FUMETTI Ciao papà, il tuo Asterix è immortale

asterixMio padre in un museo. È una frase strana, suona come una frase fatta, come il titolo di un libro di vignette umoristiche. Mio padre in un museo d’arte e di storia. Quando c’entrano l’arte e la storia mio padre è sempre coinvolto. Patito dell’una ma per nulla affine all’altra, lo vedo che sorride. Mio padre al museo d’arte e storia dell’ebraismo. Lì, si toglie il cappello, si siede su un Chesterfield, prende una sigaretta, la accende e se la gusta. Si gode il momento, lo so. Toccherò con mano il ricordo della sua e lo guiderò, gli racconterò quello che sa e lo ascolterò ricordare. Il timbro della sua voce, quarant’anni dopo che si è spento, risuona ancora, risuona sempre. Questa esposizione dedicata a mio padre è la promessa di un viaggio a lungo termine verso il cuore della sua storia. Lui che tanto amava navigare si imbarcherà con me su quella nave. Mano nella mano ci prepareremo a salpare, direzione Ucraina, Polonia, Argentina, New York, Parigi. Si rallegra di questa imminente traversata, si rallegra di poter ascoltare di nuovo la lingua yiddish. Gli brillano gli occhi, le fossette diventano più profonde dalla gioia. In quel paese che diventa suo dopo quarant’anni, in quel paese che i profani chiamano eternit, l’attimo si espande o si ferma. “Questo shtetl è nostro”, mi dice. “Vieni amore mio, vieni bambina mia, guarda mia nonna che accende le candele”. Rimane in silenzio, sospeso nel cuore di quel tempo che non tiene il conto delle ore. Rimane in silenzio e prega. Conosce la storia, sa che un giorno, presto, le fiamme delle candele del shabbat non danzeranno più. A questo punto il nostro viaggio fa una sosta. Un dizionario yiddish- ebraico, qualche libro in cui figuri la dicitura “Tipografia Beresniak”, i gesti precisi di Abraham, suo nonno. Mio padre commosso guarda i segni di piombo della stampa, si sofferma su due di quelli, l’obelisco e l’asterisco, e, divertito, mormora: “Ci rincontreremo!” La traversata riprende. Eccoci quindi a Buenos Aires. Qui, tra il suo palazzo e il negozio che vende empanadas, va a pattinare. Nella corsa Virgilio è ben più forte di lui, ma mio padre in quel preciso istante accarezza con entusiasmo la copertina del suo premio d’eccellenza, I Mondi conosciuti e sconosciuti di Jules Verne. La nave dondola, il mare, agitato e senza pietà, guarda passare la Storia che getta nel fuoco i suoi figli. E mio padre si aggrappa al parapetto, con il cuore sofferente. Più tardi, molto più tardi, capirà, si renderà conto, esprimerà il suo dolore a parole e con le lacrime. I suoi zii, i suoi cugini, da Parigi a Varsavia, non avranno altra sepoltura se non il suo ricordo. Ormeggiamo a New York: Ellis Island, terra di promesse. Mio padre si ferma di fronte a una foto. Un cowboy con un cavallo bianco, quattro banditi tanto stupidi quanto teneri, un cane che non riconosce il suo padrone. È stata creata una parodia del Far West e, dalla pena di mio padre, vivono le più belle pagine della sua storia. Sulla nave non è solo. Lo accompagna Anna, sua madre. È l’amore della vita della donna, la sua ragione di vita, il suo tesoro […]. “E se gettassimo l’ancora a Parigi, katzele [gattino mio]?”, chiede Anna. “Let’s go, vamos!”, le risponde. È qui, in Francia, che hanno luogo i due incontri decisivi della sua vita. Io sono l’esito di uno dei due. La mia manina sempre annidata nel palmo della sua percepisce, palma contro palma, un’emozione. Mio padre si è appena fermato e osserva una foto di Albert Uderzo. “Non esiste nessun altro amico come lui”, precisa, emozionato. Da quella complicità nascerà un mito francese. “Lo so”, dice. “Un giorno – aggiunge – ti parlerò della felicità di essere perfettamente capito da colui che si vuole far ridere davanti agli altri.” […] Sento pulsare la vena del polso di mio padre. Ha appena trovato una foto di Gilberte, sua moglie. Rimane in silenzio, lui, così loquace. Rispetto il suo silenzio. Oggi sono nello stesso continente, ma forse si era dimenticato quanto fosse bella in questa vita. La visita si conclude, si è trattato solo di una sosta. Attraccheremo definitivamente laddove avremo finito di ridere. “Abbiamo tempo, dunque”, conclude mio padre, stringendo la sua Pall Mall.

Anne Goscinny scrittrice
Pagine Ebraiche, novembre 2017
Dossier Comics & Jews, a cura di Ada Treves

Traduzione di Ilaria Vozza, studentessa della Scuola Superiore Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste, tirocinante presso la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.