Terremoto in Turchia e Siria,
il mondo ebraico si mobilita

Nella notte è sbarcata ad Adana, nel sud della Turchia, la squadra inviata da Israele per aiutare la popolazione locale colpita dal terremoto. Centocinquanta professionisti tra medici, esperti di primo soccorso e nella ricerca dei dispersi sono all’opera assieme ai colleghi turchi e internazionali per cercare di salvare le vittime del sisma che all’alba di ieri ha devastato la Turchia meridionale e il nord della Siria. “Nella notte oltre 6.500 persone sono state salvate dalle rovine. Le temperature notturne erano intorno agli zero gradi, quindi si deve agire rapidamente: il clima rende tutto più difficile sia per le persone sotto le macerie sia per le forze che operano sul campo” ha raccontato ai media israeliani Nadav Markman, viceambasciatore d’Israele ad Ankara. “Siamo stati tra i primi ad inviare gli aiuti. Sul campo ci sono squadre di soccorso da diversi paesi” ha spiegato il diplomatico, evidenziando la collaborazione che si è venuta a creare in queste ore. A guidare la delegazione israeliana il colonnello Golan Vach, capo dell’Unità di soccorso nazionale dell’esercito. “Le condizioni sono difficili, ma lavoreremo in coordinamento con le autorità turche per cercare di salvare chi è ancora sotto le macerie” ha detto ai media prima della partenza. L’esercito israeliano, ha annunciato poi il ministro della Difesa Yoav Gallant, si prepara a mettere in piedi un ospedale da campo nel sud della Turchia.
Intanto il tragico bilancio del disastro continua a salire. Oltre cinquemila i morti al momento registrati tra Siria e Turchia. Tra le persone rimaste vittime del sisma anche il presidente della Comunità ebraica di Antiochia, Saul Cenudioglu, e sua moglie Fortuna. “C’è grande preoccupazioni per le loro condizioni. Sappiamo che la loro casa è stata danneggiata, ma non abbiamo altre informazioni”, ha comunicato l’ambasciatrice d’Israele ad Ankara Irit Lillian. Parlando con la radio dell’esercito Galatz, Lillian ha descritto un quadro “terrificante, siamo di fronte a una devastazione difficile da descrivere”. Per questo ogni aiuto è importante. E Gerusalemme si è impegnata a fornirlo anche alla Siria, nonostante i due paesi non solo non abbiano rapporti, ma siano ufficialmente nemici. A confermarlo in queste ore al quotidiano Israel Hayom un funzionario diplomatico israeliano, che ha parlato di “una richiesta da parte siriana” a cui è stata data risposta affermativa. Non è stato specificato chi sia all’origine della richiesta e il regime di Damasco ha smentito ogni aiuto da Israele. L’aiuto dovrebbe comunque arrivare attraverso un’intermediazione.
Dall’aeroporto di Tel Aviv – dove il comune ha colorato il municipio con i colori della bandiera turca in segno di solidarietà – è poi in partenza verso il sud della Turchia anche una delegazione dell’organizzazione United Hatzalah, specializzata nel primo soccorso. In venticinque – tra medici, operatori sanitari, psicoterapeuti – sono stati scelti per partecipare alla missione. A mobilitarsi però è tutto il mondo ebraico, dall’Europa fino agli Stati Uniti. Oltreoceano è stata avviata una raccolta fondi per fornire aiuti umanitari alla popolazione. A promuoverla la Federazione delle comunità ebraiche del Nord America e l’American Jewish Joint Distribution Committee. “Rimaniamo in stretto contatto con i nostri partner di primo soccorso in loco e stiamo mobilitando le nostre comunità per raccogliere fondi a sostegno del loro lavoro vitale”, ha dichiarato Julie Platt della Federazione delle comunità Usa. “I nostri valori ebraici di tikkun olam ci guidano giorno per giorno nel tendere la mano a chi ha bisogno, e ci impegniamo a portare avanti questo compito con orgoglio e dignità”.