Il Premier israeliano Netanyahu all'alleato Deri:
"Devo sollevarti dall'incarico di ministro"
La Corte suprema d'Israele si era espressa in modo inequivocabile: Aryeh Deri, leader di Shas, doveva essere rimosso dal suo ruolo di ministro della Sanità e dell'Interno. Incompatibile con l'incarico a causa dei suoi precedenti penali. “Si tratta di una persona che è stata condannata tre volte per reati nel corso della sua vita, e che ha violato il suo dovere di servire lealmente e legalmente la collettività mentre ricopriva alte cariche pubbliche”, aveva evidenziato la presidente della Corte Ester Hayut. Ora a “malincuore” il Primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato il licenziamento del suo alleato. “È con il cuore pesante, con grande dispiacere e con profondo dolore che devo sollevarti dai tuoi doveri di ministro del governo”, le parole di Netanyahu a Deri durante la riunione settimanale del suo gabinetto. Per il Premier la sentenza della Corte suprema rappresenta “una decisione infelice che ignora la volontà del popolo”. “Intendo cercare ogni modo legale per fare in modo che tu possa continuare a contribuire allo Stato di Israele con la tua vasta esperienza e capacità”. Deri ha comunque partecipato alla riunione, arrivando più tardi, e non ha poi commentato con i giornalisti il suo licenziamento.
Si apre con una nuova rubrica il numero 137 di DafDaf, che è in distribuzione in questi giorni. Una scelta fatta per raccontare ai giovani lettori chi sono e cosa fanno coloro che si impegnano quotidianamente per l'ebraismo italiano. "Mi presento" - è questo il nome della nuova rubrica - nasce per dare voce a chi ha scelto di essere coinvolto, che sia in maniera volontaria, o per professione, con la propria esperienza, competenza e sempre con passione e dedizione. Perché, come cantava Giorgio Gaber, "La libertà non è star sopra un albero/ non è neanche il volo di un moscone/ la libertà non è uno spazio libero/ libertà è partecipazione".
Protagonista e testimone del Novecento, Lisa Giua Foa nasceva a Torino nel 1923. Nel centenario dalla nascita – a ricordarne la storia, a partire dal suo impegno antifascista con la Resistenza – un convegno svoltosi nella sede delle Fondazioni Modigliani e Matteotti a Roma. Il contesto familiare, l’impegno politico, il rapporto con i Paesi del Centro-Est Europa al centro di una giornata che intendeva valorizzare tanti aspetti della sua personalità, oltre al sodalizio con Vittorio Foa insieme al quale avrebbe messo al mondo Renzo, Bettina e Anna. Quest’ultima, storica illustre dell’ebraismo italiano, nata nel 1944 in piena guerra di Liberazione.
Antifascismo della prima ora ereditato dal padre Michele, che fu tra i pochi docenti a rinunciare alla cattedra per non giurare fedeltà al regime e che si vide poi condannato al carcere per “attività eversive” al pari del padre di Anna, futuro leader politico e sindacale nell’Italia democratica. Dopo l’8 settembre 1943 Lisa Giua prese parte alla Resistenza trasportando armi e stampa; nell’estate del 1944 fu poi catturata a Milano dagli assassini della Banda Koch, salvandosi in circostanze rocambolesche. “Mia madre sapeva sparare – la testimonianza della figlia Anna – e nel dopoguerra ha avuto il titolo di ‘partigiana combattente’. Ma la sua Resistenza non è stata una Resistenza armata. Ciclostile, trasporto di materiale clandestino, a volte anche di armi. E sembra che dopo la mia nascita qualche arma sia anche stata trasportata nella mia carrozzina, sotto le mie copertine…”. Una esperienza che avrebbe lasciato il segno anche nel suo impegno a difesa dei diritti contro soprusi e regimi di ogni sorta. “Nella Russia dei dissidenti, nella Polonia di Solidarnosc, e in Africa, dove ha viaggiato” racconterà tra gli altri Adriano Sofri, da cui è arrivato, da Odessa, un contributo. Riflette Sofri: “Scrivono oggi Anna e Bettina Foa: ‘Spesso ci viene da chiederci cosa avrebbe pensato Lisa dell’aggressione russa all’Ucraina. Non possiamo parlare per lei, ma possiamo facilmente immaginarla molto impegnata a contribuire all’analisi di questi avvenimenti e mobilitata su vari fronti nell’appoggio alla lotta degli ucraini per la difesa della loro libertà’. La immagino così anch’io…”.
Ad intervenire sono stati anche Alberto Aghemo, Cesare Panizza, Barbara Berruti, Fabio Levi, Lucyna Gebert, Wlodek Goldkorn e Andrea Graziosi. Ai presenti è stato poi distribuito il libro “Momenti magici” (edizioni una città), con un’antologia di scritti e riflessioni.
IL CENTENARIO DI LISA GIUA FOA - IL LIBRO DELLA STORICA ANNA FOA
Il ‘900 e i percorsi della Famiglia F.
È storia italiana, e in particolare storia della sinistra italiana vista con le lenti di una famiglia che l’ha vissuta sempre in prima linea, quella di Anna Foa, la quale con il suo La famiglia F. (Laterza, 2018) ne offre una ricostruzione intima. Attraverso una densa mole di fonti, di memorie, saggi, impressioni personali e ritratti prende forma un lessico familiare che scavalca la mera autobiografia, e riflette sulla continuità tra il nostro passato e il nostro presente. Nel libro, tra Torino e Roma, si intersecano le vicende dei Foa, ebrei piemontesi di origine occitana, e dei Giua, ramo materno dell’autrice, nonché di altre numerose personalità che si sono affastellate in oltre un secolo di storia, come Primo Levi, Palmiro Togliatti, Ada Gobetti o Natalia Ginzburg.
Francesco Moises Bassano
(Nell’immagine: Vittorio Foa con la moglie Lisa Giua e i figli; Anna nacque nel 1944, in piena guerra di Liberazione dal nazifascismo. Nella sua carrozzina, racconta, pare sia stata trasportata anche qualche arma.)
“La sottile assoluzione del fascismo è avvenuta, man mano, attraverso il silenzio. Poi, rispolverando qualche crimine partigiano, o una serie di gravi vendette personali, situazioni ben diverse dall’ideale criminale di un regime, si sono pareggiati i conti fra la dittatura e chi ha partecipato alla Liberazione. Ed è questo che consente oggi a figure dello Stato, a chi rappresenta le istituzioni della Repubblica nata dalla Liberazione, di rivendicare parità di considerazione, e di disertare il 25 aprile per andare invece a Predappio a celebrare i fasti del regime, al canto di Faccetta Nera e a braccio teso nel saluto romano”.
“È ovviamente più facile concedere un tardivo giudizio sull’infamia delle leggi razziali – lo diciamo a chi ci governa – piuttosto che ricordare lo sterminio della Shoah, e le responsabilità, le connivenze, i silenzi, e i milioni di morti. Se, con una breve condanna morale delle leggi razziali, si assolve il regime fascista da ogni sua altra responsabilità, magari senza neppure nominarlo il fascismo, si è poi liberi di rivendicarne la bella e gloriosa eredità”.
“Qualcosa sta cambiando nel nostro paese. E non si può chiedere a me, ebreo italiano e Presidente di una Comunità ebraica italiana, con 246 ebrei veneziani gassati ad Auschwitz, non si può chiedere a me di non preoccuparmi, o di aderire finalmente a una memoria condivisa. La mia memoria non potrà che essere la memoria non pacificata di chi è stato sterminato senza che ancor oggi se ne capisca il perché”.
Così il presidente della Comunità ebraica di Venezia Dario Calimani in alcuni passaggi dell’intervento tenuto durante la cerimonia cittadina per il Giorno della Memoria al Teatro La Fenice, dove ha preso la parola insieme al sindaco Luigi Brugnaro e al sovrintendente della Fondazione Teatro La Fenice Fortunato Ortombina.
SAMI MODIANO OSPITE DEL PRESIDENTE DEL SENATO LA RUSSA
“Anche voi giovani sarete testimoni”
“Sono uscito vivo chiedendomi perché e, grazie a Dio, dopo tanti anni, ho capito che dovevo essere anche io un testimone per raccontare quello che è stato. Ora anche voi sarete dei testimoni”. È il messaggio affidato da Sami Modiano, uno degli ultimi Testimoni della Shoah ancora in vita, a un gruppo di studenti del liceo Morgagni di Roma incontrati nella Sala della Costituzione di Palazzo Giustiniani, la residenza del presidente del Senato. “Ringrazio il presidente La Russa di avermi dato la possibilità di essere qui con i ragazzi per dare la mia testimonianza in questo luogo importantissimo”, dichiara Modiano in un video diffuso da Senato TV. Nato a Rodi nel 1930, figlio di Giacobbe Modiano e Diana Franco, fu deportato 14enne ad Auschwitz al termine di un drammatico viaggio di alcune settimane dal Dodecaneso. “B-7456”, il numero marchiato sul suo braccio all’arrivo in campo di sterminio (dove la quasi totalità della comunità ebraica rodiota fu assassinata). A 60 anni dalla Liberazione, la sua prima visita ad Auschwitz e l’inizio del suo impegno con le nuove generazioni.
(Nell’immagine: il Testimone della Shoah Sami Modiano durante l’incontro, accompagnato dalla Consigliera UCEI Elvira Di Cave)
Alcune storie di donne ebree tra il 1943 e il 1945 hanno animato la dodicesima edizione di “Memorie di famiglia”, il format ideato da Giordana Menasci e Anna Orvieto per il Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma. Centinaia i giovani che, dal 2012 ad oggi, hanno affrontato la storia di nonni e bisnonni “per ricordare gli anni della Shoah in modo particolare, celebrando, non in maniera formale, ma in maniera intima, raccontando le storie di famiglia, trasformandosi, loro stessi, in testimoni”. Diciotto i lettori sul palco questa domenica, con la conduzione di Nando Tagliacozzo, la consulenza storica di Anna Foa e l’accompagnamento musicale di Emanuele Levi Mortera, Eduardo Hubert e Marco Valabrega.
Oltre le ceneri della distruzione,
sinagoghe incise nel tempo
Sinagoghe incise in lastre di zinco lucide, poi corrose con degli acidi per creare nuove forme, linee, ombre. Nelle opere dell'artista Beverley-Jane Stewart una trasposizione artistica del destino di molti luoghi di culto dell'Europa orientale: un tempo centri di vita ebraica, oggi testimonianze - corrose dal tempo - della distruzione della Shoah, ma anche di resilienza e ricostruzione. “Mi considero una scrittrice visiva perché per realizzare le mie opere partecipo alle funzioni, parlo con le persone, incontro i ministri di culto, studio la storia locale nelle biblioteche, esploro il rapporto tra spazio pubblico e spazio privato, tra vita all’interno e vita all’esterno delle comunità, scatto foto e realizzo gli schizzi per fissare le sensazioni e le emozioni”, il racconto dell'artista londinese Beverley-Jane Stewart, protagonista con i suoi lavori della mostra Beyond the ashes – Oltre le ceneri, inaugurata al Polo del ‘900 di Torino e curata da Ermanno Tedeschi e Vera Pipoul.
Dalla voce di Liliana Segre e della sua scorta alla ricostruzione del destino della Lituania ebraica, nella programmazione di questi giorni della Rai grande attenzione ai temi legati alla Memoria, all’ebraismo e al contrasto dell’antisemitismo. Tra queste, il podcast di Rai Radio1 “Liliana siamo noi – Storia di mille giorni con la scorta”, diario del rapporto che lega la senatrice a vita Liliana Segre, Testimone della Shoah, ai carabinieri della sua scorta, assegnatale a causa delle minacce e insulti antisemiti ricevuti in questi anni. “Liliana siamo noi” conclude il suo viaggio al Memoriale della Shoah, nei sotterranei del Binario 21 della Stazione Centrale di Milano.
Didattica della Shoah, la lente sul passato ucraino
Al via la quarta edizione del corso di perfezionamento dell’Università di Firenze sulla Didattica della Shoah con la direzione scientifica di Silvia Guetta. “Quello che i libri non trattano e che è importante sapere”, il tema scelto per gli incontri che si dipaneranno da gennaio a dicembre in cinque moduli elaborati in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana e la Scuola Internazionale di Studi della Shoah di Yad Vashem. Il progetto, che prevede anche alcuni workshop, si sviluppa a partire dalla riflessione che “di fronte alla necessità di rispondere adeguatamente alle questioni di antisemitismo e razzismi e al ritorno di manifestazioni, mal celate, di apologia del fascismo” si fa sempre più insistente “la richiesta di prendere in considerazione una complessità di aspetti che permettano di comprendere meglio, oltre ai fatti umani, storici, educativi, politici, economici, religiosi” relativi alla Shoah, anche l’evolversi dei processi “che hanno preceduto e seguito i tragici eventi della Seconda guerra mondiale”.
Antisemitismo, il Comune di Firenze
adotta la definizione dell'Ihra
“Un segno concreto di rifiuto e di condanna di qualunque atteggiamento e comportamento di stampo antisemita, a fronte di atti più volte ripetutisi nella Regione e nella città di Firenze”.
Così il vicepresidente del Consiglio comunale Emanuele Cocollini (gruppo Centro) nel commentare la mozione che ha portato il Comune di Firenze ad approvare una mozione da lui proposta che prevede l’adozione della definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance. Una mozione “dall’alto valore simbolico” e “che punta a rafforzare la battaglia culturale contro un risorgente antisemitismo”. Molteplici sono le tipologie di odio antiebraico evidenziate dall’Ihra. Al riguardo Cocollini e i colleghi del suo gruppo sottolineano in una nota anche che “non si può stare dalla parte di Israele solo quando conviene; non si può perché l’antisemitismo, anche nella sua più moderna forma di antisionismo, tocca le coscienze di molte persone e non può prevedere nessuna ipocrisia o infingimento”.