a farsi apprezzare e amare dall’intera Comunità, che ha visto in lui una guida sicura, una persona dotata di una straordinaria disponibilità umana nei confronti delle persone anziane e in difficoltà, un maestro solido e capace di conquistare i ragazzi delle scuole e i giovani, un lavoratore instancabile, pronto ad assumersi qualunque tipo di responsabilità e a rispondere in tempo reale a qualunque tipo di richiesta, un punto di riferimento sicuro per le famiglie, per i docenti, per il Consiglio e tutto il personale della Comunità”. Al riguardo si parla di “immenso debito di riconoscenza” nei suoi confronti. Dopo “lunga e approfondita riflessione” il Consiglio ha scelto di rivolgersi al rav Finzi, attuale rabbino capo di Napoli, che ha di recente conseguito il titolo rabbino maggiore di Chacham “dopo un intenso periodo di studi compiuti nella Scuola Rabbinica Margulies-Disegni sotto la guida di rav Alberto Somekh”.
Tra gli elementi che hanno fatto la differenza “la sua preparazione, l’unanime apprezzamento ottenuto nei sette anni trascorsi alla guida della Comunità di Napoli, il suo grande entusiasmo per la nuova sfida da affrontare”. Qualità che, si legge, hanno convinto il Consiglio ad affidargli una cattedra “ricoperta in passato da grandi Maestri dell’ebraismo italiano”. Rav Finzi, si evidenzia ancora, è il primo torinese “dopo molti decenni a divenire rabbino capo della sua città natale, dove ha trascorso l’infanzia e la giovinezza, nonché il primo laureato dopo diversi anni al Corso Superiore di studi” della Scuola Rabbinica locale, che ha formato a partire dal dopoguerra molti prestigiosi rabbini chiamati poi “a ricoprire le cattedre di tante Comunità del Paese e all’estero”.
L’auspicio che si formula è di “un periodo fecondo e pieno di soddisfazioni per lui e per tutti gli ebrei torinesi”.

(Nell’immagine: rav Ariel Finzi durante l’esame sostenuto  per il titolo rabbinico maggiore)

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LE CERIMONIE NEL PRIMO ANNIVERSARIO DELL'INCIDENTE

Funivia del Mottarone, un anno dopo
Il ricordo di istituzioni e mondo ebraico

“Grazie ai parenti, che hanno avuto una forza immane oggi per essere qui. La città vi abbraccia perché su quella funivia salivano anche i nostri figli”. Così il sindaco di Stresa Marcella Severino nel corso della cerimonia in ricordo delle quattordici vittime del crollo della funivia del Mottarone che si è svolta stamane nel primo anniversario dall’incidente. Tra loro Aya Biran-Nirko, la zia paterna del piccolo Eitan, il bambino israeliano di sei anni unico sopravvissuto. Nell’occasione, nel luogo dell’impatto, è stata inaugurata una lapide commemorativa. “Anche la nostra città con forza chiede che sia fatta giustizia”, il messaggio del sindaco Severino prima di procedere al suo svelamento.
“In questa giornata, in questo tragico anniversario, mi tornano in mente tutta una serie di situazioni. Dalla gioia di Amit al pensiero di questo weekend in compagnia delle persone che amava alla tragedia che si sarebbe poi verificata. Dall’arrivo dei familiari in Italia, alla toccante cerimonia di saluto all’aeroporto di Malpensa. È qualcosa che abbiamo vissuto in ogni sua fase con molta intensità, cercando di offrire il massimo supporto possibile” dichiara Milo Hasbani, attuale vicepresidente UCEI ed ex presidente della Comunità ebraica di Milano. Quel giorno fu uno dei più strazianti del suo mandato di presidente. Il padre di Eitan, Amit, era infatti uno dei membri del gruppo incaricato della sicurezza della Comunità e dei luoghi ebraici milanesi. “Un giovane molto gentile, sempre sorridente. Una persona squisita” commentava allora, nell’apprendere la notizia della sua scomparsa insieme a quella della moglie Tal Peleg e del loro altro figlio Tom, di appena due anni, oltre che di Barbara Konisky Cohen e Itshak Cohen: i bisnonni di Eitan, che è oggi affidato alle cure della la zia tutrice Aya e della sua famiglia in una cittadina del Pavese.
Al ricordo di Amit e dei suoi cari sarà dedicata una cerimonia in programma nelle prossime ore in Comunità. Nell’occasione sarà svelata una targa e si procederà alla piantumazione di un albero, in collaborazione con il Keren Kayemeth Le Israel. Una cerimonia raccolta che si svolgerà alla presenza della famiglia, della dirigenza comunitaria e del gruppo di cui Amit faceva parte.

(Nell'immagine: l'installazione svelata oggi sul luogo dell'incidente)

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AL SALONE DI TORINO CON PAGINE EBRAICHE

Rita Levi-Montalcini e il suo maestro

“Rita Levi-Montalcini e il suo Maestro”, il bellissimo volume di Marco Piccolino, Piera Levi-Montalcini, Maria Gattone, Michele Luzzati, Alberto Cavaglion, Giacomo Magrini, Isabel Murray e Pietro Calissano presentato ieri al Salone Internazionale del libro di Torino con la guida di Piero Bianucci (Edizioni ETS, €. 29) non è semplicemente un affascinante tassello aggiuntivo nella già nutrita bibliografia di testi dedicati alla figura della grande scienziata; è un testo che copre in modo convincente un vuoto effettivo nella ricostruzione del suo ruolo e del mondo che si muoveva attorno a lei. Una mancanza che era legata a più aspetti. Queste pagine danno innanzitutto lo spessore adeguato al carattere e alla funzione trainante del professor Giuseppe Levi, il maestro di tre premi Nobel (Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco, Salvador Luria) e di una intera generazione di scienziati, ripercorrendone l’atteggiamento di grande dedizione e guida sicura ma anche i tratti spigolosi e i metodi talora dittatoriali (il sottotitolo del volume è “Una grande avventura nelle neuroscienze alla scuola di Giuseppe Levi”). E con il maestro, il cui valore e i cui meriti (“scienza senza limiti e impegno civile”) sono analizzati da Marco Piccolino – scienziato e storico della scienza che è anche il curatore dell’opera, torna a vivere la sua famiglia, il nucleo che anima il “Lessico famigliare” così vivacemente riprodotto da sua figlia Natalia (Ginzburg) nel famoso romanzo. Ma è l’intero ambiente dell’alta borghesia ebraica a prendere le sue giuste dimensioni e immagini, sapientemente tratteggiato da Alberto Cavaglion nei suoi contorni di “casalinghitudine” (il termine è di Clara Sereni) e di forte impronta antifascista; quel milieu di impegno civile e di dimensione politica (“Gobetti, Gramsci, Leone e Natalia nella Torino di Giuseppe Levi”) che Giacomo Magrini ci restituisce nella sua coraggiosa presenza.

David Sorani

(Nell'immagine: Rita Levi-Montalcini vince il Nobel per la Medicina nel 1986)

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LA SCOMPARSA DELLO SCRITTORE E INTELLETTUALE

Miro Silvera (1942-2022)

“Si può dire che in ogni casa, anche la più modesta, ci sia in qualche angolo uno stipo o un cassetto ricolmo di farmaci buoni per ogni malessere. Ma non è detto che ci debba essere per forza anche un pur modesto scaffalino di libri letti e conservati con amore. Le case isolate non ne hanno nemmeno uno, e sono quasi sempre quelle tristi e senz’anima che si vedono nei telegiornali, là dove avvengono i delitti”.
È quanto sosteneva Miro Silvera, scrittore prolifico e intellettuale raffinato, scomparso a Milano nel giorno del suo ottantesimo compleanno.
Nato ad Aleppo, in Siria, viveva in Italia dall’età di cinque anni. Studi alla scuola ebraica cittadina e poi all’Università Bocconi, nel ramo economico-finanziario. I libri erano la sua passione. Moltissimi ne ha letti, diversi ne ha anche scritti. Come “Libroterapia”, pubblicato nel 2007 da Salani. Uno stimolante viaggio “nel mondo infinito dei libri, perché i libri curano l’anima”. Tra i suoi tanti titoli anche “L’ebreo narrante” (Sperling & Kupfer), “I giardini dell’Eden” (Piemme), “Il passeggero occidentale” (Ponte alle Grazie). Silvera è stato un prolifico autore nel campo della saggistica, della narrativa e della poesia. Ha lavorato in ambito teatrale ed è stato anche collaboratore di varie testate giornalistiche. Sia il suo ricordo di benedizione.

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Dove porta il negazionismo
Colpisce, navigando su Facebook, cogliere come si costruisce il negazionismo, almeno in una delle sue forme. Cito a caso, perché gli esempi sono infiniti. Un post lungo e importante, scritto fra l’altro da un importante scrittore, che prende spunto dalla terribile immagine del N.Y.T. dei nove civili ucraini che a Bucha sotto la minaccia dei fucili spianati si avviano alla fucilazione. Sappiamo che non c’è solo questo, che c’é anche un video che ci mostra il seguito di quell’immagine, girato il giorno dopo, con i cadaveri degli stessi ucraini a terra. I commenti sono deliranti: "Chi ci dice che li abbiano uccisi?", scrive una gentile signora. Rispondo commentando a mia volta che forse stavano giocando a nascondino. Non avrei dovuto mettermici, ma la provocazione era forte.
Anna Foa
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Oltremare - Caccia grossa
Ci ho messo diversi minuti di ricerca su internet, incrociando nomi comuni israeliani e nomi scientifici latini, ma sono arrivata alla conclusione che già dall’anno scorso, ma forse anche prima, plana ciclicamente nel nostro giardino un Martin Pescatore di Smirne, a quanto leggo uccello molto presente in tutta la macroregione che va dal Sinai al sub continente indiano, alla Cina e oltre, potendosene infischiare, lui, dei confini messi da noi umani. Si appollaia su di un ramo un po’ in vista del mango, poi parte per brevi voli di ricognizione e infine si allontana. 
Daniela Fubini
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Storie di Libia - Daniela Gemma Abravanel
Daniela Gemma Abravanel, ebrea di Libia, nata a Tripoli. Fu una delle prime a partire per l’Italia, due giorni dopo lo scoppio della Guerra dei sei giorni grazie a suo padre che era un amico del direttore dell’Alitalia. Fu ospite a Milano a casa di cari amici dei suoi genitori. Essi la sostennero nel periodo più brutto, quando non aveva notizie dei suoi. Le poche volte che riusciva a parlare con loro era solo per pochissimo tempo. 
David Gerbi
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