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14 novembre 2017 - 25 Cheshwan 5778
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FUMETTI

Ciao papà, il tuo Asterix è immortale

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Mio padre in un museo. È una frase strana, suona come una frase fatta, come il titolo di un libro di vignette umoristiche. Mio padre in un museo d’arte e di storia. Quando c’entrano l’arte e la storia mio padre è sempre coinvolto. Patito dell’una ma per nulla affine all’altra, lo vedo che sorride. Mio padre al museo d’arte e storia dell’ebraismo. Lì, si toglie il cappello, si siede su un Chesterfield, prende una sigaretta, la accende e se la gusta. Si gode il momento, lo so. Toccherò con mano il ricordo della sua e lo guiderò, gli racconterò quello che sa e lo ascolterò ricordare. Il timbro della sua voce, quarant’anni dopo che si è spento, risuona ancora, risuona sempre. Questa esposizione dedicata a mio padre è la promessa di un viaggio a lungo termine verso il cuore della sua storia. Lui che tanto amava navigare si imbarcherà con me su quella nave. Mano nella mano ci prepareremo a salpare, direzione Ucraina, Polonia, Argentina, New York, Parigi. Si rallegra di questa imminente traversata, si rallegra di poter ascoltare di nuovo la lingua yiddish. Gli brillano gli occhi, le fossette diventano più profonde dalla gioia. In quel paese che diventa suo dopo quarant’anni, in quel paese che i profani chiamano eternit, l’attimo si espande o si ferma. “Questo shtetl è nostro”, mi dice. “Vieni amore mio, vieni bambina mia, guarda mia nonna che accende le candele”.

Anne Goscinny scrittrice
Pagine Ebraiche, novembre 2017
Dossier Comics & Jews, a cura di Ada Treves

Traduzione di Ilaria Vozza, studentessa della Scuola Superiore Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste, tirocinante presso la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

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FUMETTI

Storia di due famiglie tutte speciali

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La vera storia di Asterix, cui René Goscinny ha voluto dare il nome di un segno tipografico, la storia dell'asterisco che più di ogni altra cosa racconta il suo attaccamento alle radici familiari, non inizia in un piccolo villaggio dell'Armorica, bensì a Khodorov, in Ucraina, e a Varsavia, i luoghi da cui provengono i suoi genitori, Anna e Stanislaw. Anna era figlia di Feyge Garber e di Avrom-Leyzer Beresniak, che in Francia avrebbe preso il nome di Abraham Lazare, e che a Khodorov era maestro, un melamed, e insegnava alfabeto ebraico e basi della Torah. Arrivati a Parigi con i loro nove figli i Beresniak abitarono prima del diciottesimo arrondissement, per poi riuscire a trasferirsi nel 5. Stanislaw Goscinny, invece, era il terzo dei quattro figli di Abraham Goscinny e di Helena Silberblick, e arrivò in Francia all'inizio del 1900 per terminare gli studi in chimica, dopo che vi si era già trasferito suo fratello Moise, studente di medicina. Sono Natalia Kryinicka e Gilles Rozier a raccontare, nel saggio "Aux origines: Le Beresniak et le Goscinny", compreso nel catalogo della mostra "Au-delà du rire" stampato da Hazan in collaborazione con il Musee d'art e d'histoire du judaisme le vicende delle due famiglie, un caso esemplare di cosmopolitismo e capacità di adattamento. Goscinny, in effetti, è un cognome molto raro in Polonia e la documentazione scarseggia.

Nell’immagine, Serge Beresniak davanti alla pressa della tipografia, nel 1917.

Ada Treves, Pagine Ebraiche, Dossier Comics & Jews, novembre 2017

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STORIa

Un contributo durante la Grande Guerra

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Rosanna Supino e Daniela Roccas (a cura di) / L’APPORTO DEGLI EBREI ALL’ASSISTENZA SANITARIA SUL FRONTE DELLA GRANDE GUERRA / Silvio Zamorani Editore

Sono numerosi gli studi relativi al contributo degli ebrei italiani alla prima guerra mondiale: freschi di emancipazione, gli appartenenti alla minoranza ebraica parteciparono agli eventi bellici con diffuso senso patriottico, da soldati semplici, da ufficiali, e anche da medici militari o ausiliari.
Silvio Zamorani Editore ha dato di recente alle stampe gli atti di un convegno che si è tenuto a Trieste nel maggio 2016, “L’apporto degli ebrei all’assistenza sanitaria sul fronte della Grande Guerra”, divenuti un volume collettaneo curato da Rosanna Supino e Daniela Roccas, dedicato proprio all’apporto ebraico in un ambito di grande importanza tra le attività militari.
Nel libro, che si apre con la presentazione del vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Mortara, sono raccolti gli interventi di Pierluigi Briganti, Giovanni Cecini, Maddalena Del Bianco Cotrozzi, Andrea Finzi, Valeria Marchi, Pierpaolo Martucci, Matteo Perissinotto e Mauro Tabor, oltre che delle curatrici. Edito con il supporto dell’Associazione Medica Ebraica, il volume è inserito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri tra le iniziative per il “Centenario della prima guerra mondiale 2014-2018”.

Marco Di Porto

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musica

La parabola di un artista 

storia

Il vecchio Auster è giovane

Leonard Cohen /
IL MODO DI DIRE ADDIO / Il Saggiatore

«Ritengo che i confini tra un'attività e l'altra siano diventati ben più nebulosi e che la gente non sia più capace di assumere un ruolo specifico, dal poeta in cima alla montagna con il suo mantello al cantante che soddisfa le masse. Quel genere di atteggiamento ormai non ha più alcun senso. È tutta questione di ciò che ci capita tra le mani: se si tratta di cantare, allora lo si fa». Così parlò Leonard Cohen, poeta e romanziere canadese prestato alla canzone d'autore che se n'è andato il 7 novembre 2016, esattamente un anno fa. Padre nobile del folk, se non fosse stato per il fatto che detestava essere definito folksinger. «Non mi interessa come vengo definito», spiegava. «Ho la sensazione che, se si riesce a essere se stessi, ogni cosa che si ha per le mani finisca per risplendere».


Francesco Prisco,
Il Sole 24 Ore Domenica, 12 novembre 201
7

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Paul Auster / 4321 / Einaudi


Ah, la mesta routine dello scrittore di successo. Nessuno si aspetta da te più di quel che hai già dato. Nessuno condivide il tuo ottimismo sulla possibilità di aggiornarti, di più: superarti. Nessuno — neppure tua moglie — crede che ormai tu possa davvero stravolgerti. Sei un brand, vecchio mio, come un'acqua di colonia di cui alcuni non possono fare a meno ma che altri trovano stomachevole. Puoi rinnovare la forma della boccetta, il packaging, ma come modificare l'essenza? Nei vaneggiamenti del dormiveglia ti cogli a rimpiangere i tempi in cui ancora nessuno ti conosceva, i sogni di gloria degli esordi, quando era certo che avresti apportato un deciso rinnovamento alla narrativa contemporanea. Arrivi a invidiare chi è ancora inedito e spiantato. Vagheggi stili di vita monastici, salingeriani.

Alessandro Piperno, Corriere La Lettura,
12 novembre 201
7

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