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2 aprile 2017 - 6 Nissan 5777
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per il cinquantesimo anniversario della liberazione

Gerusalemme, 50 anni e un Giorno

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La vita colorata in un campus universitario vibrante di diversità, lingue e calcetto in una Gerusalemme “molto più piccola di quella di oggi”, poi nel giro di poche settimane la tensione, la guerra e l’incertezza, interrotta dalla rapidissima vittoria, dall’euforia, dalla commozione: “Har HaBayt BeYadenu”, “il Monte del Tempio è nelle nostre mani”. Sergio Della Pergola, demografo e professore emerito dell’Università ebraica di Gerusalemme, nella tarda primavera del 1967 era arrivato in Israele da pochi mesi dopo la laurea in Scienze politiche a Pavia e delle settimane che portarono alla Guerra dei Sei Giorni, del conflitto, di ciò che ne seguì, ricorda tutto momento per momento. In vista del cinquantesimo anniversario della riunificazione di Gerusalemme, rievoca quegli istanti con Pagine Ebraiche.
Arrivato ad anno accademico inoltrato nel dicembre 1966, Della Pergola riceve una stanza nel dormitorio insieme a uno studente arabo-israeliano. “Ibrahim, veniva da Umm al Fahm (nell’immagine assieme a Della Pergola), centro del nord del paese oggi piuttosto militante in senso anti-israeliano. Io studiavo l’ebraico e cominciavo a scoprire la realtà di Gerusalemme, e quella fu un’occasione per entrare in contatto anche con coetanei arabi. Poi nel campus c’erano studenti stranieri non ebrei, nuovi immigrati, tra cui diversi ragazzi italiani, gli stessi israeliani. Vivevamo con spensieratezza, ricordo epiche partite di pallone”. Poi qualcosa comincia a cambiare. Ci sono scontri al confine con la Siria, che dalle alture del Golan bombardava il territorio israeliano. Fino a che non si arriva al giorno di Yom HaAtzmaut, la festa per il Giorno dell’Indipendenza. “Si era nel maggio del 1967. Come ogni anno, si tenne la parata militare nel Bloomfield Stadium dell’Università ebraica di Gerusalemme. Oltre ai soldati, fu fatta sfilare una jeep che trainava un piccolo rimorchio con sopra un cannoncino, che il pubblico guardò con un sorriso misto a un po’ di commiserazione. Mai avremmo immaginato quello che stava per succedere”.

Rossella Tercatin



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il punteggio attribuito all'economia israeliana da moody's

Solido e affidabile, un Paese che merita l'A+

img headerDi recente l’agenzia di rating Moody’s ha confermato il rating “A+” allo Stato d’Israele, un “punteggio” che equivale a giudizio complessivamente molto favorevole: esso rappresenta il quinto di dieci voti “utili” (la Germania ha il primo, gli USA il secondo, l’Italia il decimo). Poiché il rating di un paese rappresenta un giudizio dell’affidabilità di un debitore (nella fattispecie il Tesoro israeliano, che emette obbligazioni) può essere interessante esaminare in dettaglio quelli che l’agenzia considera i punti di forza e di debolezza del "debitore Israele".
Secondo Moody’s i punti di forza di Israele come emittente di titoli di Stato sono numerosi. In primo luogo il consolidarsi del suo status di economia ad alto reddito medio, che nel contempo riesce a mantenere anche elevati ritmi di crescita. In secondo luogo, l’essere una economia competitiva e flessibile, che ha saputo assorbire senza scossoni numerosi shock economici e politici interni ed esterni. In terzo luogo, i conti con l’estero molto solidi: un elevato avanzo commerciale, un debito estero basso, un elevato volume di investimenti israeliani all’estero. Infine, l'avere a disposizione una ampia e fedele platea di investitori sia interni sia esteri.

Aviram Levy, economista



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dopo le richieste degli usa

Bibi, questione d'equilibrio

Nel giro di poche ore il governo israeliano ha preso due importanti decisioni sulle colonie in Cisgiordania, cioè comunità israeliane costruite in terra palestinese non riconosciute dalla maggior parte della comunità internazionale.
Giovedì il governo ha approvato la costruzione di una nuova colonia, che sarà chiamata Geulat Zion e sarà situata vicino alla colonia di Shilo, a nord di Ramallah, la capitale amministrativa dello stato palestinese. Geulat Zion sarà la prima colonia costruita dallo stato israeliano da circa 25 anni a questa parte, ma le circostanze della sua nascita sono piuttosto straordinarie: sarà fondata come “risarcimento” da parte del governo per gli abitanti di Amona, un insediamento non autorizzato evacuato all’inizio di febbraio dopo una sentenza della Corte suprema. Poche ore più tardi un Consiglio dei ministri ristretto tra chi si occupa di sicurezza ha approvato informalmente una politica più moderata riguardo l’espansione delle colonie esistenti, su esplicita richiesta dell’amministrazione statunitense (che già da settimane stava insistendo su questo punto col governo israeliano).

Il Post

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contro le minacce di hamas

Per un Pesach in sicurezza

“Non c’è dubbio che le organizzazioni terroristiche, in particolare Hamas, cercheranno di minacciare la stabilità e di effettuare nuovi attacchi. Il nostro obiettivo è quello di consentire a tutta Israele di passare delle festività tranquille”. A parlare un alto funzionario dello Shin Bet, il servizio di intelligence interno di Israele, dopo l'attacco palestinese sventato la scorsa settimana a Gerusalemme, nei pressi della Porta di Damasco. Una zona sensibile, teatro purtroppo di ripetuti attentati terroristici come dimostra la cronaca delle scorse ore: sabato un palestinese di 17 anni, armato di coltello, ha infatti ferito tre persone, tra cui un poliziotto, aggredendoli proprio vicino alla Porta di Damasco. In uno scontro con le forze di sicurezza israeliane, l'aggressore è poi stato ucciso. E la guardia rimane alta, a maggior ragione, come spiegavano dallo Shin Bet, in prossimità della festività di Pesach. Il gruppo terroristico di Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, ha annunciato che si vendicherà contro “gli agenti israeliani nelle prossime ore e nei prossimi giorni” come risposta all'uccisione di un suo ufficiale che, secondo il movimento terroristico, sarebbe stato eliminato da Israele. 

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