LA MOSTRA E L'ANNIVERSARIO DELLA RIVOLTA DEL GHETTO DEL 1943

Varsavia, 21 scatti per documentare il coraggio

“Avevamo controllato e ricontrollato tutto. Mancava l’ultima scatola di cartone, in soffitta a casa di mia sorella. Come nei più classici thriller, l’ultimo rullino tirato fuori dall’ultima scatola si è rivelato essere il negativo più importante”. In mano, in quell’ultimo rullino, Maciej Grzywaczewski ha trovato un ritratto prezioso della storia di Varsavia e soprattutto dell’insurrezione del ghetto del 1943.
A scattare quelle foto ottant’anni prima il padre Zbigniew Leszek Grzywaczewski, pompiere del corpo dei vigili del fuoco della capitale polacca durante la Seconda guerra mondiale. I nazisti inviavano i pompieri nel ghetto in fiamme: il loro compito era quello di evitare che l’incendio si propagasse alle case sul lato “ariano”. Fu in quelle occasioni che Grzywaczewski, che aveva 23 anni, scattò senza farsi vedere le foto. Un atto coraggioso, ma soprattutto una testimonianza di inestimabile valore. “L’immagine di queste persone trascinate fuori dai bunker mi accompagnerà per il resto della mia vita”, scriverà il giovane pompiere in un suo diario. Grzywaczewski vide – e immortalò – il più grande atto di resistenza organizzato dal mondo ebraico contro il regime nazista durante la Shoah. Una rivolta che ebbe inizio il 19 aprile (alla vigilia di Pesach) e durò fino al 16 maggio 1943. Mentre 50mila civili si nascondevano nei bunker del ghetto, qualche centinaio di combattenti tenne testa per settimane al più potente esercito d’Europa. Più di quanto non fecero alcune nazioni invase.

Con ogni forza gli uomini e le donne della rivolta cercarono di evitare che i nazisti “liquidassero” il ghetto, ma alla fine furono sopraffatti. Gli scatti di Grzywaczewski raccontano questa storia e la violenta reazione tedesca. Sono spesso immagini sfocate, foto fatte di fretta, da una posizione nascosta, parzialmente oscurate da elementi dell’ambiente circostante: il telaio di una finestra, il muro di un edificio o figure di persone in primo piano. Nonostante questo la loro importanza rimane centrale: sono le uniche foto conosciute scattate all’interno del ghetto durante l’insurrezione e non realizzate dagli occupanti nazisti. Alcune erano già circolate e note agli studiosi e ricercatori, ma ventuno del rullino ritrovato dal figlio di Grzywaczewski erano completamente inedite. E sono venute fuori proprio mentre si avvicinava l’ottantesimo anniversario della rivolta, che sarà presto celebrato con l’attenzione del mondo puntata su Varsavia.

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LA MOSTRA E L'ANNIVERSARIO DELLA RIVOLTA DEL GHETTO DEL 1943

Al di là del muro, vite invisibili

Il 19 aprile 1943 un gruppo di duemila soldati e membri delle SS penetrò nel ghetto di Varsavia prima dell’alba. L’obiettivo era quello di completare la deportazione degli ultimi ebrei rimasti in quella grande prigione a cielo aperto: circa 50mila persone. Nel 1942 ve ne erano imprigionate 450mila, il 30 per cento della popolazione totale di Varsavia. A quel numero si deve aggiungere il migliaio di resistenti che per un mese riuscì a respingere i nazisti.
La maggior parte delle tracce di quei mesi terribili furono bruciate e cancellate dagli aguzzini. Furono soprattutto poche testimonianze orali a dare un quadro di cosa fosse la vita nel ghetto. Su di esse si concentra la mostra temporanea realizzata dal museo Polin “Intorno a noi un mare di fuoco. Il destino dei civili ebrei durante l’insurrezione del ghetto di Varsavia”. L’esposizione, pensata in occasione degli ottant’anni della rivolta, si sofferma sulla vita dei cinquantamila “civili”, ovvero i non combattenti. “Contro la disperazione, la solitudine, la fame, la sete e la paura, hanno combattuto ogni singolo giorno, ora, minuto”, spiega la curatrice Zuzanna Schnepf-Kołacz. La loro resistenza silenziosa, sottolinea, “è stata altrettanto importante rispetto a quella di chi prese le armi in mano: rimasero invisibili per molti giorni, si nascosero sottoterra e si rifiutarono di rispettare gli ordini tedeschi”.

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LE PAROLE DEL RABBINO LEO DEE SULL'ATTENTATO NELLA VALLE DEL GIORDANO

"Contro la mia famiglia, un atto di pura malvagità"

Al dolore si aggiunge altro dolore. Vittima insieme alle figlie Maya e Rina di un attentato terroristico palestinese nella Valle del Giordano, Lucy Dee era ricoverata da giorni in gravi condizioni in ospedale. Il marito, il rabbino Leo Dee, aveva sperato in un suo recupero. Ma poi è arrivato il triste annuncio della morte di Lucy: “la nostra famiglia di sette persone è ora una famiglia di quattro”. Parlando con i media israeliani, Dee ha raccontato come con “la mia bellissima moglie Lucy abbiamo cercato di crescere i nostri figli con buoni valori e di fare del bene e portare altro bene nel mondo”. Poi il messaggio al terrorista che ha aperto il fuoco contro l'auto in cui viaggiavano la moglie e le due figlie. “Chiedo alla persona con il kalashnikov: che cosa hai ottenuto? Sei con i tuoi figli ora? Hai un futuro? Questa è pura malvagità”. Nella tragedia, il rabbino Dee ha poi spiegato di aver deciso di donare gli organi della moglie, dopo aver parlato con i figli e con le autorità religiose. “Il gesto di questa nobile famiglia è un punto di luce nell'oscurità e ha salvato molte vite”, ha dichiarato Dan Arvut, direttore della chirurgia cardiotoracica dell'ospedale Beilinson.

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IL RICONOSCIMENTO AI DUE SCRITTORI ISRAELIANI

Premio Letterario Adei Wizo,
vincono Nevo e Gundar Goshen

Sono Le vie dell’Eden di Eshkol Nevo (Neri Pozza Editore) e Dove si nasconde il lupo di Ayelet Gundar Goshen (Neri Pozza Editore) le opere vincitrici della ventitreesima edizione del Premio Letterario Adei Wizo intitolato alla memoria di Adelina Della Pergola. I due libri, molto apprezzati anche dalla critica italiana, si sono aggiudicati rispettivamente la sezione principale del riconoscimento e quella dedicata ai giovani.

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L'INIZIATIVA A PISTOIA

Identità individuale e di massa,
una riflessione per Yom HaShoah

Nell’occasione di Yom HaShoah l’Associazione Electra Teatro, con il Patrocinio del Comune di Pistoia, metterà in scena alla sala De’ Rossi della Fondazione Cassa di Risparmio (lunedì 17 aprile alle 17) una rappresentazione tratta dal romanzo epistolare “Destinatario Sconosciuto” di Katherine Kressmann Taylor.
La vicenda narra degli scambi epistolari tra l’ebreo Max e “l’ariano” Martin, un tempo amici fraterni e che l’ascesa del nazismo porterà su fronti contrapposti, per cui arriveranno a scoprirsi nemici come le precedenti condizioni non avrebbero permesso di far emergere. Martin si rivelerà un fanatico aderente alla nascente ideologia, arrivando a cancellare qualunque sentimento di fratellanza, amicizia e umana pietà, mentre Max attuerà una raffinata vendetta contro l’amico di una volta, responsabile dell’uccisione dell’amata sorella incautamente presente nella Berlino del Terzo Reich.

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