Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui   7 Febbraio 2023 - 16 Shevat 5783

LE INIZIATIVE IN ISRAELE E A LIVELLO INTERNAZIONALE

Terremoto in Turchia e Siria,
il mondo ebraico si mobilita

Nella notte è sbarcata ad Adana, nel sud della Turchia, la squadra inviata da Israele per aiutare la popolazione locale colpita dal terremoto. Centocinquanta professionisti tra medici, esperti di primo soccorso e nella ricerca dei dispersi sono all’opera assieme ai colleghi turchi e internazionali per cercare di salvare le vittime del sisma che all’alba di ieri ha devastato la Turchia meridionale e il nord della Siria. “Nella notte oltre 6.500 persone sono state salvate dalle rovine. Le temperature notturne erano intorno agli zero gradi, quindi si deve agire rapidamente: il clima rende tutto più difficile sia per le persone sotto le macerie sia per le forze che operano sul campo” ha raccontato ai media israeliani Nadav Markman, viceambasciatore d’Israele ad Ankara. “Siamo stati tra i primi ad inviare gli aiuti. Sul campo ci sono squadre di soccorso da diversi paesi” ha spiegato il diplomatico, evidenziando la collaborazione che si è venuta a creare in queste ore. A guidare la delegazione israeliana il colonnello Golan Vach, capo dell’Unità di soccorso nazionale dell’esercito. “Le condizioni sono difficili, ma lavoreremo in coordinamento con le autorità turche per cercare di salvare chi è ancora sotto le macerie” ha detto ai media prima della partenza. L’esercito israeliano, ha annunciato poi il ministro della Difesa Yoav Gallant, si prepara a mettere in piedi un ospedale da campo nel sud della Turchia.
Intanto il tragico bilancio del disastro continua a salire. Oltre cinquemila i morti al momento registrati tra Siria e Turchia. Tra le persone rimaste vittime del sisma anche il presidente della Comunità ebraica di Antiochia, Saul Cenudioglu, e sua moglie Fortuna. “C’è grande preoccupazioni per le loro condizioni. Sappiamo che la loro casa è stata danneggiata, ma non abbiamo altre informazioni”, ha comunicato l’ambasciatrice d’Israele ad Ankara Irit Lillian. Parlando con la radio dell’esercito Galatz, Lillian ha descritto un quadro “terrificante, siamo di fronte a una devastazione difficile da descrivere”. Per questo ogni aiuto è importante. E Gerusalemme si è impegnata a fornirlo anche alla Siria, nonostante i due paesi non solo non abbiano rapporti, ma siano ufficialmente nemici. A confermarlo in queste ore al quotidiano Israel Hayom un funzionario diplomatico israeliano, che ha parlato di “una richiesta da parte siriana” a cui è stata data risposta affermativa. Non è stato specificato chi sia all’origine della richiesta e il regime di Damasco ha smentito ogni aiuto da Israele. L’aiuto dovrebbe comunque arrivare attraverso un’intermediazione.


Dall’aeroporto di Tel Aviv – dove il Comune ha colorato il municipio con i colori della bandiera turca in segno di solidarietà – è poi in partenza verso il sud della Turchia anche una delegazione dell’organizzazione United Hatzalah, specializzata nel primo soccorso. In venticinque – tra medici, operatori sanitari, psicoterapeuti – sono stati scelti per partecipare alla missione. A mobilitarsi però è tutto il mondo ebraico, dall’Europa fino agli Stati Uniti. 

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LA NOTA UCEI

“Vicini a chi soffre, pronti ad aiutare"

L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane esprime la propria sofferenza, vicinanza e solidarietà alle popolazioni di Turchia e Siria colpite e travolte dal terribile e devastante sisma delle scorse ore. Siamo vicini e uniti nel dolore ai familiari delle migliaia di vittime, partecipando al loro lutto, agli sfollati, a chi lotta tra la vita e la morte in una corsia d’ospedale, a chi ancora sotto le macerie attende un soccorso. In raccordo con le Federazioni dell’ebraismo mondiale ed europeo (Wjc ed Ejc), insieme ad altri enti ebraici come Joint e Hias, all'Adei Wizo e alla comunità turca, anche l’UCEI si sta attivando per offrire un aiuto concreto e significativo – sanitario, materiale e spirituale – a chi soffre per gli effetti di questo cataclisma che ha sconvolto il pianeta intero. Ci uniamo alle preghiere della Comunità ebraica in Turchia e dei fedeli di ogni religione affinché vi sia sollievo, cura delle ferite e rimedio al lacerante pianto.

È possibile inviare una donazione al seguente Iban, specificando nella causale il motivo del versamento: IT 42 B 02008 05205 000103538743

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L'IMPEGNO DEI CONIUGI COLORNI A MANTOVA

Scuola d'italiano ai profughi dell'Ucraina e del mondo,
la lezione del presidente della Comunità ebraica

C’è chi arriva dall’Ucraina, in fuga dall’aggressione militare russa: non se ne sono mai visti tanti come nell’ultimo anno. Ma l’atlante della sofferenza è vasto e copre più territori e continenti: dalla Nigeria al Bangladesh, dalla Georgia all’Egitto. C’è chi ha lasciato la propria patria per effetto di guerre e persecuzioni di lungo corso. Chi per assenza di opportunità educative e lavorative. Chi in cerca, semplicemente, di una vita migliore.
Hanno molte provenienze i profughi accolti alla scuola “senza frontiere” di Mantova, intitolata alla memoria del suo fondatore Sandro Saccani. Vi si insegnano le basi della lingua italiana, i primi essenziali rudimenti dei quali impratichirsi per conquistare spazi di autonomia e, appena possibile, anche un lavoro. Una delle tante realtà che, basate sul volontariato, si sforzano di offrire servizi e assistenza a chi più ne ha bisogno ed è sprovvisto pressoché di ogni cosa: a partire da una conoscenza, anche minima, della nuova società e dei suoi codici comunicativi.
Ad animarla, da qualche mese, sono due nuovi insegnanti: il presidente della Comunità ebraica mantovana Emanuele Colorni e sua moglie Loredana Leghziel. “Non potevamo non dare l’esempio. Noi ebrei, per primi, sappiamo cosa significa trovarsi in una condizione di precarietà esistenziale” racconta Colorni, che è nato proprio in tempo di guerra, nel pieno delle persecuzioni antiebraiche sferrate dal nazifascismo. Si tratta di un contesto non semplice in cui operare: “L’età media è di circa 25-30 anni. Davanti ai nostri occhi, purtroppo, c’è un mondo intero. Esprimerci in inglese o in altre lingue europee talvolta non ha effetti di alcun tipo. Molti dei nostri ‘studenti’, infatti, non conoscono i caratteri latini. E così ci dobbiamo aiutare per forza di cose con gli strumenti digitali, inserendo singole parole o frasi nello spazio di traduzione. È il caso, ad esempio, dei profughi del Bangladesh. Spesso parlano soltanto la lingua bengali...”.

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TRA CALCIO E GEOPOLITICA

Israele-Arabia Saudita: Cristiano Ronaldo 
possibile ambasciatore della "normalizzazione"

Quella di Cristiano Ronaldo sembra una stella declinante. Dopo cinque palloni d’oro e innumerevoli trofei sollevati nel corso di una carriera con pochi termini di paragone nella storia del calcio, la decisione di accettare l’offerta “monstre” giuntagli dall’Arabia Saudita pare averne declassato l’appeal internazionale. Non certo in Medio Oriente, però, dove CR7 è popolare come non mai.
Secondo l’emittente israeliana Kan tra quanti starebbero pensando di “sfruttarne” l’immagine vi sarebbe anche il ministero degli Esteri di Gerusalemme, intenzionato a farne il possibile ambasciatore di una prossima “normalizzazione” dei rapporti tra lo Stato ebraico e Riad nel solco degli Accordi di Abramo stipulati finora con varie realtà del mondo arabo. Ancora una ipotesi, viene sottolineato, ma attorno alla quale si starebbero innescando delle riflessioni. Anche perché, a detta di vari osservatori, il negoziato tra i due governi starebbe procedendo con profitto, per quanto con tempi di formalizzazione ancora incerti.
Non è una novità comunque che Israele e Arabia Saudita vedano i propri nomi affiancati in progetti legati allo sport e in particolare al calcio, passione comune ad entrambi i popoli. Come la possibile candidatura congiunta per ospitare i Mondiali del 2030.

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