Israele torna al Giro d'Italia,
l'obiettivo è il podio sui Fori Imperiali
L’arrivo sarà di nuovo sui Fori Imperiali, come nella prima storica partecipazione di una squadra israeliana al Giro d’Italia. Era la primavera del 2018 e tre settimane prima la “corsa rosa” aveva preso il via da Gerusalemme in una “Grande partenza” che resta, a detta di molti osservatori, indimenticabile. Chissà che la circostanza non porti fortuna alla Israel Premier Tech, erede di quella che è stata prima la Israel Cycling Academy e poi la Israel Start-Up Nation. Per il sesto anno consecutivo infatti il team fondato da Sylvan Adams sarà protagonista dell’evento sportivo più amato dagli italiani. Per la prima volta, forse, con reali possibilità di fare classifica.
La Israel Premier Tech, che nelle prossime ore svelerà i suoi obiettivi nel corso di una conferenza stampa, schiererà come uomo di punta un habitué del Giro come Domenico Pozzovivo, espertissimo ciclista che in carriera può vantare ben sette piazzamenti nei primi dieci della generale (lo scorso anno è arrivato ottavo). Al suo fianco un team multinazionale in cui non compaiono atleti israeliani, ma l’altro italiano in rosa Marco Frigo, l’australiano Simon Clarke, il canadese Derek Gee, l’americano Matthew Riccitello, il danese Mads Wurtz Schmidt, il britannico Stephen Williams. Una squadra eterogenea che combina corridori d’esperienza e nuovi talenti in rampa di lancio. Due gli obiettivi, annuncia il direttore sportivo Oscar Guerrero: “La classifica generale con Pozzovivo e le vittorie di tappa”.
Pozzovivo, quaranta primavere e una passione inestinguibile, non ha mai nascosto la sua ambizione: raggiungere quel podio che ha sempre visto vicino, senza però mai salirci sopra. Questa, ne è consapevole, potrebbe essere la sua ultima occasione.
Proseguono gli incontri di "Articolo 3: Diversi tra Uguali – 75 Anni di Costituzione 1948/2023”, progetto sviluppato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane insieme al Meis per celebrare i 75 anni della Costituzione. Dopo un primo appuntamento svoltosi al Polo del ‘900 a Torino, il percorso nazionale imbastito per riflettere sulle molteplici sfumature di questo articolo così significativo fa oggi tappa a Roma, nella sede dell’Enciclopedia Treccani, per un incontro che metterà a fuoco in particolare il tema dei “diritti dell’uomo”. L’incontro, in programma alle 17, si aprirà con i saluti del presidente della Treccani Franco Gallo e si caratterizzerà per un dialogo tra il presidente emerito della Corte costituzionale Giuliano Amato e la presidente UCEI Noemi DI Segni, moderati dalla giornalista Simonetta Fiori. Sarà possibile seguire l’evento in streaming, in diretta sulla pagina Facebook UCEI.
"Storico, un lavoro sotterraneo ma che lascia il segno"
Studiosa della Shoah di fama internazionale, artefice tra gli altri del progetto di ricostruzione dei nomi degli ebrei arrestati in Italia dai nazifascisti, la storica Liliana Picciotto ha legato il suo nome a quello della Fondazione CDEC di Milano per conto della quale è stata l’artefice di iniziative e studi che rappresentano un pilastro, un punto di riferimento fondamentale per far luce su quegli eventi. A riconoscerlo è ora anche un duplice encomio istituzionale, con la nomina a Cavaliera dell’Ordine al merito della Repubblica e quindi a Commendatrice. Onorificenze giunte in parallelo e che danno particolare soddisfazione, osserva la studiosa, “perché legate alla mia attività di storica del CDEC”.
La cerimonia di premiazione avverrà l’11 maggio. Un pubblico riconoscimento rispetto all’importanza di una professione “che è spesso sotterranea, ma che finisce poi per lasciare un segno; nessuno, dopo la dimostrazione nero su bianco di certi fatti, ha potuto negare che siano avvenuti”. Ampio lo spettro dei temi di cui Picciotto si è occupata e continua ad occuparsi: dalle storie di persecuzione e delazione a quelle di salvezza (e auto-salvezza). Tra i progetti più importanti in corso la ricerca dedicata al contributo degli ebrei italiani alla Resistenza, arricchitasi in aprile con alcune biografie relative ad Emilia-Romagna e Liguria.
(Nell’immagine: Liliana Picciotto insieme al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella)
Tre secoli di storia, affrontati attraverso il segno lasciato dagli eventi sui manufatti tessili. È lo stimolo che arriva da “Mercanti e stracciaioli nel Ghetto di Venezia”, esposizione a cura della direttrice del Museo ebraico locale Marcella Ansaldi inaugurata quest’oggi in Campo di Ghetto Novo (Ikona Gallery). Svelato al pubblico un mondo del quale molto si sa, ma di cui restano ancora prospettive affascinanti da illuminare. A documentarlo tre preziosi tessuti finora mai esposti, da poco restaurati da Opera Laboratori. Un’importante testimonianza, si attesta, “dell’esistenza degli ebrei a Venezia e del loro vivere quotidiano”. Si tratta di una tovaglietta dello Shabbat e di due meil, il manto con il quale si avvolge il rotolo della Torah, in un viaggio nel tempo che dall’iniziale costrizione e separazione porterà fino alla conquista di libertà e diritti.
Agli ebrei del Ghetto, ricorda la mostra, non era concessa la pratica della tessitura e potevano vendere soltanto le cosiddette “strazze”. Nonostante la legge molti artigiani ricevevano comunque ordinazioni di merce dai mercanti rinchiusi dal 1516 nel “serraglio de’ giudei”. Sfondo e teatro, viene spiegato, “di una esperienza esistenziale senza uguali, dove la sopravvivenza economica degli ebrei è strettamente connessa ai mestieri loro concessi o imposti”.
Da 140 anni la sinagoga di Firenze svetta nella skyline cittadina, con le sue inconfondibili forme e il suo messaggio di “emancipazione” dopo i tre secoli circa in cui anche gli ebrei fiorentini furono costretti all’interno di un ghetto. Un patrimonio, non solo architettonico, di tutta la città. Da qui la scelta della Comunità ebraica di rivolgersi a tutti indistintamente per una campagna di fundraising volta a supportare alcuni interventi urgenti per la messa in sicurezza della torre e “per non tenere la struttura a rischio di ulteriori problematiche strutturali”. La sfida, sottolinea Brett Lalonde, vicepresidente della Comunità, è quella “di raccogliere almeno il 20% del totale attraverso donazioni di privati e di chiunque possa fornire un prezioso aiuto”. Un impegno su più fronti. Per la restante e maggioritaria quota Renzo Funaro, il presidente dell’Opera del Tempio Ebraico, spiega infatti di aver già ottenuto “i finanziamenti necessari”.