VERSO YOM KIPPUR 5783
"Il disaccordo può portarci all'abisso,
impariamo a rispettare e ascoltare"

Gerusalemme, Israele e l’ebraismo mondiale si preparano in queste ore alla celebrazione dello Yom Kippur, il giorno più sacro del calendario ebraico. Nella vigilia della solennità, decine di migliaia di fedeli si sono recati al Kotel (il Muro Occidentale) per recitare le Selichot, le poesie penitenziali. E mentre il paese si appresta a fermarsi, diverse voci lanciano appelli di unità alla nazione e al mondo ebraico. “'Signore del perdono, abbiamo peccato davanti a te, abbi pietà di noi', così, al plurale, i nostri saggi hanno formulato la preghiera per essere sicuri che portassimo nel nostro cuore l'attenzione per la collettività: 'Tutto Israele è responsabile uno nell'altro'. - le parole del Presidente d'Israele Isaac Herzog - Il disaccordo può portarci sull'orlo di un abisso. A Yom Kippur ci viene chiesto di rispettare, ascoltare, capire. Non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi”.
Un invito simile, a riconoscersi nella differenza e superare i contrasti, è arrivato anche dal rabbino capo ashkenazita d'Israele, rav David Lau. “Chi fa un buco nella nave danneggia tutti. Abbiamo le nostre differenze, ma nella maggior parte delle questioni dobbiamo trovare un denominatore comune”, le sue parole in un colloquio con ynet. Il rav ha poi sottolineato come la politica, a maggior ragione in un paese che si appresta a nuove elezioni, dovrebbe abbassare i toni. “Purtroppo temo che stiamo davvero esagerando. Da tre o quattro anni mi sembra che abbiamo preso una brutta china. - la preoccupazione espressa dal rabbino capo d'Israele - Siamo prima delle elezioni e questo è un momento in cui tutti vengono a dire: eleggimi. I saggi dicevano: 'Chi è rispettabile? Chi rispetta l'umanità'. Se volete essere rispettati, dite di voi stessi: Sono adatto perché ho A, B, C - anche gli altri sono bravi, solo che io penso di essere molto bravo”. A maggior ragione alla vigilia di Kippur, l'invito del rav alla politica è a non fare maldicenza, ad evitare di attaccare costantemente gli altri.
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L'INTERVENTO DELL'EX RABBINO CAPO DI RUSSIA, RAV GOLDSCHMIDT
“Da Mosca a Gerusalemme, il mio Kippur in esilio”

Sentirsi in esilio nella patria millenaria del popolo ebraico. È il paradosso che vive rav Pinchas Goldschmidt, l’ex rabbino capo di Mosca fuggito dalla Russia in Israele. “La frizzante aria autunnale di Mosca; la sinagoga illuminata che ho chiamato casa per 30 anni; il mio cappello bianco e la tunica che si indossa nei giorni di massima solennità, piegati, in un appartamento chiuso a chiave: sembra tutto un sogno” racconta il rav, che è anche il presidente della Conferenza europea dei rabbini, descrivendo questa sua condizione mai sperimentata sulle colonne del New York Times. Una riflessione pubblicata nell’imminenza dello Yom Kippur, il giorno più importante del calendario ebraico. Il rav, nell’elaborare la speciale atmosfera dell’attesa, si lascia andare alla nostalgia: “Mi preparavo per questo periodo per settimane. Parte del lavoro era tecnico: assicurare cantori e suonatori di shofar per le sinagoghe di tutta la Russia o guidare i malati sull’opportunità o meno di digiunare nel giorno santo. Alcuni dei preparativi erano più elevati: preparavo i pensieri per la mia orazione camminando ogni giorno per le preghiere penitenziali mattutine, oltre i vivaci caffè di via Pokrovka, giù per la collina in via Arkhipova, su per le scale fino alla sinagoga giallo pallido, con la sua cupola…”.
A cambiare il corso della storia l’aggressione militare all’Ucraina. “Molto presto – la testimonianza del rav – ho ricevuto segnalazioni di leader di comunità religiose, sacerdoti, imam, rabbini, che erano stati spinti a esprimere il loro sostegno all’esercito. Quindi un rappresentante del governo ci ha informati che si aspettava un nostro appoggio alla guerra. È stato allora che io e mia moglie abbiamo deciso di lasciare il Paese”.
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IL RICONOSCIMENTO DELL'ACCADEMIA DI SVEZIA AI TRE SCIENZIATI
Dal Wolf Prize al Nobel per la Fisica,
le ricerche di Aspect, Clauser e Zeilinger

Il francese Alain Aspect, l’americano John F.Clauser e l’austriaco Anton Zeilinger sono i tre vincitori del Premio Nobel per la Fisica 2022. Precursori dell’informazione quantistica, si sono visti assegnare il riconoscimento “per i loro esperimenti con l’entanglement dei fotoni, che hanno permesso di stabilire la violazione delle diseguaglianze di Bell e per i lavori pionieristici nel campo della scienza dell’informazione quantistica”. Ricerche già premiate nel 2010 con il Wolf Prize, riconoscimento annuale conferito in Israele dalla Fondazione Wolf a scienziati e artisti distintisi in più discipline “per il bene dell’umanità e dei rapporti fra i popoli”. Un premio ambito che molto spesso, nella storia, è stato il preludio al Nobel. Ne sa qualcosa anche il fisico italiano Giorgio Parisi, vincitore nel 2021 di entrambi.
Molto stretti i rapporti con Israele di Zeilinger: in estate il Technion di Haifa gli ha attribuito un dottorato honoris causa “per i suoi contributi alla scienza e alla tecnologia quantistica” e come omaggio “ai suoi sforzi nel concepire la scienza come una piattaforma per arricchire lo spirito umano”.
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TED DEUTCH NUOVO PRESIDENTE DELL'ORGANIZZAZIONE EBRAICA USA
American Jewish Committee, cambio al vertice
“Continueremo a costruire un futuro migliore per l’ebraismo, impegnandoci contro tutte le forme di antisemitismo, aprendo ulteriori possibilità per Israele e difendendo i valori democratici che hanno permesso alle comunità ebraiche di prosperare in tutto il mondo”. Si è presentato con queste parole Ted Deutch, nuovo amministratore delegato dell’American Jewish Committee. A lungo membro del Congresso Usa, dove è stato eletto con il Partito Democratico, Deutch subentra allo storico ceo David Harris da poco dimessosi.
Nei suoi 12 anni al Congresso il neo presidente dell’organizzazione ebraica internazionale con sede a New York e uffici in tutto il mondo ha avuto importanti incarichi presso la Commissione Affari Esteri della Camera, svolgendo la funzione di presidente della Sottocommissione Medio Oriente, Nord Africa e Antiterrorismo globale, ed è stato esponente di alto livello della Commissione Giudiziaria e presidente di quella Etica.
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Dove portare l'Italia
 Certamente Mussolini non ritornerà su questa terra. Di certo la storia non si ripeterà uguale a sé stessa. Certamente non ci sarà mai più una nuova deportazione di ebrei e una nuova Shoah – e noi non possiamo che sperarlo! E può anche essere vero che la destra di oggi non sia più la destra di ieri, e che la Meloni di oggi non sia più la Meloni dell'altro ieri e di ieri. Le nuove responsabilità forse possono contribuire al cambiamento.
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Ghetto
 Dario Calimani ( Moked 20 settembre 2022), scrive che la storia va ricordata e che quando qualcuno chiede (c’è stata al riguardo una lettera al Corriere della Sera, edizione romana) che non si usi più il nome Ghetto per riferirsi al quartiere ebraico di Roma, perché ricorda un periodo brutto e umiliante, si dovrebbe considerare che non è sufficiente cancellare il nome per cancellare la storia e il dolore.
A quanto da Calimani giustamente rilevato, potremmo soggiungere che vi è il malvezzo di fare sovente riferimento al c.d. “ghetto ebraico” come se vi fosse stato un ghetto di qualsiasi altra fede.
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Storia e Memoria: la vita di rav Laras
 All’interno della Rete delle scuole piemontesi per la didattica della Shoah tutto era partito con l’idea un po’ visionaria ma straordinariamente suggestiva di una marcia di studenti di tutte le età, dalla scuola primaria alle superiori, attraverso il percorso che il piccolo Giuseppe fece precipitosamente per mettersi in salvo dai fascisti che lo avevano arrestato a Torino il 2 ottobre 1944 insieme alla mamma e alla nonna. L’iniziativa possiede un profondo significato formativo perché quei fatti racchiudono da soli vari elementi storici su cui spingere i ragazzi a riflettere.
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