Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui   4 Settembre 2022 - 8 Elul 5782

IL RITORNO DI SHAUL LADANY A MONACO

"La mia marcia non è finita"

“Se non fossi stato nell’altra palazzina che ospitava gli atleti israeliani, il mio nome sarebbe stato su questa lapide”. Commovente ritorno, per Shaul Ladany, nei luoghi dove mezzo secolo fa fa si consumò l’orrore ordito da Settembre Nero. L’ex marciatore, già sopravvissuto in gioventù ai campi di sterminio, ha deposto un sasso sopra la targa in ricordo delle vittime nell’ex villaggio olimpico di Monaco. Un passo indietro una delle nipoti. L’immagine, toccante, è stata ripresa dalle telecamere del CIO nell’ambito di alcuni approfondimenti dedicati al cinquantesimo anniversario dei Giochi. Testimonial dalla sua istituzione della Run for Mem, la corsa per la Memoria ideata dall’UCEI, Ladany ha ricordato come la sua carriera “non sia ancora finita”. Di marciare non gli è passata infatti la voglia. Anche se è cambiato l’obiettivo. Non più vincere o salire sul podio come un tempo. Quanto lanciare ai giovani un messaggio di speranza e consapevolezza. Un impegno che i vertici dello sport mondiale hanno voluto riconoscergli nella forma più solenne, attraverso la medaglia che porta il nome del barone De Coubertin. La medaglia, riservata a pochi, “del vero spirito sportivo”.

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LA CERIMONIA NELLA SINAGOGA DI SCHIRMECK

Cultura ebraica, una festa europea

Da Schirmeck in Alsazia il via a una nuova edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica sotto il cappello dell’AEPJ, l’associazione europea per la preservazione e valorizzazione del patrimonio ebraico e organizzazione ombrello della Giornata (che in Italia si svolgerà il 18 settembre, con Ferrara città capofila). I festeggiamenti sono iniziati nel segno di un emozionante ritorno: quello di un antico Sefer Torah, messo in salvo al tempo della Shoah da un amico cristiano di un giovane ebreo deportato. Dopo 77 anni e una serie di trasferimenti tra Europa, Nord Africa e Gerusalemme il Sefer è tornato nella sua casa: l’aron della sinagoga alsaziana. Presenti alla cerimonia il vice segretario generale del Consiglio d’Europa Bjorn Berge e il board dell’AEPJ nelle figure anche delle due componenti italiane dell’esecutivo: Annie Sacerdoti e Claudia De Benedetti. La prima anche in qualità di vicepresidente della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia.

(Nelle immagini: l’antico Sefer di nuovo nella sinagoga di Schirmeck; il board dell’AEPJ presente)

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VERSO LA GIORNATA EUROPEA DELLA CULTURA EBRAICA

Le insidie del rinnovamento

Il tema del rinnovamento è molto presente nella cultura e nella tradizione ebraica ma spesso con aspetti contraddittori. Nella preghiera del mattino benediciamo, con una formula molto antica, il Signore che crea la luce e le tenebre, che illumina la terra e coloro che la abitano, che “rinnova [con] la sua bontà ogni giorno l’opera della creazione”. La creazione si rinnova ogni giorno per mano divina. Ma che vuol dire? Sono due le possibili risposte: che vi sia una novità, una nuova creazione quotidiana, o che vi sia la garanzia che la creazione originaria non venga mai meno, che il sole sorga ogni giorno, grazie alla costante vigilanza divina. Il rinnovamento c’è sempre, ma non è chiaro se sia novità o resistenza al logorio. La radice ebraica che indica il rinnovare, chet-dalet-shin, è la stessa da cui derivano le parole chadàsh, “nuovo”, chiddùsh, “innovazione”, “novità” e chòdesh, “mese”. Il mese ebraico è lunare e la novità, sottolineata dal nome, sta nel fatto che la luna dopo essere scomparsa si rinnova. Anche nel linguaggio corrente si dice “luna nuova”. Ma attenzione: la luna quando ricompare ripete con il suo ciclo quello che era prima. Non è la comparsa di qualcosa di differente ma la ricomparsa di qualche cosa che si presumeva scomparso, e che torna a essere come era prima. Il popolo di Israele si identifica per molti aspetti con la luna. Uno di questi aspetti è il fatto che, dopo che si presume che sia scomparso sotto i colpi della storia, ricompare, torna a vivere. Il rinnovamento diventa una resurrezione, ma nella resurrezione non c’è un nuovo essere ma una nuova vita per lo stesso essere. Alla fine del libro biblico delle Lamentazioni (per la distruzione di Gerusalemme) il penultimo versetto dice: “Facci tornare o Signore a Te e torneremo, rinnova i nostri giorni come prima.” Ossimoro fantastico: rinnova/come prima. Il chiddùsh, la “novità”, è un requisito essenziale in una attività che a sua volta è essenziale nella cultura ebraica, lo studio della Torà. Non c’è studio valido se non c’è chiddùsh. 

Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

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L'EPISODIO DENUNCIATO DA UN SITO DI INFORMAZIONE CALCISTICA

Gli ultrà della Juventus e il coro antisemita

Ancora un episodio da bollino rosso nelle curve del calcio italiano. Un sito d'informazione calcistico riferisce infatti di un coro antisemita intonato da parte di alcuni tifosi della Juventus nell'ultima trasferta di Firenze, riproducendone anche un breve video. Parole agghiaccianti, quelle che compongono il motivo cantato a gran voce dagli ultrà, ma tristemente non nuove. L'ennesima manifestazione di un problema esteso che non riguarda i soli supporter juventini ma molti ambienti del tifo, un tifo evidentemente malato e inaccettabile, da Nord a Sud del Paese. 

Ricordando Monaco '72
Del massacro del 5-6 settembre 1972 a Monaco di Baviera, durante lo svolgimento della XX edizione delle Olimpiadi (26 agosto-11 settembre), a oggi sono rimaste soprattutto le scene e i sentimenti che ci ha consegnato «Munich» di Steven Spielberg. Restano ancora complessivamente sullo sfondo: la scena concreta di quelle 20 ore; il senso di indifferenza o di presunta autosufficienza del mondo dello sport (il massacro non motivò il comitato olimpico a sospendere lo svolgimento dei giochi, se non per poche ore perché la regola da non infrangere è «The Show must go on»); la discussione sul senso di una trattativa (ovvero la proposta di liberazione ostaggi/liberazione di detenuti politici, guerriglieri palestinesi ed esponenti della lotta armata dell’estremismo tedesco) che nei fatti non ci fu. È significativo che di quel precedente nessuno in Italia si sia ricordato cinque anni mezzo dopo, nel marzo del 1978.
 
David Bidussa
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Senza radici
Non durerà ancora molto la campagna elettorale estiva, trascinandosi tra i tempi morti della pallida attesa, l’afoso concentrato di illusioni e disillusioni, le promesse rituali (peraltro, prima ancora che assai poco credibili, espresse semmai con ancora minore convinzione) e un sostanziale disincanto, che rivela come le aspettative dei molti siano basse se non nulle. L’incertezza, non tanto rispetto ai possibili risultati delle urne bensì riguardo all’effettiva capacità, chiunque dovesse vincere, di governare processi complessi, le cui radici sopravanzano i confini nazionali, è quindi molto diffusa. Si combina all’affaticamento di un’intera collettività che da anni sta misurando sulla sua pelle il costo della trasformazione in atto che, per i tanti, implica una retrocessione nella scala sociale.
Claudio Vercelli
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